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Autore: Joseph J    05/10/2014    5 recensioni
Luke Hemmings, ragazzo più popolare della scuola, ha la strana abitudine di uscire con chiunque gli chieda un appuntamento all'inizio della settimana, con conseguente rottura del rapporto alla fine della stessa settimana.
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“Esce con me questa settimana.” risposi con poca convinzione alla ragazza.
Sia lei che Luke mi guardarono interrogativi.
“Usciamo insieme ogni sera, Cal.”
“Concedi una settimana di tempo a ogni persona che te lo chiede, quindi, esci con me…” ripetei più convinto.
“Ok” fu la sua semplice risposta.
ATTENZIONE
coppia Luke/Calum Se non gradite le slash non entrate
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Calum Hood, Luke Hemmings
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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GIORNO 1

pov. Luke

“Mi stai ascoltando, Luke?” ci eravamo da poco seduti al nostro tavolo, davanti a me un piatto fumante di brodaglia marrone che emanava uno strano odore, più in là Calum mi stava fissando aspettando una mia risposta. 

No, non lo stavo ascoltando, ero immerso nel mio mondo, ma se di solito c’era solo il silenzio e un posto rassicurante dove potersi nascondere, stavolta nei miei pensieri c’era un volto ben definito, quello del mio migliore amico. Occhi scuri a mandorla, il ciuffo ribelle che gli ricadeva sulla fronte, il viso abbronzato, la camicia a quadri larga,  Calum Thomas Hood, nella mia mente, con la voce più bella del mondo, affermava per la centesima volta ‘Esce con me questa settimana’. Perchè? Voleva davvero solamente proteggere quella ragazza? Oppure c’era di più? 

“Ehy, Luke!” mi richiamò una seconda volta e malvolentieri terminai la scenetta che si ripeteva all’infinito nella mia mente. “Perché?” chiesi allora al ragazzo. Avevo bisogno di una risposta su quello che aveva fatto. “Te l’ho appena detto, Luke. Ho trovato un batterista che farebbe proprio al caso nostro. Potremmo finalmente creare una band.” rispose lui tutto euforico. “Perché vuoi uscire con me?” ripetei ignorando la sua frase. Calum sbuffò. “Oh per quello. Non voglio che lunedì un’ altra ragazza si metta a urlare e a piangere. Sai di mattina non è il massimo…” c’era qualcosa che non mi convinceva, stava arrossendo e le mani gli tremavano leggermente. “Questa zuppa fa schifo.” commentò cercando di cambiare discorso. “Calum voglio la verità.” continuai alzando leggermente la voce. Non sapevo se mi stava prendendo in giro , ma da quando mi aveva chiesto di uscire continuavo a chiedermi ‘e se fosse lui quello giusto? Se finalmente riuscissi ad innamorarmi?’ questo per me non era un gioco, non facevo che sperare all’inizio di ogni settimana che la persona con cui uscivo fosse quella giusta, ma non ero mai riuscito a provare niente nei confronti di qualcuno e ci siamo sempre lasciati. “é la verità. é davvero disgustosa.” rispose innervosito. Si alzò velocemente andando a buttare il contenuto del vassoio nel cestino, restò fermo qualche secondo, forse per decidere cosa fare, si guardò un attimo indietro puntando per pochissimo lo sguardo sul mio. Vedendo che lo fissavo, uscì spedito fuori dalla mensa. Non era decisamente il Calum che conoscevo. 

Appena uscii dalla stanza mi vibrò il telefono. Lo presi in mano e mi bloccai leggendo il messaggio: “Alle 17.00 a teatro. Facciamo le prove col nuovo tipo. Vedi di non dimenticarti. -Cal” Calum non era mai stato così freddo e decisamente non era un tipo da messaggi. Preferiva chiamare, sentire la voce della persona con cui parlava. Cosa gli avevo fatto? 

Non risposi al messaggio, sapeva che mi avrebbe trovato lì, sapeva che volevo una risposta per il suo strano comportamento. 

Le ore passarono veloci, fin troppo velocemente. Non aspettai il congedo del professore, non salutai nessuno, mi catapultai semplicemente fuori dall’aula dell’ultima ora, feci le scale due alla volta e appena fuori dall’edificio mi accesi una sigaretta per tranquillizarmi. Cosa mi prendeva? Perché tutta questa fretta di vederlo? 

Il teatro si trovava affianco alla scuola e mi ci vollero solo cinque minuti per arrivarci, cinque lunghissimi minuti fatti di domande senza risposta, la sua voce nella mente e il suo viso nei miei pensieri. Finii la seconda sigaretta ed entrai all’interno con mezz’ora di anticipo. Se il fumo non aveva funzionato, un po’ di musica mi avrebbe sicuramente calmato.

