2.
TANTO VA LA GATTA AL LARDO…
Ovviamente.
Si erano svegliate, o per meglio
dire, Lucretia si era svegliata alle 6.30 del mattino ma, nonostante
tutto, ciò
non aveva impedito che adesso stessero poco elegantemente planando su
per la
scalinata, dirette in Sala Grande per una a questo punto sbrigativa
colazione
prima di andare a lezione.
-Spiegami
un’altra volta come
abbiamo fatto, perché mi è ancora difficile
capire come sia possibile metterci
un’ora e mezza per infilarsi una stupida divisa-
sputò vagamente ironica Daiana,
sistemandosi un ciuffo ribelle che era sfuggito dalla sua non molto
ordinata
crocchia mentre cercava di trattenere il lieve fiatone che le rendeva
pesante
il respiro.
-Sembra
quasi tu mi stia dando
la colpa- asserì sdegnata l’altra, inarcando il
sopracciglio perfettamente
curato mentre si sistemava meglio la tracolla sulla spalla.
-Ottimo
spirito di osservazione.
Sai, non mi pare sia stata io quella che ha impiegato un’ora
nel sistemarsi i
capelli, e per Morgana siamo streghe, usiamo la magia! Poi non contenta
ha
deciso di farsi le unghie, non sia mai che ciò influisse
negativamente sul
compito di Pozioni, perdendo un’altra abbondante
mezz’ora ed infine ha
impiegato venti minuti per decidere quale tra le quattro identiche
divise che possiede le stesse meglio. Complimenti, hai
superato ogni tuo record penso-
-Vedi
che non c’era bisogno che
me lo chiedessi? Lo sai già benissimo da te come abbiamo
fatto- Lucretia
sorrise innocente, ignorando con maestria l’occhiataccia di
risposta.
-Ragazze,
che espressioni
cruente già di prima mattina-
Un
ragazzo alto, dai biondi
capelli folti e la divisa verde-argento spuntò al loro
fianco, facendo un cenno
di saluto prima di posare un braccio attorno alla vita della mora e
baciarle
dolcemente la tempia. Un gesto semplice ma carico di sentimento per
quei due
che, tra ferrea educazione purosangue e spirito Serpeverde, non erano
abituati
a simili debolezze in pubblico.
-Chiedilo
alla tua ragazza-
sbuffò Daiana, che avendoli superati a passo di marcia non
notò gli occhi al
cielo dell’amica e la risata trattenuta del biondo.
Varcò
per prima il portone della
Sala Grande ma non si prese neanche la briga di guardarsi attorno. Dopo
sei
anni tutto diventava fin troppo familiare tra le mura di Hogwarts.
Spesso di
domandava cosa avrebbe fatto dopo, che futuro l’attendeva.
Avrebbe intrapreso
una carriera o avrebbe seguito le orme di quasi tutte le nobili
Purosangue,
diventando una moglie perfetti per un marito prestabilito in partenza
dagli
sciocchi accordi matrimoniali che tanto andavano di moda? Quella
domanda le
faceva quasi paura, si sentiva soffocare dalle
responsabilità che il suo nome
comportava, ma ancor più dal fatto che non avrebbe mai
potuto dire apertamente
una cosa simile, né coi suoi amici né con la sua
famiglia. Si vergognava di
quei pensieri, ma era inevitabile che il più delle volte si
sentisse in gabbia.
Scacciando
per l’ennesima volta
quelle sciocche idee dalla testa camminò a testa alta verso
il proprio tavolo,
esattamente come le avevano insegnato fin da quando era nata.
Una nobile Purosangue come te non deve mai piegare
la testa di fronte a
niente o nessuna, Daiana, mi hai capita? Sei una Rosier, mostralo a
tutti.
Poggiò
la borsa ai piedi della
panca e sotto gli sguardi di metà tavolata prese posto
accanto al fratello,
accavallando le gambe senza salutare nessuno in generale.
