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Autore: ShootinStar    22/09/2014    1 recensioni
“Con quei capelli potresti essere scambiata per una di famiglia. Sono quasi identici a quelli di Lily e di Rose!” ed aveva aggiunto: “Mio fratello deve aver ereditato la propensione per le rosse da mio padre e da mio nonno”. //
Fanfiction ambientata ad Hogwarts 24 anni dopo la Seconda Guerra Dei Maghi (siamo nel 2022), con protagonisti i figli del "golden trio" e alcuni loro coetanei inventati da me, oltre ad altri personaggi che sono sicura sarete felici di incontrare di nuovo. Non scrivo da un po', ma spero di esserne ancora in grado!
Buona lettura :) - Frannie
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Altro personaggio, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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“Sicuri che funzioni?” domandò Natalee scettica. Dorian e Rose si voltarono quasi contemporaneamente nella sua direzione, il primo con lo sguardo eccitato di un bambino che sta per combinarne una delle sue, la seconda con un'espressione seccata. “Dubiti delle mie capacità, Nat?” le chiese sollevando un sopracciglio. Non le piaceva darsi delle arie, ma per quanto riguardava pozioni ed intrugli era veramente un fenomeno e non sopportava che il suo talento venisse messo in discussione. L'altra ragazza scosse in fretta la testa, ma continuò ad osservarla con sospetto mentre tirava fuori dalla borsa alcune provette. Rose non ci fece caso e, dopo essersi guardata intorno ed assicurata che non ci fosse nessun insegnante in vista, mischiò i due composti in un terzo recipiente, creando una miscela bluastra che emetteva un fumo leggero. A quel punto si avvicinò all'ingresso della scuola, la mano che tremava un po' per l'ansia. Coraggio Rose, è il momento di vedere quanto sei brava. Si fermò per un attimo ad osservare le venature che correvano lungo l'enorme portone di Hogwarts, chiedendosi se il suo filtro ne avrebbe potuto danneggiare il materiale. Oh andiamo, è per una buona causa. Quasi sentì i due amici dietro di lei trattenere il respiro mentre gettava con un colpo secco la pozione appena creata sul legno di quercia, tingendolo di un rosso sangue, proprio come il colore della scritta che vi avevano trovato alcune settimane prima. Prima che il liquido scomparisse (già si stava stemperando), la Corvonero appoggiò un fazzoletto di stoffa sulla macchia appena formatasi e ne catturò alcune gocce, ritirando prontamente la mano ed avvolgendo il fazzoletto su se stesso, per poi riporlo con cura nella borsa. Pochi istanti dopo, il legno di quercia era tornato asciutto e non c'era traccia della pozione di poco prima, tanto che Natalee emise un fischio di approvazione. Rose emise un sospiro di sollievo. “Wow!” commentò a sua volta Dorian, rivolgendosi poi direttamente a lei. “E adesso?” chiese.
La ragazza si strinse nelle spalle e replicò: “Adesso dovete solo aspettare un paio di giorni, in modo che io possa analizzare il liquido e capire da dove proviene” “Puoi davvero riuscirci?!” domandò Natalee sorpresa. Rose ridacchiò. “Lo spero. La pozione che ho creato funziona un po' come un incantesimo di localizzazione e di recupero allo stesso tempo. Fortunatamente la scritta è stata tolta solo un paio di settimane fa, non è stato poi così difficile ritrovarne qualche traccia all'interno del legno, ma la parte peggiore sarà capire da dove arriva quel liquido” concluse, sentendosi improvvisamente stanchissima. Dorian parve accorgersene e le diede una pacca maldestra sulla spalla. “Beh, ti siamo grati per il tuo aiuto. Non so davvero come...” ma l'altra lo interruppe. “Ehi, guarda che anch'io voglio essere d'aiuto! Anzi, dovrei essere io a ringraziare te, non avrei mai pensato che quella pozione potesse servire in una situazione simile. Come sapevi della sua esistenza?” chiese con curiosità. L'altro si passò una mano tra i capelli un po' imbarazzato. “Beh, avevo letto qualcosa di simile quest'estate, mentre girovagavo per casa. Credo si trattasse di un vecchio libro di pozioni di mia madre...” borbottò. Rose annuì, pur sapendo che doveva trattarsi di un libro piuttosto particolare, ricordando gli scaffali di casa propria così traboccanti di libri su intrugli e filtri rarissimi.
