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Autore: Deademia    30/09/2014    0 recensioni
L’ombra è una conseguenza naturale della luce. Senza essa neanche esisterebbe.
Spesso tendiamo a dimenticarci di questo particolare e per noi l’ombra non è altro che questo, un'ombra.
Pochi invece capiscono che ne esistono diversi tipi, quella più densa e oscura e quella più flebile, e che questi diversi tipi d’ombra dipendo dall'intensità della luce da cui sono generati.
Lord Voldemort è un’ombra, delle più nere che possano esistere.
Eppure nessuno si è mai chiesto quale sia stata la luce che l’ha creata, che forma avesse, quale fosse il suo nome.
Per scoprirlo bisogna andare indietro di molti anni, quando il Signore Oscuro non esisteva ancora ed al suo posto c’era un ragazzo senza famiglia, con tante ambizioni e pochi limiti, che rispondeva all'appellativo di Tom Riddle.
E' qui che troviamo lei. Purosangue sfrontata, Serpeverde irriverente. Daiana Rosier.
Un nome dimenticato da tutti tranne che da lui, un volto gentile che nasconde un carattere caparbio, sbiadito dal tempo ma impresso a fuoco nell'animo frantumato del Lord.
E qui ci fermiamo. Perché se per capire un'ombra bisogna prima conoscerne la luce, per capire un grande uomo bisogna sempre conoscere la donna che vi è dietro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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2. TANTO VA LA GATTA AL LARDO…

Erano in ritardo.
Ovviamente.
Si erano svegliate, o per meglio dire, Lucretia si era svegliata alle 6.30 del mattino ma, nonostante tutto, ciò non aveva impedito che adesso stessero poco elegantemente planando su per la scalinata, dirette in Sala Grande per una a questo punto sbrigativa colazione prima di andare a lezione.

-Spiegami un’altra volta come abbiamo fatto, perché mi è ancora difficile capire come sia possibile metterci un’ora e mezza per infilarsi una stupida divisa- sputò vagamente ironica Daiana, sistemandosi un ciuffo ribelle che era sfuggito dalla sua non molto ordinata crocchia mentre cercava di trattenere il lieve fiatone che le rendeva pesante il respiro.

-Sembra quasi tu mi stia dando la colpa- asserì sdegnata l’altra, inarcando il sopracciglio perfettamente curato mentre si sistemava meglio la tracolla sulla spalla.

-Ottimo spirito di osservazione. Sai, non mi pare sia stata io quella che ha impiegato un’ora nel sistemarsi i capelli, e per Morgana siamo streghe, usiamo la magia! Poi non contenta ha deciso di farsi le unghie, non sia mai che ciò influisse negativamente sul compito di Pozioni, perdendo un’altra abbondante mezz’ora ed infine ha impiegato venti minuti per decidere quale tra le quattro identiche divise che possiede le stesse meglio. Complimenti, hai superato ogni tuo record penso-

-Vedi che non c’era bisogno che me lo chiedessi? Lo sai già benissimo da te come abbiamo fatto- Lucretia sorrise innocente, ignorando con maestria l’occhiataccia di risposta.

-Ragazze, che espressioni cruente già di prima mattina-

Un ragazzo alto, dai biondi capelli folti e la divisa verde-argento spuntò al loro fianco, facendo un cenno di saluto prima di posare un braccio attorno alla vita della mora e baciarle dolcemente la tempia. Un gesto semplice ma carico di sentimento per quei due che, tra ferrea educazione purosangue e spirito Serpeverde, non erano abituati a simili debolezze in pubblico.

-Chiedilo alla tua ragazza- sbuffò Daiana, che avendoli superati a passo di marcia non notò gli occhi al cielo dell’amica e la risata trattenuta del biondo.

