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Autore: _diana87    22/09/2014    4 recensioni
"E va bene, vi dirò tutto, ma voi dovete lasciarmi parlare senza interrompermi, okay? Fate finta che vi stia raccontando una storia... agente, lei sa come funziona un romanzo, mi auguro... c’è un prologo, che potremmo identificarlo in questo momento, in cui il bravo ragazzo viene scambiato per un traditore e cerca di convincere la polizia che lui non c’entra niente... poi c’è il corpo, che è la parte centrale in cui vi racconto come si sono svolti i fatti... infine, c’è l’epilogo, in cui c’è la resa dei conti e la morale della storia... perché ogni racconto ha sempre la sua morale..."
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle, Sorpresa | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Cammina con passo felpato, e l’unico rumore è determinato dai suoi tacchetti neri e dalla sua parlantina sbrigativa e autoritaria. I tre agenti dell’Interpol inglese fanno fatica a starle dietro. Ha voluto incontrarli personalmente, sentirsi in prima linea e informarli sul caso, ma si è resa conto che loro sanno più cose di lei.
Quando si era messa in contatto con l’ufficio dell’Interpol degli Stati Uniti, l’impiegato le aveva passato quelli di Londra, per via del loro capo, l’agente Mike Jones, che aveva già catturato diversi terroristi nel corso della sua carriera ventennale. La preoccupazione per la Gates era la lingua; gli inglesi, con i loro termini tecnici, forse si sarebbero trovati male davanti alle maniere più brusche e irruente della polizia americana, specialmente quella di New York. Tuttavia, la Iron Lady ci teneva a fare bella figura, quindi aveva invitato i suoi agenti alla bella presenza.
Gesticola, attraversando il corridoio, venendo poi interrotta proprio dall’agente Jones, che la ammonisce con una mano. Posa le mani sui fianchi, rivelando il distintivo della polizia internazionale del Regno Unito, e qualche altra firma dei suoi incarichi, poi si gratta la testa per un attimo, come se cercasse di fare un riassunto su quanto Victoria Gates avesse detto.
“Capitano, mi faccia capire. Mi sta dicendo che ha mobilitato la polizia internazionale perché un suo collega è stato rapito da dei terroristi, di cui lei e la sua squadra non sapete il nome?”
La Gates lo fissa e solo in quel momento si rende conto della sua altezza. L’agente inglese arriva al metro e novanta, occhi azzurri, capelli corti tagliati accuratamente e sguardo indagatore.
“Richard Castle non è un poliziotto. È, chiamiamolo così, un consulente,” sospira pensando proprio allo scrittore, e per una volta deve ringraziare di non averlo tra i piedi perché lo sta difendendo. Anche se avrebbe immaginato una situazione diversa per non avere Castle al Dodicesimo.
Mike alza un sopracciglio stupito, poi rivolge un’occhiata ai suoi due colleghi, che si stanno guardando intorno, in particolare rivolgono lo sguardo sulle scrivanie disordinate di Ryan ed Esposito.
“Magari il gruppo terroristico di cui mi parlava è Al-Qaida? Ha detto di avere un video?” continua Jones, ignorando le occhiatacce tra i suoi colleghi e i due agenti del Dodicesimo.
“Sì, ma non siamo in grado di tradurlo, per questo ci aspettiamo un traduttore dalla CIA per capirne il messaggio. Intanto vi presento la mia squadra, anche se non sembra ci sia bisogno di presentazioni...” il tono di voce della Gates va scemando appena volge lo sguardo verso Kevin e Javier.
I due detective si sono alzati e messi davanti le proprie postazioni con le braccia incrociate. Stanno guardando i due agenti inglesi con superiorità, come a voler marcare il territorio. Mike si schiarisce la voce, distogliendo gli occhi da quella scenetta appena uscita da un film gangster.
