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Autore: Heaven_Tonight    15/09/2014    16 recensioni
“Ikkunaprinsessa”. La Principessa alla Finestra.
C’era lei, Lou, in quel ritratto. C’era lei in ogni suo respiro, in ogni cellula o pensiero.
La sua anima, il suo cuore, le sue speranze mai esposte, il suo amore e la sua fiducia in esso in ogni piccola e accurata pennellata di colore vivido.
C’era lei come il suo caro Sig. Korhonen la vedeva.
Al di là della maschera inutile che si era costruita negli anni.
I capelli rossi e lunghi che diventavano un tutt’uno con il cielo stellato.
L’espressione del suo viso, mentre guardava la neve cadere attraverso la finestra, sognante, sorridente.
Lei fiduciosa e serena. Col vestito blu di Nur e la collana con il ciondolo che un tempo era stata di Maili.
Lui aveva mantenuto la sua promessa: le aveva fatto un ritratto, attingendo a ricordi lontani.
L’aveva ritratta anche senza di lei presente in carne e ossa. Meglio di quanto potesse immaginare.
Cogliendo la sua vera essenza.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo ventotto

" La cosa giusta"



Lei si tirò indietro.
Non voleva dargli l’impressione che apprezzasse ma neanche che non fosse felice di rivederlo.
Perché lei era felice di rivederlo.
Julian era una delle poche persone capaci di farla sentire a suo agio, sempre e comunque.
Che non la trattava in maniera diversa da prima, che la faceva ridere e non se la prendeva se lei non richiamava mai dopo una sua telefonata, se non rispondeva mai alle mail, se aveva momenti in cui non voleva vedere nessuno.
«Sono tutta sudata, meglio non avvicinarsi troppo.»
E non badava ai suoi modi, più bruschi che mai.
«Hai un ottimo profumo, Eva.»
“La tua pelle sa di sole… e miele…”.
La voce di Ville risuonò nei suoi ricordi.
Nell’ultimo mese i sogni su di lui si erano susseguiti sistematicamente, ogni notte.
All’inizio aveva affrontato il momento di andare a dormire sempre con ansia, pur sapendo che al risveglio ogni cosa svaniva.
Ora ci aveva fatto l’abitudine e semplicemente, come ogni cosa che le succedeva, la accettava.
Perché Julian non cambiava mai, e arrivava sempre a sorpresa?
Sospirò, spostandolo senza tante cerimonie, e passandogli oltre, si accinse ad aprire la porta del suo miniappartamento.
L’aria bollente la investì in pieno soffocandola, e si precipitò ad aprire ogni finestra, anche se l’afa opprimente che proveniva dall’esterno non migliorò affatto la situazione.
Si sventolò con le mani cercando di farsi aria sul viso, ringraziando il cielo che avesse i capelli corti; non osava immaginare come sarebbe stato se avesse avuto ancora quella massa di ricci.
«Senti caldo?» – Julian la guardava divertito.
«Perché, tu no?» – chiese acida, allontanandosi dalla finestra e tornando vicina a lui prese a sistemare la spesa.
«Sono spagnolo, ‘chica’…» – disse con voce suadente, calcando l’accento iberico.
«Umpfh.»
«Non sei felice di vedermi? – le afferrò le mani all’improvviso, intrecciando le dita alle sue - Ti da’ fastidio quando arrivo senza avvisare? Mi piace farti sorprese… »
«Julian… - resistette all’impulso di divincolarsi – lo sai che odio le sorprese. E sai anche che sono felice di vederti. Smettila.»
«Di fare cosa?»
«Di fare qualunque cosa tu stia facendo alle mie mani.»
«Le sto solo tenendo.»
Lei sollevò il sopracciglio.
Le stava accarezzando il dorso e l’interno dei polsi con lenti cerchi, in modo sensuale.
Non era possibile che ancora sperasse che fra loro potesse ripetersi quello che per lei era stato solo uno sbaglio.
Non dopo tutto quel tempo, diamine!
Era stata chiara in merito e sembrava che lui si fosse rassegnato alla cosa; ma ogni volta che si rivedevano, lui tornava alla carica, ogni volta.
E ogni volta lei doveva usare la sua acidità corrosiva per rimetterlo al suo posto.
Vedeva come la guardava, come la fissava e percepiva chiaramente il suo desiderio.
La cosa che la faceva infuriare era che anche lei provava attrazione per Julian, per lo meno fisica.
Ma lui voleva di più, non credeva che si sarebbe accontentato solo di portarsela a letto.
E lei non voleva commettere sempre gli stessi sbagli.
Non che non avesse preso in considerazione l’idea di farsi consolare da lui.
Ci aveva pensato e lui non aveva mai nascosto che si sarebbe accontentato anche di quello, per lo meno all’inizio.
Era diventata tutto quello che aveva sempre odiato e giudicato negli altri.
Non aveva perdonato Andrea per le sue debolezze.
Non aveva perdonato Ville per essere stato con Amy.
E ora non perdonava se stessa per aver ceduto anche lei alle proprie debolezze.
Quante volte Mara le aveva detto che sbagliare è umano, che è normale, che aiutava a far chiarezza dentro di sé…
Ma lei cosa aveva capito?
Aveva lasciato Ville perché aveva paura e non era tornata da lui quando glielo aveva chiesto.
Aveva usato la malattia di Mara come scusa per non affrontare la vita che aveva lasciato in sospeso con Ville.
Voleva illudersi di poter soddisfare il suo istinto materno e invece sapeva bene quanto fosse sbagliato.
Aveva usato Julian per lenire una ferita che non sapeva come rimarginare.
Era peggiore di tutti gli altri.
Aveva deluso Nur, Mara e Simone.
E Ville…
Soprattutto aveva deluso se stessa.
E quella era la cosa che più di tutte non riusciva a dimenticare e perdonare.