“Odio dover aspettare” fece Natalee, incrociando le braccia sul petto con aria imbronciata. Rose le rivolse un sorriso di scuse. L'arte del creare pozioni è complessa e richiede impegno e pazienza, oltre che precisione ed intuito. Quelle erano le parole che le aveva sempre ripetuto il professor Greengrass quando la vedeva spazientirsi durante la preparazione di un filtro particolarmente complesso. E fortunatamente, tu non manchi di nessuna di queste qualità, Rose. In quel momento, la ragazza pregò con tutta se stessa che fosse vero e che il suo intuito non si fosse sbagliato. “Vi farò sapere non appena avrò scoperto qualcosa” disse loro, curvando le labbra in un sorriso appena accennato. Dorian le fece un cenno, prima di voltarsi per tornare al proprio dormitorio, mentre Natalee si fermò qualche attimo in più. La osservò con i grandi occhi color miele, poi mormorò: “Mi dispiace di averti coinvolta in questa operazione investigativa, Rose, davvero”. L'altra fece per parlare, ma la Grifondoro continuò: “Ci tengo davvero troppo a scoprire chi sia quel pazzo che sta cercando di intimidirci, non sopporto l'idea che qualcuno tenti di fare del male alle persone a cui voglio bene o di minacciare questo posto, non dopo che è stato la mia seconda casa per così tanto tempo”. Rose sapeva che Natalee aveva perso suo padre circa 4 anni prima ed aveva trovato in Hogwarts e soprattutto nel Quidditch un rifugio sicuro, dove era riuscita a rimettere insieme i cocci ed aveva imparato ad andare avanti con determinazione e coraggio. “Farò tutto il possibile, Nat. Te l'assicuro” affermò la Corvonero e lo voleva davvero, con tutta se stessa.
 
 
Rhonda osservava il cielo plumbeo mentre si infilava il maglione di lana azzurro chiaro. L'allenamento di Quidditch si era appena concluso e si sentiva piuttosto soddisfatta, oltre ad essere entusiasta del ritorno in squadra di Natalee. Si era sempre sentita attratta da quella ragazzina tutta spigoli ed agilità che aveva dimostrato doti elevatissime fin dal suo primo provino per entrare nel team dei Grifondoro. Se la ricordava, 12 anni appena ma uno sguardo che avrebbe intimorito perfino un gigante; si era fatta strada tra gli studenti più grandi e li aveva sbaragliati uno ad uno, come se fosse nata per cavalcare una scopa e per lanciare la pluffa in uno dei 3 anelli. Ricordava di aver pensato: “Questa entrerà sicuramente in squadra” e poco dopo le si era avvicinata, porgendole una mano per congratularsi. Natalee l'aveva osservata per qualche istante, poi aveva borbottato: “Ringrazia che sei qua per il posto da battitore, o avresti dovuto vedertela con me anche tu” ed era tornata ad allenarsi, lasciando Rhonda a bocca aperta. A quei tempi non sapeva che Natalee aveva perso suo padre da poche settimane, che quello sguardo assassino non le apparteneva, come non le apparteneva quel suo essere arrogante e sfacciata. Fortunatamente il loro rapporto era migliorato una volta entrate insieme nella squadra e adesso, a distanza di 4 anni, Rhonda la considerava la sua migliore amica. Lei, Natalee, James e Dorian avevano formato un quartetto indistruttibile e tutti li consideravano i fantastici 4 dei Grifondoro.
