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Autore: Nadie    01/10/2014    3 recensioni
Un giorno ha chiesto cosa fosse quell’amore ripetuto dai dischi in vinile di papà.
«Una cosa che aggiusta tutto.» gli hanno risposto.
«Come una super colla?»
«Proprio come una super colla.»
Adesso che il bambino che è stato lo ha abbandonato, capisce che gli hanno mentito.

[Ben e Prudence]
[La Legge del Resto - sentivo il bisogno di cambiar titolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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4. Oltre la carne





Incastrato tra Letteratura Spagnola e Latino Americana.
Occhi bui nascosti bene e libri che fanno da scusa, da scudo.
Pagine vecchie ed ingiallite ed un naso piccolo coperto da qualche lentiggine; titoli illeggibili per lui e delle labbra carnose da baciare, baciare, baciare; copertine strappate, spezzate e sporche ed un paio di occhi verdi visti, presi, rubati e mai dimenticati.
La ragazza con gli occhi verdi è seduta sui talloni tra la Letteratura Italiana e quella Francese, accanto a lei una pila di libri da ordinare.
Li prende tra le mani uno alla volta e li sistema al posto giusto: morsi alla labbra, sopracciglia incurvate, un’espressione concentrata e tu, vecchio mio, devi andare proprio qui! e il libro si incastra alla perfezione tra altri libri e resta dritto, fiero, in attesa di occhi attenti che lo vengano a cercare, che lo riconoscano, lo prendano tra le mani e lo portino a casa loro, al caldo, per rubargli ogni parola.
Occhi Bui prende un libro a sorte dall’ultimo ripiano dello scaffale, lo apre esattamente a metà e ci nasconde dentro il viso, poi si alza in piedi e si avvicina un poco ad Occhi Verdi.
Un anziano signore posa una mano sulla spalla di Occhi Verdi, lei alza il capo e sorride e poi fa leva sulle gambe e si rimette in piedi.
«Mi scusi, signorina, conosce un bel libro di poesie d’amore?»
«Ma certo! Venga con me.»
Occhi Verdi si intrufola tra libri silenziosi e pronti ad essere raccolti dai loro ripiani di polvere, con mani abili cerca tra titoli messi rigorosamente in ordine in base all’autore: L… no, non è qui… M… non ancora, non ancora… N, ecco, eccolo qui!
Porge un libro sottile all’anziano signore e lui la osserva con un sorriso gentile.
«Dia un’occhiata qui.»
«Molte grazie, vorrei trovare qualcosa da dedicare a mia moglie… a lei hanno mai dedicato una bella poesia?»
Occhi Verdi scuote il capo e no, non le hanno mai dedicato una bella poesia, Dio le ha dato solo madri piene di whisky e lacrime; case piene di candele; fratellini da crescere e da perdere; padri usciti di casa una mattina, mai più tornati e ritrovati troppo tardi; e un bambino da aspettare da sola.
Ma di poesie non le ne ha mai dedicate, di parole buone da mangiare Dio non le ne ha mai donate, ma sai che c’è? Che importa di lui e di ciò che non le ha dato? Ci penso io, ci penso io a Lei e le darò tutto, le griderò poesie d’amore e le scriverò io stesso se dovrò, masticherò le parole più belle per Lei e ne inventerò di nuove, di parole, ci saranno parole nuove che farò nascere solo per Lei e saranno solo Sue, parole private, parole fatte solo per le nostre labbra: le mie e le Sue; parole, parole, parole, parole nascoste sotto le rotaie e calpestate da metropolitane, parole salate come il mare e piccole come granelli di sabbia, parole come la pioggia che cadranno su Dublino, pioveranno parole su tutta Dublino e saranno le parole che io dedico a te, che farò nascere solo per te e che il resto del mondo non potrà pronunciare mai.
«Se non fossi che un povero vecchio gliene dedicherei una io stesso!»
Occhi Verdi sorride radiosa e abbandona una carezza delicata sulle mani dell’anziano signore.
«Grazie mille, signor Joyce.»
Il signor Joyce si allontana felice, con il suo libro sottile tra le mani vecchie e raggrinzite, ed Occhi Verdi torna a riordinare la sua pila di libri, non sembra fare caso ad Occhi Bui, nascosto sotto un cappuccio scuro e dietro pagine che non sta affatto leggendo.
Passi leggeri si avvicinano.
Tumtumtum.
Passi leggeri si avvicinano.
Tumtumtum.
Una bambina mingherlina compare alle spalle di Occhi Verdi, anche la bambina ha gli occhi verdi, e capelli castani che cadono come onde sulle sue spalle esili; stringe tra le braccia il peluche di una piccola alce con un maglione verde e tamburella con una manina sulle spalle di Occhi Verdi.
«Mamma.» dice con voce sommessa.
«Ehi, pulce, cosa c’è?»
«Orecchio.»
«Dimmi tutto.»  