Varcò per prima il portone della Sala Grande ma non si prese neanche la briga di guardarsi attorno. Dopo sei anni tutto diventava fin troppo familiare tra le mura di Hogwarts. Spesso di domandava cosa avrebbe fatto dopo, che futuro l’attendeva. Avrebbe intrapreso una carriera o avrebbe seguito le orme di quasi tutte le nobili Purosangue, diventando una moglie perfetti per un marito prestabilito in partenza dagli sciocchi accordi matrimoniali che tanto andavano di moda? Quella domanda le faceva quasi paura, si sentiva soffocare dalle responsabilità che il suo nome comportava, ma ancor più dal fatto che non avrebbe mai potuto dire apertamente una cosa simile, né coi suoi amici né con la sua famiglia. Si vergognava di quei pensieri, ma era inevitabile che il più delle volte si sentisse in gabbia.

Scacciando per l’ennesima volta quelle sciocche idee dalla testa camminò a testa alta verso il proprio tavolo, esattamente come le avevano insegnato fin da quando era nata.

Una nobile Purosangue come te non deve mai piegare la testa di fronte a niente o nessuna, Daiana, mi hai capita? Sei una Rosier, mostralo a tutti.

Poggiò la borsa ai piedi della panca e sotto gli sguardi di metà tavolata prese posto accanto al fratello, accavallando le gambe senza salutare nessuno in generale.

-Come mai così in ritardo?- domandò Evan continuando a sfogliare la Gazzetta.

Ovviamente sulle pagine riguardanti il Quidditch. Figuriamoci.

-Non me lo chiedere- soffiò lei seccata, versandosi del caffè ancora bollente in una tazza.

-Tua sorella è un po’ arrabbiata perché abbiamo perso tempo giù nei dormitori. Glielo hai mai detto che dovrebbe fare qualcosa per questo suo nervosismo?- Lucretia, sedutasi accanto a Darren, chiarì pe lein indecisa se essere più esasperata o divertita.

-Abbiamo?-  rispose lei con una punta di palpabile irritazione nella voce, gettandole l’ennesima occhiataccia.

-Non ti sembra di esagerare un po’?- Evan rise, abituato agli sbalzi d’umore della sorella.

-Si piccola Rosier, sei un  po’ troppo acida oggi. Cos’è, hai le tue cose per caso?- un ragazzo dai capelli talmente biondi da sembrare finti e la carnagione lattea si sporse oltre la figura di suo fratello per osservarla con ironia e sfacciataggine, provocando vari risolini.

Daiana si leccò le labbra sorridendo melliflua, mentre portava la tazza fumante  alla bocca.

-Malfoy, sei sempre il solito gentiluomo vedo. La tua innata classe mi stupisce ogni volta, è sconcertante-

-Eppure non mi pare che fai tante storie nell’andarci al ballo, con questo gentiluomo- continuò imperterrito facendola ridere.

-Si dice che sia predisposta alla carità…- ammiccò in sua direzione causando l’ilarità generale e finalmente godette del tepore di quel caffè, unica fonte di salvezza in una mattina partita male.

-Oltre che acida anche perfidamente subdola, complimenti Daiana stai tenendo alto il nome di famiglia- Alphard, poco distante da lei, le dedicò un sorriso divertito, allungandosi per afferrare una brioche.

Prima che potesse ribattere però una voce bassa e sinuosa rispose al posto suo.

-Saranno gli effetti collaterali del fare le ore piccole…-

Sentì distintamente Lucretia quasi strozzarsi col suo tè.

A lei invece il sorriso le morì sulle labbra nello stesso istante in cui un silenzio spiacevole cadde tutto intorno, e si chiese se fossero state quelle parole a causarlo o la persona che le aveva pronunciate. Non sapeva dirlo con certezza.

Tom Riddle, seduto a qualche posto di distanza da lei, continuò a bere tranquillo il suo caffè con gli occhi fissi sulla Gazzetta, apparentemente incurante della strana situazione che aveva creato.

A rompere quel silenzio fu Evan, che guardò prima lui e poi lei non avendo ben capito il senso di quell’affermazione. Né cosa c’entrasse Tom con la sua Daiana.