******



Erano ore che camminava sulla spiaggia.
Non aveva nessuna voglia di rientrare, nonostante il vento forte e freddo che le sferzava il viso.
Non aveva voglia di tornare in casa ed essere di nuovo sola, anche se era una solitudine che aveva cercato, scappando dalla casa dei suoi genitori, con sua madre che la seguiva con gli occhi da quando era tornata da Helsinki, un mese prima.
La guardava attraverso gli occhiali da vista in bilico sul naso, mentre faceva il suo uncinetto rilassante, come lo chiamava lei.
Sbuffava e borbottava in continuazione quando la vedeva smangiucchiare svogliatamente i pranzetti che le preparava con tanto amore, quando rispondeva a monosillabe alle loro domande, o quando si rinchiudeva in camera al buio, parlando per ore con Ville al telefono, per poi fissare il soffitto immobile.
Suo padre al contrario, non la sorvegliava come un cane da punta: erano così simili loro due.
Le faceva una carezza sui capelli ogni volta che le passava vicino, non dicendole nulla, non chiedendole nulla: semplicemente confortandola con la sua presenza e il silenzio.
Portandole le more che lei adorava, appena colte e ancora calde di sole.
Ma un mese in quel modo, senza poter essere se stessa, senza che potesse lasciarsi andare a qualsiasi cosa lei sentisse in quel momento, disperazione, insicurezza, voglia di prendere il primo volo e tornare fra le braccia di Ville… la stavano facendo impazzire.
E Beppe, il buon Beppe, la sua àncora di salvezza trovata nella persona più insperata, le aveva offerto un nascondiglio; il giorno in cui lei era sfuggita agli occhi di sua madre per mettersi sotto quelli altrettanto vigili e implacabili, del suo migliore amico.
«É il posto in cui mi rifugio quando litigo con Simone e non voglio farmi trovare – le aveva detto con un sorriso, strizzando gli occhi neri – impazzisce ogni volta: cerca di estorcermi in ogni modo dove vado, ma non glielo dirò mai. Deve imparare che non può sempre averla vinta e controllare la vita di tutti e ottenere ciò che vuole puntando i piedi. Per cui confido che manterrai il mio segreto!»
Le aveva dato le chiavi della sua piccola casa che affacciava sulla costa opposta della penisola e disegnato una cartina su come arrivarci.
«In ogni caso hai il navigatore sul cellulare, no? Se ti perdi è facile ritrovare la strada.»
Fosse stato possibile anche per il suo cuore, ritrovare la strada di casa…
Così aveva riempito la borsa ed era scappata di nuovo.
Per evitare che sua madre andasse fuori di testa del tutto, le aveva detto dove andava e messo a tacere ogni sua lamentela, promettendole di chiamarla almeno ogni sera e facendosi promettere a sua volta di non rivelare a nessuno, specie a Simone dov’era.
Suo padre invece le aveva sorriso come sempre, abbracciandola senza aggiungere raccomandazioni che sapeva fossero del tutto superflue.
A Lou venne da piangere e desiderò tornare bambina, quando lui la faceva salire sui propri piedi insegnandole a ballare.
La piccola Lou rideva, innamorata pazza del proprio papà, stringendosi alle sue ginocchia.
E lei lo guardava e le sembrava così alto, così forte, così invincibile.
E mai più in tutta la sua vita si era sentita così al sicuro, così amata come in quei momenti.
Come se lui le avesse letto nella mente, prese a dondolarsi piano, canticchiando una musica senza capo né coda.
Aveva pianto per tutto il viaggio durato tre ore, mettendo a disagio il suo vicino di posto che si era nascosto dietro un quotidiano.
