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Autore: GirlWithChakram    08/09/2014    4 recensioni
Cinque amici, compagni di liceo, alle prese con l'ultima vacanza insieme; un viaggio in Europa nel magico paesaggio della Spagna del nord; lo zampino del destino, che sa sempre come far incontrare le anime destinate a stare insieme.
"... E allora pensai che quella sarebbe rimasta nella mia memoria come la peggior vacanza di sempre."
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO V: I wanna dance with somebody
 
«Pronta per i pesci?» mi destò Rachel.
Io mi rigirai nel letto, abbracciando le coperte e cercando di articolare un “ancora cinque minuti”.
«Forza pigrona!» esclamò Q. tirandomi una manata sul sedere, proprio nello stesso punto in cui mi aveva colpita Puck la notte prima. Perché tutti dovevano avercela con le mie chiappe?
«Di là ci sono i nostri ospiti per fare colazione, il caffè è già nelle tazze» riprese la bionda «Vestiti e vieni fuori.»
Mi preparai in fretta e feci una rapida sosta in bagno, per poi unirmi al gruppo che già si stava godendo una caterva di ciambelle glassate prese in panetteria.
«Testa-a-scoiattolo è stato molto gentile questa mattina» mi aggiornò Santana «Ha fatto lui il caffè ed è andato a comprare la colazione. Non ti pare un vero gentiluomo?»
«Assolutamente» concordai.
«Allora, tutti pronti per l’acquario?» domandò Finn quando terminammo di mangiare, tirando fuori la sua fidata cartina.
«Sì, certo» confermò Blaine, passandoci rapidamente ad uno ad uno con gli occhi «Direi che possiamo andare.»
Quando uscii non potei credere ai miei occhi: per la prima volta il sole si stava mostrando in tutto il suo splendore nel cielo spagnolo. Grossi ammassi di nuvole erano già in agguato all’orizzonte, ma per allora mi limitai a godere del calore dei suoi raggi per quel poco che potevo.
Per arrivare all’acquario avremmo potuto prendere la macchina, anzi, le macchine, visto che anche i ragazzi del Morgestern avevano un veicolo a noleggio, ma optammo per una bella passeggiata attraverso le ormai note vie del centro.
Ne approfittammo per fare pausa in qualche negozio e goderci la tranquillità della città ancora addormentata, solo i lavoratori e pochi turisti, infatti, uscivano di casa prima delle undici. Il mio orologio segnava esattamente le nove e mezza.
Camminando lungo la banchina, raggiungemmo l’imponente edificio dell’acquario. Entrammo ed acquistammo i biglietti, curiosi di scoprire cosa ci avrebbe riservato.
La prima parte era dedicata ai diversi tipi di imbarcazione che avevano solcato l’oceano nelle vicinanze di Donostia, quindi ci muovemmo attraverso riproduzioni di diversi vascelli spagnoli ed inglesi. Ben protetto in una teca c’era il libro mastro di un galeone del 1700. Rimasi per diversi minuti ad osservare la grafia curata con cui era stato vergato, pensando a quante persone, nel corso dei secoli, si erano soffermate, come me, su quei ghirigori scuri.
«Britt, guarda qui» mi chiamò Quinn.
Spalancai la bocca per la sorpresa: uno scheletro di capodoglio pendeva dal soffitto, occupando ampia parte del piano su cui ci trovavamo ed arrivando persino ad invadere quello inferiore, a cui accedemmo grazie ad una rampa di scale.
Lì erano conservati alcuni pesci in barattolo ed erano presenti esposizioni di scheletri vari, c’era persino una mascella di squalo, con tanto di innumerevoli e letali denti aguzzi. Noah insistette per fare una foto, mostrando la propria dentatura a confronto di quella del pesce.
«Puckzilla vs The Shark. Dovrebbero farci un film» commentò dopo che ebbi realizzato lo scatto.
Scendemmo di un altro piano e finalmente arrivammo alla parte che io ritenevo veramente interessante: le vasche.
Mi esaltai sempre di più, avanzando tra le miriadi di pesci tropicali.
«Ommioddio!» esclamai, giunta davanti all’ennesimo acquario.
«Cosa hai trovato Britt?» mi chiese la latina, avvicinandosi.
«Ho trovato Nemo, San! Ho trovato Nemo!» gongolai «Fammi una foto, su! Devo assolutamente farla per la mia sorellina Ashley, se no non me lo perdonerebbe mai.»
«Devo prenderti insieme ai pesci pagliaccio, giusto?»