-Come
mai così in ritardo?-
domandò Evan continuando a sfogliare la Gazzetta.
Ovviamente
sulle pagine
riguardanti il Quidditch. Figuriamoci.
-Non
me lo chiedere- soffiò lei
seccata, versandosi del caffè ancora bollente in una tazza.
-Tua
sorella è un po’ arrabbiata
perché abbiamo perso tempo giù nei dormitori.
Glielo hai mai detto che dovrebbe
fare qualcosa per questo suo nervosismo?- Lucretia, sedutasi accanto a
Darren,
chiarì pe lein indecisa se essere più esasperata
o divertita.
-Abbiamo?-
rispose lei con
una punta di palpabile irritazione nella voce, gettandole
l’ennesima
occhiataccia.
-Non
ti sembra di esagerare un
po’?- Evan rise, abituato agli sbalzi d’umore della
sorella.
-Si
piccola Rosier, sei un po’
troppo acida oggi. Cos’è, hai le tue cose
per caso?- un ragazzo dai capelli talmente biondi da sembrare finti e
la
carnagione lattea si sporse oltre la figura di suo fratello per
osservarla con
ironia e sfacciataggine, provocando vari risolini.
Daiana
si leccò le labbra
sorridendo melliflua, mentre portava la tazza fumante
alla bocca.
-Malfoy,
sei sempre il solito gentiluomo
vedo. La tua innata classe mi
stupisce ogni volta, è sconcertante-
-Eppure
non mi pare che fai
tante storie nell’andarci al ballo, con questo gentiluomo-
continuò
imperterrito facendola ridere.
-Si
dice che sia predisposta
alla carità…- ammiccò in sua direzione
causando l’ilarità generale e finalmente
godette del tepore di quel caffè, unica fonte di salvezza in
una mattina
partita male.
-Oltre
che acida anche
perfidamente subdola, complimenti Daiana stai tenendo alto il nome di
famiglia-
Alphard, poco distante da lei, le dedicò un sorriso
divertito, allungandosi per
afferrare una brioche.
Prima
che potesse ribattere però
una voce bassa e sinuosa rispose al posto suo.
-Saranno
gli effetti collaterali
del fare le ore piccole…-
Sentì
distintamente Lucretia
quasi strozzarsi col suo tè.
A
lei invece il sorriso le morì
sulle labbra nello stesso istante in cui un silenzio spiacevole cadde
tutto intorno,
e si chiese se fossero state quelle parole a causarlo o la persona che
le aveva
pronunciate. Non sapeva dirlo con certezza.
Tom
Riddle, seduto a qualche
posto di distanza da lei, continuò a bere tranquillo il suo
caffè con gli occhi
fissi sulla Gazzetta, apparentemente incurante della strana situazione
che
aveva creato.
A
rompere quel silenzio fu Evan,
che guardò prima lui e poi lei non avendo ben capito il
senso di
quell’affermazione. Né cosa c’entrasse
Tom con la sua Daiana.
-Come?-
-Oh
non farmi la predica!-
sbottò lei riavutasi dal colpo, cerando di glissare
l’attenzione lontana dal
fatto per evitare di dovergli dire la verità
–Anche tu ed i tuoi amici ve ne
scorrazzate in giro per la scuola in piena notte a fare
chissà cosa, un sacco
di volte, ma nessuno vi viene a scocciare. Sono sempre io quella che
deve dare
spiegazioni su tutto, per una buona volta mi piacerebbe sentirle da te,
caro
fratello-
In
verità, quel suo tergiversare
deviatore le fruttò anche l’occasione per capire
cosa Evan combinasse, e quale
fosse il motivo di quella tensione che percepiva fin troppo spesso
ormai in
lui.
Peccato
che questi non sembrasse
propenso allo sbottonarsi di una virgola, con lei, e preferisse
piuttosto
prendere le difensive ogni volta che lei provava a tastare il terreno.