Stare da sola non era mai stato un problema per lei.
Sapere che Ville era da solo, a chilometri di distanza invece lo era.
Lo era da quando lei lo aveva chiamato durante il Festival e a rispondere era stata una voce di donna, impastata e assonnata.
Lo era da quando lui non aveva richiamato subito.
Così lei aveva dato di matto, come si suol dire. E aveva deciso di anticipare il suo rientro in Italia, usufruendo finalmente di quei giorni di ferie obbligatorie cui Matleena da mesi la spingeva.
Nur l’aveva guardata perplessa non proferendo parola, ma si vedeva lontano un miglio che non approvava la sua decisione.
Si era concessa un’ultima passeggiata per ‘Munkka’, arrivando fino alla spiaggetta e aveva guardato il sole sparire lentamente nel mare, seduta sulla sua panchina di legno preferita.
E il mattino dopo era partita, arrivando a casa e sorprendendo tutti.
Ville l’aveva richiamata soltanto tre giorni dopo, furioso sotto la voce ben controllata, per non averla trovata ad aspettarlo da brava bambina.
«Perché diavolo sparisci sempre? Perché fai così? Ok, i giorni sono stati un paio in più ma perché sei andata via senza dirmelo? Era tutto già organizzato o come sempre hai deciso all’improvviso, fregandotene di me?»
Razionalmente Lou sapeva che lui aveva ragione.
Il suo cuore, però, la pensava diversamente, così come il suo orgoglio ferito.
«Ho pensato che avessi di meglio da fare.»
Vile aveva sibilato con una colorita imprecazione.
«Di meglio da fare? Ero su quel maledetto palco e l’unica cosa cui pensavo era che avrei voluto vederti tra la folla, guardarti negli occhi e sapere che eri vicina a me, piuttosto che da sola a Helsinki! E cosa scopro? Che tu sei addirittura in Italia! Sei impazzita per caso? Dammi una stracazzo di spiegazione. ORA!»
Come osava avere quel tono con lei?
«Chiedilo alla tua amica.»
Dio, che patetica!
“Quale amica?» – aveva tuonato Ville attraverso la cornetta, forandole il timpano.
Non c’era alcun dubbio sulla potenza dei suoi polmoni.
E così lei aveva vuotato il sacco, dicendo della donna che aveva risposto al suo cellulare.
«‘Perkele’, Lou! Mi fai venire voglia di prendere il primo volo e venirti a prendere a sberle per poi scoparti senza pietà!» – continuò ad urlarle nelle orecchie.
Stava perdendo le staffe e lei era contenta di essergli lontana. La stava spaventando a morte, facendole tremare le gambe, anche solo parlandole al telefono.
Senza contare che anche in quel momento, sentirgli dire cosa voleva farle, si sentì fremere e non per la paura.
Era senza speranza.
Lui non le avrebbe mai fatto del male, su questo ci avrebbe giurato… ma la sua rabbia le faceva in ogni caso paura.
E ancora di più la spaventava il fatto che lei trovasse il tutto in qualche maniera eccitante.
Doveva smetterla e subito, o sarebbe ricaduta in un rapporto di dipendenza simile a quello con Andrea e l’ultima cosa che lei voleva era odiare Ville.
Le aveva detto che aveva perso il suo cellulare, che non riusciva più a trovarlo e che non sapeva in che modo contattarla. Non ricordava mai i numeri a memoria, non aveva un secondo cellulare e questo era il motivo per il quale lui non l’aveva contattata.
«E ora il mio numero ce l’hai?» – aveva chiesto lei insinuante.
«Me l’ha dato Nur.» – la sua risposta fu secca e fredda.
“Che stupida…”.
Si stava di nuovo comportando da bambina, ma era più forte di lei.
«Quando torni?» - le aveva chiesto seccamente.
«Non lo so.»
«Hai intenzione di tornare?»
«Non lo so.»
«Ti amo.»
«Lo so…»