-Come?-

-Oh non farmi la predica!- sbottò lei riavutasi dal colpo, cerando di glissare l’attenzione lontana dal fatto per evitare di dovergli dire la verità –Anche tu ed i tuoi amici ve ne scorrazzate in giro per la scuola in piena notte a fare chissà cosa, un sacco di volte, ma nessuno vi viene a scocciare. Sono sempre io quella che deve dare spiegazioni su tutto, per una buona volta mi piacerebbe sentirle da te, caro fratello-

In verità, quel suo tergiversare deviatore le fruttò anche l’occasione per capire cosa Evan combinasse, e quale fosse il motivo di quella tensione che percepiva fin troppo spesso ormai in lui.

Peccato che questi non sembrasse propenso allo sbottonarsi di una virgola, con lei, e preferisse piuttosto prendere le difensive ogni volta che lei provava a tastare il terreno.

-Non sono affari che ti riguardano- borbottò sbrigativo –E comunque non tentare di cambiare discorso signorina, che non attacca. Eri davvero fuori dal dormitorio stanotte?-

Lei sbuffò, delusa dal fallito tentativo, ma prima che potesse dire alcunché creando una qualche scusa di quelle che era bravissima a inventare, fu interrotta.

Di nuovo.

Da lui.

Di nuovo.

La cosa iniziava a infastidirla.

-Non te l’ha detto? Questa notte, durante la ronda, ho trovato tua sorella che se ne stava tutta sola nel cortile. Dovresti controllarla meglio Evan, chissà quanti pericoli celano le ombre di Hogwarts- alzò gli occhi neri in direzione del giovane ed un lieve sorriso mellifluo gli increspò le labbra.

Fu una visione quasi macabra.

Entrambi i fratelli Rosier rabbrividirono, chi per un motivo chi per un altro, ma Daiana non poté comunque impedirsi di continuare a guardare quei due che immobili non smettevano di fissarsi, neanche potessero leggere tacite e segrete parole l’uno negli occhi dell’altro. Nella sua testa mille domande vorticavano inesorabili: cosa voleva dire Riddle con quelle parole? E perché Evan continuava a guardarlo a quel modo? Cosa nascondevano quei due?

Fu Alphard il primo a rompere quell’inquietante incantesimo, battendo le mani in un colpo secco che fece sobbalzare più o meno tutti e afferrando con enfasi la cartella.

-Ragazzi, noi abbiamo un compito di Incantesimi la prima ora se non sbaglio, ed è già tardi. Che ne dite di muoverci?-

Alcuni cenni di assenso accompagnarono i movimenti dei Serpeverde del settimo anno, e varie teste si piegarono per salutare lei e gli altri: Malfoy, Lestrange, Dolohov, Avery...tutti amici di suo fratello. E di Tom.

Daiana ricambiò appena, ancora confusa ed immobile, ma sentì distintamente il calcio che Lucretia le tirò da sotto il tavolo. Decise di ignorarla gettandole un’occhiata veloce e negando appena col capo. Non era il momento per parlare. Evan era al suo fianco, ma soprattutto Riddle ancora non aveva lasciato la sala. E per quanto lei si fosse sempre vantata di prestare davvero poca attenzione e poco riguardo a chi le stava attorno, commentare quella pantomima ambigua appena avvenuta col moro a pochi passi da lei non le sembrava una grande idea. Per niente.

In tutti i casi ci pensò il fratello a distrarla, afferrandole saldamente una spalla e costringendola a voltarsi nella sua direzione. I suoi occhi dorati, gli stessi di suo padre, la fissavano con un accenno di preoccupazione e Daiana si chiese quale fosse il motivo. La sfiorò l’idea che fossero state le parole di Riddle ad averla scatenata, ma le sembrava una reazione eccessiva. Alla fine non aveva detto nulla di che. No? Poi comprese che molto probabilmente lui aveva capito che gli incubi erano tornati, e come ogni volta si preoccupava per lei. Anche questa era una reazione esagerata a suo dire, ma perlomeno la capiva.

