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Autore: Ossimoro Vivente    11/09/2014    2 recensioni
Rakèl era una ragazzina.
Una delle solite ragazzine da liceo che abitava in una casa normale con una famiglia normale. Non era nè ricca ne povera, nè bella nè brutta ma, come tutti, aveva il suo carattere: era sfigata.
Ovviamente sarà una storia non cagata da nessuno,ma... chissene frega,la metto comunque! xD
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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LA GARA
                                          
Il sole sorgeva lentamente nella città confondendosi al tramonto in quel preciso istante in cui mattina e sera si eguagliano alla perfezione.
Una città piena di viottoli e stradine si risvegliava pian piano con le prime macchine a passare per le strade nella penombra e nel silenzio dell'alba.
I bar cominciarono a infornare le brioche e alcune persone uscivano ancora in pigiama sui loro balconi a godersi il sereno paesaggio e a respirare la dolce brezza mattutina.
La ragazzina dalla felpa rossa uscì dal portone di casa sua. Dalla sua sciarpa,di tanto in tanto, spuntavano e si dileguavano delle piccole nuvolette di aria condensata.
Camminò, trasportando i suoi capelli crespi, verso il garage, dove si trovava la sua arrugginita bicicletta.
Era forse più di un anno che non ci saliva sopra. La usava solo in estate, quando non aveva nulla da fare, ma quel giorno Rakèl si era svegliata con la voglia di andare alla scuola del paesino scendendo per le vie, facendosi accarezzare dolcemente dal venticello.
Portò la bici al bordo della strada e ci salì goffamente sopra.
La discesa mostrava quasi tutto il paesino con palazzetti, lampioni che si spegnevano e alberelli verdi che facevano da primo piano al cielo che via via più su sfumava dal giallo ocra del sole, all'azzurro antico del cielo.
Rakèl tolse il freno e inarcando la schiena iniziò a pedalare, poi lasciò libere le gambe e si fece trasportare entusiasta dalle ruote della bici che giravano veloci tralasciando lo scorrevole ticchettio della catena.
Istintivamente Rakèl scosse ritmicamente il petto, poi aprì la bocca e rise sonoramente.
Si stava divertendo un mondo.
Poi si lasciò andare e...
-WOHOOOO!-
Urlò euforica senza curarsi minimamente della città e esternando la sua felicità senza alcuna vergogna.
Non sapeva che, in una di quelle casette, viveva un ragazzo che stava uscendo di casa in bici a quell'ora proprio come lei. Solo che lui la usava molto più spesso.
Mentre apriva il cancello se la vide passare davanti a pochi metri di distanza come una pazza, facendogli scompigliare lentamente i capelli rossicci, tra i cui in alcune ciocche ricciolute, si intravedevano nell'ombra, dei piccoli occhi verdi e osservatori che girarono verso la figura in bicicletta e che poi assunsero uno sgurado di sfida.
Gli venne istintivo. Salì agilmente sulla sua costosa mountain bike e partì come un fulmine, inseguendola.
Naturalmente riuscì a raggiungerla, e senza che Rakèl se ne accorgesse, la oltrepassò come se niente fosse, ma il ragazzo ghignava sotto i baffi consapevole delle sue abilità.
Rakèl smise di ridere, quando lo vide davanti a se. Cosa che a lui fece provare ancora più gusto.
La biondina, indignata, rimise piede sul pedale e pian piano sfrecciò davanti a lui, lasciandolo un po' sorpeso dalla mossa. E lei, senza neanche pensare alle conseguenze, sopraffatta dalla bella figura che riuscì a fare, girò la testa dietro e gli mostrò fieremente la lingua. Brutta mossa.
Concentrata solo sul gesto beffardo, Rakèl perse l'equilibrio, e...TUNF!
Cadde per terra come un sacco di patate e sbattè contro la spalla e il fianco destri.
Le sfuggì un gemito e si raggomitolò come un ghiro che dorme tenendosi la testa fra le braccia per non farsi vedere la faccia dalla vergogna, mentre la ruota della sua bici continuava a girare a vuoto. Tenne gli occhi chiusi col sangue che ribolliva dalla rabbia e dalla paura, e il cuore che le batteva forte. Le serviva qualche minuto per farle rendere conto di aver appena fatto una figura imbarazzante davanti a uno sconosciuto.
Non ebbe neanche il tempo di fare delle supposizioni su cosa avrebbe fatto il ragazzo, che sentì vicino il rumore dei freni e di un piede che si appoggiava a terra.
Rakèl aprì un occhio temendo che l'avrebbe presa in giro, fu la prima cosa che pensò, nient'altro le veniva in mente.
Invece no, si ritrovò una grande mano che pendeva, rosea e con delle lunghe dita protese verso di lei.
Alzò la testa tenendo gli occhi socchiusi dal sole che si stava pian piano alzando, e vide il viso del ragazzo che la guardava inerte, aspettando che la mano venisse afferrata, e aveva l'aria di ritrarla a pochi secondi di lì, se non fosse successo.
Si accorse che lo riconosceva, almeno di vista. Lo vedeva passare spesso con quella montain bike insieme a degli amici,e faceva parte anche della sua stessa scuola, ma non sapeva nè di che anno, nè di che classe era. Ma quel tizio attirava la sua attenzione perchè aveva visto poche persone con i capelli ricci e rossi come i suoi; lo trovava particolare.
Rakèl prese quella mano, anche se in modo diffidente. Si tirò su e, silenziosamente, prese la sua bicicletta. Il ragazzo, ancora in bici, con le braccia libere a sfiorare i fianchi,la osservava sempre con quell'espressione seria e vagamente scontrosa.
Poi Rakèl usò una mano per tenere il manubrio e l'altra per toccarsi i sicuri lividi alla spalla. E come si alzò, se ne andò, senza neanche guardarlo, tenendo  gli occhi giù mentre gli girava le spalle, per poi assumendo una delle tante espressioni più imbarazzate e insicure che avesse mai fatto.
Il ragazzo le guardava le spalle assorto, ancora immobile e con gli occhi socchiusi.
Poi sbuffò stizzito:-Poteva almeno dirmi grazie.
   
 
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