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Autore: Alexiel Mihawk    30/09/2014    3 recensioni
Suki l’aveva spesso presa bonariamente in giro sull’argomento ricordandole quella famosa volta in cui, al passo del serpente, era finita in mare e l’aveva scambiata per Sokka: « Non vorrai mica ripetere un’esperienza simile » le diceva sempre « Guarda che la prossima volta ti lascio andare a fondo! »
[Breve raccolta di missing moments su Toph e Sokka | Tokka | presenza di molti degli altri personaggi | Collocazione temporale: tra la fine di ATLA e la morte di Sokka. ]
Genere: Angst, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti, Sokka, Toph
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Colonna sonora consigliata: Earth meets water, Dash Berlin




Slips through our fingers


 
Here I stand
Where earth meets water
The wind blows smoke
Across the land
So hear me out
Our lives get harder
It slips through our fingers
Like this fist full of sand
Like a fist full of sand
Dash Berlin – Earth meets water
 
 

L’ultima volta che si erano visti era stato nel 153, al funerale di Aang.
Ricordava le lacrime, ricordava il dolore accompagnato dalla consapevolezza che il futuro di piedi rapidi non era l’oblio e che ben presto l’avrebbero rivisto. Ricordava come si fossero stretti tutti assieme, uno vicino all’altro: lei, Sokka, Ty-Lee, Zuko, perfino Mai. Tutti assemblati attorno a Katara a sorreggerla, a farle da scudo. Ancora una volta insieme ad assistere al ciclo dell’avatar che ricominciava di nuovo. Ricordava che la mano di Sokka non aveva mai lasciato la sua per tutto il tempo in cui erano rimasti lì.
Ancora prima ricordava di essere andata a trovarlo nel 142, dopo essersi dimessa dalla sua posizione di capo della polizia di Republic City. Erano anni che non tornava al polo sud – ricordava di esserci andata con Lin un paio di volte, quando era più piccola, quando lei e Su erano troppo giovani per darsi addosso – camminare sul ghiaccio le trasmetteva ogni volta la stessa spiacevole sensazione di cecità, ma non aveva nemmeno fatto due passi fuori dalla nave che già lui era lì a guidarla, come ai vecchi tempi. Aveva riso di lei quando gli aveva raccontato delle sue figlie ribelli e della sua dimissione; Sokka le aveva servito da bere e poi era lasciato andare a una filippica sulle difficoltà di crescere gli adolescenti e su quanto fosse sicuro che entrambe le sue ragazze sarebbero diventate splendide donne. Lei aveva riso: « I figli sono proprio una benedizione » gli aveva detto, nemmeno lei sapeva se fosse seria o sarcastica, ma la risposta dell’amico di sempre l’aveva messa a tacere per una decina di minuti.
« Le tue figlie sono sempre state la benedizione più grande per entrambi, Toph ».
Ora Toph fissava quell’enorme statua di Sokka posta di fronte al centro culturale della tribù dell’acqua del sud a Republic City, o meglio, i suoi occhi bianchi continuavano a puntarla, ma era grazie a quella mano tesa, le cui dita sfioravano il basamento, che riusciva davvero a sentirla.
A lui sarebbe piaciuta. Era alta, imponente e riusciva a percepire la sua espressione seria e paterna, riusciva a vedere persino quel maledetto boomerang.
Era stata eretta il giorno stesso del funerale, ad memoriam, dicevano; come se lei avesse mai potuto dimenticarlo, come se Katara avesse mai potuto dimenticarlo, o Zuko, o i ragazzi.

