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Autore: Chiaba    22/09/2014    1 recensioni
Le due protagoniste sono Barbara e Chiara, ragazze ventunenni che raccontano le loro storie dal momento in cui sono arrivate in una delle località più belle al mondo, Roma.
Entrambe attraverseranno mille ostacoli nella magica città che le aiuteranno a crescere; ma riusciranno le due a realizzare il loro unico desiderio di vivere una vita perfetta con il principe azzurro e trovare il lavoro che hanno sempre sognato?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Pov Barbara

E come mi ero promessa, ho seguito il mio sogno, così adesso mi trovo rimboccata di maniche a studiare nella facoltà di ostetricia sempre qui, a Roma.
Per comodità ho preferito affittare una casa vicino all'università con la quale, qualche mese più tardi, ho deciso di convivere con il mio ragazzo.
Nel frattempo mamma mi manda dei soldi per pagare la mia metà dell'affitto e per arrivare a fine mese.
Michele a volte si lamenta che non abbiamo mai un po' di tempo libero da dedicarci tra corsi universitari e tirocinio.
Ah! Non vi ho ancora detto come l'ho conosciuto? Adesso vi racconto la nostra storia.

Accadde tutto uno dei primi giorni di tirocinio di ostetricia quando, il mio professore ginecologo, un giorno portò con sé suo figlio, Michele, aspirante dottore, ma non in ginecologia, bensì in neurologia.
Non so cosa c'entri e per quale motivo sia venuto (non gliel'ho mai chiesto), però proprio quel giorno è stato l'inizio della nostra storia.
Come si suol dire, il nostro è stato "amore a prima vista".
Da quel giorno in poi, Michele ha partecipato ad ogni lezione del padre pur non entrando nei suoi interessi, infatti mi ero convinta che anche lui facesse parte della mia stessa facoltà.
Ma un ragazzo che fa ostetricia? Era l'unico lì, strano.
Così pensai che fosse un dottore, ma era troppo giovane. Poteva avere massimo 25 anni.
Comunque sia, ci scambiammo sguardi e sorrisi in continuazione.
Poi un giorno, ecco che si avvicinava. Ricordo perfettamente quel momento.
Mi batteva il cuore a mille. Più di un martello pneumatico. Se avessero controllato il mio battito, la macchinetta sarebbe andata quasi sicuramente in tilt.
Mi ripetevo a mente "Viene verso di me, o forse no? Forse c'è qualcun altro alle mie spalle.".
Mi voltai. Nessuno, a parte un muro bianco.
Sentivo le pulsazioni anche sulle dita. Credo, anzi, sono sicura di essere diventata rossa. Rosso semaforo.
Veniva verso di me. In quel momento ero veramente sicura. Mi alzai dal mio posto.
Avete presente quando dovete tenere un esame orale? L'esame di maturità? L'ansia che si presenta nel momento in cui state per entrare nella stanza?
Quel momento in cui vi fate coraggio promettendovi che tutto andrà bene e, per consolarvi al meglio, cominciate a fantasticare sul dopo.
Trovi la tua anima gemella, poi un lavoro, guadagni dei soldi, compri una casa e fai dei figli.
Iniziate a fantasticare all'infinito senza che nessuno v'interrompa o vi scoraggi. Professori e genitori compresi.
Ma perché no? Fantasticate anche su ciò che accadrà dal momento in cui metterete il piede fuori da quella scuola.
Quando vorreste gridare per tutta la città che siete finalmente liberi e vorreste lanciare tutto all'aria. I libri soprattutto.
Bhe, di certo non volevo lanciare nulla appresso a Michele, ma era quella la sensazione in quel momento. Una bomba atomica che stava per esplodere.
Sentirmi libera di fantasticare dopo avergli parlato "Nascerà qualcosa tra noi due? Come sarà? Saremo una di quelle coppie che festeggia in tv i loro 80 anni di matrimonio lasciando tutti a bocca aperta? E i nostri figli? Come saranno? Come si chiameranno?"
Ed eccolo. Era davanti a me. Mi fissava. Pensavo "Forse ho qualcosa fuori posto? Cosa starà pensando?"
Era impacciato. Lo si notava subito. Forse anche lui aveva il cuore a mille? Aveva le sembianze di un soldato teso ma pronto ad andare in guerra. Mi sorrideva imbarazzato e con lo sguardo basso.
E poi? Poi portò la sua mano sulla mie labbra. Pensai subito "Ma come! Vuole già baciarmi? Non so nemmeno come si chiama!"
E invece no. Con un dito lasciò scendere una ciocca che era incollata sulle mie labbra. Non me n'ero per niente accorta.
Successivamente, aprì piano piano la bocca, come se avesse paura di parlare, di sbagliare.