-Dopo dobbiamo parlare, io e te-

Lei sospirò, facendo l’indifferente.

-Non è necessario Evan, io…-

-Dopo. Parliamo.- la interruppe serio, sottolineando la sua testardaggine con una presa ancora più ferrea. Le fece un po’ male, ma non disse nulla.

-Sai, nostro padre sarebbe felice di vedere che hai ereditato tutta la sua prepotenza-

Lui sorrise, riacquistando la sua solita faccia da schiaffi, e lasciò scivolare via la mano dalla sua spalla.

-E io che pensavo te la fossi presa tutta te…- ribatté lui, camminando all’indietro con le mani in tasca ed un sorrisetto furbo a piegargli le labbra fini.

Lei rise facendogli un gestaccio davvero poco fine che se la sua famiglia avesse sciaguratamente visto avrebbe causato la sua istantanea diseredazione, infine, vedendolo sparire assieme agli altri fuori dalla sala tirò un sospiro di sollievo e tornò alla sua ormai ben fredda colazione.

 

-Sai, credo di aver capito quel non-so-che che ti inquieta tanto di Riddle…- iniziò vaga Lucretia, fissando un punto indistinto sul tavolo mentre le dita disegnavano leggere il bordo della tazza –Si chiama stronzaggine, una dote molto comune e venerata tra noi Serpeverde devo dire, anche se lui poteva farne un uso decisamente migliore-

Sia il suo ragazzo che Daiana risero, ma poi quest’ultima assunse un cipiglio pensoso e corrucciato.

-Sai, non credo si tratti solo di questo…hai sentito le sue parole, no? Non ti sembrava strano?-

-Riddle è sempre strano- commentò senza tanti preamboli Darren, versandosi la terza tazza di caffè.

 Daiana pensò che quel ragazzo aveva una seria dipendenza dalla caffeina.

-D’accordo, ma sembrava volesse far intendere altro con quel tono. E poi avete visto come ha reagito mio fratello. E tutti quanti gli altri loro amici-

-Secondo me ti stai facendo prendere un po’ troppo la mano. Ok ok, ammetto che non c’ho capito molto di tutto quello scambio di battute/sguardi un po’ inquietante, ma alla fine era solo una battuta Daiana. Saranno cose loro, sicuramente. E poi Darry ha ragione, lui è strano- la mora si strinse nelle spalle, arrivando alla conclusione che pareva la più logica tra tutte.

Daiana si morse un labbro ma alla fine cedette. Probabilmente avevano ragione e lei si stava solamente facendo prendere troppo la mano dall’antipatia che sentiva naturale verso Riddle.

Poi un’idea birichina, che non c’entrava nulla col resto, le si insinuò tra i pensieri dandole un ottimo suggerimento su come vendicarsi di quel ritardo mattutino.

Molto Serpeverde, da parte sua. Sorrise.

-Non eri tu che stamattina dicevi che aveva fascino?-

-Prego?- Darren piegò un sopracciglio, guardando attentamente la fidanzata che minimizzò con un gesto vago della mano, riportando subito l’attenzione su Daiana, incenerendola.

-Nessuno ha detto che una cosa esclude l’altra-

-Sarà, ma resta il fatto che…-

-Che Riddle non ti piace. Non l’avevo capito sai? L’hai solo ripetuto una trentina di volte da stamattina. Comincio a pensare che ci sia qualcosa sotto, mia piccola Rosier- la guardò maliziosa da sotto le folte ciglia, mimando un occhiolino col solo risultato di attirare l’attenzione degli altri studenti del tavolo. La giovane Black era in fondo tra le più belle ragazze di Hogwarts.

La bionda alzò gli occhi al cielo, sospirando un mugolio esasperato.