******


«Come va il tuo lavoro?» – la voce di Julian sembrò arrivare da lontanissimo, riportandola alla realtà.
«Bene, grazie.» – rispose laconica.
«Quando esce il libro?» – Julian aveva la costanza di un martire.
Non batteva ciglio alle sue rispose lapidarie che avrebbero fatto desistere anche il più paziente degli uomini.
Simone a quell’ora avrebbe iniziato a sferzarla con battute pungenti per poi sbraitare nel suo modo tutt’altro che chic.
«A settembre, se le cose non si intoppano.»
«Ti va di farmi vedere in anteprima le tavole?»- le chiese con un sorriso disarmante.
«Non ci penso neanche.»
«Andiamo, Eva! Sei spinosa come un riccio con il ciclo…»
Lou lo fulminò con lo sguardo.
E Julian allargò il suo sorriso ancora di più.
«Solo una… piccina piccina… dai…»- le stava facendo gli occhioni dolci.
«Ti prego, ora non metterti a fare il broncio tremulo o ti prendo a sberle con l’insalata!» – sbottò lei ridendo.
«Mi piaci quando fai la violenta.»
«Umpfh!»
Lou gli posò davanti un bicchiere di succo d’arancia con numerosi cubetti di ghiaccio.
«Bevi e sta' zitto…»
«Avanti Eva… fammi vedere le tue nuove creature… chi c’è ora oltre al topo Osiris, la micetta Andromeda, il cane con i baffi, Dalì, la papera chic Baguette e gli altri?»
Lou ridacchiò sotto i baffi a sentirlo sciorinare i nomi a memoria dei suoi personaggi.
Se qualcuno, un anno e mezzo prima, le avesse detto che i disegni che aveva fatto soltanto per divertire la piccola Lilly sarebbero potuti diventare i protagonisti di un libro per bambini, non ci avrebbe creduto.
E invece era stato tutto un susseguirsi di strani eventi e coincidenze che l’avevano portata a quel momento, in attesa di vedere su carta stampata le sue piccole creature.
Era quello il motivo per il quale si trovava a Roma ora, a vivere praticamente con Simone e Beppe che non la perdevano di vista un minuto, in quella città, che anche se bellissima, la stressava come niente al mondo.
Era quello e anche il voler cercare a tutti i costi il suo posto nel mondo.
O forse cercare di dimenticare l’unico posto in cui si era sentita veramente “a casa”.
«C’è il criceto Igor e il pappagallo Couscous… e forse, ma non sono ancora sicura del suo ingresso a “Rocciafiorita”, della mucca Primula; ma dipende da tanti fattori e non ho ancora idea di come farli muovere all’interno della storia. Ormai loro hanno il clan già ben affiatato e si comporterebbero male all’ingresso di un’altra femminuccia: la micetta smorfiosa farebbe come sempre la stronzetta… - si bloccò a metà, sorridendo – Scusa, è che divento noiosa quando parlo di “Rocciafiorita” e non me ne rendo conto…»
Julian le strizzò l’occhio, sorseggiando il succo.
«Mi piace sentirti parlare dei tuoi progetti e del tuo lavoro, lo sai… sono orgoglioso di te. Immagina la faccia della Draghessa se potesse vederti oggi…»
«Immagino che non sarebbe felice… o forse sì.»
«Sarebbe orgogliosa di te, come tutti noi… -le disse Julian sorridendole raggiante – hai creato un mondo per la piccola Lily e per tanti altri bambini.»
«Non era quello che avevo immaginato.»
Julian rimase in silenzio, scrutandola.
«Ho sentito Nur qualche settimana fa… - proruppe schiarendosi la gola – non vive più a Helsinki, lo sapevi?»
«No. Non lo sapevo… Dov’è che vive ora?»
«È tornata a vivere a Londra. Sta per avere un bambino…»
Lou alzò gli occhi a fissarlo incredula.
«Oh… sono contenta… per lei.»
Cercò con tutta se stessa di reprimere la profonda amarezza e invidia che iniziavano a farsi strada dentro di lei.
«Eva, quando la finirete con il vostro silenzio? Ormai dovreste averla superata.»
«Ci ho provato a riallacciare i rapporti con lei! Cosa credi che me ne sia allegramente sbattuta?» – sbottò furiosa e ferita.
«Lo so che ci hai provato… e ancora non ho capito perché se la sia legata al dito… non era… insomma…» – balbettò Julian arrossendo.