La tipica interrogazione di quando non si è sicuri della risposta, ma poi ti rassegni e pensi "Ma si dai, come va, va". Ed ecco che mi parla.
Credo che mi abbia chiesto se andasse tutto ok e penso proprio di non avergli risposto, infatti me lo richiese e, dopo essermi ripresa dall'incanto, gli risposi vagamente con un si.
Poi lui sorridendo mi disse «La lezione è finita da un bel po'. Sei qui impalata da almeno cinque minuti.».
In effetti ero lì da parecchio tempo a fissarlo, così gli risposi facendo la parte dell'imbranata e dandogli del lei «Si mi scusi, ha ragione. Dobbiamo liberare la stanza noi alunne.».
Corsi verso l'uscita della stanza con lo sguardo basso, ma una sua frase mi interruppe prima che mettessi il piede fuori di lì «Non ci siamo nemmeno presentati.».
Mi voltai subito senza ripensarci due volte e sporsi la mano presentandomi. Le avevamo entrambi bollenti e un po' umide. Si scusò, era teso. Gli risposi che anch'io lo ero.
«Io per l'esame che ho oggi. Studio neurologia. Te? Perché sei tesa?» mi chiese.
Credevo per il fatto che stesse parlando con me, ma non era così. "Ci risiamo, un'altra figuraccia".
Pensai subito di poter rimediare "Dopotutto nessun essere umano è in grado di leggere nei pensieri di un'altra persona, o meglio, se due persone si conoscono da tempo, può anche nascere una telepatia, ma non si può mai avere la certezza di aver indovinato veramente.".
Lui era ancora un estraneo, non poteva mai e poi mai indovinare ciò che stessi pensando.
Così gli risposi con gran sicurezza «Anch'io. Cioè, anch'io sono tesa perché ho un esame di ostetricia.».
Si mise a ridere 'sotto i baffi', poi continuò a rispondermi con ancora un filo di sorriso «Ma impossibile, mio padre oggi non ha alcun esame.».
Si fermò per un attimo su "mio padre" per prendere fiato e forse anche coraggio, non so il perché.
Poi continuò «Lui è il tuo professore.».
Era tutto chiaro, gli avevo dato una risposta errata. Gli avevo già mentito. Un voto in meno.
Ci mancava questa. Adesso per lui ero un'imbranata, sfacciata e bugiarda.
Dopo essere tornata di nuovo rosso semaforo, mi sorrise ancora e continuò «Dai, ad essere sincero sono teso perché sto parlando con una ragazza.». Parlava di me.
«Secondo me anche te sei tesa per questo, o mi sto sbagliando?» continuò.
Improvvisamente scossi la testa per dargli conferma. Non smettevo più di sorridere e arrossire.
Ed ecco che quel bellissimo momento fu interrotto, ma resta comunque il migliore della mia vita. Era il mio professore che lo stava chiamando, nonché suo padre.
Smise di sorridere e io con lui. «Scusa ma devo andare.». Sembrava preoccupato, come se avesse timore di lui.
Uscito dalla porta, spuntò il padre dal corridoio destro che lo afferrò dal braccio mentre mi lanciava uno sguardo fulminante.
Poi senza il minimo pudore di abbassare il tono della voce, il padre gli pose subito una domanda come se fosse schifato e deluso. Mi è rimasta ancora impressa.
«Che ci facevi con una mia alunna?»
Successivamente Michele molto freddamente gli rispose, come se sapesse già cosa dirgli «Nulla, mi ha chiesto un'informazione sul programma. Non te la prendere.», poi gli voltò le spalle e se ne andò avanti per non ricevere risposta.
I giorni passavano e il ragazzo che mi aveva parlato, era sparito nel nulla. Quel posto all'angolo era vuoto.
Mi dicevo "Ci risiamo, un'altra illusione. Ma chi lo sa, si è assentato da qualche giorno, forse ha l'influenza o è partito. Ma non importa, se dovesse andare male chissà quanti altri ragazzi incontrerò. Anche se mi ero già affezionata. Ma si va avanti, no? Ho una vita intera che mi spetta."
Dodici giorni dopo, ecco che si ripresentò in aula. Mi mandò meno occhiate, quasi per niente. Quelle pochissime volte però facevo finta di nulla, abbassavo lo sguardo evitando il suo.
Avevo capito che il padre non voleva che parlasse o che avesse delle storie con le sue alunne, quindi lo facevo anche per evitare che venisse rimproverato ancora.
A fine lezione, fu uno dei primi ad uscire dalla stanza seguendo il padre. Aspettai che uscissero tutti dalla classe.
Poi appena fuori dall'aula, me lo trovai davanti.
Non sapevo cosa fare né cosa dire, ma le prime parole che mi sono uscite di bocca furono «Mi hai spaventata.».
Lui però non mi rispose, ma mi prese dal polso e mi trascinò nello stanzino.