«Sì, ma deve anche esserci uno di quei pesci blu» le dissi indicandogliene uno «Non esiste che nella foto non ci sia anche Dory.»
Venimmo raggiunte dal resto del gruppo che, sebbene non fosse entusiasta quanto me, si stava comunque divertendo.
Io andai avanti, saltellando gioiosa. Pensavo che più nulla sarebbe stato in grado di colpirmi, ma mi sbagliavo e di molto.
Girammo un angolo e apparve davanti ai nostri occhi un’intera parete occupata dalla più grande vasca che avessi mai visto. C’erano centinaia di pesci diversi, tartarughe marine e alghe.
«No! Non può essere!» esclamai all’apice dell’esaltazione. Sulla sinistra, per proseguire il percorso, c’era un camminamento dentro un tubo che percorreva la vasca in tutta la sua lunghezza. Le pareti trasparenti permettevano agli animali di nuotare a poche decine di centimetri sopra le nostre teste.
«Britt» mormorò Santana scuotendomi leggermente «Guarda là.» Un enorme, maestoso e allo stesso tempo terrificante squalo avanzava lento verso di noi, con le fauci leggermente aperte. Costrinsi il gruppo a pedinare il magnifico mostro per una buona mezz’ora perché io ne ero rimasta letteralmente rapita. Lo studiai con vivo interesse e gli feci almeno un centinaio di fotografie, più qualche video.
Kurt e Blaine si offrirono volontari per prendermi e trascinarmi oltre per proseguire la visita, io mi opposi, ma loro mi afferrarono un braccio a testa e mi forzarono ad avanzare.
«Mi spiace solo che non ci siano i delfini» commentò il moro lanciando un’ultima occhiata alle nostre spalle.
«Lo sapevi che in realtà sono squali gay?» gli sorrisi.
Lui scoppiò a ridere. «Sei davvero imprevedibile, Brittany.»
Concludemmo la visita con gli occhi ancora pieni delle meraviglie appena lasciate quando era ormai mezzogiorno.
«Noi dobbiamo passare da casa a prendere l’attrezzatura da surf, non possiamo certo allenarci senza tavole» disse Sam.
«Va bene, noi cominciamo ad andare a prendere posto» gli rispose Noah, che aveva passato la mattina portandosi dietro tutto il nostro occorrente per stare in spiaggia.
«Ci vediamo là, allora» si congedarono i tre surfisti, mentre Anderson rimase con noi. «Tanto io ho già il costume, non devo mica tirarmi dietro sette piedi di poliestere colorato» sogghignò contento.
Camminammo sotto un cielo che nel frattempo si era fatto coperto, lasciando al sole solo rari squarci per affacciarsi oltre la cortina di nuvole. Il lido distava poco più di dieci minuti e infatti, dopo tale tempo, riconobbi la scalinata e il maledetto tabacchino dei churros. Scesi i gradini a due a due, desiderosa di bagnarmi finalmente nell’oceano.
Puck mi lanciò il mio telo, che distesi prontamente per terra e su cui abbandonai i miei vestiti, restando in costume.
«Passati la crema prima di entrare in acqua» dissi a Quinn, che nel frattempo era già sul punto di buttarsi tra le onde.
«Primo: non c’è il sole» replicò «E secondo: io ho bisogno di abbronzarmi, se mi spalmo addosso quella roba resterò bianca come la neve.»
«Fai un po’ come vuoi Quinnie, ma non dire che non ti avevo avvertito.»
Lei fece spallucce e proseguì la corsa lungo il bagnasciuga.
«Tu non vieni, Rachel?» domandai all’ebrea, vedendola tranquillamente sdraiata sul suo asciugamano.
«No grazie, l’acqua fredda non fa bene alle mie corde vocali.»
«Oh andiamo Berry» si intromise il Mohawk facendomi un cenno «Non fare la guastafeste come Schuester» concludemmo insieme.
«Non tirate in ballo Mr. Schue!» scattò Finn, senza neppure rendersi conto di essere caduto nella nostra trappola «Potrà anche essere esasperante a volte e un pelino soporifero…»
«Ma è pur sempre il professore migliore mai avuto al McKinley» lo anticipammo noi due prima di sbellicarci dalle risate.
«Basta» sbottò il quarterback «Questa è l’ultima volta che mi lascio mettere nel sacco.»
Noah ed io scuotemmo la testa, certi che in futuro saremmo riusciti a fregarlo con quel trucco altre cento volte.
