Black Giada
Capitolo
1
-
Hey,
ciao, quanto tempo! –
Com’è
cominciata quella
strana telefonata?
Un nome
sul display dello
smartphone.
Quattro
lettere.
Un nome
semplice eppure
insolito.
Un
saluto altrettanto
semplice…
Ciao!
… pieno
di incognite.
Silenzio.
Interminabili
istanti di
silenzio dall’altra parte.
Poi un
sospiro, quasi una
sofferenza.
-
Ciao…
mi manchi da morire e non so perché te lo sto dicendo. –
Un
sussurro.
Parole
appena mormorate.
Dolore
in quella voce
giovane e familiare.
Una
disperazione senza
apparente ragione.
-
Hema!!
–
Il
cuore gli fa un balzo violento in
mezzo al petto, lasciandolo per un istante senza fiato.
Daniel
si guarda intorno nella stanza senza neppure sapere bene cosa e se sta
cercando
qualcosa.
Mi
manchi da
morire!
Come
eco di un grido trattenuto per troppo tempo, quattro parole diventano
corpi
affilati che tagliano la pelle, aprendo sottili, profonde strisce di
angoscia
dal cuore all’anima.
Parole
che nessuno ha mai osato pronunciare prima di quel momento.
Che
Daniel non si è concesso di formulare neppure a bassa voce, solo con se
stesso,
tanta è la sorpresa che lo ha colto disarmato quando quel pensiero ha
preso
corpo e preteso spazio tra gli altri pensieri.
Nascendo
all’improvviso in un angolo minuscolo della propria mente.
Anonimo
e irragionevole.
Avanzando
timido e sconosciuto.
Finendo
per sgomitare con prepotenza sempre crescente.
E
sempre più violenta.
Ogni
giorno di più!
In
quei mesi in cui non si sono più visti dopo la conclusione delle
riprese della
serie.
-
Non
capisco cosa mi succede! – Parla ancora il ragazzo dall’altra parte
della
linea.
La voce
sempre più faticosa
sotto la pressione terribile di emozioni man mano più difficili da
controllare
ora che vi sta dando un suono.
-
…
Non lo so nemmeno io! - Ammette Daniel, sincero come non ha creduto
possibile
essere così presto.
Hema
trasale e sulle prime
non comprende la risposta.
Che ha
detto?
Non è
sicuro di aver capito.
Quanto
ha combattuto con se
stesso per ignorare il malessere che gli è nato dentro a tradimento e a
cui non
ha voluto dare nessun nome?
Troppo
terrorizzato di scoprire
un lato di sé che non ha mai neppure sospettato.
Di cui
non ci sono mai state
avvisaglie o anche solo indizi che avessero potuto metterlo sull’avviso.
Fino a
quell’istante.
-
Cos’è
che non sai? – Osa, il respiro sospeso e il fardello sul cuore sempre
più
insopportabile.
-
Perché
anche tu mi manchi tanto da starci male! –
Un
suono strozzato esce dalle
labbra esangui del ragazzo, che di schianto si piega sulle ginocchia,
scivolando contro la parete dove si è addossato per sostenersi, finendo
seduto
sul pavimento freddo del corridoio.
Si
porta le mani sopra la
testa, intreccia le dita tra loro, convulso, incoerente, e stringe
forte, quasi
a voler schiacciare in un sol gesto la paura e la felicità che
improvvisamente
esplodono e si mischiano, confondendosi e confondendolo impietose.
Non
riesce a crederci.
A
distanza di mesi.
A
distanza di chilometri
l’uno dall’altro.
Non è
da solo come aveva
pensato.
-
Noi
non siamo loro! – Protesta con rabbia.
Daniel
lo sente
distintamente anche se tiene il cellulare lontano dalla bocca.
-
Non
lo so più. – Risponde piano.
-
Come?
– Chiede Hema, riportando il telefono all’orecchio.
