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Autore: _Mikan_    26/09/2014    1 recensioni
Capelli neri come la pece ed occhi azzurri come il ghiaccio. Questo caratterizza Margaret, oltre ad una passione smisurata per la natura. Ed è proprio in mezzo al verde che questa drammatica storia si apre, ricordando i bei momenti passati col padre defunto, accanto al proprio cane Calzino.
*Dal testo*
Mamma si avvicinò alla scura scrivania "da lavoro" o così la definivo io.
Era ancora in disordine con mille fogli sparsi un po' dappertutto.
Delicatamente sfiorò dei disegni con le dita.
Si soffermò su uno in particolare: raffigurava una donna seduta su una grande pietra.
Lo sfondo era un meraviglioso giardino con rose di ogni tipo. C'era perfino una fontana.
Ma le vere protagoniste erano delle ali bianche con piume candide e morbide.
Mamma prese il foglio e lo avvicinò per osservarlo meglio.
Ciò che più la ammutolì furono dei bellissimi capelli lunghi, lisci come la seta e di un nero come il carbone.
Si portò la mano alla bocca.
"Non è possibile."-Disse perplessa-"Non può averlo scoperto."
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sobbalzai, spaventata, e caddi a terra, finendo con lo sporcare i miei nuovi jeans grigi.

Calzino rimaneva davanti ai miei piedi e lo fissai, per poi passare alle mie scarpe.

Blu, bianche e rosse, vecchie e malridotte, avrebbero dovuto esser cambiate. Mi stupii di come un pensiero così insignificante mi passò per la mente durante
la situazione assurda che si stava verificando. Mi ripresi.

“T-Tu chi sei?!”-Gridai spaventata.

Quel viso mi era del tutto nuovo. Aveva i capelli lunghi fino alla vita, lisci e biondo scuro. La ciocca che avrebbe dovuto servire da ciuffo o frangia, era raccolta indietro da un fiocco
rosa di un'esagerata misura, così da lasciare ben visibile la fronte. La carnagione era chiara, le labbra piccole e carnose e gli occhi verdi. Minuta e snella, portava in tutta
la sua leggerezza un vestitino del medesimo colore del fermaglio e con pochi dettagli bianco latte, con le cuciture rifinite dal merletto.

All'altezza del petto furono cuciti dei bottoncini, probabilmente solo per estetica, con ancora il merletto a far da padrone. Un nastro rosa di una sfumatura più scura le copriva la vita,
mostrando un altro fiocco dietro la schiena. Il vestito le copriva fino alle ginocchia, così da poter ammirare le belle gambe snelle. Come calzatura, delle ballerine bianche con poco tacco.

Nonostante il seno non troppo sviluppato e l'altezza poco sotto la media, le avrei dato di per certo sedici anni, la mia stessa età.

Cosa strana, portava un mantello blu scuro infeltrito e con mezzo dito di fango all'estremità inferiore, indumento che faceva a pugni con quell'abito da signorina. In realtà tutto
il “costume” era strano: sembrava un quadro antico, quasi provenisse da un'altra era o addirittura da un altro mondo. Di certo non avrei indossato quell'abito per andare al
supermercato, in mezzo a tanto verde e fango.

“Cosa ci fai tu qui? E come ci sei arrivata?!”-Le mie ora erano urla di pretese. I miei pensieri erano concentrati in un vortice di ipotesi e conlusioni troppo affrettate e
troppo strane per spiegare l'impossibile avvenimento. Com'era possibile che una ragazza si era materializzata dal nulla vicino a me? Molto probabilmente Calzino avvertì
la sua presenza, per questo iniziò ad abbaiare senza sosta ad un eventuale pericolo.

La ragazza aveva un viso adorabile. Le guance erano color albicocca e la luce del sole rifletteva sui suoi capelli, rendendoli ancora più belli.

Si guardò intorno seria, poi fermò lo sguardo su di me, tanto imbranata e sciatta in confronto a lei.