Proprio in quel momento la ragazza intravide un ammasso di capelli spettinati saettare fuori dallo spogliatoio e si accorse troppo tardi di stare già correndo nella sua direzione. Lo chiamò per nome prima di riuscire a fermarsi e quando l'altro si voltò verso di lei, si ritrovò a corto di parole. “Tutto bene, Rhonda?” domandò Dorian con espressione curiosa. La Grifondoro si guardò la punta degli stivali, senza sapere bene da dove iniziare. Poi si decise, fece un respiro profondò ed esordì con un “Ti chiedo scusa” quasi sussurrato, tanto che l'altro fece qualche passo verso di lei per sentire meglio. “Ho detto che ti chiedo scusa” ripeté un po' più forte. Dorian cambiò espressione, come se tutti i muscoli del suo viso si fossero improvvisamente rilassati dopo essere stati in tensione a lungo, poi le sorrise. Lei continuò: “Oggi ti ho visto con Nat e la Weasley, non ho idea di cosa abbiate in mente, ma ti avviso: non ho intenzione di tirarvi fuori dai guai, quindi cercate di stare attenti e di non farvi beccare da Gazza o da qualche insegnante, ok?”. Il giovane Grifondoro continuava a sogghignare, così Rhonda sbuffò. “Non montarti troppo la testa adesso, penso ancora che sia stata colpa tua se Nat è finita in infermeria, visto che sei solo un irresponsabile ed un idiota, oltre al fatto che...” “E' bello poter di nuovo parlare con te” la interruppe lui senza smettere di sorridere. La ragazza rimase per un attimo interdetta, poi annuì. “Sì è vero, almeno in allenamento potrò di nuovo avvertirti nel caso in cui un bolide fellone punti dritto alla tua testa” e prima che Dorian potesse aggiungere qualcos'altro, si allontanò facendo dondolare il borsone sulla spalla destra, un sorriso lieve che le increspava il viso.
 
 
James era fermo di fronte alla bacheca dei trofei di Quidditch, la mano premuta contro il vetro. La foto di suo padre risaltava in mezzo alle altre, la Coppa delle Case stretta nella mano destra e sollevata verso il cielo azzurro, il sorriso radioso mentre i compagni tutti attorno lo riempivano di pacche amichevoli e gli scompigliavano i capelli; poco più indietro vide anche la massa di capelli fiammeggianti di sua madre, che sorrideva nella sua divisa da cacciatrice, stretta in un abbraccio con l'amica Hermione Granger. Sembrano tutti così giovani si ritrovò a pensare, scrutando con attenzione la cicatrice a forma di saetta che segnava la fronte di quello che era diventato uno dei maghi più famosi di tutti i tempi. Se solo riuscissi ad essere un po' più come te, papà. Quando finalmente si decise ad allontanarsi dall'urna trasparente, il Grifondoro vide un cespuglio di capelli rossi uscire dal bagno delle ragazze e saettargli davanti. Abigail aveva la faccia stravolta, come se non avesse dormito per giorni, ed il viso ancora gocciolante dopo essersi probabilmente data una rinfrescata, approfittando dell'ora di buco. James la raggiunse ad una delle panchine nell'enorme parco che circondava il castello e si sedette accanto a lei, facendola sobbalzare. “Ehi, sta' tranquilla! Sono solo io” disse in fretta, rivolgendole poi un'occhiata ansiosa. “Va tutto bene?” chiese, sentendosi un perfetto idiota perché ovviamente non poteva andare affatto bene. La giovane Serpeverde tornò a guardare verso il basso, torturandosi le mani. “Guarda che a me puoi dirlo, puoi parlare di qualunque cosa con me” insistette lui. “Ah, ne dubito, Potter” borbottò Abby, ma non era riuscita a mantenere il suo solito tono acido. Sembrava sfinita, come quando si rimugina per troppo tempo sugli stessi problemi.