-
Ho
detto che non lo so più, piccolo! –
-
Non
chiamarmi piccolo… -
-
Scusa,
non volevo offenderti! –
Perché
poi un vezzeggiativo dovrebbe
essere un’offesa?
Lo ha
chiamato così tante
volte durante le settimane delle riprese, quando amicizia e complicità
aveva
consentito loro di muoversi naturalmente tra una scena e l’altra della
serie
televisiva.
E di
certo non era dovuto né
alla differenza di età, né di statura.
C’è
forse la necessità di
doverlo ancora chiarire?
Si dice
che no, non ve n’è.
E
tuttavia si ripromette di
non usarlo più per un po’, visto il clima che si sta instaurando con
quella
telefonata imprevista.
-
Noi
non siamo loro! – Replica Hema sfinito. – Io non ti penso come lui… -
Daniel
sorride a nessuno
intorno a sé.
Scuote
la testa,
stupidamente divertito dall’assurdità della situazione.
Poi fa
qualche passo fuori
dalla veranda che dà sull’oceano e si siede sui gradini della scala che
portano
giù in spiaggia.
-
Neppure
io ti penso come lui, ma come te… Hema! –
-
Perché?
–
-
Bella
domanda! ... Non ne ho idea, davvero!! … E tu? –
-
No!
–
Un
nuovo, sofferto sospiro
trasmigra da un cellulare all’altro, sfiorando l’orecchio di Daniel, a
cui pare
di sentirne il tepore come se fosse stato lì, vicino a lui.
E non
ha bisogno di
immaginarlo, di crearlo nella propria testa quel sospiro e quel calore.
Lo
conosce.
Anche
troppo bene.
Lo ha
percepito infinite
volte durante l’interpretazione dei personaggi che rappresentavano
nella serie.
Durante
le false carezze
sceniche.
I baci
simulati.
Le
coccole da innamorati
previste dal copione.
Ma sono
state tutte false,
le carezze?
Tutti
simulati, i baci?
Tutte
soltanto previste da
un copione, le coccole?
Non è
più sicuro della
risposta.
A quel
punto… non lo è più.
-
Mi
manchi, Daniel… Che ci sta succedendo?
Ho bisogno di saperlo perché mi sembra di impazzire e di
non capire più niente!
–
-
Vieni
da me, vuoi? –
Vieni
da me.
A
quell’invito Hema ha paura.
Una
profonda, pervicace, virulenta paura di sprofondare in una confusione
ancora
più ingestibile se lo rivede.
Si
tortura da mesi guardando e riguardando le scene in cui hanno
interpretato i
loro personaggi alla ricerca di risposte sempre più sfuggenti.
Ritrovarselo
davanti cosa scatenerebbe?
-
Quando?
– Si ritrova a chiedere, senza riconoscere la propria voce mentre
compone la
parola beffandosi della propria volontà.
-
Adesso!
–
Adesso!
Prendere
un aereo.
Attraversare
un continente.
Adesso.
-
Ho
paura! – Ammette.
Daniel
scoppia a ridere, ma è
un breve, incontrollato suono nervoso uscito dalle sue labbra.
-
Anch’io
ho paura… ma questa cosa sta succedendo a tutti e due… non solo a me,
come
pensavo, o… solo a te… e forse… se riusciamo a parlarne… -
-
Capiremo
che è tutto un inganno, vero? –
Hema
glielo chiede
precipitoso, interrompendolo ansioso, d’un tratto colmo di speranza che
gli dica
che si, probabilmente si stanno sbagliando ed è tutto uno stupidissimo
equivoco
dovuto a una suggestione indotta dai loro personaggi.
Che
quella telefonata è
ridicola e lui ci sta facendo la figura del cretino.
Ma va
bene così.
Se solo
capisce che è uno
stupidissimo, tremendo abbaglio, è disposto a qualunque figura di merda.
E
allora perché il solo
pensiero comincia a stracciargli il petto con le sue unghie affilate?