La Gates riconosce il passo da fuggitiva di Kate, che se la sta dando a gambe dietro di lei, quindi la blocca afferrandola per il braccio, prima che possa indugiare oltre.
“Agente Jones, lei è la detective Kate Beckett, una delle migliori del Dodicesimo.”
L’inglese la squadra, studiandola. Indossa una semplice camicia di cotone rosa, i capelli lasciati sciolti, jeans, e in mano regge una cartellina. Probabilmente era già pronta a mettersi al lavoro indisturbata prima che la Gates la fermasse. Kate si sente in soggezione, e rotea gli occhi verso una possibile via di fuga, ma la Gates è lì a fulminarla con gli occhi, come a ricordarle della bella figura davanti la polizia internazionale.
“E’ un piacere conoscerla,” dice infine, voltandosi verso di lui. Abbozza a stento un sorriso pieno di tensione, e allunga una mano verso di lui.
Mike ricambia con una stretta forte e decisa. Anche lei è visibilmente stupita dall’altezza dell’agente, soprattutto perché è alto quanto il suo Rick.
Quindi lo vede lì davanti a lei, che le sorride.
Batte le ciglia tornando alla realtà. Rick scompare tra nuvole di fumo e il distretto torna a popolarsi di agenti a lei sconosciuti. Mike ha già ritirato la mano e accanto a lui ci sono i due colleghi.
“Questi sono Owen Rodriguez e Sonny Preston...”
“... che hanno già fatto conoscenza con i detective Kevin Ryan e Javier Esposito...” il tono della Gates è da rimprovero verso i suoi detective. E anche il suo sguardo è glaciale appena incrocia i loro occhi. Il capitano ha assistito alla scena.
Come Kate stringe la mano anche ai due agenti inglesi, non può fare a meno di notare la sottile somiglianza coi due bro.
Owen Rodriguez è affascinante, robusto, anche lui coi capelli tagliati alla perfezione – sembra un vizio degli inglesi essere sempre impeccabili nell’aspetto – e ha i lineamenti di un uomo dell’America del Sud, proprio come Javi.
Sonny Preston è tosto come il suo collega, solo più basso rispetto a Rodriguez e Jones, e ha l’aria di uno che ha bisogno sempre di una spalla durante le missioni, ma che sa sempre prendere tutto sullo scherzo. Forse in fondo a quell’aspetto da duro si nasconde un cuore tenero, come il suo amico Kevin.
Mentre la Gates prende la cartellina tra le mani di Kate per mostrarla a Mike, Beckett non si accorge che anche i due agenti inglesi la stanno fissando per studiarla.
Vede Sonny puntarle il dito contro e rimpicciolire gli occhi come per mettere a fuoco. Lo sguardo poi si amplia e il dito prende a tremare.
“Aspetta un momento... lei è Nikki Heat?”
Infastidita, Kate sobbalza, incalzando. “Scusi?”
Il capitano e l’agente Jones alzano gli occhi verso di loro. Mike si rimette nella posizione stile interrogatorio, con le mani sui fianchi.
“Chi?”
“Ma sì, capo, la protagonista dei romanzi di Richard Castle... è a lei che si è ispirato per i suoi libri, vero?” fa Owen, ridacchiando tra sé, e punta anche lui il dito verso Kate, facendola arrossire.
“La focosa agente Heat.” Ribatte Sonny, e stavolta il tono è dei più maliziosi possibili.
Kate alza lo sguardo e si sente avvampare. È mai possibile che tutti devono vedere in lei solo Nikki Heat, la protagonista dei romanzi di Castle?
La Gates fa per dire qualcosa, ma la sua detective l’anticipa. Si passa svogliatamente una mano tra i capelli, poi si volta verso l’agente Preston, mordendosi il labbro inferiore. L’irritazione la sta consumando.
