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Autore: notmoose    08/09/2014    1 recensioni
Duncan era solo un ragazzino di 14 anni, completamente innocuo, ma cambiò tutto dopo quella notte infernale. Era troppo giovane per quello "spettacolo" macabro, orribile. Lui non aveva paura, ma quella notte vide la morte in faccia, tutta la sua vita passargli davanti in pochi secondi.
Sperava che era solo un incubo, ma le le sue preghiere non le ascoltava più nessuno.
Genere: Dark, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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II. CAPITOLO



Perplesso, era questa la parola che si leggeva dal viso contratto di Duncan. Era fermamente convinto che quella ragazza, poco prima davanti a lui, corrispondeva alla stessa che ormai, si poteva definire una routine, sognava ogni sera. Impossibile, era una cosa solamente impossibile, tutto gli rimbombava in testa come tamburo, le parole, la musica, le urla delle ragazzine in compagnia dei ragazzi, tutto gli stava procurando un mal di testa lancinante. Duncan non aveva ancora la forza di volontà di spostarsi dalle scale, era lì da circa 5 minuti a fissare la rampa di scale. -Io non sono pazzo.- Sussurrò, o almeno credeva, infatti una voce abbastanza profonda catturò l'attenzione del ragazzo, giratosi in pochi secondi verso quella voce. Scrutò due figure, una alta e l'altra poco più bassa. Il ragazzo era alto, capelli scuri e corti e gli occhi dello stesso colore, portava una canottiera, cosa estremamente assurda per il tipo di periodo dell'anno, la portava per far notare i tatuaggi sul suo braccio destro e sul collo. Duncan non sapeva il perchè stava fissando i lineamenti di quel ragazzo, sembrava di volerlo scopare con gli occhi e ovviamente non era sua intenzione, arrivò solamente ad una conclusione, era un ragazzo più grande, entrato alla festa per caso, per volontà divina. Spostò velocemente lo sguardo sulla ragazza, abbastanza bassa vicino al ragazzo, corpo da urlo e una chioma di capelli biondi le ricadeva sulle spalle. I pensieri di Duncan vennero bloccati dalla voce infastidita del ragazzo che disse.- Cos'è ragazzo pazzo non ci senti? Spostati sei in mezzo alla rampa di scale.- La sua mano dentro il top della ragazza e, da lì capì, le loro intenzioni. -Scusami, davvero.- Aveva sospirato e a quelle parole si spostò in modo veloce, vedendo le due figure salire e dissolversi con il buio del corridoio di sopra. Duncan si catapultò alla fine delle scale, era abbastanza agile per lui non era un problema, arrivando al salotto, diede una leggera attenzione a ciò che lo circondava. Gente che beveva, chi fumava, coppiette che limonavano e anche di più, in alcuni angoli della casa e ragazze, ragazze ovunque che ballavano in modo eccitante. Sarebbe stata una festa strepitosa, se il giorno fosse stato diverso, non doveva dare retta a Tyler, doveva rimanere segregato in casa, lo sapeva. Diede un ultimo sguardo alle persone e si diresse in bagno che trovò libero, questo voleva dire che Dio ascoltava le preghiere stupide che solitamente la gente fa. Si chiuse in bagno a chiave e contro la volontà delle sue gambe fece spuntare la propria figura alta ed esile davanti lo specchio. -Non ti succederà nulla Duncan, nulla, tu non sei pazzo, hai un'immaginazione abbastanza avanzata alla gente stupida che ti circonda.- Ripeté quella frase più di una volta con un sorrisetto sulle labbra. Dopo ciò fu tutto veloce, ciò che era successo si percepiva solo dopo. La luce era andata. Era tutto al buio, sentì la gola annodarsi creando un groppo e il battito del cuore accelerare in maniera assurda. Si diresse verso la porta del bagno e appoggiò le mani contro il legno caldo di essa e vide delle immagini nella sua mente, sfrecciare, solo per ricordare i momenti peggiori, probabilmente il suo nemico non voleva farlo dormire, appena arrivato a casa. Il buio, il 31 ottobre di 4 anni fa, i ragazzi più grandi di lui, urla, quello morto ai suoi piedi, la pozza di sangue, il fottutissimo sogno che lo perseguitava, lo squarcio, il dolore, la gente che lo snobbava, la sofferenza, il giudizio, tutto ciò che ormai aveva passato e percepiva ogni giorno della sua fottuta vita. Solo dopo queste miliardi e miliardi di immagini finirono ne vide una che non apparteneva ai “ricordi” di 4 anni fa, poteva solo sperare che tutto questo non potesse accadere.