«Non erano affari suoi, già!»
Lou ripensò all’ultima volta che aveva parlato con la sua amica e alle parole che questa, piena di risentimento le aveva vomitato addosso.
Nur non aveva mai digerito il suo tagliare la corda da Helsinki, lasciandola sola con un gatto altezzoso e con l’affitto da pagare, ma soprattutto non aveva digerito che lei non rispondesse alle sue mail, alle sue innumerevoli telefonate e sms.
Per i primi tempi era stata paziente e comprensiva, per quanto Nur potesse essere paziente e comprensiva: quando però lei le aveva scritto di spedirle la sua roba, era sbottata.
Insultandola per farla tornare in sé, per farle cambiare idea, dicendole che era una codarda e immatura.
Lei per tutta risposta le aveva detto di farsi gli affari suoi e di spedirle come ultimo favore, le sue cose.
«Col cazzo, principessina dei mie stivali! Te le vieni a prendere tu, e muovi quel culo flaccido e pallido che ti ritrovi!»– le aveva urlato attraverso il cellulare, chiudendo bruscamente la conversazione.
Sapeva che Nur era ferita e delusa dalla sua decisione, ma si era aspettata da lei meno ripicche stupide e più solidarietà femminile. Alla fine Nur, qualche settimana dopo, le aveva pazientemente spedito le sue cose senza fiatare, continuando però a fare l’offesa.
Lou le era grata: l’idea di tornare a mettere a posto le cose lasciate in sospeso a Helsinki… non ce l’avrebbe mai fatta.
Odiava la parte codarda di lei.
Odiava la mancanza di palle, odiava affrontare i suoi problemi, odiava affrontare le persone.
Non voleva rivedere Ville perché sapeva che nel momento esatto in cui avesse incrociato i suoi occhi, lei avrebbe cambiato idea.
Sapeva che sarebbe bastato che lui la sfiorasse per farla capitolare di nuovo e volare tra le sue braccia.
Sapeva che qualsiasi cosa avesse detto, qualsiasi scusa le avesse rifilato come giustificazione, lei se la sarebbe bevuta.
Perché in fondo lei voleva crederci.
Voleva credere al Ville innamorato che pensava a lei durante i suoi concerti, invece che all’uomo che faceva rispondere al suo cellulare altre donne…
Era già stremata dalle lunghe mail con Matleena: il suo capo non aveva preso bene le sue dimissioni e lei riusciva a percepire la delusione della donna per la quale provava una stima profonda.
Matleena aveva accettato con stile e aggiunto che in qualsiasi momento sarebbe stata di nuovo ben accetta.
Non pensava che Valo avrebbe reagito con altrettanta calma, nonostante il suo indiscusso stile finnico pacato e distaccato.
Erano passati tre mesi dalla sua “fuga” e Ville aveva smesso di scriverle o telefonarle.
L’ultima cosa che le aveva scritto, era un sms arrivato nel cuore della notte, qualche settimana prima.
Non ho la lucidità per dire le cose in maniera diversa.
Non ho la capacità di farti tornare indietro.
Non voglio forzarti a fare qualcosa che non vuoi.
Non riesco a trovare le parole adatte…
‘Prinsessa’… Lou…”
Aveva fissato quelle frasi per ore.
Aggrappata al suo decrepito telefonino come se stringesse le dita di Ville.
E avrebbe tanto voluto piangere.
Due giorni dopo era arrivato il primo pacco dalla Finlandia.
Con un sospiro aveva iniziato a tirare fuori vestiti invernali, sciarpe e maglioni, cappellini.
Si era fermata di botto.
Non sapeva dire se Nur lo avesse fatto di proposito o meno; con tutta probabilità era uno dei suoi tentativi infimi per dissuaderla fino alla fine.
O forse no, non poteva sapere.
Lou aveva fissato la sciarpina di seta viola come qualcosa pronto a balzarle addosso da un momento all’altro.
Poi lentamente l’aveva sfiorata con un dito, ricordando esattamente il momento in cui ne era venuta in possesso: come lui gliel’avesse attorcigliata al collo sfiorandole la pelle con le dita, come sempre malizioso al vederla trattenere il respiro, sorridendole con gli occhi…