“Il mio nome è Kate Beckett, non Nikki Heat. Nikki Heat è solo un personaggio fittizio.” Sentenzia, e adesso è Sonny a sentirsi piccolino di fronte a lei. L’altezza già non lo aiuta molto. “Credo che lei abbia problemi a distinguere la realtà dalla finzione.”
L’agente Jones, che ha osservato la scena, volge un’occhiata alla cartellina che la Gates gli stava mostrando. Richard Castle, l’uomo rapito da un gruppo terroristico, ovvero il ‘consulente’ scrittore del Dodicesimo, è in prima pagina. A giudicare da come Kate si è agitata a parlare di lui e da come lo ha difeso, Mike non deve indagare oltre per sapere come stanno le cose. Chiude la cartellina di scatto e fa una risatina di chi la sa lunga.
“Ora è chiaro il motivo per cui la detective Beckett vuole partecipare in prima linea al rapimento del signor Castle.”
“Che intende dire?” ringhia Kate, subito bloccata dall’occhiata della Gates che le intima con lo sguardo di lasciar stare. La detective, pur vedendo il suo capitano, la ignora. Fissa l’agente inglese, incrociando le braccia al petto. “Agente Jones, con tutto il rispetto che nutro per il suo lavoro e la lotta contro il terrorismo, credo che lei mi abbia sottovalutata. Inoltre non mi conosce per niente e ha espresso un giudizio basandosi su ciò che legge sui giornali.”
Hanno iniziato un siparietto che mette a disagio gli altri agenti.
Javier e Kevin abbassano lo sguardo tornando ai loro affari, Sonny e Owen fanno lo stesso, voltando le spalle e camminando lentamente per il distretto, la Gates, invece, resta a guardare di sottecchi, fingendosi indifferente e interessata allo stesso tempo. Mike avanza di qualche passo verso la detective. La camminata tranquilla non sembra presagire qualcosa di buono. La sfiora con il dito ma Kate resta a fissare i suoi occhi azzurri, tanto simili a quelli del suo scrittore. Con la differenza che quelli di Mike sono freddi come il ghiaccio.
“Lasci che le dica una cosa. Come agente dell’Interpol da vent’anni ne ho visti di casi difficili e conosco persone come lei. È normale che non la ritengo adatta per questo tipo di indagine di livello internazionale. Lei è coinvolta emotivamente.”
Kate si sente colpita nella parte più fragile. Il suo cuore. I suoi sentimenti.
Si morde il labbro perché è evidente che l’agente inglese ha ragione, e non si aspettava di essere così trasparente quando si tratta di Castle.
È davvero così innamorata di lui che ormai glielo si legge in faccia. Il rossore è appena accennato sulle guance e gli occhi le brillano appena sente il suo nome. Si passa la lingua sulle labbra, inumidendole, e parla nel modo più tranquillo possibile.
“E va bene. Richard Castle ed io siamo fidanzati, e stavamo per sposarci quando è stato rapito da quel gruppo terroristico.”
Lui la guarda scuotendo il viso, nascondendo la stessa risatina di prima mentre si passa una mano sulla testa. Un’espressione di incredulità si dipinge sul suo volto.
Kate lo fissa a sua volta, sentendosi presa in giro.
“Vede che non ci siamo capiti? Quel gruppo terroristico potrebbe essere benissimo Al-Qaida. Stiamo parlando della più grande organizzazione terroristica al mondo.”
“Mi lasci finire. Non so cosa abbia letto di me sui giornali, ma io non sono quel tipo di detective che approfitterebbe della fama per far soldi. Non so se è informato, ma sono riuscita a catturare il senatore Bracken, accusato dell’omicidio di mia madre, prima che lui diventasse presidente degli Stati Uniti grazie ad elezioni basate sulla falsità.”
Mike non riesce a trattenersi. O meglio, non riesce a capirla del tutto. O forse è lei che non riesce ad accettare il modo di vedere dell’agente inglese.