 
Quando il falco messaggero era arrivato lei si trovava a meditare in uno dei giardini in pietra di Zaofu, Suyin e suo marito dormivano da qualche parte nei loro appartamenti e quando si erano svegliati la mattina successiva lei era già partita. Aveva trovato Katara accanto al capezzale del fratello; con fare gentile la regina dello zucchero l’aveva abbracciata e Toph aveva sentito le lacrime calde della sua amica di sempre bagnarle le guance.
O forse erano le sue.
Non avrebbe saputo dire quando aveva iniziato a piangere.
Zuko era arrivato subito dopo di lei e loro tre, insieme, si erano improvvisamente ritrovati ultimi sopravvissuti di un’altra epoca, oramai passata, oramai in declino. Con gentilezza l’avevano aiutata ad avvicinarsi e avevano diretto la sua mano verso il viso di Sokka, entrambi sapevano, forse tutti loro avevano sempre saputo, ma c’era sempre stato un tacito patto di non interferenza e nessuno aveva mai osato o voluto spingerli ad avvicinarsi più di quanto non avessero effettivamente fatto.
Zuko e Katara l’avevano lasciata sola e per un tempo che le era sembrato infinito Toph non era riuscita a fare altro che rimanere ferma, fissa, immobile nella posizione in cui l’avevano guidata i suoi amici. Riusciva a sentire nella stanza a fianco il pianto silenzioso della dominatrice dell’acqua e percepiva il mutismo ostinato avvolto di dolore del dominatore del fuoco; avrebbe dovuto saperlo che anche lui, prima o poi, sarebbe morto. Ma forse, dentro di sé, pensava che se ne sarebbe andata prima lei.
Lentamente la sua mano si mosse ad accarezzare quel volto, ne percepiva i lineamenti, la linea degli zigomi, la curva delle labbra, ogni più piccola ruga; fu in quel momento che qualcosa dentro di lei si ruppe ed emozioni che non provava da anni le si riversarono addosso come un fiume.
Aveva nascosto alle sue figlie le identità dei loro padri; non era stata una buona madre, Sokka avrebbe detto di sì, ma come poteva dargli retta quando era a lui che aveva fatto il torto più grande: gli aveva nascosto di avere una figlia. Aveva negato ad entrambi la possibilità di essere felici insieme, per lo meno di provare ad esserlo. E ora quella possibilità era sfumata del tutto, perché Sokka era morto, non esisteva più, non respirava più.
Il ragazzo boomerang, il ragazzo del sarcasmo, il fan della carne, testa vuota non c’era più e con lui se n’era andato anche il membro del concilio di Republic City, il capo della tribù dell’acqua del sud.
Il suo Sokka.
Toph sentì le ginocchia cederle e sentì il bisogno di uscire da quella stanza il più in fretta possibile; a tentoni attraversò la camera fredda, trovò la porta e raggiunse Katara al tavolo dove Zuko stava versando del tè.
Si sedette, lasciò che l’amica le stringesse la mano e solo dopo un po’ ricambiò la stretta.
« Era felice, sapete » mormorò Katara piano « Abbiamo scalato montagne insieme e attraversato deserti, abbiamo vinto una guerra e riportato la pace del mondo e siamo andati avanti, ognuno di noi ha avuto dei figli, una famiglia. Sokka è stato l’unico a rinunciare consapevolmente a tutto questo, e nonostante ciò era felice »
Toph si morse un labbro.
« Continuava a dire che noi eravamo la sua famiglia, ognuno di noi, e che lui era il più fortunato di tutti perché lui aveva figli e nipoti sparsi in tutto il mondo; perché ogni volta che uno dei nostri figli lo chiamava “zio” sentiva di avere raggiunto un traguardo. Girava per il villaggio, tutto tronfio, abbracciando ogni bambino e raccontando sempre le stesse storie. » Katara rise « Ultimamente veniva spesso a trovarmi, mi ha lasciato delle cose, per voi. Credo che sapesse che stava arrivando la fine e il suo rimpianto più grande credo fosse di non poter più viaggiare per venire a trovarvi » si interruppe di nuovo e spostò lo sguardo su Toph « Avrebbe tanto voluto vederti un’ultima volta ».
Ora la dominatrice della terra sentiva le lacrime pungerle le guance, scendevano copiose, senza vergogna; non si era mai vergognata di mostrarsi debole con loro, soprattutto con lui, e non c’era motivo di farlo ora.
Katara si alzò e Toph la sentì armeggiare con un armadio, tornò poco dopo appoggiando una cesta piuttosto grande sul tavolo.
« Sokka è sempre stato un sentimentale » riprese la voce calda dell’amica « Guardate qui quante cose ha messo da parte: una pedina del loto di Pai Sho per Iroh II; una mappa della nazione del fuoco com’era prima della guerra per tua figlia, Zuko, questa la ricordo, la prese nella biblioteca del deserto Si Wong, o meglio, la rubò allo spirito custode della biblioteca; questo, invece, è un meteorite, non ha mai abbandonato la passione per i sassi, ogni volta che ne trovava uno doveva assolutamente venirmelo a dire. Toph, ha deciso di lasciare la sua collezione a Suyin »
Al cuore della dominatrice della terra mancò un battito, erano così simili e nemmeno lo sapevano.
« Poi ci sono degli oggetti per Tenzin, Kya e Bumi… Bumi non la prenderà bene, Sokka era il suo eroe. È stato capace di dargli coraggio nei momenti di maggior sconforto, ogni volta che si sentiva diverso, escluso, inferiore al resto di noi per via dell’assenza di un dominio, Sokka era lì a consolarlo, a incoraggiarlo, a guidarlo verso la strada più giusta » Katara tirò su col naso « Questo credo sia per te, cara » mormorò poi porgendo a Toph un involto e una pergamena.
« Anche da morto, si dimentica che sono cieca » non riuscì a trattenere un sorriso, mentre porgeva all’amica il foglio, in modo che potesse leggerlo per lei.
« Toph, io… sei sicura di volere che legga ad alta voce? » la dominatrice lanciò un occhiata a Zuko, ma Toph annuì, fece anzi segno all’amico di venire a sedersi più vicino, gli porse una mano, l’altra la porse a Katara e quando entrambi le strinsero sentì la voce rassicurante della regina dello zucchero che cominciava a leggere.