«Allora, chi viene con me ad affrontare le sirene?» esclamò Blaine interrompendo le nostre risa.
«Non potrebbe trattarsi di Selkie?» gli chiesi, mentre insieme avanzavamo verso l’acqua.
«No, dovresti saperlo che sono tipicamente scozzesi. Quando faremo una gita al Lago Nero potrai vederli.»
Ridacchiai, contenta di avere finalmente qualcuno con cui poter scambiare battute su Harry Potter senza venire additata come inguaribile nerd.
«Oddio, ma è gelida!» L’urlo della bionda si sentì a chilometri di distanza, mentre correva velocemente verso l’asciutto.
«Cosa ti aspettavi Q? È l’oceano» commentai, proseguendo la mia avanzata. In effetti rabbrividii anch’io quando la prima onda mi lambì le caviglie, ma non mi lasciai scoraggiare.
«L’ultimo che si butta è un vermicolo!» strillò Anderson, superandomi di buon passo e lanciandosi in mare, stando ben attento, però, a non immergere la testa.
«Pensavo che non fossi un tipo balneare» gli dissi, avvicinandomi, dopo aver superato il primo shock termico.
«In effetti non amo sguazzare, ma mi sembrava una cosa divertente, così ho deciso di farla.»
«Insomma, hai agito d’istinto?»
«Certo! A volte, se stai troppo a rimuginare sulle cose, va a finire che ti perdi tutto il bello dell’esperienza. Bisogna tirar fuori il coraggio e vivere la vita come fosse un’avventura» enunciò.
«Sei proprio un Grifondoro» commentai con un sorriso.
Dopo qualche minuto anche Noah e Finn si unirono a noi, mentre Quinn decise di desistere e restare a “prendere il sole” con Rachel.
Trascorsa un’altra decina di minuti, vidi comparire alla sommità della scala tre figure corredate di tavola.
«Sono arrivati!» esultai.
Indossavano tutti e tre tute nere aderenti, le stesse che avevano la prima volta che li avevo visti. Santana si era legata capelli in una alta coda di cavallo, probabilmente per non essere infastidita dalla chioma mentre cavalcava le onde.
Kurt mi si avvicinò subito indicando la propria tavola e mi chiese: «Che ne pensi?»
Era una tavola scura con il disegno in giallo di un canarino e le parole “Warbler Pavarotti”. «In memoria del mio, ahimè scomparso, compagno canterino» mi spiegò.
«La mia è meglio» si fece avanti Sam, mostrando orgoglioso un surf blu, semplicemente ornato da una scritta bianca.
«Txampay? È sempre Na’vi?»
«Ovvio! Significa “oceano”.»
«Molto originale» commentò la latina, raggiungendoci.
Avrei voluto sapere qualcosa su Valerie, ma lei non ne fece parola. Si limitò a fare un cenno ai due compagni, poi si allontanarono verso il largo, per arrivare al punto migliore in cui surfare.
Noi altri uscimmo dall’acqua e ci dedicammo ad attività terrestri. Blaine si unì a Puck e Hudson nel costruire un castello di sabbia, a cui, naturalmente, collaborai anche io dopo che ebbi terminato uno schema di parole crociate.
Quinn e Rachel andarono poi a comprare della frutta con cui pranzammo insieme, concedendo ai tre atleti una breve interruzione.
La spiaggia si animò solo verso le quattro del pomeriggio, quando cominciarono ad arrivare frotte di abitanti del posto e villeggianti, venuti a godersi il sole che aveva di nuovo fatto capolino tra le nubi.
«Adesso ricominceranno con i loro stupidi balli di gruppo… Manco fossero coordinati!» si lamentò Kurt, mentre il fidanzato gli allungava una delle pesche avanzate dal pasto.
Io mi illuminai al sentire la parola “balli”, erano giorni che non potevo rilassarmi dando libero sfogo alle mie mosse di danza.
Un nutrito gruppo di turisti, che dovevano essere francesi data la lingua, si posizionò a pochi metri da noi, disponendosi ad ascoltare un animatore con tanto di stereo.
«No, dai… Non qui!» sbuffò Trouty, anche lui in pausa.
«Ma che fastidio vi danno?» domandò Rachel «Tanto tra cinque minuti Santana torna e vi trascina in mare per le orecchie.»
