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Autore: ansaldobreda    21/09/2014    1 recensioni
allora, prima di tutto è la mia prima storia (vi prego non sbranatemi!) e volevo dedicarla al mio personaggio preferito di sempre, C-17. da quando ero piccola mi sono sempre divertita a creare storie insieme a lui, e vorrei raccontarvi la mia versione della sua storia, o almeno provarci :)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: 17
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Guardo per terra. Una pozza grigia riflette la mia immagine, continuamente deformata dalle gocce di pioggia. Ho i piedi fradici, sento l’acqua insinuarsi tra la stoffa fino a raggiungere la mia pelle. Le gocce si accumulano sulla punta del mio naso e dei capelli, precipitando a ritmi irregolari quando diventano troppo pesanti. Mi scivolano lungo le guance come lacrime, mi pesano sulle spalle e sulla testa. Quando cerco di alzare lo sguardo verso il cielo, l’acqua precipita appannandomi gli occhi, non posso fare altro che guardare il terreno. Può sembrare strano, ma mi sento molto più a mio agio adesso, sotto la pioggia, bagnato fradicio, piuttosto che all’asciutto, circondato dalle mura del laboratorio. Mi accorgo di stare camminando, non vedo più la pozza davanti a me. La mia figura si confonde fra gli alberi senza il minimo rumore. Mi immagino come un fantasma, triste, solitario e completamente inutile. Guardo il mondo e sento che non mi appartiene, o che io non appartengo a lui, è lo stesso. Questa sensazione è nuova e familiare allo stesso tempo. Non mi piace, mi sento scoperto, debole, sprovveduto… in poche parole, umano. I miei piedi si fermano appena prima di uno strapiombo. Sono sul bordo, non so se riuscirei a salvarmi precipitando da qui. Ma che cosa mi viene in mente? Mi sento dilaniato, una parte di me vorrebbe scappare, potrei farlo, abbandonare tutto. Ma non posso lasciarla adesso. E poi c’è l’altra parte di me, quella che vuole aspettare per poi colpire, quella che ha una sete di vendetta che mi corrode la gola. È la parte che preferisco, la parte che è stata me da quando mi sono svegliato, ma adesso, sotto la pioggia, è tutto diverso. Forse la lotta fra queste due parti mi spinge a fare un passo avanti, così che mi ritrovo in bilico, con la punta dei piedi sospesa nel vuoto, mentre i talloni, molto lentamente, lasciano sempre di più la loro presa sul terreno. Una fitta alla testa, divento cieco per meno di un secondo, ma poi mi ritrovo accucciato a terra, ansimante e lontano dallo strapiombo. Dèjà vu. Non mi fa bene stare qui, le mie gambe traballano mentre mi alzo e torno verso il laboratorio. 
Quando entro trovo C18 seduta sul lettino e l’assistente grasso vicino a lei. Troppo vicino a lei. Appena faccio un passo i due si voltano verso di me, l’assistente mi guarda ma non dice niente. Deve essersi accorto per forza che sono uscito senza permesso, sono bagnato fradicio, in pochi secondi ho lasciato una pozza sotto i miei piedi. Ma non parla. Non mi ricordo che mi abbia mai rivolto la parola. Un bisturi brilla vicino a me, sono tentato di piantarglielo in mezzo agli occhi, ma per fortuna se ne va. «Ci provava con te?» chiedo a mia sorella,  lei si mette a ridere.
«Ma va, quello al massimo ci proverebbe con te!» Rido anche se non dovrei ridere per niente.
«Dov’è il vecchio?»
«È a casa sua, è andato via più o meno da quando sei uscito. Ma sei fradicio!»
«Tanto mica posso ammalarmi.»
«Secondo me sì, invece.»
«Dici?» Mi passa la coperta, è l’unica cosa con cui posso asciugarmi. Il mio sguardo va inevitabilmente all’ingresso alla casa di Gelo. È tutto il giorno che non si vede, è tornato al laboratorio solo un attimo prima che uscissi, e a quanto pare se n’è andato subito. Sicuramente sta succedendo qualcosa di interessante in quella casa, potrebbe essere ora di sfruttare il più grande errore del vecchio a mio vantaggio, l’avermi mostrato l’ingresso alla sua vita privata.
«Vuoi dare un’occhiata?» Lei mi fissa con aria complice, certe volte penso che sia in grado di leggermi nel pensiero.
«Potrebbe essere divertente.»
«Allora andiamo!» Sorride e comincia ad andare verso la porta, ma io le taglio la strada.
«Vado solo io.»
«Perché?»
«Perché non ha senso che tu ti metta il vecchio contro da subito, devi finire l’allenamento.»
«Ma anch’io voglio divertirmi! E poi anche tu rischi di mettertelo contro.»
«Io ce l’ho già contro.» Apro l’ingresso con una leggera pressione. «Non ho niente da perdere.» Chiudo la porta dietro di me, e la figura di mia sorella scompare. Mi dispiace, ma è da quando mi sono svegliato che Gelo è contro di me, non voglio che anche lei abbia i suoi occhi sempre addosso.