Poi, all'improvviso, straripò come un fiume ingrossato dalla pioggia che non può più essere contenuto. “Secondo te perché la Prince dovrebbe incontrarsi ad una finestra del terzo piano con un uomo incappucciato a tarda notte? E perché dovrebbe farsi consegnare da lui un pacchetto viola con un enorme fiocco, comportandosi come una criminale? E perché dovrebbe preoccuparsi tanto di non essere vista? Insomma, non esiste più la posta via gufo? E cosa ci sarà mai in quel dannatissimo pacchetto?!”. James spalancò gli occhi, poi le prese una mano tra le sue e la strinse forte. “Adesso calmati e riparti dall'inizio”. L'altra sospirò e gli raccontò che cosa aveva visto poche sere prima, sforzandosi di mantenere un tono di voce relativamente basso e pacato. Alla fine il ragazzo si passò una mano tra i capelli con un'espressione pensierosa. “Certo che è tutto molto sospetto. Insomma, bisogna ammettere che la Prince è proprio una bella donna...”. Passò oltre all'occhiata fulminante della compagna. “MA ci sono modi più semplici per incontrare qualche amante e poi c'è la faccenda del pacchetto”. Abigail annuì, osservandolo con i grandi occhi verdi, pregandolo in silenzio che riuscisse a trovare la soluzione a quel mistero. James odiava sentirsi tanto inutile ed all'oscuro.
Proprio in quel momento una mano rugosa con lunghe dita affusolate calò sulla sua spalla. “Buon pomeriggio, signor Potter. Signorina Davis” salutò la preside con un leggero cenno del capo. “Buon pomeriggio a lei, preside” le risposero in coro i due giovani, poi James notò che la strega teneva qualcosa nelle pieghe del vestito e gli parve di intravedere un lampo viola scomparire un attimo dopo. “Qualcosa non va, signor Potter?” domandò la donna, osservandolo perplessa. Abigail, al suo fianco, sembrò non aver notato nulla. Il giovane Grifondoro le rivolse uno sguardo combattuto, poi prese fiato. “Assolutamente no, preside McGranitt” concluse, maledicendosi un attimo dopo. L'anziana strega lo fissò ancora per qualche istante, poi posò nuovamente la mano sulla sua spalla. “Cerchi di non mettersi nei guai, signor Potter. Ho talmente tante cose a cui pensare che penso proprio di non avere tempo per qualche sua birbonata. E per qualunque cosa la prego di consultarmi, dato che sa dove trovarmi”. E così fece per andarsene, ma proprio quando James allungò la mano nella sua direzione per richiamarla indietro, un fascio di luce apparentemente generatosi dal nulla colpì la donna in pieno petto, gettandola al suolo. Il ragazzo sbiancò e pochi attimi dopo l'accecante bagliore bluastro era sparito, lasciando la McGranitt riversa a terra, la mano premuta all'altezza del cuore. Subito una schiera di studenti formò un cerchio intorno al corpo della preside, accalcandosi sempre di più. Una volta superato lo shock iniziale, James si fece largo a spintonate tra braccia, mantelli e cespugli di capelli e s'inginocchiò al fianco della strega ormai 97enne. “Preside McGranitt, che cos'è successo?” domandò cercando di dissimulare il panico nella propria voce. La donna si tirò su a fatica, il viso contratto in una smorfia di dolore, poi allungò una mano e dopo aver frugato un po' all'interno della tasca anteriore del mantello, tirò fuori un mucchietto di cenere luccicante. Il giovane Grifondoro adocchiò anche qualche scaglia di vetro ed alcuni pezzi di carta viola nel mucchietto annerito e la fissò con sguardo interrogativo. “Di cosa si tratta?”. A quella domanda la preside aggrottò le sopracciglia, la mano destra che stringeva ancora convulsamente il tessuto del vestito. “Un'altra intimidazione, signor Potter” rispose a fior di labbra e dopodiché crollo di nuovo a terra, le ultime manciate di cenere che le scivolavano via dalle dita.
