Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: FairyCleo    10/09/2014    4 recensioni
"Lo aveva visto giocare con suo figlio, lo aveva sentito ridere con i suoi amici di sempre, ma nei suoi occhi aveva letto un dolore profondo e un senso di mancanza che solo lui sembrava in grado di comprendere. Per tutti gli altri non c’era niente di diverso o di strano in quella serata trascorsa alla Capsule Corporation. Gli amici di una vita avevano continuato a fare ciò che avevano sempre fatto senza capire, o peggio ancora fingendo di non capire che Trunks avrebbe voluto trovarsi altrove. E questo, non era un pensiero che stava toccando solo lui".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Un po' tutti, Vegeta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Parte XVII
 
Lo avevano fatto. Alla fine, avevano deciso di esaudire il desiderio espresso da Kaharot, partendo alla volta del pianeta Terra.
Non era un luogo che aveva destato in loro particolare interesse, almeno non in Radish e Nappa. Anzi, per loro due era un posto capace di evocare ricordi molto dolorosi, ricordi legati alla morte dei saiyan da cui erano stati creati e alla conseguente impossibilità di portare a termine il percorso per loro stabilito.
Al contrario, Alpha ne sembrava particolarmente entusiasta: era sulla Terra che Vegeta aveva subito il cambiamento che lo aveva reso docile, plasmabile, realmente avvicinabile. Sbarcare sulla Terra significava vedere realmente i luoghi frequentati dal principe dei saiyan, incrociare chi gli era stato accanto, magari prendere un po’ di coraggio ed avvicinarli, persino. Anche se, quest’ultimo proposito, poteva ritenersi molto più che sconsigliabile. Come avrebbe potuto reagire il piccolo Trunks vedendo davanti a sé un essere molto somigliante a suo padre ma al contempo così diverso? Non era loro intenzione seminare il panico. Certo, avrebbero potuto fare in modo che gli altri li vedessero con diverse fattezze, ma poteva rischiare fino a quel punto?
“Dipende da quanto grande è il tuo coraggio” – aveva detto Kaharot, sfoggiando un enigmatico sorriso.
Alpha lo aveva guardato a lungo, di nuovo spiazzato dalla sua irruenza. Non era abituato a ciò. I suoi fratelli lo rispettavano, e lo stesso faceva lui nei loro confronti. Avevano sempre preferito fare lunghi ragionamenti a tavolino, arrivando a conclusioni che potessero mettere tutti d’accordo, ma Kaharot sembrava  ignorare completamente quella sorta di usanza. Lui preferiva porre mille interrogativi, mettere tutto in discussione, far sentire chiunque lì un codardo, quasi inadeguato. Ed era in loro compagnia solo da poche ore. Eppure, era riuscito a far fare loro quello che voleva con una facilità quasi disarmante. Alpha non sapeva se esserne più spaventato o ammirato.
“Coraggio, dici?”.
“Sì! Di cos’altro potrebbe trattarsi, altrimenti?” – si era seduto accanto a lui, sdraiandosi completamente sulla poltrona dallo schienale reclinabile. Era rilassato. Rilassato e tremendamente accattivante. Era capace di passare dalla più totale sottomissione alla leadership. Come fosse in grado di farlo, Alpha non riusciva davvero a capirlo. Ma questo gli piaceva. Oh, gli piaceva tremendamente.
“Lo so che ti piace” – aveva confessato, facendolo vergognare come un ladro.
L’essere in grado di mettersi in contatto telepaticamente con i suoi fratelli era un bene, ma Kaharot non sapeva proprio cosa fosse la privacy. Possibile che dovesse iniziare realmente a pensare di doversi controllare?
“Oh, Alpha, non te la sarai mica presa, vero?” – lo aveva preso in giro, rimettendosi dritto – “Non voglio creare fraintendimenti tra noi. Lo sai che io e te siamo… Abbiamo un contatto speciale. Ecco, lo definirei così. Non devi vergognarti se ti piaccio così tanto…Siamo più simili io e te… Più simili di chiunque altro… Mi capisci, non è così?”.
Certo che lo capiva. Lo capiva eccome.
“E’ solo che… Io non mi sono mai sentito così prima d’ora. Non che con Nappa e Radish non ci sia intesa. Sarei un ipocrita se dicessi il contrario. Io li amo, vi amo tutti… Siete la mia famiglia…”.
“Ma ami me più di loro…E che male c’è ad ammetterlo?” – e, così dicendo, Kaharot aveva afferrato entrambi i braccioli della poltrona su cui suo fratello era seduto, costringendolo a girarsi verso di lui – “Non devi dimenticare chi siamo, Alpha, non devi dimenticare da chi discendiamo e chi si trova in noi. Se lo terrai sempre a mente, saprai perché senti quello che senti”.
E aveva ragione. Per quanto lo stesse psicanalizzando e la cosa fosse oltremodo paradossale, Kaharot aveva ragione. Cielo, come poteva essersi evoluta così rapidamente quella situazione? Sembrava quasi che i ruoli si fossero ribaltati e che fosse Kaharot quello con più esperienza di tutti, l’esemplare Alpha che presto avrebbe permesso ai suoi fratelli di esistere. E lui non sapeva bene come sentirti a riguardo.
“Metti da parte ogni remora, fratello” – gli aveva detto Alpha, continuando a guardarlo con quei suoi grandi occhi di fuoco – “E fai quello che hai sempre desiderato: vivi”.