«Non oggi, Hobbit» intervenne l’interpellata, appena uscita dall’acqua «Il vento è calato e le onde non sono più buone per fare surf, in più, con tutta questa gente, potremmo rischiare di far male a qualcuno.» Lasciò cadere la tavola sulla sabbia e vi si allungò sopra, portando le mani dietro la testa. «Adesso entro anche io in modalità relax.»
I francesi però non la pensarono così, infatti fecero partire a tutto volume la loro musica da spiaggia, rovinandoci i timpani.
«Qualcuno parla lingua di quei mangialumache? Così gliene diciamo quattro!» sbottò la latina, mettendosi a sedere, disturbata dal rumore.
«Britt» mi tirò dentro Finn «Tu non hai mica dei parenti in Francia?»
«No» risposi «I miei cugini sono olandesi e comunque non vuol dire che sappia la loro lingua.»
«Allora siamo fregati» si arrese Blaine.
«Suvvia» cercai di tirare su gli animi «Potrebbe essere divertente.»
Non appena ebbi finito di dirlo, drizzai rapida le orecchie. Riconoscevo il ritmo della canzone appena iniziata, era una delle mie preferite. Scattai in piedi e lasciai che la musica si impossessasse del mio corpo, come accadeva ogni volta che mi mettevo a ballare.
Clock strikes upon the hour
And the sun begins to fade
Still enough time to figure out
How to chase my blues away

I've done alright up till now
It's the light of day that shows me how
And when the night falls, my lonely heart calls

Intravidi i miei amici colpiti da quel mio guizzo di vita. Ero rimasta troppo tempo senza potermi dedicare a ciò che più amavo fare. Il mio cuore cantava di gioia.
Quando arrivò il ritornello non potei fare a meno di guardare Santana, desiderando ardentemente che cogliesse il significato che io intendevo danzando seguendo quel testo.
Oh, I wanna dance with somebody
I wanna feel the heat with somebody
Yeah, I wanna dance with somebody
With somebody who loves me

Una volta terminata la canzone, mi si radunò attorno il gruppo di turisti che presero a complimentarsi, stringendomi la mano e dandomi pacche di apprezzamento, alcune un po’ troppo audaci a parer mio. Un giovanotto, probabilmente trascinato lì da una amica o dalla madre, mi lasciò un foglietto con scritto il proprio numero, supplicandomi di chiamarlo. Fui tentata di indicargli la latina per fargli capire che con me non avrebbe avuto alcuna possibilità, ma mi limitai ad accettare il pezzo di carta, sorridendogli.
«Poverino, dargli simili false speranze proprio sotto gli occhi della tua bella»  mi rimproverò Quinn quando la folla si disperse.
Io le tirai gomitata, per ricordarle che la surfista era a portata d’orecchio.
«Ma dai Britt! Tanto ha già capito tutto! Tra le battute di Puck e i tuoi sguardi… Non parliamo poi di come l’hai fissata mentre facevi l’esibizionista! Lo avrebbe visto anche un cieco che stavi cercando di invitarla a ballare con te.»
Mi limitai a colpirla un’altra volta, per poi lasciare che Sam e i Klaine mi riempissero di complimenti. Anche Santana spese qualche parola gentile, che per me valse più di tutti i premi ed applausi del mondo.
Restammo in spiaggia un’altra ora, poi rientrammo a casa per toglierci il sale di dosso e prepararci per la serata, che si risolse, come quella precedente, in abbuffate di pintxos e alcool a fiumi. Disertammo “La oca loca” che quella sera si rivelò troppo piena per accoglierci, quindi ci consolammo bevendo ancora di più.
Salutammo gli altri quattro con la promessa di ritrovarci, come di consueto ormai, per colazione.
 
Mi svegliò un impellente bisogno di andare in bagno. Erano le cinque e mezza del mattino, come dimostrava il mio fido telefono. Rimasi sorpresa nel notare il resto del letto vuoto. Mi alzai e mi infilai le pantofole. La porta della stanza era socchiusa e potevo scorgere la luce accesa nel corridoio. Misi fuori la testa e notai una lunga fila in attesa fuori dal bagno.
«No…» mugolai «Non ditemi che…»
«Sì» mi rispose Quinn con aria abbattuta «Rachel e i suoi rituali di idratazione.»
«Berry!» urlò Puck, tirando pugni alla porta chiusa «Apri o la sfondo!»
«Rilassati amico» disse Finn, in coda dietro di lui «Quando hai acconsentito ad unirti a noi in questa vacanza sapevi a cosa andavi incontro.»