 
 
Al aveva sempre trovato le gradinate del campo di Quidditch della scuola estremamente interessanti quando non erano piene di fanatici muniti di striscioni, sciarpe colorate e megafoni, intenti a perforargli le orecchie con i loro cori a squarciagola. Il fatto che non trovasse quello sport così avvincente e degno di tanta attenzione aveva rischiato più volte di allontanarlo dal fratello maggiore, ma fortunatamente suo padre era sempre stato più comprensivo ed aveva colmato la mancanza di interesse nei confronti del Quidditch con montagne di libri sulla storia del mondo magico e sulle creature che lo popolavano, facendo sì che Al non si sentisse mai escluso dalla famiglia e allo stesso tempo si appassionasse alla magia ed alla lettura (con immensa gioia della madre che, una volta finita la propria carriera di cacciatrice, non sopportava di avere in casa solo uomini fissati con lo sport). Quel giorno il sole era fermo lungo la linea dell'orizzonte, tingendo di mille tonalità di arancione le guglie del castello; l'aria di dicembre cominciava ad insinuarsi sotto ai vestiti, ma il giovane Serpeverde si era avvolto la sciarpa verde-argento stretta attorno al collo e sfogliava le pagine con le mani al caldo dentro i guanti di lana. Aveva quasi terminato il capitolo 18 di Grandi Speranze quando notò che qualcun'altro aveva raggiunto la tribuna superiore e si era seduto poco distante da lui. I capelli le sferzavano il viso mentre cercava una posizione comoda per poter leggere l'enorme volume che aveva sulle ginocchia. Al non riusciva a vederne il titolo, ma sapeva che doveva trattarsi di un manuale sulle creature magiche.
Rebecca. Nelle ultime settimane si era fermato ad osservarla, notando dei particolari che mai avrebbe pensato potessero affascinarlo: la minuscola fossetta che le si formava all'angolo della guancia quando sorrideva, una soltanto, dalla parte sinistra; alcuni fili rossi che si intrecciavano quasi impercettibilmente ai morbidi capelli castani e che potevano essere notati solo grazie ad una particolare angolazione della luce, unico dettaglio che agli occhi di lui l'accomunava ad Abigail; la cura quasi maniacale con cui si rifaceva il nodo alla cravatta rossa-oro quando si accorgeva di essere in disordine. Per qualche strana ragione a lui ignota il giovane Serpeverde trovava tutte quelle piccolezze incredibilmente attraenti. Proprio in quel momento la vide corrugare la fronte, i grandi occhi azzurri concentratissimi mentre seguivano le parole sul foglio di pergamena, senza stancarsi mai, voltando le pagine una dopo l'altra con foga, con avidità. Non aveva mai visto nessuno così preso da un libro e dovette ammettere che era bellissima, sebbene lei non riuscisse neanche lontanamente a rendersene conto. In quel momento gli tornarono in mente le parole che Abby gli aveva gridato quella mattina poco prima di uscire dalla sala comune: Tra 3 settimane c'è il ballo di Natale e voglio vederti con qualche bella ragazza in un vestito elegante, hai capito?
Si voltò di nuovo ad osservare Rebecca e proprio quando fu sul punto di alzarsi per andare a parlarle, un'ombra gli si parò davanti, nascondendola alla sua vista. Al alzò lo sguardo ed incontrò due occhi di un verde acido, tendente al giallo, ed una vocetta stridula esordì con un: “Buonaseeera Potter” che lo irritò. “Ciao Eliza” mormorò cercando di mantenere un livello perlomeno accettabile di educazione. Il capitano della squadra di Quidditch dei Serpeverde si sedette accanto a lui e senza troppe cerimonie allungò un braccio per sfiorare il suo. “Allora, che ci fai tutto solo quassù?” gli domandò, socchiudendo gli occhi e sbattendo le ciglia in quello che al ragazzo parve un maldestro tentativo di sembrare più sexy. Lui alzò in risposta il libro che teneva ancora in mano. Eliza piegò la testa per leggere il titolo e storse il naso. “Grandi Speranze? Suona tanto come uno di quei libri babbani che hanno iniziato a vendere al Ghirigoro l'anno scorso...” “Infatti” rispose Al, inarcando un sopracciglio. L'altra cambiò espressione e commentò civettuola: “Ah, molto interessante”, prima di passare oltre. “Allora, hai intenzione di chiedermi di venire al ballo di Natale con te oppure no?”. Il ragazzo tossicchiò, preso alla sprovvista. Dritta al punto, eh? “Sinceramente non ho ancora pensato a chi vorrei invitare...” cominciò con voce incerta, notando con la coda dell'occhio che Rebecca aveva sollevato gli occhi dal libro e li stava osservando. La Serpeverde si sporse nuovamente verso di lui. “Perfetto, ti ho appena offerto un'ottima opportunità, non ti pare?” continuò, avvicinandosi il più possibile. Al si sentiva talmente a disagio che le mani cominciarono a sudargli come mai prima di allora; se le strofinò sui jeans scuri e cercò di elaborare una risposta adeguata, ma i suoi pensieri vennero interrotti da un tonfo sordo. Si sporse e vide che Rebecca stava raccogliendo l'enorme tomo da terra dopo che le era evidentemente caduto per sbaglio, mentre Eliza la stava fulminando con lo sguardo. “Quella ragazza è così maldestra” commentò acida ed il ragazzo le avrebbe inferto una Fattura Flipendo molto volentieri.