“Mi rispondi?”

“Vieni con me”-Disse in modo pacato.

“Cosa? Dove? Ma aspetta! Non hai risposto alla mia domanda!”-Risposi al suo ordine, confusa.

Fu in quel momento che desiderai di non aver mai parlato. Il suo viso adorabile, ora si era fatto ancora più serio. Il suo sguardo diventò profondo, non saprei dire se fosse triste,
ma di certo aveva gli occhi di qualcuno con esperienza alle spalle e con delle responsabilità, forse troppo pretensiose. Poi, chiuse gli occhi. Quando li riaprì sentii una
stretta al cuore, troppo forte.

“Per favore”

Il suo tono cambiò leggermente. Sempre serio, ma questa volta più ansioso e pietoso. Chissà perché, proprio in quell'istante avrei voluto abbracciarla, confortarla.
Si sentiva fin troppo bene il sentimento dietro alle sue parole, mi pregavano di aiutarla a sorreggere il suo masso perché troppo pesante per lei. Cosa dovevo fare?
Infondo era una sconosciuta e il mistero della sua comparsa “magica” restava comunque. Avrei dovuto fidarmi?

Mi alzai dal terreno. Ottimo: avevo tutti i pantaloni sporchi d'erba con macchie di fango qua e la. Ma lei non ci fece caso e anch'io in fondo ero troppo presa dalla situazione per arrabbiarmi.

“Dimmi almeno il tuo nome”-Le dissi.

“Lo prenderò come un sì”

Detto questo afferrò il mio polso di scatto e mi tirò a se. L'ultima cosa che ricordo è che cercai di prendere Calzino, ma i miei tentativi furono vani e persi
conoscenza fra le sue braccia.


 

Mi risvegliai, anche se non tanto lucida.

Me ne stavo, dolorante, sdraiata su un divanetto di velluto color panna con decorazioni cucite rappresentanti delle rose color magenta e con i manici in legno chiaro
ben lucidato e a prima vista costoso.

La carta da parati era ovunque ed era sicuramente elegante. Anche tutti gli altri mobili erano in un legno pregiato e lucidato a dovere, così come il parquet.
E poi, il lampadario: bianco avorio con le decorazioni in oro. Queste, sicuramente, erano in oro vero.

Era proprio il contrario dei miei mobili. I miei mobili? Già, dov'erano? Non era stato tutto un sogno?

Fu con questi pensieri che mi alzai di scatto, o almeno ci provai. Provavo un forte dolore ai muscoli, come quando svolgi due ore di ginnastica a scuola e non ci sei
più abituata perché le vacanze estive ti hanno indolenzito le ossa, rendendoti una bella pappamolle nella corsa.

Perciò decisi di risdraiarmi, delicatamente, e di rilassarmi un attimo. Strano, una ragazza si era materializzata davanti a me, ero svenuta dimenticando il povero Calzino,
mi trovavo sdraiata in un divano piena di dolori ed io ero ancora in grado di chiudere tranquillamente gli occhi? Molto strano.

Ad un certo punto la porta di spalancò, così come le mie palpebre. Rizzai immediatamente il busto, che dallo spavento non provò dolore, e osservai la scena ammutolita.

Tre uomini, una donna e la ragazza incontrata nel mio rifugio. Almeno vedevo un viso conoscente, per così dire.

I tre uomini erano vestiti alla stessa maniera: portavano un'armatura di ferro, a prima vista molto pesante, con alcuni punti coperti da un tessuto rosso.
Alla vita si poteva benissimo notare una cintura, con tanto di spada e ciò non era per niente rassicurante.

Uno di loro sbattè bruscamente le mani robuste sul tavolo di marmo posto davanti al divanetto, facendo rimbombare un forte suono.

“Avanti! Sputa il rospo! Sei tu la ragazza che cerchiamo, giusto?!”-Disse subito dopo la sua sceneggiata col tavolo.