-Vorrei tanto sapere perché ogni discorso con te finisce sempre allo stesso modo-

-Perché sei zitella da troppo tempo-

-Io sto benissimo anche così, ma grazie per la preoccupazione-

-Oh lo vedo, tu e la tua acidità state una meraviglia- ironizzò quella.

-Tu e tuo cugino vi assomigliate in maniera terrificante, ne sei consapevole?- borbottò lei, ricordando le parole di Alphard di poco prima –E ora muoviti, o vuoi contribuire ancora un altro po’ al nostro ritardo?- sbottò infine, afferrando la borsa e iniziando a dirigersi verso l’immenso portone.

-Visto? Io ho sempre ragione- sussurrò piano Lucretia a Darren, un paio di metri dietro di lei. Piano si, ma non abbastanza.

-Ti ho sentita!- non si voltò neanche ad incenerirla, era sicura che il suo tono stridulo fosse stato sufficiente, ma le risatine soffocate alle sue spalle non sembrarono confermare la sua tesi.

 

 

***

 

Intanto, dall’altra parte di Hogwarts…

 

Il corridoio, in quell’ala, era così scarsamente illuminato che chiunque avrebbe pensato che la densa oscurità avrebbe potuto tranquillamente inghiottire persino un incantesimo Lumos.

Nessuno sano di mente quindi ci si sarebbe volutamente avventurato, se non per stupire gli amici in qualche sciocca prova di coraggio che i più piccoli indicevano a beneficio di una ancora da chiarire gerarchia scolastica annuale.

Per cui quando Mrs Purr, la giovane gatta dal lucido pelo fulvo di Gazza, scivolò furtiva strusciando contro le pareti fredde e nude in ricognizione, non si lasciò certo scappare i rumori che parevano provenire poco distanti da lei. A coda ritta e orecchie allargate trotterellò silenziosa sino a che i suoi occhi gialli non individuarono due figure schiacciate contro la parete. Non c’erano bacchette luminose a rischiarare l’ombra, solamente una candela appesa al muro e accesa da poco, che bastava a malapena a illuminare una piccola porzione di spazio tutt’attorno.

Mrs Purr soffiò minacciosa, inarcando la schiena e puntando il musetto incattivito in direzione dei due studenti, ma quando uno di questi si girò a fissarla, senza dire o fare niente, l’istinto naturale di sopravvivenza stranamente prevalse sulla famosa aggressività della gatta, e questa si ritrovò ad abbassare le orecchie appuntite e scappare via, con la coda tra le zampe.

-Hai intenzione di levarmi le mani di dosso prima della fine della giornata, Evan?- il ragazzo, i cui occhi si confondevano col buio che lo attorniava, si voltò nuovamente verso colui che lo teneva schiacciato con una mano al muro, apparentemente indifferente alla sua condizione di evidente svantaggio.

-Non finché non mi avrai spiegato che intendevi dire prima- il biondo ansimava appena, agitato.

Conosceva abbastanza bene Tom da sapere che non era un bene metterglisi contro, eppure non poteva ignorare la cosa, proprio perché erano sette anni che respiravano la stessa aria e condividevano idee e progetti, e proprio adesso che le cose stavano prendendo una piega fin troppo strana, non aveva intenzione che frasette ambigue venissero indirizzate verso i suoi familiari.

-Era solo una battuta, dovresti rilassarti. Sei fin troppo agitato di questi tempi- soffiò serafico, guardandolo da sotto le lunghe ciglia scure.

Evan ingoiò a vuoto. Lo guardò in quei pozzi neri dai mille misteri e seppe che aveva intuito tutto.

Inspirò. Espirò.

-Io…penso che stiamo esagerando, Tom-

Mollò la presa sul suo colletto e fece un passo indietro, guardando a terra. Non voleva scoprire il suo destino nei tratti illeggibili del suo presunto amico, preferiva bearsi della santa ignoranza.