Rebecca stava scendendo i gradini delle tribune in tutta fretta, quasi avesse un Dissennatore alle calcagna, così Al si alzò senza tanti preamboli e raccolse le sue cose, facendo un cenno in direzione della Serpeverde. “Scusa Eliza ma devo proprio scappare adesso, ci vediamo a lezione” e mentre lei chiamava ancora il suo nome, il ragazzo aveva raggiunto gli ultimi scalini e stava praticamente correndo dietro alla Grifondoro. Poco prima che svoltasse l'angolo riuscì finalmente ad afferrarle un braccio e farla voltare verso di sé. Rebecca lo fissava interdetta. “Hey, ciao” provò a dire, ma la voce le uscì fuori spezzata. “Oh avanti, mi avevi già visto poco fa, non è vero?” sbottò lui, sorprendendo perfino se stesso. La ragazza si morse il labbro inferiore, poi annuì lentamente e ribatté: “Si, certo che ti avevo visto” “E perché stai scappando così?” domandò il Serpeverde. “Beh, avevo pensato di venire a salutarti, ma poi ho notato che eri piuttosto impegnato e così...” “Non ti starai riferendo ad Eliza, vero?!” la interruppe Al stupefatto. Rebecca rivolse lo sguardo altrove ed un leggero rossore si fece strada sulle sue guance. Il ragazzo si addolcì. “Senti, capisco che può sembrare tutt'altro, ma a me lei non interessa minimamente...” “Non devi darmi spiegazioni, Al” rispose l'altra in fretta, troppo in fretta. “Infatti non sono qui per questo. Volevo parlarti del ballo di Natale, hai presente?”. Quell'improvviso cambio di argomento sembrò confondere la ragazza ancora di più, tanto che gli rivolse uno sguardo accigliato. “Si, certo”. Al sospirò. “Ecco, mi chiedevo se...in caso tu non avessi impegni...cioè, se per caso non sapessi ancora con chi andarci...”. Un idiota. Ecco cosa starà pensando: Albus Potter è un completo idiota. Ma come diavolo mi è venuto in mente di chiederglielo? Che razza di...
“Mi hai sentito, Al?”. Il ragazzo si voltò di nuovo verso di lei, interdetto. Rebecca lo stava scuotendo per la manica del cappotto, le guance di una tonalità ancora troppo scura. “Insomma, mi chiedi di venire al ballo con te, io ti dico di sì e tu non mi ascolti neanche?”.



Buonasera a todos :))
Rieccomi qua con un nuovo sssssspumeggiante capitolo (ormai non mi scuso neanche più per non aver postato prima, dovreste aver imparato a conoscermi ahimé)
Se devo esser sincera ho dovuto modificare questo 9° capitolo leggermente e togliere una quinta parte che, vi anticipo, riguarda Scorpius ed alcuni personaggi "minori" per così dire. Il problema è che rischiavo di  "mettere troppa carne al fuoco" e di appesantire inutilmente questo capitolo, spero che possiate perdonarmi nel caso in cui mi sia sbagliata ;)
ERGO vi lascio con il fatidico SI di Rebecca e la McGranitt alquanto malconcia (credetemi, ho sofferto come non mai ma era giusto così) per rivederci la prossima volta (che ovviamente non ho idea di quando sarà, ormai si vive alla giornata e basta direi ahaha)
Un saluto/bacio/abbraccio a tutti/e, sperando in qualche bella recensione, visto che ne siete assolutamente capaci ;)

Frannie





 
 
 
 
 
  
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