 
*
 
 Vivi.

Era questa la parola che continuava a udire come un eco lontano che rimbombava nella propria testa. Ammesso che ce l’avesse ancora, una testa. Era confuso. Non avrebbe saputo dire se si sentiva più stanco o stordito, perché non era più certo di sentire qualcosa. Qualcosa all’infuori di quella parola.

Vivi. Vivi. Vivi.

Gli stavano forse intimando di reagire alla morte? Gli stavano forse suggerendo di scappare dalle sue grinfie? Di rifuggirle? Ma com’era possibile farlo, se lui, morto, lo era già?
“Sta zitto” – aveva detto, scontroso, desideroso di rimanere nell’oblio. Ma a cosa lo aveva detto? A chi lo aveva detto? Non c’era nessuno in quel posto. Era morto e lo avevano spedito in una sezione dell’Inferno studiata appositamente per lui, non poteva essere altrimenti. Non poteva esistere una prigionia più crudele di quella, una punizione più severa, più adatta ad uno come lui.
Non ricordava come avesse fatto a morire. Aveva memoria di un dolore intenso, viscerale, che sembrava essergli scoppiato dentro come le schegge impazzite di una bomba innescata all’improvviso, poi, più nulla. Aveva avuto paura, una mai provata prima. Paura di aver fallito, di aver perso la sua occasione, di aver reso tutto vano, inutile. Tutti gli anni trascorsi a cercare di evitare il peggio non erano serviti a niente, se non a rendere vera la sua più grande paura.
Come aveva potuto lasciare che le cose andassero per quel verso? Come? Era stato un inetto, uno stolto, un debole. E, la cosa peggiore, era che non avrebbe potuto fare niente per rimediare.

Vivi.

Continuava a sentire quella voce dannata. Doveva provenire direttamente dal cuore dell’Inferno, non c’erano dubbi. Ma perché, se si trovava tra i dannati, avevano deciso di destinarlo al gelo più intenso invece di gettarlo tra le fiamme?
Stava tremando forte, fortissimo, stava tremando come mai prima di allora. Avrebbe trascorso da solo il resto dell’eternità, in quel luogo buio, solitario e freddo, ripensando per ogni singolo istante a come aveva fallito miseramente, condannando tutti a morte certa. Perché, ormai, non aveva più dubbi: era lui la creatura che aveva visto nei suoi peggiore incubi, era lui la creatura che aveva visto dall’esterno, come lo spettatore di un film, mentre uccideva i propri cari.
Avrebbe voluto piangere. Le lacrime avevano cominciato a riempire il piccolo spazio rimasto vuoto sotto le sue palpebre mobili, ma non voleva che sgorgassero. Non voleva dare soddisfazione a chi stava ad osservarlo da chissà dove, deridendolo e godendo della sua sofferenza. Voleva, almeno per una volta, mostrarsi stoico, d’un pezzo, forte. Ma lui non lo era più, forte. Non era niente. Non era più niente.
E non era riuscito a non pensare a lui, forte, certo, ma non abbastanza da poter fronteggiare un simile nemico. Era troppo piccolo per subire una simile tortura, anche se lui stesso c’era andato vicino innumerevoli volte nel corso della sua precedente vita. Troppo piccolo persino per badare a se stesso, stando alle regole terrestri. E, nel bene o nel male, lui era in parte tale: era in parte terrestre, soggetto alle leggi di un mondo che tentava di proteggere i bambini, non di farli diventare dei soldati. Almeno in linea di massima.
Come avrebbe reagito nel trovarselo davanti? Cosa avrebbe fatto? Non lo avrebbe mai saputo. Perché a quelli come lui non era concesso uno spiraglio per poter sbirciare nel mondo dei vivi. A lui non era concesso niente. A quelli come lui erano concessi solo dolore e solitudine.
Come era potuto accadere tutto ciò? Come aveva potuto trasformarsi in una creatura tanto inetta? Come aveva potuto lasciare che lui si prendesse tutto quello che aveva costruito con tanta fatica, combattendo fin troppo spesso persino con se stesso?
E come aveva potuto dimenticare quello che aveva subito? Come aveva potuto dimenticare quell’episodio del suo passato? Che cosa gli avevano fatto affinché quell’abominio potesse prendere vita? Forse, non voleva saperlo, non voleva ricordarlo. Era morto… Che importava pensare ad un episodio avvenuto quando era ancora in vita?

Vivi.