-Esagerando?- il moro inarcò un sopracciglio, rassettandosi la divisa –Eppure mi sembrava ti stessi divertendo come tutti gli altri, l’altra sera. Se avevi qualcosa da obiettare, bastava dirlo. Non è una dittatura la nostra, amico mio-

Evan non rispose, non aveva nessuna intenzione di dirgli che non l’aveva fatto perché aveva paura, perché Tom stava cambiando e la persona che stava prendendo il suo posto gli metteva i brividi. Sarebbe stata la sua condanna.

Lui intanto continuò.

-Sono solo degli scherzi. Non ti ricordi che li abbiamo dovuti subire anche noi, al primo anno? E’ quasi una legge non scritta della scuola, una gavetta, chiamala come ti pare. Non vedo il perché di tutta questa sciocca preoccupazione-

-Non è solo questo, e lo sai…-

-No?-

Il giovane Rosier alzò la testa con frustrazione, fissandolo. Tom aveva la solita espressione di sempre, indifferente, come se il mondo gli scivolasse addosso senza lasciargli nessuna cicatrice, nessun segno.

-No. Quella bambina di Tassorosso, l’altra volta, è quasi affogata. Se Dolohov non la ripescava dal lago, sarebbe morta. E quel ragazzetto Serpeverde che si è perso nella Foresta, si è rotto un braccio, eppure noi lo abbiamo lasciato lì, a piangere dal dolore e dalla paura per tutta la notte da solo. Ha undici anni, Tom. E tu..tu non hai mai fatto niente. Te ne sei sempre rimasto lì, a guardare- scosse la testa, come se la cosa fosse inconcepibile per lui –Questi non sono scherzi, questa è tortura-

Riddle rise senza gusto, una risata fredda quanto i suoi tratti pallidi e perfetti. Una risata che faceva rabbrividire e sapeva rintuzzare chiunque provasse a giocargliela. Evan gliel’aveva sentita tante volte sputare in faccia a studenti a cui il primato del Serpeverde dava fastidio, la conosceva bene.

-Serve solo a renderli forti, a fargli capire che Hogwarts ed il mondo magico non sono solo bei incantesimi e piume svolazzanti. Non tutto è una favola che si concretizza, e là fuori il mondo vero prima o poi chiederà loro il conto. Prima lo imparano meglio è, non trovi?-

-Non spetta a noi questo compito-

Tom si strinse nelle spalle, come se la cosa non gli importasse davvero.

-Forse. O forse no. Qualcuno deve pure farlo-

-Ma non noi, non per forza-

Lui assottigliò improvvisamente lo sguardo, sorridendo mellifluo e chinando il capo da un lato.

-La coscienza bussa alle porte del tuo cuore, Evan? Da te non me lo sarei mai aspettato-

Il  biondo tacque, fissandolo. Dei suoi amici, lui era uno dei pochi che vantava di riuscire a guardarlo fisso senza abbassare mai la testa, come un qualsiasi suo pari quale era.

Neanche i professori, incredibilmente, a volte ci riuscivano.

-Sono tutti Sanguesporco- sputò infine in tono secco, come se quello fosse stato l’ultimo sassolino da levar via dalla scarpa per potersi sentire meglio.

Il moro dal canto suo non si scompose. Era assurdo come riuscisse a mantenere quel portamento rigido e quell’espressione  neutra in qualsiasi circostanza. Che stesse leggendo la Gazzetta o affrontando un discorso che, Rosier lo sapeva bene, lui riteneva fin troppo spinoso, pareva non fare differenza alle sue orecchie.

-Coincidenza-

-Davvero?-

-Stai forse insinuando qualcosa?-

-Nulla a cui la tua mente brillante non possa arrivare da sola-

Tom sorrise.