-Non
sono affari che ti
riguardano- borbottò sbrigativo –E comunque non
tentare di cambiare discorso
signorina, che non attacca. Eri davvero fuori dal dormitorio stanotte?-
Lei
sbuffò, delusa dal fallito
tentativo, ma prima che potesse dire alcunché creando una
qualche scusa di
quelle che era bravissima a inventare, fu interrotta.
Di
nuovo.
Da
lui.
Di
nuovo.
La
cosa iniziava a infastidirla.
-Non
te l’ha detto? Questa
notte, durante la ronda, ho trovato tua sorella che se ne stava tutta
sola nel
cortile. Dovresti controllarla meglio Evan, chissà quanti
pericoli celano le
ombre di Hogwarts- alzò gli occhi neri in direzione del
giovane ed un lieve
sorriso mellifluo gli increspò le labbra.
Fu
una visione quasi macabra.
Entrambi
i fratelli Rosier
rabbrividirono, chi per un motivo chi per un altro, ma Daiana non
poté comunque
impedirsi di continuare a guardare quei due che immobili non smettevano
di
fissarsi, neanche potessero leggere tacite e segrete parole
l’uno negli occhi
dell’altro. Nella sua testa mille domande vorticavano
inesorabili: cosa voleva
dire Riddle con quelle parole? E perché Evan continuava a
guardarlo a quel
modo? Cosa nascondevano quei due?
Fu
Alphard il primo a rompere
quell’inquietante incantesimo, battendo le mani in un colpo
secco che fece
sobbalzare più o meno tutti e afferrando con enfasi la
cartella.
-Ragazzi,
noi abbiamo un compito
di Incantesimi la prima ora se non sbaglio, ed è
già tardi. Che ne dite di
muoverci?-
Alcuni
cenni di assenso
accompagnarono i movimenti dei Serpeverde del settimo anno, e varie
teste si
piegarono per salutare lei e gli altri: Malfoy, Lestrange, Dolohov,
Avery...tutti
amici di suo fratello. E di Tom.
Daiana
ricambiò appena, ancora
confusa ed immobile, ma sentì distintamente il calcio che
Lucretia le tirò da
sotto il tavolo. Decise di ignorarla gettandole un’occhiata
veloce e negando
appena col capo. Non era il momento per parlare. Evan era al suo
fianco, ma
soprattutto Riddle ancora non aveva lasciato la sala. E per quanto lei
si fosse
sempre vantata di prestare davvero poca attenzione e poco riguardo a
chi le
stava attorno, commentare quella pantomima ambigua appena avvenuta col
moro a
pochi passi da lei non le sembrava una grande idea. Per niente.
In
tutti i casi ci pensò il
fratello a distrarla, afferrandole saldamente una spalla e
costringendola a
voltarsi nella sua direzione. I suoi occhi dorati, gli stessi di suo
padre, la
fissavano con un accenno di preoccupazione e Daiana si chiese quale
fosse il
motivo. La sfiorò l’idea che fossero state le
parole di Riddle ad averla scatenata,
ma le sembrava una reazione eccessiva. Alla fine non aveva detto nulla
di che.
No? Poi comprese che molto probabilmente lui aveva capito che gli
incubi erano
tornati, e come ogni volta si preoccupava per lei. Anche questa era una
reazione esagerata a suo dire, ma perlomeno la capiva.
-Dopo
dobbiamo parlare, io e te-
Lei
sospirò, facendo
l’indifferente.
-Non
è necessario Evan, io…-
-Dopo.
Parliamo.- la interruppe
serio, sottolineando la sua testardaggine con una presa ancora
più ferrea. Le fece
un po’ male, ma non disse nulla.
-Sai,
nostro padre sarebbe
felice di vedere che hai ereditato tutta la sua prepotenza-
Lui
sorrise, riacquistando la
sua solita faccia da schiaffi, e lasciò scivolare via la
mano dalla sua spalla.