«Rach, sei lì da almeno mezz’ora!» sbottò la Fabray, ignorando le parole del quarterback «Esci immediatamente o la tua valigia subirà un incidente idraulico e ti assicuro che non si tratterà di pioggia.»
La mia vescica era sul punto di scoppiare, così come quella dei miei amici. Dovevo trovare una soluzione, in fretta. Per quanto ne sapevamo, l’ebrea poteva essersi addormentata sul water con la sua stupida maschera al cetriolo ancora fresca sulla faccia.
«Ho un’idea» annunciai «Ma a loro non piacerà.»
Gli altri tre mi guardarono perplessi.
«Venite.»
Mi risposero con il saluto militare e mi seguirono come anatroccoli con la mamma.
«Oh, non starai pensando di…» tentò di fermarmi Hudson.
«Non c’è altra scelta. O questo o la fai in una bottiglia.»
Bussai con forza alla porta dell’alloggio vicino.
«Ma che succede? Va a fuoco l’albergo?» gridò Sam dall’altra parte.
«Apro e lo scopriremo» gli rispose acida Santana, che doveva essere piuttosto scocciata da quella sveglia improvvisa.
Il suo viso, sebbene struccato, assonnato e con un ghigno furente, mi parve più bello che mai. Non appena ci vide pensai che la sua reazione sarebbe stata quella di linciarci sul posto. Invece i suoi occhi si illuminarono all’improvviso e la smorfia si distese in un sorriso. Trouty apparve alle sue spalle sbadigliando, passandosi una mano tra i capelli spettinati.
«Vi chiediamo asilo. Rachel ha monopolizzato il bagno, si è chiusa dentro a chiave. Stiamo scoppiando. Pietà!» esplosi in faccia ai due.
I surfisti si fecero da parte per lasciarci passare e io mi precipitai nella stanza in fondo al corridoio speculare al nostro. Ci rimasi per un minuto appena, perché poi Quinn fece irruzione, detronizzandomi dalla tazza. Lo stesso accadde poco dopo con i due ragazzi.
«Grazie, ci avete salvato la vita» comunicai alla latina, dato che il biondo aveva deciso di tornarsene a letto.
«Dovere» mi rispose «Non avrei permesso ad un capriccio della nana di condannare le vostre innocenti vesciche.»
Mi concessi una risata e sentii la sua mano poggiarsi amichevolmente sulla mia spalla. Un brivido mi scosse, rendendomi sempre più confusa a causa del suo comportamento.
«Ma cosa sta succedendo?» intervenne Kurt, facendo la sua comparsa in corridoio.
«Torna a letto, Lady Hummel. Qui è tutto sotto controllo» lo apostrofò Santana.
«Oh, scusate se ho interrotto qualcosa» ci canzonò notando quanto fossimo vicine «Se volete io e Blaine vi lasciamo il letto, così potete passare al livello successivo.»
«Vedi che non sono il solo a pensarla così?» si fece sentire Puck da dentro il bagno.
Il mio desiderio di sprofondare nel pavimento si fece sempre più forte.
«È così che volete metterla, eh?» disse la Lopez con aria di sfida «Eccovi serviti!»
Accadde tutto in un istante. Santana, fino ad allora voltata verso gli sbeffeggiatori, si girò, incrociò il mio sguardo e mi prese il viso tra le mani.
Ancora una volta il mio corpo perse ogni capacità di reagire. Non ci fu più aria nei miei polmoni, nessun battito nel mio petto, nessun pensiero razionale nel mio cervello. Esisteva solo lei, così vicina, la sua bocca così perfetta e le sue iridi così scure e profonde.
«Stai al gioco» bisbigliò e io non ebbi neppure la forza di annuire, semplicemente la lasciai fare.
Si strinse a me, portando i nostri corpi a combaciare, lasciando che le sue mani scivolassero lentamente ad incatenarmi il collo. Potevo sentire il suo respiro così vicino, il suo profumo che mi ricordava quello dell’oceano.
«Muoviti» sentii intervenire Noah, che doveva essere uscito dal bagno «La stai uccidendo! Glielo dai o no questo bacio?»
Non sentì le parole dell’ebreo, o più semplicemente scelse di ignorarle. Continuò a fissare i miei occhi e riprese ad avvicinarsi impercettibilmente.
Il cuore aveva ripreso a battere ad una velocità folle, come se stesse cercando di recuperare tutti i battiti mancati nei momenti precedenti. Dal petto della latina, incollato al mio, proveniva un martellare molto più calmo, come se lei fosse pienamente padrona di sé.