******



“Con questa sciarpa ti lego a me per l’eternità…” – aveva sussurrato teatrale.
“Piantala di fare il buffone, Valo…”.
Lui aveva ridacchiato sotto i baffi, trafficando con la sciarpina e i suoi capelli.
“Accidenti, con te non posso più barare, Zarda…”.
È che non ti serve una sciarpa di seta per legarmi a te.”.
Gli occhi di Ville avevano mandato un lampo di giada.
Aveva stretto le dita intorno alla sciarpina tirandola gentilmente verso di lui.
“… e sai che niente potrà recidere questo legame?”- aveva aggiunto lei.
Lui non le aveva risposto.
Non con le parole.


******



Lou aveva preso quella sciarpina impregnata di ricordi, portandosela al naso.
Non c’era più traccia dell’odore di Ville su di essa.
Sentiva invece l’odore della loro casa, dei sacchetti alla lavanda che usavano per profumare i cassetti della biancheria.
Crollò di schianto sul letto, sprofondando il viso nelle trame viola.
Stava facendo la cosa sbagliata? No.
“Sto sbagliando tutto…”.
A partire dalla sua decisione di lasciare Ville senza dargli una spiegazione valida se non quella che la Finlandia non era la sua vera casa, che aveva bisogno di tempo, che la sua vita non poteva che essere in Italia.
Tutte scuse che Ville all’inizio aveva faticato ad accettare.
Lo sentiva la di là del telefono, con migliaia di chilometri a dividerli, a scavare un abisso di incomprensioni fra loro; rabbioso, triste, mentre cercava di mantenere una calma che era certa non c’era dentro lui.
Settimana dopo settimana, ad aspettare che lei prendesse una decisione, che tornasse “a casa” come diceva lui; avevano parlato per ore al telefono senza mai giungere a nulla, senza che lei gli dicesse che aveva paura di lui, che aveva paura di non potersi fidare, di non essere quella giusta, come le aveva fatto presente la gelida Amy.
Senza dirgli che la decisione era stata già presa fin da quando l’aereo che la riportava in Italia era decollato dall’aeroporto di Vantaa, staccandosi dal suolo finlandese recidendo, in quelle che volevano essere le sue intenzioni, ogni legame con essa e chi la abitava.
Nur, il sig. K. e Katty… che aveva dolorosamente deciso di lasciare a Ville come un contentino che invece non faceva altro che ricordargli quello che non avevano più.
Nur che aveva accettato ancor meno di Ville la sua decisione improvvisa di andarsene così su due piedi, ma certa che fino alla fine, un giorno lei sarebbe tornata.
Che le aveva spedito con pazienza tutto quello che aveva lasciato in quella casa.
“È la cosa giusta.”.
E allora perché stava crollando?
“Non piangerò.”.
E non aveva pianto. Mai più da allora.