In quel momento mi sono fidata di lui, ma mi sembrava anche ovvio chiedergli perché stessimo lì.
Mi zittì portando l'indice sulle mie labbra e invitandomi a parlare a voce bassa.
Poi sussurrandomi «Devo parlarti.». Credo di averlo fissato per qualche secondo con uno sguardo confuso.
Cosa voleva dirmi? Il motivo della sua assenza? Non ne aveva bisogno, avrà avuto certamente i suoi problemi. Non ero nessuna per poterlo sapere.
«No, ma non devi preoccuparti, non c'è bisogno che tu...», ma venni subito interrotta.
«È bene che sia sincero con te».
Presa dall'idea che mi volesse svelare qualcosa di davvero importante, annuii.
«Mi sono assentato perché ero in lite con mio padre, ma poi abbiamo stretto un patto. Non vuole che ci provi con le sue alunne per non rovinargli la reputazione.».
«Non ti seguo.», gli risposi.
Forse era una risposta inopportuna e inutile, ma se aveva iniziato a spiegarmi qualcosa era giusto che seguissi per bene il suo discorso, altrimenti a cosa sarebbe servito rinchiudersi in uno stanzino senza capire nulla?
Così, molto frettolosamente, cominciò a spiegarmi che la sua ex si era messa con lui solo per essere promossa dal padre conquistando la sua fiducia e simpatia. E così, senza studiare un granché, fu promossa.
In verità la colpa fu del padre, ma è ricaduta sul figlio. Ma comunque ottenuto il suo scopo, lei lo lasciò subito.
Inoltre, si sparse voce nell'università (e non solo) rovinando la reputazione di entrambi, soprattutto del padre "Un professore venduto, corrotto.".
«Mi dispiace.» gli dissi.
«Non importa.» e mi sorrise accarezzandomi il viso. «Adesso però devo scappare. Papà pensa che stia in bagno.». Gli annuii.
Uscì per primo e dopo un paio di minuti anch'io ero fuori da quella stanza.
Adesso conoscevo il motivo della sua assenza, ma non sapevo cosa fare. Recitare con lui per chissà quanto tempo o dirgli di lasciar perdere?
Ma pensai anche che, per avermi svelato quel segreto, forse stava a significare che anche lui ci teneva a me.
I giorni passavano tra chiacchiere, risate e uscite segrete.
Poi, il nostro primo grande giorno, il nostro primo grande bacio di sera, tra quelle luci fioche del Ponte Milvio.
Improvvisamente estrasse un lucchetto dalla tasca. Era già tutto pronto. Con sopra incise le iniziali del nome di entrambi.
Gli chiesi sorridendo «Avevi programmato tutto?».
Lui mi annuì «Ho capito subito che eri la ragazza giusta per me.».
Ma prima che attaccasse il lucchetto, gli feci un'ennesima domanda «Ma sei proprio sicuro?».
Capì perfettamente che non sospettavo affatto del suo amore, ma di ciò che avrebbe detto suo padre appena data la notizia.
«Certo che si.» mi rispose sicuro di sé.
Ed ecco che attaccò il lucchetto quando entrambi recitammo le famose parole del «Per sempre.».
Subito dopo, mi prese la mano e sorridendo mi disse «Parlerò con mio padre, dirò che sei veramente diversa dalle altre. Stai tranquilla.».
Ci baciammo un'altra volta. Due volte in meno di un minuto ed era solo l'inizio.
Mi riaccompagnò a casa, lo feci salire per mostrargli il mio appartamento.
Aperta la porta d'ingresso, appoggiò la mano sulla mia spalla. Un brivido salì per tutta la spina dorsale.
Mi avvolse tra le sue braccia per poi cominciare a baciarmi fino a trascinarmi in camera da letto. Mi sussurrò più volte di amarmi.
Ero incantata dal suo sguardo. Fu la nostra prima volta. A seguire ce ne furono altre...

Questa è solo l'inizio della nostra storia d'amore e come già anticipato, dopo 18 mesi, ci ritroviamo ancora a convivere sotto lo stesso tetto.
Suo padre credo si sia rassegnato dall'idea che stia con suo figlio, anche se a volte mi fa ancora qualche domanda per capire quali siano le mie intenzioni.
Inoltre, ci ha chiesto un piccolo favore, ovvero quello di non dire a nessun alunno o professore dell'università che stiamo insieme altrimenti penserebbero che questa storia vada a finire come la precedente.
Adesso non mi resta altro che finire gli studi, trovare un lavoro e mettere su famiglia passando tutta la vita insieme al mio angelo, al mio più grande amore, alla mia ragione di vita.
Ho trovato il ragazzo perfetto per me. Lo amo tanto quanto lui ama me. Nessuno dei due permetterà mai all'altro di andare via.
   
 
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