-E
io che pensavo te la fossi
presa tutta te…- ribatté lui, camminando
all’indietro con le mani in tasca ed
un sorrisetto furbo a piegargli le labbra fini.
Lei
rise facendogli un gestaccio
davvero poco fine che se la sua famiglia avesse sciaguratamente visto
avrebbe
causato la sua istantanea diseredazione, infine, vedendolo sparire
assieme agli
altri fuori dalla sala tirò un sospiro di sollievo e
tornò alla sua ormai ben
fredda colazione.
-Sai,
credo di aver capito quel
non-so-che che ti inquieta tanto di Riddle…-
iniziò vaga Lucretia, fissando un
punto indistinto sul tavolo mentre le dita disegnavano leggere il bordo
della
tazza –Si chiama stronzaggine, una dote molto comune e
venerata tra noi
Serpeverde devo dire, anche se lui poteva farne un uso decisamente
migliore-
Sia
il suo ragazzo che Daiana
risero, ma poi quest’ultima assunse un cipiglio pensoso e
corrucciato.
-Sai,
non credo si tratti solo
di questo…hai sentito le sue parole, no? Non ti sembrava
strano?-
-Riddle
è sempre strano-
commentò senza tanti preamboli Darren, versandosi la terza
tazza di caffè.
Daiana pensò che
quel ragazzo aveva una seria
dipendenza dalla caffeina.
-D’accordo,
ma sembrava volesse
far intendere altro con quel tono. E poi avete visto come ha reagito
mio
fratello. E tutti quanti gli altri loro amici-
-Secondo
me ti stai facendo
prendere un po’ troppo la mano. Ok ok, ammetto che non
c’ho capito molto di tutto
quello scambio di battute/sguardi un po’ inquietante, ma alla
fine era solo una
battuta Daiana. Saranno cose loro, sicuramente. E poi Darry ha ragione,
lui è
strano- la mora si strinse nelle spalle, arrivando alla conclusione che
pareva
la più logica tra tutte.
Daiana
si morse un labbro ma
alla fine cedette. Probabilmente avevano ragione e lei si stava
solamente
facendo prendere troppo la mano dall’antipatia che sentiva
naturale verso
Riddle.
Poi
un’idea birichina, che non c’entrava
nulla col resto, le si insinuò tra i pensieri dandole un
ottimo suggerimento su
come vendicarsi di quel ritardo mattutino.
Molto
Serpeverde, da parte sua.
Sorrise.
-Non
eri tu che stamattina dicevi
che aveva fascino?-
-Prego?-
Darren piegò un
sopracciglio, guardando attentamente la fidanzata che
minimizzò con un gesto
vago della mano, riportando subito l’attenzione su Daiana,
incenerendola.
-Nessuno
ha detto che una cosa
esclude l’altra-
-Sarà,
ma resta il fatto che…-
-Che
Riddle non ti piace. Non
l’avevo capito sai? L’hai solo ripetuto una
trentina di volte da stamattina.
Comincio a pensare che ci sia qualcosa sotto, mia piccola Rosier- la
guardò
maliziosa da sotto le folte ciglia, mimando un occhiolino col solo
risultato di
attirare l’attenzione degli altri studenti del tavolo. La
giovane Black era in
fondo tra le più belle ragazze di Hogwarts.
La
bionda alzò gli occhi al
cielo, sospirando un mugolio esasperato.
-Vorrei
tanto sapere perché ogni
discorso con te finisce sempre allo stesso modo-
-Perché
sei zitella da troppo
tempo-
-Io
sto benissimo anche così, ma
grazie per la preoccupazione-
-Oh
lo vedo, tu e la tua acidità
state una meraviglia- ironizzò quella.
-Tu
e tuo cugino vi assomigliate
in maniera terrificante, ne sei consapevole?- borbottò lei,
ricordando le
parole di Alphard di poco prima –E ora muoviti, o vuoi
contribuire ancora un
altro po’ al nostro ritardo?- sbottò infine,
afferrando la borsa e iniziando a
dirigersi verso l’immenso portone.