-Volevo risparmiarti la penosità del discorso, ma a quanto pare non mi dai altra scelta…I Purosange, o Mezzosangue che siano, conoscono bene le ombre che si nascondono dietro i lustri della magia. Tu mio caro amico meglio di tutti dovresti saperlo. I poveri, innocenti Sanguesporco pensano invece di essere stati catapultati in un meraviglioso mondo fatato in cui il male non esiste. A rigor di logica quindi, loro più di tutti devono essere istruiti sulle spine che persino la più bella delle rose può possedere- improvvisamente si staccò dalla parete, cominciando a camminargli attorno. Nel farlo cominciò a sistemarsi con noncuranza uno dei polsini della camicia –A volte basta poco, a volte il pugno si deve fare più duro-

Evan strinse la mascella, non replicando alla poco velata frecciatina del ragazzo. Tom sapeva sempre come colpire con precisione millimetrica i punti deboli degli altri, poco importava se questi fossero stati amici o nemici. Lui veniva sempre prima di tutti.

-Poetico. Ma ancora non mi capacito di come questo c’entri con te. Perché fai questo?-

Lui stette in silenzio, ed Evan pensò quasi che non gli volesse rispondere.

-Perché è la vita- disse infine laconicamente.

-Magnanimo da parte tua- ribatté con ironia.

Tom sorrise enigmatico.

Poi gli voltò le spalle e si incamminò verso le scale, con le mani in tasca e la solita aria rilassata ma severa.

Strano, lui aveva sempre una risposta a tutto.

Quando lo vide poggiare il piede sul primo gradino però, si ricordò del motivo per il quale l’aveva trascinato lì ed indurì lo sguardo, richiamandolo.

-Mia sorella non è del primo anno, ed io non sono stupido. Non minacciarla più, neanche con una battuta, sono stato chiaro?-

Tom non si voltò neanche, ma Evan seppe lo stesso di aver azzardato tanto, forse troppo, con quell’avvertimento esplicito. Nessuno mai si era arrischiato a rivolgerglisi così negli ultimi anni, nessuno.

-Allora fai in modo che lei faccia meno domande, e non ficchi il suo bel nasino in affari che non la riguardano. Neanche io sono stupido- e detto questo sparì definitivamente, inghiottito dalle tenebre.

 

 

 

--- Angolo dell’Autrice - - -

Se ve lo state chiedendo no, non sono un miraggio. Avevo abbandonato questa storia per così tanto tempo che ormai mi ero rassegnata a non prenderla più in mano, poi l’altro giorno sono entrata su EFP e mi sono accorta che una ragazza, neanche due mesi fa, aveva commentato entrambi i capitoli e non so, saranno state le sue parole meravigliose e gentilissime, sarà che mi era tornata la voglia di scrivere qualcosa riguardo Tom, fatto sta che ho deciso di ricominciare a scrivere Lux Tenebris. Non prometto niente, sono fin troppo incostante nelle consegne e nei progetti ed è una cosa di me che odio e che viene accentuata quando vedo che ciò che faccio, ciò che scrivo, non da frutti (in questo caso non riceve recensioni o comunque non piace), però voglio tentare. Voglio tentare per me stessa, per dimostrarmi che ce la posso fare, e voglio tentare per quelle poche lettrici/lettori a cui invece Daiana è piaciuta, si sono presi la briga di lasciare un commento e mi hanno spinta a fregarmene del resto.

Un grazie a loro, che per fortuna ci sono e a volte riescono a risollevarmi dai mie momenti di stallo. Grazie.

Mi rendo conto che questo capitolo è un po' povero di passi avanti sul fronte Daiana-Tom, ma è solo il terzo, ed io odio accorciare i tempi rendendo i rapporti innaturali. Per adesso preferisco inquadrare i personaggi e le vicende che hanno avuto e stanno avendo luogo, in una cornice generale, altrimenti o non si capisce nulla o, per farci entrare ambedue le cose, mi ritrovo a scrivere poemi  :)

Nella speranza che il capitolo vi sia piaciuto, vi mando un bacione e ci rivediamo al prossimo!

  
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