Io, impaurita e del tutto ignorante alla piega che il discorso intraprese, ammutolii completamente, fissando quel goffo ometto. Robusto e basso, era caratterizzato dalla
lunga barba nera a trattri grigia e dal suo buffo modo di storcere il naso pretendendo delle risposte da parte mia.

“Su Gondo, così la spaventi”-Disse l'uomo affianco a lui, poggiandogli la mano sulla spalla.

Questo invece, era il contrario del così detto “Gondo”: alto e snello, aveva i capelli marroni, corti e lisci e la barba rasata. Si vedeva perfettamente la sua gioventù e
insicurezza nei movimenti. Probabilmente aveva poca esperienza nel suo lavoro.

“Ha ragione Leo, dovremmo prima farla calmare. Non vedi come è spaventata?”

Si aggiunse il terzo, anch'esso alto, con i capelli lunghi e biondi. Gli occhi azzurri definivano i tratti del suo viso e notai pure che era profondamente osservato dalla donna accanto.

Una bella donna, di sicuro. Capelli molto unghi e ondulati, color ruggine, raccolti accuratamente sulla nuca con dei fermagli, con delle ciocche lasciate cadere sulle spalle e sul viso.
Aveva dei bellissimi occhi verdi che mi ricordavano molto la mia distesa d'erba. Portava un vestito viola con tratti neri, molto elegante, lungo fino ai piedi, ma alla giusta lunghezza
per far notare le punte e il tacco degli stivali neri in pelle; gli accessori con pietre preziose chiudevano l'abbigliamento.
Era un pensiero strano, ma pensai che somigliasse a una … fata.

Dov'ero finita? In un film fantasy/storico?

La giovane donna fece qualche passo e si accomodò nel sofà, vicino a me. Aveva un bellissimo sorriso.

“Mi dispiace di averti staventato”-Si scusò.

“Io sono Clarence, piacere.”

Poi, indicò l'ometto con la barba e l'amico accanto.

“Loro sono Gondo e Leonardo, che chiamiamo più amichevolmente Leo.”

“Poi ...”-Si fermò un attimo. Capii che il turno spettava all'altro giovane uomo biondo. Lo guardava con'aria “strana”.

Lo indicò.

“Lui … è Edwin.”

Esitò.

“Mio fratello”

Silenziosa, pensai: “Le mie esperienze da investigatore di storie d'amore hanno fallito?”

“E infine ...”

Clarence guardò la bella ragazza dai capelli biondo scuro. Ora non portava più quel mantello blu sporco di fango.

“Lei è -” -Fu interrotta proprio dalla ragazza, che si presentò a suo modo.

“Mi chiamo Elisabeth Allyson Adelaide Caris Giselle Hortensia”

“Il mio cognome è Marsal Morrison. Anche se in realtà non ho detto il mio nome completo”-Concluse.

Mi scappò un “wow” con voce sottile. Cos'era? Una sorta di principessa? Ormai da secoli non si danno nomi così lunghi e il bello è che non aveva neppure finito di presentarsi!

“Ah, i miei più cari mi chiamano Luv. Significa “amore,tesoro”

Poi mi guardò con degli occhi crudeli e pieni di superiorità.

“Per. Te. Altezza”

Scandì anche le parole! Un brivido mi percosse la schiena. Era veramente una principessa, o cosa?!

Clarence si schiarì la voce e con voce gentile mi incuriosì:

“Tu ...”

Alzai il sopracciglio destro, forse era un'abitudine di famiglia, per invitarla a continuare.

“Tu, sai cantare?”-Chiese poi energetica.

“Cosa?”-Pensai- “Perché vogliono saperlo?!!”

“Sono stonatissima!”-Ripresi i miei pensieri con una faccia sorpresa e spaventata-”E se mi chiedono di cantare? No, Aiuto!”

   
 
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