-Visto?
Io ho sempre ragione-
sussurrò piano Lucretia a Darren, un paio di metri dietro di
lei. Piano si, ma
non abbastanza.
-Ti
ho sentita!- non si voltò
neanche ad incenerirla, era sicura che il suo tono stridulo fosse stato
sufficiente, ma le risatine soffocate alle sue spalle non sembrarono
confermare
la sua tesi.
***
Intanto,
dall’altra parte di
Hogwarts…
Il
corridoio, in quell’ala, era
così scarsamente illuminato che chiunque avrebbe pensato che
la densa oscurità
avrebbe potuto tranquillamente inghiottire persino un incantesimo Lumos.
Nessuno
sano di mente quindi ci
si sarebbe volutamente avventurato, se non per stupire gli amici in
qualche
sciocca prova di coraggio che i più piccoli indicevano a
beneficio di una
ancora da chiarire gerarchia scolastica annuale.
Per
cui quando Mrs Purr, la
giovane gatta dal lucido pelo fulvo di Gazza, scivolò
furtiva strusciando
contro le pareti fredde e nude in ricognizione, non si
lasciò certo scappare i
rumori che parevano provenire poco distanti da lei. A coda ritta e
orecchie
allargate trotterellò silenziosa sino a che i suoi occhi
gialli non
individuarono due figure schiacciate contro la parete. Non
c’erano bacchette luminose
a rischiarare l’ombra, solamente una candela appesa al muro e
accesa da poco,
che bastava a malapena a illuminare una piccola porzione di spazio
tutt’attorno.
Mrs
Purr soffiò minacciosa,
inarcando la schiena e puntando il musetto incattivito in direzione dei
due
studenti, ma quando uno di questi si girò a fissarla, senza
dire o fare niente,
l’istinto naturale di sopravvivenza stranamente prevalse
sulla famosa
aggressività della gatta, e questa si ritrovò ad
abbassare le orecchie
appuntite e scappare via, con la coda tra le zampe.
-Hai
intenzione di levarmi le
mani di dosso prima della fine della giornata, Evan?- il ragazzo, i cui
occhi
si confondevano col buio che lo attorniava, si voltò
nuovamente verso colui che
lo teneva schiacciato con una mano al muro, apparentemente indifferente
alla
sua condizione di evidente svantaggio.
-Non
finché non mi avrai
spiegato che intendevi dire prima- il biondo ansimava appena, agitato.
Conosceva
abbastanza bene Tom da
sapere che non era un bene metterglisi contro, eppure non poteva
ignorare la
cosa, proprio perché erano sette anni che respiravano la
stessa aria e
condividevano idee e progetti, e proprio adesso che le cose stavano
prendendo
una piega fin troppo strana, non aveva intenzione che frasette ambigue
venissero indirizzate verso i suoi familiari.
-Era
solo una battuta, dovresti
rilassarti. Sei fin troppo agitato di questi tempi- soffiò
serafico,
guardandolo da sotto le lunghe ciglia scure.
Evan
ingoiò a vuoto. Lo guardò in
quei pozzi neri dai mille misteri e seppe che aveva intuito tutto.
Inspirò.
Espirò.
-Io…penso
che stiamo esagerando,
Tom-
Mollò
la presa sul suo colletto
e fece un passo indietro, guardando a terra. Non voleva scoprire il suo
destino
nei tratti illeggibili del suo presunto amico, preferiva bearsi della
santa
ignoranza.
-Esagerando?- il moro inarcò un
sopracciglio, rassettandosi la divisa
–Eppure mi sembrava ti stessi divertendo come tutti gli
altri, l’altra sera. Se
avevi qualcosa da obiettare, bastava dirlo. Non è una
dittatura la nostra, amico mio-
Evan
non rispose, non aveva
nessuna intenzione di dirgli che non l’aveva fatto
perché aveva paura, perché Tom
stava cambiando e la persona che stava prendendo il suo posto gli
metteva i
brividi. Sarebbe stata la sua condanna.