Lui alza gli occhi al soffitto. “Ci risiamo,” dice cantilenando, poi le rivolge un’occhiata che a lei non piace. Non è uno sguardo malizioso, neanche di disgusto, piuttosto la squadra dall’alto in basso come a farle notare che lei è una donna ed è capo della polizia. “Anche in quel caso era coinvolta emotivamente. Per carità, è stata una gran bella cattura, tanto di cappello per una come lei.”
“Una come me?!” Kate alza il tono di voce imprecando contro di lui. Guarda i suoi occhi azzurri, impenetrabili e freddi, non riuscendo a scorgere un briciolo di emozione, come se ci fosse un velo davanti che gli impedisca di comportarsi da un essere umano.
“Mi scusi, ma capisce che l’agenzia inizierà a chiedersi come ha fatto una donna attraente come lei a finire sulle prime pagine dei giornali.”
Le voci sono più alte del normale, e nonostante Javier, Kevin, ma anche Sonny e Owen, facciano finta di non sentire, diventa inevitabile.
A quel punto, Victoria Gates sente il dovere di intervenire, e lo fa facendo segno a Kate di spostarsi con lei verso l’entrata del Dodicesimo. Il capitano, con il telefono vicino l’orecchio, sta parlando con il suo interlocutore e procede in direzione di Javier e Kevin per chiamare anche loro a raggiungerla.
Kate spalanca la bocca a sentire quelle parole, quindi sbraita e dà le spalle a Mike. “Questo è offensivo. Non intendo parlare ancora un altro minuto con lei.”
“E con chi vuole parlare?” le chiede Mike, ma lei si sta già incamminando verso l’uscita.
Si volta solo per rispondergli, allargando le braccia, e mantenendo il passo all’indietro come un gamberetto.
“La CIA, per esempio? Sicuramente i loro agenti saranno più educati di voi inglesi.”
Lui si tocca il cuore con la mano destra e la guarda con la testa inclinata dalla sua parte. “Oh, adesso ferisce me.”
“I miei saluti, agente Jones.”
Beckett torna a respirare con il cuore che le batte all’impazzata per la rabbia. Sta già odiando quell’agente inglese e non pensa che la collaborazione tra Interpol e polizia di New York potrà portare buoni risultati. Si tortura le mani, che passa prontamente in mezzo ai capelli, per darsi una sistemata.
Cammina dietro alla Gates, che guida Esposito e Ryan verso l’entrata del Dodicesimo.
Fermi sull’uscio, il capitano chiude la conversazione telefonica e poi fa segno ad una grossa auto cilindrata che si ferma proprio davanti al distretto.
La macchina blu scuro ha i vetri oscurati e due bandierine degli Stati Uniti su entrambi i lati del parabrezza.
La donna che viene fatta scendere dal sedile posteriore, aiutata dall’autista, è impegnata a mantenere in equilibrio l’ammasso di fogli sotto il braccio, e il cellulare in mano. Bionda, tiene i capelli raccolti in una coda di cavallo, una maglietta viola dalla quale spunta la camicetta, e dei jeans. Poco trucco sul viso, ad occhio e croce, ha la stessa età di Beckett.
Javier e Kevin scambiano un’occhiata curiosa con Kate che è dietro di loro.
Dall’altro lato della macchina, scende una ragazza che sembra uscita da un college americano prestigioso. Mora, con colpi di sole ai capelli ondulati, camicetta a quadri colorata, giacchetto grigio e un paio di pantaloni scuri. Aiuta la donna bionda a reggere i fogli, mentre con un colpo di spalla, manda dietro la schiena la borsa costosa di Prada. La bionda incrocia lo sguardo della Gates, mentre la mora congeda l’autista, che riparte indisturbato.
“Sì, tutto apposto, capo. Siamo arrivati. La terrò aggiornata.”
Un luminoso sorriso compare sul volto di quella che sembra un membro della CIA, a giudicare dalla targhetta sul lato destro della maglietta.