******





"Angolo dell'autrice

Eccomi di nuovo qui dopo mesi e lo so che mi odiate!
Ormai conoscete bene la mia pignoleria e sapete che ci ho messo settimane per trovare i titoli degli ultimi due capitoli e a questo... mi dovete tenere così come sono, vi tocca!
Si aggiungono tasselli sui quattro anni che separano la nostra Signora delle Pippe dal Principe della Torre.
Quante di voi mi hanno minacciato seriamente e scritto deluse perchè Lou si era concessa a Julian!

So che per chi è romantico fino al midollo, certe cose, certi scivoloni non dovrebbero esserci: ma io sono realista e sono convinta, per esperienza personale-non per sentito dire-che ci sono cose che non riusciamo ad evitare.

Vuoi per crescita, vuoi per debolezza o come semplice e normale percorso della vita. Non sempre una caduta di stile, un tradimento significano mancanza d'amore.
Nel caso di Lou, che si sente sleale nei confronti di Ville - ormai avrete capito che Ville invece non ha tradito Lou con Amy, come lei credeva no? - è stato ancora più traumatico, perchè lei per prima lo ha subito in precedenza. E non fa che aumentare il fardello di rimorsi e dubbi che si porta dietro.
Diciamo anche che è difficile resistere al fascino del Pirata Julian - per gli amici, Enzo! XD - ma un pirata non può competere con un Principe, giusto?

E quindi niente: continuate ad odiarmi, perchè questo capitolo non è che un doveroso passaggio atto a chiarire i punti oscuri qui e là.
Devo ringraziare tutte quelle persone che continuano a seguirla dopo più di due anni, quelle che si aggiungono strada facendo e che se ne innamorano, scrivendomi cose bellissime.
Siete davvero carine e mi date continuamente sprint per continuarla!

Grazie alle mie due preziose Beta: ultimamente non le faccio lavorare tanto, segno che sarò migliorata in due anni? ;)
Deilantha (che mi salva sempre nei momenti critici e mi ha aiutato a trovare un nome per il libro di favole, "Rocciafiorita" che Lou ha disegnato) e eleassar .

E alle mie "Prinsesse": Soniettavioletstarlet, Lilith_s, angelica78vf, Cyanidesun, Lady Angel 2002, cla_mika, Izmargad, renyoldcrazy, katvil, arwen85, DarkViolet92, apinacuriosaEchelon, LilyValo, che hanno commentato il capitolo precedente e che lo fanno sempre con entusiasmo!

Grazie anche a Infernal_Offering, fonte inesauribile di foto estemporanee di Helsinki, che non fanno altro che farmi rosicare ma che quando sono depressa per il post vacanza finnica, mi tirano su;
lulida, FediPan, Soheila, Bijouttina, ShinigamiLove,
e la nuova arrivata sleepingwithghosts!

Perdonatemi se dimentico qualcuna, siete davvero tante e vi ringrazio tutte, una per una! <3



Vi aspetto nel Gruppo Facebook dedicato alle discussioni e tutto ciò che ci passa per la testa, inclusi insulti e minacce varie, intervallati a momenti d'ammmore per Lou e Ville!

Siete le benvenute.

Alla prossima!
Baci baci,

*H_T*





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