Lo aveva sentito di nuovo, quel maledetto suono, quella maledetta parola, quella maledetta voce. Una voce che aveva riconosciuto ormai da diversi minuti – ammesso che per lui il tempo avesse ancora lo stesso valore – e che aveva ricominciato a detestare, forse per rancore, forse per invidia. Eppure, c’era qualcosa che non era così come avrebbe dovuto essere, in quel tono, in quella cadenza, ma non avrebbe saputo dire di cosa si trattasse. Forse, era un crudele scherzo dei suoi ricordi, delle sue memorie, cose che voleva e doveva solo mandare ad diavolo. Sì, al diavolo tutto e tutti. Al diavolo il legame che aveva instaurato con i suoi simili, al diavolo il passato che continuava a tormentarlo. Era solo con se stesso, con il suo senso di smarrimento e di impotenza, non c’erano e non dovevano esserci altri invitati a quella festa.
Avrebbe solo dovuto ritrovare una parvenza di calma, di lucidità e sperare di riaddormentarsi.
E ci sarebbe riuscito, se solo non l’avesse sentita di nuovo, chiara, potente, lì vicina. E soprattutto, ci sarebbe riuscito, se non avesse pronunciato il suo nome.
 
*
 
“Vegeta!” – aveva detto, incredulo egli stesso di quanto avesse davanti agli occhi – “Vegeta!” – aveva ripetuto, scoprendosi nuovamente padrone della sua voce.

Non lo vedeva con chiarezza. Era come se il suo amico fosse dietro una sorta di muraglia fatta di ghiaccio, e il buio, pian piano diventato un’opprimente penombra, non era di certo d’aiuto, ma era chiaro che fosse nella sua stessa situazione di prigionia. Non aveva idea di dove diamine fossero o di come avessero fatto ad arrivarci, ma se era uno scherzo, bene, doveva essere stato architettato da un essere oltremodo perverso.
Avrebbe voluto fuggire da quella prigione, liberarsi di quelle assurde costrizioni e correre da chi aveva cercato di salvarlo, facendo con lui lo stesso, anche se capire da cosa dovesse trarlo in salvo sarebbe stato troppo anche per un genio come la sua amica Bulma.

Agitarsi era inutile, peggiorava solo la situazione, e Vegeta sembrava non essere in grado di vederlo. Forse, anche lui era immerso nella stessa oscurità in cui si era ritrovato lui fino a qualche istante prima, forse, anche lui era in quella situazione di totale stordimento che gli aveva fatto perdere il senso della realtà. Erano morti, bene, poteva accettarlo, ma non avrebbe mai accettato di non poterlo raggiungere. Non dopo che Vegeta aveva fatto tutto quello che era nelle sue possibilità pur di riportarlo in vita. Qualunque fosse stata la verità, a lui non importava, in quell’occasione. Lui voleva solo raggiungere Vegeta. Goku voleva solo liberare dalla prigionia chi aveva liberato lui dalla morte.

“Vegeta!” – aveva chiamato di nuovo, cercando di farsi sentire – “VEGETA!” – aveva urlato con tutto il fiato che aveva in gola.
Ma lui non sembrava sentire, Vegeta non sembrava udire la sua voce. E, man mano che passavano i secondi, i minuti, il buio tornava a farsi più intenso, prendendo il posto della penombra appena arrivata. Poteva perderlo di nuovo? Poteva ritrovarsi di nuovo solo, addormentandosi senza una ragione e poi risvegliandosi nella più totale solitudine, schiacciato dalla consapevolezza di non sapere cosa gli avrebbe riservato il destino?
Non lo sapeva, ma non voleva arrendersi. Eppure, improvvisamente, lui aveva di nuovo così tanto sonno… Un sonno così grande che gli stava facendo chiudere le palpebre contro il suo volere. Ma se quella fosse stata la sua ultima occasione, la sua unica occasione per cercare di venire a capo di quello scherzo di pessimo gusto poteva davvero lasciarsela sfuggire?
“DANNAZIONE! VEGETA, RAZZA DI ZUCCONE, APRI GLI OCCHI E GUARDAMI!”.
Non sapeva come avesse fatto. Non aveva idea di come fosse riuscito a tirare fuori quella voce così potente, ma c’era riuscito. E quella che aveva urlato senza neanche rendersene conto era stata come una sorta di formula magica, di parola d’ordine, perché aveva sortito l’effetto tanto desiderato, perché aveva fatto sì che Vegeta aprisse gli occhi e fosse finalmente in grado di vedere. E lui sperava con tutte le sue forze che presto, entrambi, fossero finalmente in grado di capire.
Fine parte XVII
_____________________________________________________________________________________________________

Eccomi…
Con soli due giorni di ritardo, non ci si crede! E con un capitolo sui nostri “defunti” eroi, tra l’altro. U.U Io sono preoccupata… Voi dovete sapere che – come al solito – io non so come andranno le cose, bensì decido tutto sul momento, lasciandomi guidare dall’ispirazione e dalle mie mani che battono incessantemente sui tasti del pc, dunque, proprio come voi – almeno spero – sto cercando di immaginare cosa potrebbe avere in mente Kaharot e cosa voglia ottenere in verità.
E Goku e Vegeta? Si sono ritrovati o è solo un’illusione? Vedremo…
Per ora scappo…
A presto miei cari!
Un bacino
Cleo

 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: FairyCleo