“Mi hanno detto che avete già conosciuto Mike Jones e i suoi scagnozzi. Sono un trio di rompipalle, ma sono anche professionali.” Spigliata, la bionda sembra già essersi conquistata la simpatia di Beckett e la sua squadra, che annuiscono. Guarda la ragazza mora accanto a lei, alla quale lascia anche la sua cartellina. La giovane, impacciata, tra fogli e borsa, non sa come destreggiarsi, quindi viene aiutata da Kate, che prende i fogli al posto suo, facendole un sorriso.
La bionda allunga la mano verso la Gates, sfoggiando un braccialetto d’oro al polso destro. “Christina Finch, alto funzionario della CIA ed esperta in terrorismo, ovvero lavoro a stretto contatto con il nostro Presidente.” Fa segno scuotendo il cellulare, ancora alla mano, facendo intendere di aver appena parlato con lui. Ripone il telefono nella tasca del jeans, e senza guardarla, muove il braccio verso la giovane accanto a lei, cominciando a gesticolare, “Hayley Soderbergh, giovane traduttrice di lingue orientali della sezione. Non so come faccia a sapere arabo ed ebraico e parlarli come se niente fosse. Per me altro non sono che...”
“... scarabocchi.” Conclude la Gates, raggiante.
Le due donne si scambiano uno sguardo d’intesa, seguito da un sorriso sornione.
Christina schiocca le dita proprio davanti a lei. “Esatto, capitano!”
Avendo finalmente una mano libera, Hayley Soderbergh saluta tutti con un gesto circolare della mano, sorridendo impacciata.
“Salve, è così fantastico conoscervi! Ho sentito tanto parlare della detective Beckett e della sua squadra! Sapete, traduco tutto il giorno quindi la sera mi rilasso con l’iPad, ascoltando musica, vedendo qualche film e leggendo news, quindi...” lascia cadere lì la frase, appena si rende conto che la stanno fissando senza dire una parola.
Christina rotea gli occhi e le fa segno con la mano.
“Bene, mettiamoci al lavoro. Andiamo, Hayley.”
Prende la giovane traduttrice sottobraccio, come se fosse una sua vecchia amica, si carica le mani di fogli e della cartellina, e torna a gesticolare.
Javier, Kevin e Kate guardano le due introdursi nel Dodicesimo, quasi stessero a casa loro.
“Quella Finch mi ricorda tanto qualcuno che conosciamo.”
“Già, concordo, Esposito.”
“Ricordate di non farmi fare brutta figura. Il governo ci guarda!” la voce sorniona della Gates che passa davanti al trio, li fa drizzare, mettendoli sull’attenti.
Appena si sono assicurati che il loro capitano sia a dovuta distanza, i tre tornano a guardarsi.
“Ecco chi mi ricorda.” Esclama Esposito, scatenando una risata da parte di Ryan e Beckett.
 
Lontano miglia, si è tenuto in vita grazie ad un pensiero fisso: Kate.
Il solo immaginare il suo volto, pensandola felice e raggiante come lo era il giorno del suo matrimonio, gli ha dato speranza di poterla rivedere, un giorno.
Quando aveva rifiutato l’offerta di Nasir, era stato immediatamente sbattuto in una cella, ancora più piccola di quella dove era stato confinato giorni prima. Stretta appena da contenere il suo corpo disteso. Gli era stato concesso un solo pasto al giorno, e poca acqua, e dato le temperature elevate del luogo, e visto che la sua cella era stata posizionata in direzione del sole, bere significava restare vivi. Una punizione per il suo rifiuto, aveva spiegato Nasir, ammiccandogli, e mostrando quel falso sorriso. Come se torturare qualcuno fosse stato un comandamento all’ordine del giorno. Non gli fu concesso il lusso della parola, solo quella del posto, una lingua a lui sconosciuta, se non le semplici frasi di benvenuto e di ringraziamento. Le basi elementari che si imparano quando si studia una nuova lingua. Era questo il trattamento che riservata Al-Qaida a chi si ribellava?