Lui
intanto continuò.
-Sono
solo degli scherzi. Non ti
ricordi che li abbiamo dovuti subire anche noi, al primo anno?
E’ quasi una
legge non scritta della scuola, una gavetta, chiamala come ti pare. Non
vedo il
perché di tutta questa sciocca preoccupazione-
-Non
è solo questo, e lo sai…-
-No?-
Il
giovane Rosier alzò la testa
con frustrazione, fissandolo. Tom aveva la solita espressione di
sempre,
indifferente, come se il mondo gli scivolasse addosso senza lasciargli
nessuna
cicatrice, nessun segno.
-No.
Quella bambina di
Tassorosso, l’altra volta, è quasi affogata. Se
Dolohov non la ripescava dal
lago, sarebbe morta. E quel ragazzetto Serpeverde che si è
perso nella Foresta,
si è rotto un braccio, eppure noi lo abbiamo lasciato
lì, a piangere dal dolore
e dalla paura per tutta la notte da solo. Ha undici anni, Tom. E tu..tu
non hai
mai fatto niente. Te ne sei sempre rimasto lì, a guardare- scosse la testa, come se la
cosa fosse inconcepibile per
lui –Questi non sono scherzi, questa è tortura-
Riddle
rise senza gusto, una
risata fredda quanto i suoi tratti pallidi e perfetti. Una risata che
faceva
rabbrividire e sapeva rintuzzare chiunque provasse a giocargliela. Evan
gliel’aveva
sentita tante volte sputare in faccia a studenti a cui il primato del
Serpeverde dava fastidio, la conosceva bene.
-Serve
solo a renderli forti, a
fargli capire che Hogwarts ed il mondo magico non sono solo bei
incantesimi e
piume svolazzanti. Non tutto è una favola che si
concretizza, e là fuori il
mondo vero prima o poi chiederà loro il conto. Prima lo
imparano meglio è, non
trovi?-
-Non
spetta a noi questo
compito-
Tom
si strinse nelle spalle,
come se la cosa non gli importasse davvero.
-Forse.
O forse no. Qualcuno
deve pure farlo-
-Ma
non noi, non per forza-
Lui
assottigliò improvvisamente
lo sguardo, sorridendo mellifluo e chinando il capo da un lato.
-La
coscienza bussa alle porte
del tuo cuore, Evan? Da te non me lo sarei mai aspettato-
Il biondo tacque, fissandolo.
Dei suoi amici,
lui era uno dei pochi che vantava di riuscire a guardarlo fisso senza
abbassare
mai la testa, come un qualsiasi suo pari quale era.
Neanche
i professori,
incredibilmente, a volte ci riuscivano.
-Sono
tutti Sanguesporco-
sputò infine in tono secco, come se quello fosse
stato l’ultimo sassolino da levar via dalla scarpa per
potersi sentire meglio.
Il
moro dal canto suo non si
scompose. Era assurdo come riuscisse a mantenere quel portamento rigido
e quell’espressione neutra
in qualsiasi circostanza. Che stesse
leggendo la Gazzetta o affrontando un discorso che, Rosier lo sapeva
bene, lui riteneva
fin troppo spinoso, pareva non fare differenza alle sue orecchie.
-Coincidenza-
-Davvero?-
-Stai
forse insinuando
qualcosa?-
-Nulla
a cui la tua mente
brillante non possa arrivare da sola-
Tom
sorrise.
-Volevo
risparmiarti la penosità del
discorso, ma a quanto pare
non mi dai altra scelta…I Purosange, o Mezzosangue che
siano, conoscono bene le
ombre che si nascondono dietro i lustri della magia. Tu
mio caro
amico meglio di tutti dovresti saperlo.
