Capitolo: 9
Il
sogno di Gwen.
Quella
notte Gwen non dormiva affatto bene, per tutto il
tempo strani sogni, per lo più incubi la tormentavano.
Eccone
un altro, si ritrova all’improvviso su un enorme
documento, da un lato c’è scritto Duncan Nelson,
subito le lettere prendono la
forma della persona in questione.
“Gwen,
devi fidarti di me, osserva.”
Si
ritrovano ad osservare la seguente scena.
I
due erano in un vicolo nella
periferia.
“Arrenditi
furfante”
La
gotica si rivolse a Duncan
ammanettato.
“Va
bene, arrestami tanto che
ci concludi, il mio capo non esiterà ad
eliminarti.”
Le
rispose arrogante.
“A
quanto mi risulta gli
obbedisci sotto minaccia.”
“Io
sono sempre stato un
criminale indipendente ma quello è troppo forte.”
“Mai
parole furono più vere.”
La
voce alquanto stridula e
fastidiosa proveniva da un piccoletto che impugnava una pistola.
“E
questo sarebbe un gangster
imbattibile? I tipi come te noi detective ce li mangiamo a
colazione.”
Vedendo
il suo gracile aspetto
Gwen si mise a provocarlo.
“Tu
sei pazza! Se lo provochi
così ci fa fuori in un secondo! Le sue pistole usano
proiettili speciali che
rilasciano sostanze esplosive, prima ti
trapassa e poi ti fa in mille pezzi.”
Il
punk la informò sull’arma
particolare dell’avversario.
“Preparatevi
a soccombere...
FUOCO!!!”
Il
proiettile partì ma Gwen
fece in tempo a spiccare un salto usando come trampolino le manette di
Duncan e
tirando poi su anche lui.
Dopo
quel salto acrobatico fu
il turno del punk, lei gli diede la spinta mentre si lanciava in caduta
libera
sul criminale armato che venne colpito in pieno volto.
La
gotica raccolse la pistola
caduta e la puntò contro l’uomo di bassa statura
che riuscì comunque a scappare
riempiendo la zona di fumo per distrarre i due.
“Che,
che è successo.”
Affermò
Duncan sbalordito dal
successo.
“L’ho
perso, pazienza il suo
scagnozzo è comunque qualcosa.”
“Ti
ripeto, non sono i suo
scagnozzo piuttosto, abbiamo fatto un lavoro di quadra
perfetto.”
“Elogiarmi
non ti salverà dalla
prigione.”
“Come
immaginavo, ma aspetta a
catturare quel tipo, quando sarò fuori voglio avere il
piacere di aiutarti.”
La
Gwen del presente intanto
osservava tutto dall’alto.
“Lo
ricordo benissimo, quel criminale fu poi catturato,
anche questa volta per merito tuo.”
“E
da allora cominciai a farti da spalla senza mai mentirti
o deluderti.”
È
ovvio a cosa si riferisca.
“Sarai
pure il mio migliore amico ma oggi hai sbagliato, sai
meglio di e che non bisogna giudicare un uomo senza
conoscerlo.”
“Qualcuno
così misterioso nasconde di sicuro qualcosa,
questo documento su cui stiamo camminando è quello che ti ho
dato.”
All’improvviso
compare un muro con un portone.
“Oltre
quella porta c’è la verità, sta a te la
scelta.”
La
donna è tentata ma dall’altra parte del foglio
arriva una
voce.
“Bravo,
ma se permetti adesso tocca a me.”
È
Noah che esattamente come l’altro ha preso forma dal suo
nome.
“Cosa
vuoi mostrarle tu.”
“Sta
a vedere.”
Tutti
e tre si ritrovano in una stradina di Londra, sta
piovendo a dirotto ed un uomo cammina con una bambina al seguito.
“Papà,
papà, guarda.”
La
piccola di circa quattro
anni dai capelli color blu notte strattona l’adulto che
sembra essere suo
padre.
“Gwen,
muoviti, piove e
dobbiamo arrivare a casa il
prima possibile.”
Le
risponde l’uomo, è un
distinto signore, a prima vista un perfetto gentleman inglese.
“Ma
quel bambino sembra triste.”
L’attenzione
si sposta su di un
ragazzino castano intorno ai sette anni, seduto sul marciapiede sotto
la
pioggia sconsolato.
“Ragazzo,
che fai torna subito
a casa tua o ti bruscherai un raffreddore.”
“Non
posso, io non ce l’ho una
casa, i miei genitori non ci sono più.”
“Vieni
con noi, devi ripararti,
finito l’acquazzone vedremo di trovarti un buon
orfanotrofio.”
Lui
si alzò in piedi felice.
“Grazie
signore, lei è molto
gentile, piacere mi chiamo Harry.”
Affermò
porgendo la mano in
segno di amicizia.
Continuò
a piovere fino al
giorno dopo, per tutto il tempo Harry e Gwen avevano giocato insieme,
pareva
che fossero diventati grandi amici.
“Harry,
c’è un orfanotrofio qui
vicino, potresti andare la.”
“Harry
se ne va? No papà lui
resta qua lui è mio amico.”
“Non
ti preoccupare, potrai andare
a trovarlo quando vuoi, insomma non possiamo mica adottarlo.”
“Si,
per favore papà.”
Lo
implorò la piccola.
“Signore,
non voglio andare in
orfanotrofio.”
“Non
dire sciocchezze, ti
tratteranno benissimo.”
“No,
quello da cui sono
scappato era bruttissimo.”
“Niente
storie, attualmente
sono il tuo tutore ed ho deciso che ci andrai.”
Non
poté opporsi, il giorno
stesso venne portato nell’orfanotrofio.
In
effetti era molto meglio
dell’altro ma a lui non andava bene, non voleva stare in quel
luogo, fatto sta
che fuggì per tornare a casa di Gwen e suo padre, succedeva
ogni volta che lo
riportavano indietro e ciò andò avanti per quasi
un anno.
“Non
si può andare avanti così,
devi smetterla di seguirci.”
“Signore,
quello non è il mio
posto, io voglio stare con voi.”
“Va
bene, ti adotterò ma ad una
condizione, crescere due figli da solo è complicato,
dovrò lavorare di più e
non potrò occuparmi della casa e di Gwen, se accetterai di
farlo tu potrai
entrare a far parte della famiglia.”
Fu
così che il signor Jonson
accolse Harry a casa sua.
Gwen
è ancora più confusa.
“Adesso
mi spieghi come fai a sapere queste cose su me e mio
fratello”
“Hai
visto, nasconde qualcosa, apri la porta.”
“Non
farlo.”
La
curiosità la logora, in più conosce Duncan da
molto più
tempo, allora perché si ostina a difendere Noah?
L’unico modo per avere le
risposte che cerca è varcare la soglia, ed è quel
che fa.
C’è
una frase scritta a caratteri cubitali in cui vengono illustrati
i suoi nomi.
Si
svegliò nel letto di
soprassalto e sconvolta, doveva controllare il documento, quel che
aveva visto
in sogno era vero, Nome inglese: Harry
Jonson.
Salve a tutti cari amici lettori, finalmente si è scoperto che Noah e il fratello di Gwen sono la stessa persona (tanto già lo avevate capito tutti).
Per questo capitolo ho deciso di adottare uno stile un po’ diverso, per il sogno narro al presente e per le scene del passato uso appunto il passato.
Lo scorso capitolo non ha ricevuto recensioni, vuol dire che non vale la pena di scrivere parole per me, ma ci sono state 17 visualizzazioni, beh pochi ma buoni continuerò a scrivere per quei diciassette.
Tanti saluti da U.S.