Occhi Verdi tende l’orecchio alla bambina e l’ascolta con attenzione, annuisce, poi sorride e le dà un bacio sulle fronte e la piccolina corre da qualche parte felice.
As-pet-to un bam-bi-no.
È arrivata.
Aspettava una bambina, e non un bambino, ed è arrivata, è sgusciata fuori dal suo nascondiglio di carne ed ora eccola là: una bambina mingherlina con grandi occhi verdi ed una piccola alce di peluche tra le braccia.
Nascondiglio di carne.
La carne.
La carne, la carne, la carne, mentre guarda Occhi Verdi attraverso le pagine del libro pensa solo che vorrebbe la sua carne tra le dita, sotto il palmo delle mani e voglio che mi aspetti, che aspetti me come hai aspettato metropolitane e bambine che ti hanno rubato gli occhi; voglio caderti dentro, giù, giù nello stomaco e poi in fondo, nel tuo ventre caldo, voglio restarti bloccato tra le viscere e non lasciare mai più la tua carne che è fatta di pioggia sporca, di sangue, di parchi malridotti, vene, città buie, pelle e di me, anche di me: tu sei fatta anche di me.
Ed io non voglio mai più andarmene dalla tua carne, dall’Oltre della tua carne, voglio scorrerti tra le vene, voglio essere presente, visibile, concreto in ogni goccia di sangue; voglio far parte di te e di ogni tua minuscola cellula, essere appiattito dentro ad invisibili particelle di te e voglio che tu mi senta, che tu lo senta che io dentro te ci sto a meraviglia e che non me ne andrò, non andrò via perché son parte di te, perché se non potessi restare dentro la tua carne scivolerei giù, giù, giù e sempre più giù, fino ai bordi del mondo, dell’universo e di ogni pianeta esistente e tu mi verresti a riprendere?
Nessuno mi verrebbe a riprendere, nessuno mi donerebbe mani salde a cui aggrapparmi per portarmi in salvo, in salvo, io mi salvo da solo, mi salvo e dentro la tua carne sarò salvo, nascosto Oltre la tua carne sarò salvo e lì, lì nel tuo ventre caldo io coprirò il vuoto che ti ha lasciato una bambina ormai arrivata e da non aspettare più.
E allora aspetta me e nascondimi, ti prego, nascondimi dal mondo stretto e vasto che sta fuori dalla tua carne, nascondimi dallo stesso ruolo recitato ogni giorno e da tappeti rossi e lunghi da calpestare e nascondimi dalla perfetta perfezione che è così pesante, così pesante sulle mie spalle fragili!
Fragili per colpa tua e delle tue parole mai dette in faccia ma scritte al buio e abbandonate di fianco al mio corpo nudo; colpa della tua assenza presente, costante in ogni istante e colpa dei tuoi occhi verdi che sono rimasti incastrati nel mio non-Amore per te e battono, battono, battono dentro di me.
Occhi Verdi sembra aver finito di sistemare i libri, si rialza in piedi e si avvicina alla grossa scrivania rotonda al centro della biblioteca, è china e sta scrivendo qualcosa sopra un foglio di carta.
Lui prende un bel respiro, poi abbassa il cappuccio della felpa, chiude il libro mai letto e si avvicina piano, da dietro.
Ed è tutto così ordinario e piatto, e le parole gli mancano, e dirle ‘ciao, Prudence, sono tornato’ è così ordinario e piatto.
Ma noi due non siamo ordinari e piatti, noi siamo l’Oltre e facciamo dell’ordinario lo straordinario.
Prende un altro bel respiro e parole famose, parole conosciute ed imparate a memoria troppo tempo fa gli ritornano in mente, scivolano nella sua testa come a dire ‘se ti mancano le parole, usa noi, usa noi!’
E lui le usa, le ruba e le usa.
«T’amo senza sapere come né quando né da dove/ t’amo direttamente senza problemi né orgoglio/ così ti amo perché non so come amare altrimenti/ che così, in questo modo in cui non sono e non sei/ così vicino che la tua mano sul mio petto è mia/ così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno//»
Lei smette di scrivere e resta un attimo interdetta e chissà cosa sta pensando, chissà cosa succede dentro la sua carne, chissà se quella voce alla sue spalle se la ricorda ancora.
Occhi Verdi si volta lentamente e si copre la bocca con una mano.
«Così non potrai più dire che nessuno ti ha mai dedicato una poesia.»
«Benjamin… cosa… cosa ci fai qui?»
«Non lo so. Sono qui e basta.»
 
 
 
 
 

Buonsalve, ciurma!
I due sfigatozzissimi(?) se sò incontrati finalmente!
Non anticipo nada(anche perché non posso dal momento che sto ancora scrivendo/cambiando/distruggendo ogni riga che scrivo), comunque sapete già che in questa long non sarò cattiva ed acida come sono stata precedentemente!
E nulla, grazie, mille grazie a chi legge, anche chi lo fa in silenzio,
ora smammo,
hasta luego,
C.
  
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