I poveri, innocenti Sanguesporco pensano invece di essere stati
catapultati in
un meraviglioso mondo fatato in cui il male non esiste. A rigor di
logica
quindi, loro più di tutti devono essere istruiti sulle spine
che persino la più
bella delle rose può possedere- improvvisamente si
staccò dalla parete,
cominciando a camminargli attorno. Nel farlo cominciò a
sistemarsi con
noncuranza uno dei polsini della camicia –A volte basta poco,
a volte il pugno
si deve fare più duro-
Evan
strinse la mascella, non
replicando alla poco velata frecciatina del ragazzo. Tom sapeva sempre
come
colpire con precisione millimetrica i punti deboli degli altri, poco
importava
se questi fossero stati amici o nemici. Lui veniva sempre prima di
tutti.
-Poetico.
Ma ancora non mi
capacito di come questo c’entri con te. Perché fai
questo?-
Lui
stette in silenzio, ed Evan
pensò quasi che non gli volesse rispondere.
-Perché
è la vita- disse infine laconicamente.
-Magnanimo
da parte tua- ribatté
con ironia.
Tom
sorrise enigmatico.
Poi
gli voltò le spalle e si
incamminò verso le scale, con le mani in tasca e la solita
aria rilassata ma
severa.
Strano,
lui aveva sempre una
risposta a tutto.
Quando
lo vide poggiare il piede
sul primo gradino però, si ricordò del motivo per
il quale l’aveva trascinato
lì ed indurì lo sguardo, richiamandolo.
-Mia
sorella non è del primo
anno, ed io non sono stupido. Non minacciarla più, neanche
con una battuta, sono stato chiaro?-
Tom
non si voltò neanche, ma
Evan seppe lo stesso di aver azzardato tanto, forse troppo, con
quell’avvertimento
esplicito. Nessuno mai si era arrischiato a rivolgerglisi
così negli ultimi
anni, nessuno.
-Allora
fai in modo che lei faccia
meno domande, e non ficchi il suo bel nasino in affari che non la
riguardano.
Neanche io sono stupido- e detto questo sparì
definitivamente, inghiottito
dalle tenebre.
--- Angolo
dell’Autrice - - -
Se ve lo state chiedendo
no, non sono un miraggio. Avevo abbandonato questa storia per
così tanto tempo
che ormai mi ero rassegnata a non prenderla più in mano, poi
l’altro giorno
sono entrata su EFP e mi sono accorta che una ragazza, neanche due mesi
fa,
aveva commentato entrambi i capitoli e non so, saranno state le sue
parole
meravigliose e gentilissime, sarà che mi era tornata la
voglia di scrivere
qualcosa riguardo Tom, fatto sta che ho deciso di ricominciare a
scrivere Lux
Tenebris. Non prometto niente, sono fin troppo incostante nelle
consegne e nei
progetti ed è una cosa di me che odio e che viene accentuata
quando vedo che
ciò che faccio, ciò che scrivo, non da frutti (in
questo caso non riceve recensioni
o comunque non piace), però voglio tentare. Voglio tentare
per me stessa, per
dimostrarmi che ce la posso fare, e voglio tentare per quelle poche
lettrici/lettori a cui invece Daiana è piaciuta, si sono
presi la briga di
lasciare un commento e mi hanno spinta a fregarmene del resto.
Un grazie a loro, che per fortuna ci sono e a volte riescono a risollevarmi dai mie momenti di stallo. Grazie.
Mi rendo conto che questo capitolo è un po' povero di passi avanti sul fronte Daiana-Tom, ma è solo il terzo, ed io odio accorciare i tempi rendendo i rapporti innaturali. Per adesso preferisco inquadrare i personaggi e le vicende che hanno avuto e stanno avendo luogo, in una cornice generale, altrimenti o non si capisce nulla o, per farci entrare ambedue le cose, mi ritrovo a scrivere poemi :)
Nella speranza che il
capitolo vi sia piaciuto, vi mando un bacione e ci rivediamo al
prossimo!