Cammino calcolando ogni mio passo, sento il peso del mio corpo appoggiarsi sul mio piede e prendere possesso del pavimento, sono sicuro di non fare rumore. Passo davanti alla porta del bagno, da qui la casa è tutta nuova per me. Sento delle voci, una è di Gelo, sicuramente, l’altra non la conosco, potrebbe essere quella dell’assistente, e ce n’è una terza, ma non credo a quello che sento perché è una voce femminile. E anche giovane, mi sembra. Nella mia mente si formano scene che mi fanno rivoltare lo stomaco, Gelo che sussurra frasi lascive a una bella ragazza, che le passa una bella mazzetta di banconote, e che si fa cavalcare nudo mentre questa lo sprona con un frustino. Vedo le sue mani nodose e rattrappite palpare un corpo bianco e nudo. I miei pensieri mi fanno venire la nausea, ma mi viene ancora più voglia di vedere la faccia di questa escort. Sbuco da dietro un muro, nessuno sembra accorgersi di me. Vedo il vecchio seduto su un divano con accanto l’assistente, e dall’altro lato una ragazza. Sgrano gli occhi, è molto giovane, ed è vestita come una ragazzina. Quando mi guardo mi attribuisco vent’anni circa, lei non sembra averne di più, forse addirittura di meno. Di sicuro non è una squillo, e allora cosa? Una ragazzina raccolta per la strada? Non credo, da come sembra sentirsi a suo agio in questa casa sembra che ci sia venuta altre volte. Allora rimane una sola alternativa… 
«Papà come va il lavoro?» le sento dire. Non ci posso credere, avevo ragione, è comparsa la figlia! Chissà perché sul mio volto si forma il solco di un sorriso. Come fa un vecchio come lui ad avere una figlia così giovane? Come fa ad avere una figlia? La moglie l’ha mollato? Può essere, io l’avrei fatto, chissà quanti soldi le darà al mese per il mantenimento, non c’è altra spiegazione.
«Bene cara, sto lavorando a un nuovo… progetto.»
«Ah sì?»
«Sì…» Ha intenzione di dirle qualcosa? «E per farlo ho… assunto degli stagisti.» Non sa mentire, quasi mi viene da ridere.
«Davvero?»
«Dei ragazzi giovani, che promettono bene. Insegno loro il mestiere e mi sono di grande aiuto.»
«È grandioso!» L’unica cosa grandiosa, qui, è l’ingenuità di questa ragazza. Il suo profilo sembra quello di una bambola, un’ingenua verginella che potrebbe tornare molto utile… per cosa? Che cosa mi viene in mente? Non lo so, ma qualunque cosa sia a Gelo non farà piacere. «Potresti invitare anche loro alla festa di domani.» Festa?
«No credo che sia il caso, cara, non so se si sentirebbero a loro agio.» Sicuramente no, ma non mancherei per niente al mondo a una festa organizzata dal caro Gelo.
«Beh, prova a chiederglielo lo stesso, magari farebbe piacere. E poi non c’è mai nessuno di giovane a queste feste.»
«Cara, sono sicura che anche se chiedessi qualcosa, mi direbbero sicuramente…»
«…di sì.» completo io la frase. Il vecchio si blocca, non sento più il suo respiro, poi lentamente si gira verso di me con gli occhi spalancati, come il suo assistente. «Ma forse il dottore preferirebbe godersi la sua festa senza avere noi da tenere a bada.» Sorrido e mi avvicino di più al divano. Gelo apre e chiude la bocca, senza riuscire a parlare. Sua figlia ride.
«Ma figurati! E poi farebbe piacere a me se veniste. Vero papà? Non ci sono problemi, no?»
«Ma… certo.»
«Bene.» rispondo, guardandolo negli occhi. La sua espressione cambia lentamente, fino a diventare quasi minacciosa.
«Fantastico!» La ragazza si alza e viene verso di me, porgendomi la mano. «Io sono Samantha, sono la figlia del dottore.» Osservo la sua mano protesa verso di me, adesso devo presentarmi. Come mi potrei chiamare? L’unico nome che mi viene in mente, Nicholas, è troppo rischioso. Muovo la mano verso di lei più lentamente possibile, cercando di sembrare abituato a questo genere di cose. Il mio sguardo cade sul tavolino vicino al divano, sopra c’è un pacchetto di patatine con scritto “Harry’s snacks”. Può andare.
«Harry.» mi presento, e le stringo la mano. «Sei arrivata oggi?»
«Sì, per qualche giorno mi avrete fra i piedi.» Forse è una mia impressione, ma sembra particolarmente entusiasta di conoscermi.
«Io credo che tu debba andare, adesso.» interviene il vecchio. Certo che devo andarmene, perchè io, inutile cyborg, non sono degno di parlare con tua figlia, giusto? O forse hai paura di me? Interessante.
«Certo, ho del lavoro da fare.» rispondo guardandolo negli occhi. Credo che tra noi sia nata una specie di sfida. Poi risposto lo sguardo sulla figlia. «Ci vediamo alla festa, Samantha.»
Torno verso la porticina a grandi passi, quando rientro nel laboratorio mia sorella è ancora nella stessa posizione in cui l’ho lasciata. «Allora?» mi chiede. Sorrido.
«Ho rimediato un invito.»
«Per cosa?»
«Una festa.»
 
 
 
Angolo autore: ciao a tutti! Prima di tutto faccio le mie condoglianze a tutti gli studenti per l’inizio della scuola, purtroppo ho pregato tanto ma il tempo di ricominciare è arrivato lo stesso… Mi dispiace, ma non credo che potrò aggiornare tanto frequentemente, perché dal primo giorno hanno iniziato a caricarmi di compiti -.- ma spero comunque di non far passare i secoli fra un aggiornamento e l’altro, e spero anche di essere riuscita a fare un buon lavoro col capitolo quassù ;) Come sempre, grazie a tutti i lettori <3
  
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