Tuttavia, c’è qualcosa che lo turba.
Nasir lo vuole vivo, altrimenti lo avrebbe legato fuori di fronte al sole, e avrebbe lasciato che le carogne si nutrissero del suo corpo.
Kate, ti amo. Tornerò da te.
Le parole gli fanno eco nella testa, la quale gli fa brutti scherzi, perché immagina la sua musa davanti a lui, con indosso l’abito da sposa, che gli tende le mani. Lui allunga la sua per raggiungerla, ma l’immagine svanisce appena una secchiata d’acqua lo raggiunge.
L’uomo messo di guardia, coperto al viso e con una mitra a cingergli la spalla, lo guarda accigliato. Si toglie il panno dalla bocca e parla in un inglese stentato.
“Il capo vuole sapere se hai ripensato alla sua offerta.”
Abbozza un lieve sorriso ed è strano come anche nelle situazioni più estreme, la sua fantasia da scrittore voli leggera e spensierata.
Se vuole rivedere Kate, ha solo una cosa da fare. Cedere al lato oscuro, proprio come Anakin Skywalker aveva fatto per proteggere la sua amata Padme.
Si alza da terra, aiutandosi con le mani e mostra un viso segnato dal mal nutrimento, occhiaie per il poco sonno, segni e cicatrici sul volto. Guarda serio la guardia, stringendo le sbarre con entrambe le mani.
“Sì, ci ho pensato. Portatemi da lui.”
Viene fatto uscire, strattonato a destra e a sinistra. I suoi vestiti sono ridotti a uno straccio, e ha bisogno di una doccia perché emana un cattivo odore.
Sfoggia un sorriso cattivo, immaginando di essere l’eroe della saga di Guerre Stellari, appena entra e inquadra Nasir.
Il giovane capo di Al-Qaida è seduto su una poltrona ricamata in oro, e poggia i piedi su un sofà, corredato con il resto dell’arredamento. Lo sguardo è rivolto verso la televisione, un maxi schermo, mentre guarda un cartone animato in lingua orientale. Rick è quasi sorpreso e nel viso compare un velo di tenerezza nel vedere uno degli uomini più ricercati al mondo mentre vede un programma per bambini. Nasir apre la bocca senza voltarsi.
Said, mi hanno detto che hai finalmente deciso.” Spegne la televisione, e stavolta lo guarda. Le mani sono incrociate come se stesse pregando, e gli occhi scuri magnetici lo attirano come calamita. “Ebbene?”
Rick sa che ha due possibilità, e deve sceglierle bene se vuole sopravvivere. Morire da eroe, o vivere da cattivo.
Esita, e si mangiucchia il labbro inferiore, ricordando le parole esatte. Poi guarda fisso Nasir, che è impaziente e lo incita con lo sguardo.
Finalmente parla, dopo due giorni in cui gli era stato proibito. Le parole giungono rauche per via della poca acqua che gli è stata concessa, ma il giovane musulmano le comprende benissimo.
Allahu Akbar.
Nasir sorride, soddisfatto. Un ghigno cattivo compare sul suo volto. Come un bambino che ha ottenuto quello che vuole.
Allahu Akbar, saidi.*
 

*Dio è il più grande, amico mio.

Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Come vi avevo annunciato, ecco l'invasione degli ultracor--- ehm degli agenti...
Già potete trarre le vostre prime ipotesi su di loro, e mi auguro di avervi almeno dato un'idea sul loro carattere (le foto vi aiuteranno u.u)
Rick lo lasciamo un po' in disparte da adesso, ma attente a raccogliere ogni minimo dettaglio sulle sue prossime apparizioni ;)
Un grazie infinito per seguire questa povera squillibrata di mente :p
Alla prossima,
D.
   
 
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