Però, quando le nostre labbra entrarono in collisione, fui certa di sentirlo accelerare.
Quell’informazione la registrai solo dopo che nella mia testa furono esplose decine di fuochi d’artificio e centinaia di unicorni danzanti ebbero vomitato tonnellate di arcobaleni. Nel battito che le mie ciglia fecero fui certa di scorgere ogni divinità mai anche solo pensata dall’umanità, ogni bellezza del mondo mi passò davanti agli occhi, senza però poter eguagliare le sensazioni che quel semplice contatto aveva generato.
Sarei voluta morire in quel momento, per avere la certezza di andarmene felice. Spirare lì, con le sue dita che si intrecciavano nei miei capelli, il suo fisico atletico premuto con forza contro di me, le nostre labbra connesse in un legame indissolubile.
«Io avevo scommesso che te la portavi a letto in meno di una settimana!» Le parole di Noah rimbombarono lontane. Era come se una bolla si fosse chiusa intorno a noi, tagliandoci fuori dal tempo e dallo spazio. Mi parve di sentire un fischio di ammirazione e diversi commenti che giunsero anche loro ovattati, il tutto in pochissimi secondi, perché non appena Santana si staccò da me, il mondo tornò a colpirmi con la propria opprimente realtà.
«Contenti?» chiese sfoderando un nuovo sorriso.
«Vogliamo di più!» la incitò la piccola folla raccolta intorno a noi.
«Mi spiace, lo spettacolo è finito gente. Potete lasciare qui le vostre offerte» rispose loro allungando la mano.
«Bis! Bis! Bis!» scandirono Puck e Finn, mentre i Klaine e Quinn battevano le mani a ritmo.
Allora decisi di agire, di prendere, per quanto possibile, il controllo della situazione. La latina aveva dominato la scena fino a quel momento, aveva fatto tutto, io mi ero limitata a restare inebetita in balia delle sue intenzioni.
Quella che voleva essere una presa romantica dovette apparire più come un’aggressione. Le afferrai le spalle e poi la attirai a me mettendole le mani sui fianchi, tentata di scendere fino alle natiche sode che gli shorts del pigiama delineavano in modo provocante.
Ripresero le esortazioni, mentre un lampo di sorpresa attraversava i pozzi scuri, solitamente così calmi.
Mi impossessai della sua bocca quasi con rabbia, volevo vendicarmi del modo in cui aveva agito senza lasciarmi il tempo di reagire. Riassaporai quelle labbra, facendomi desiderare di poterle avere solo per me per il resto dell’eternità.
«Vai Pierce! Sei una tigre!» mi incoraggiò il Mohawk. Allontanai una mano dal fianco di Santana solo un momento, per potergli rivolgere un dito medio.
Quando ci staccammo per la seconda volta, notai soddisfatta un sorriso eccitato sulla bocca che avevo appena abbandonato.
«Possiamo rifarlo quando vuoi» mi disse, ribaltando ancora una volta i giochi di potere.
«Non tentarmi» replicai, passandomi lentamente la lingua sul labbro superiore.
Attraverso le pupille potei scorgere la sua anima vibrare, incuriosita ed esaltata.
«Ci piacerebbe davvero tanto restare qui a vedervi flirtare, ma dobbiamo andare» Quinn provvide a riportarmi con i piedi per terra, afferrandomi un braccio e costringendomi a lasciare la presa che avevo sulla surfista.
«Mi sono perso qualcosa, vero?» sopraggiunse Sam, quando ormai era tutto finito.
«Uno spettacolo unico, amico. Hai scelto proprio il momento sbagliato per un pisolino» commentò Finn con un sorriso amaro.
«Forza, torniamo di là» ribadì la Fabray e noi altri non potemmo che ubbidire.
Mi voltai un’ultima volta, per vedere svolazzare la massa di capelli corvini mentre la bella ispanica se ne tornava in camera a dormire.
«Dio benedica la Berry e i suoi stupidi rituali di bellezza» sentenziai, sicura di aver finalmente scoperto a che cosa dovesse somigliare il Paradiso.

NdA: contenti di questo paragrafo finale? Spero di sì. Comunque è il momento dei soliti, dovuti ed immancabili ringraziamenti a wislava, Jenns, HeYa Shipper e a tutti gli altri lettori. Il prossimo capitolo arriverà tra qualche giorno, quindi, siate pazienti e spero di ritrovarvi alla prossima. Un saluto.
   
 
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