Era davanti la casa abbandonata. Gente accerchiata su un punto, fissavano qualcosa, o meglio qualcuno. Erano due corpi a terra. Non sapeva di chi ma sentiva un gran vuoto all'interno del proprio petto. Si fece spazio tra la gente, alcuni li conosceva infatti cercavano di spingerlo indietro, quasi per non fargli vedere lo spettacolo orribile al ragazzo. Li vide. Entrambi stesi, Lei, era sua madre, circondata da una pozza di sangue e un grosso buco nel punto dove si trovava il cuore e un altro nel punto dove c'era lo stomaco. L'altro era un ragazzo-Cominciò a tremare non appena riconobbe i lineamenti del viso di Tyler ormai rovinato dai tagli che aveva. Dal viso fino al busto era pieno di tagli, in alcuni punti mancava pure la pelle. Giù, sulle gambe non si poteva dire nulla, non le aveva più era tagliato per metà. Scoppiò in lacrime.

Dopo questa immagine Duncan cadde sulle ginocchia creando un rumore quasi assordante, gli pizzicavano gli occhi, era sul punto di scoppiare in lacrime, mentre continuava a tenere una mano sulla porta trovando pochi secondi dopo la chiave all'interno della serratura, con un scatto l'aprì e la luce ritornò. Si alzò di scatto barcollando leggermente e dirigendosi verso la confusione cercando di notare dei capelli chiari tra la folla e i tatuaggi familiari. -Tyler.- Sospirò dirigendosi a passo svelto vicino la cucina immensa di quella casa. Lo vide era la con una ragazza, a limonare, era una cosa abbastanza raccapricciante e l'avrebbe fatto continuare ma non era quello il momento. Gli tremava la voce non appena arrivò dal ragazzo strattonandolo. Il moro si era girato di scatto, con uno sguardo abbastanza arrabbiato con una punta di eccitazione, teneva una mano sul petto della ragazza. -Tyler dobbiamo andare via.- Aveva guardato il ragazzo facendo quasi finta che la ragazza in quel momento fosse invisibile. -Sono leggermente impegnato ora.- L'aveva sentito sospirare seccato , per poi fare un gesto della mano, quasi a mandare il ragazzo a quel paese. L'immagine di Tyler e sua madre a terra gli apparì nuovamente in modo svelto, così strattonò nuovamente il ragazzo, Duncan era più alto probabilmente anche un pochino più forte se voleva poteva anche dargli un pugno per farlo ragionare, sulla fottuta data della giornata. Fece ricadere lo sguardo su una figura a pochi metri di distanza da dove si trovavano, era lei, la ragazza che sognava, aveva un sorriso quasi maligno sul viso. Duncan cominciò quasi a tremare e la mano dell'amico si posizionò sulla guancia del ragazzo. -Stai bene?- Domandò curioso, ricevendo pochi secondi dopo una risposta -No, Tyler non sto bene, dobbiamo andare via di qui.- Notò la mano dell'amico scendere sul suo collo era abbastanza preoccupato, si notava e dopo quel suo gesto sentì la voce squillante della ragazza, che fino ad allora per Duncan era stata invisibile, mormorare:- Tyler ma sei gay?.- Duncan s'innervosì a quella domanda della ragazza. -Tyler dobbiamo andare ti prego.- Sospirò con voce tremante al suo orecchio. Tyler in un modo o nell'altro doveva liberarsi della ragazza così annuì alla sua frase per poi aggiungere in tono divertito:- Sono gay, mi servivi solo per vedere cosa si provava a baciare una ragazza.-
Duncan rimase sconvolto e perplesso a quella frase e strattonò con tutta la forza che aveva Tyler fino a mandarlo fuori casa. Il moro lo fermo al centro del giardino della proprietaria, non c'era nessuno fuori per loro fortuna. -Duncan che succede?- domandò preoccupato Tyler al ragazzo dalle iridi cerulee.
-Io l'ho vista, era lì, l'ho vista due volte e-e poi ho visto un'immagine di mia mamma...- Si formò un groppo in gola, il suo sguardo ricadde sulle lancette dell'orologio che segnavano la mezza notte. Cadde sulle ginocchia, vide un uomo apparire e sparire nel giro di pochi secondi, non poté capire neppure chi era che un dolore lancinante colpì il proprio petto, scivolò sul giardino. La maglietta nera imbrattata di rosso la rendeva color bordeaux. Ogni anno che passava lo squarcio era sempre più grande, non capiva il perchè, questa cosa pian piano lo stava uccidendo. Seguito dallo squarcio un rivolo di sangue uscì dalla bocca di Duncan, poco dopo sentì l'unica voce a lui familiare, quella di Tyler, urlare e poi ripetere più di una volta di “tener duro” non appena il corvo chiuse gli occhi cominciando a respirare quasi a scatti.

   
 
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