“Mia cara Toph, so che queste parole arrivano in ritardo di almeno trent’anni e so che avrei dovuto dirtele tempo fa, di persona. Mi capita spesso di ritornare col pensiero a quella sera, quando me ne andai da Republic City per tornare a casa: so che eri lì, non venisti a salutarmi, sarebbe stato troppo doloroso per entrambi, ma so che c’eri. Ti vidi uscire dall’ombra quando la nave salpò e rimasi a guardarti, sotto la luna che per una volta ci aveva graziato con la sua presenza, fino a che il porto non scomparve del tutto dalla mia vista. Sarei dovuto tornare indietro allora. Forse avrei dovuto chiederti di venire con me, avrei dovuto rinunciare alla posizione di capo e rimanere a Republic City con te, con Lin, con Su. So che mi hai tenuto nascoste delle cose, non ti biasimo per questo, io ho fatto lo stesso con te e non ho avuto il coraggio di fare domande né di ritornare quando avrei potuto. Ho sbagliato. Ma in fondo non sono pentito, la mia famiglia è sparsa per un mondo che noi, insieme, abbiamo contribuito a ripristinare, i figli di Katara e Zuko sono grandi e anche Lin e Su, e sebbene Lin si rifiuti di vedermi sono andato spesso a Zaofu, quando tu non c’eri; è diventata una donna meravigliosa la nostra Suyin, Toph. Sii fiera di lei. Sii fiera anche di Lin, ha seguito le tue orme ed è diventata il migliore capo che la polizia di Republic City potesse desiderare.
 
Toph Beifong, se potessi esprimere a parole quello che provo per te non sarei arrivato ai settantacinque anni senza dirtelo; ma infondo è così necessario che io lo dica? Non l’abbiamo sempre saputo entrambi?
Dì alle tue figlie che voglio loro bene almeno quanto ne voglio alla loro madre.
Ci vediamo presto Toph, io vado avanti per primo.
Tuo, Sokka”


Toph aprì l’involto con mani tremanti, ne uscì la miniatura di un boomerang, da uno dei buchi sul manico pendeva un nastro di corda: era una collana.
Il giorno dopo nel villaggio della tribù dell’acqua del sud si tennero i funerali del capotribù, arrivarono emissari da tutto il mondo, giunsero amici da ogni nazione.
Lin Beifong non venne.
 
A distanza di una settimana Toph osservava la statua di Sokka nel mezzo di Republic City.
Le sue mani stringevano una scatola, nella scatola c’era un bracciale.
Il mattino seguente Lin trovò sulla sua scrivania un pacchetto, era vagamente impolverato e la carta era stropicciata e logora, lo aprì e riconobbe quasi istantaneamente il braccialetto di pietra meteoritica che era appartenuto a sua madre. Esitò qualche istante, si accertò che in ufficio non ci fosse nessuno, quindi lo indossò.
In seguito Toph Beifong scomparve, si diceva che fosse partita, che fosse in viaggio, che stesse ancora una volta attraversando il mondo in cerca dell’illuminazione.
Per lungo tempo nessuno la vide più.






Note: per prima cosa mi dispiace per l'angst - non è vero, ma fingiamo di sì. Come i tre capitoli precenti questa storia rientra nella sfida che ho lanciato al mio Team Avatar (Kuruccha, SunlitDays, Nocturnia e Kuma_Cla), una fic di Avatar al giorno per 7 giorni, fino all'uscita del Book 4.
Passiamo al capitolo, con questa one shot si conclude questa raccolta a tema Tokka, che non è una storia vera e propria, ma un insieme di missing moments che posti uno dietro l'altro vanno a rendere l'idea delle vicende intercorse tra Sokka e Toph durante le loro vite.  Come avrete capito la storia è divisa in due momenti temporali diversi: presente - flashback - di nuovo presente, nel caso non fosse chiaro lo specifico lo stesso.  La cosa che consiglio è una lettura di tutti e quattro i capitoli uno dietro l'altro, con in sottofondo la canzone "Earth meets Water" dal cui testo sono tratti i titoli della storia e dei capitoli, e le citazioni a inizio di ogni one shot. Nel capitolo precedente ero preoccupata dell'OOC, qui lo sono meno perché questi personaggi sono davvero anziani, Sokka quando muore nel mio headcanon ha 75 anni, Toph ne ha 71. Sappiamo che Sokka è ancora vivo quando Korra ha 5 anni e sappiamo in un periodo che intercorre tra il 158/9 e il 170 AG; per dare maggior rilievo alle parole di Awei, quando riferisce che sono molti anni che nessuno vedere più Toph, ho preferito anticipare di qualche anno la morte di Sokka rispetto a quando penso che sia effettivamente avvenuta. Ma ho un paio di headcanon diversi su questa coppia e ogni tanto si mescolano. Detto ciò, la raccolta si conclude qui, ma ci aspettano ancora tre storie su Avatar nei prossimi tre giorni e, oramai ne sono sicura, ne arriveranno anche altre in futuro. 



















 
 
 
 
   
 
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