La stanza era buia, l’unica cosa illuminata era il palco, già attrezzato di alcuni strumenti musicali della band e alcuni aggeggi di scena del gruppo di teatro. Avanzai verso quel punto di luce, salendo sul palco. Presi una chitarra acustica e attaccai la spina all’amplificatore. Accesi il microfono posizionandolo davanti a me. Mi sedetti su uno sgabello e iniziai a cantare. Le note di “A drop in the ocean” si diffusero per tutta la stanza. Chiusi gli occhi e fu facile immaginare uno stadio enorme, un sacco di persone che urlavano il mio nome realizzando che non ero tra il pubblico ad ascoltare un concerto qualsiasi ma che era il mio concerto. Era tutto così rilassante che per un momento dimenticai tutto, la mia mente si svuotò di tutti i problemi, il suo della chitarra guidava la mia voce attraverso le varie canzoni. Poi smisi di cantare e quella sensazione svanì. Con ancora gli occhi chiusi sentii il pubblico applaudire, sorrisi e ringraziai. 

Aprii gli occhi e mi accorsi che c’era davvero qualcuno che applaudiva.  Non vedevo il suo viso, immerso nel buio ma riconobbi la sua voce non appena parlò. “Sono sicuro che sabato sera saremo fantastici.” affermò salendo sul palco. Non mi guardò, non alzò neanche una volta lo sguardo sul mio, prese il basso e se lo mise a tracolla ma poi se lo tolse subito, come se quello strumento gli provocasse un dolore terribile. Restò in piedi, di fianco a me. “Cos’è successo?” chiesi aspettandomi già il peggio. Lui mi guardò per la prima volta da quando era entrato e quasi caddi dalla sedia quando vidi l’occhio nero, la guancia ferita e il labbro spaccato. Era successo di nuovo. Non rispose e una piccola lacrima gli rigò il volto. Mi alzai, buttai la chitarra per terra e andai ad abbracciare Calum. Lo tenni stretto ma appena sentii un gemito di dolore mi staccai. Gli presi il viso tra le mani e appoggia la fronte sulla sua. Le sue lacrime cadevano a terra e lui silenziosamente piangeva. “Va tutto bene ora.” lo rassicurai accarezzandogli i capelli. Dovevo proteggerlo, non poteva andare avanti così. “Non la passerà liscia stavolta.” affermai incazzato. Mi staccai da lui e lo guardai serio. “Togliti la maglia.” e lui senza obbiettare eseguì il mio comando. Con una fatica incredibile provò a togliersi l’indumento senza successo. Lo aiutai e non appena la maglia cadde per terra e mi misi a fissare la sua schiena un brivido mi percorse per tutti il corpo, rimanendo scioccato dalla scena. Segni rossi, tagli profondi da dove usciva ancora un po’ di sangue, lividi.. la sua schiena ne era ricoperta. Non si era limitato al viso stavolta, l’aveva pure picchiato su tutto il corpo. Lo girai davanti a me e piansi insieme a lui. Come poteva fare del male a un ragazzo fantastico come Calum. Solo quel mostro, il Bastardo.

“Ti aiuto a rimetterti la maglia” dissi quando finii di piangere. Cercai di non toccare le ferite, facendo piano. “Ti porto in ospedale, Cal.” affermai capendo che i segni sulla schiena erano profondi e potevano fare infezione. Il suo silenzio mi stava uccidendo lentamente e più il tempo passava più facevo fatica a immaginare a cosa sarebbe potuto succedere se, un giorno, il Bastardo non si fosse più limitato a picchiare ma l’avrebbe ucciso. Non succederà, mi ripetevo, non lo toccherà più. 

Uscii sorreggendo Calum e mi sbrigai a chiamare un taxi. Appena ebbi finito di fornirgli l’indirizzo, mi maledii per non aver passato quel maledetto test di guida e maledii pure gli autisti dei taxi che aveva la fottuta abitudine di arrivare in ritardo. Quando finalmente arrivò ci precipitammo dentro. “all’ospedale più vicino.” risposi quando mi chiese la destinazione. “Il più veloce possibile.” aggiunsi. Il ragazzo affianco a me tremava piano e aveva le braccia strette attorno alla pancia. Nuove lacrime avevano ricominciato a rigargli il viso. “Shh, è tutto ok.” ma entrambi sapevamo che era una bugia. 

Alle 20.30 , mi trovavo a guardare fuori dalla finestra di una stanza bianca con solamente un armadio e due letti, uguale a tutte le altre, all’interno dell’ospedale di Sidney,. Su uno dei due letti si trovava Calum che stava dormendo grazie all’effetto dell’anestesia. Gli avevano fasciato pancia e schiena mettendogli dei punti sulle ferite più profonde e il viso era coperto di bende sulla guancia e sull’occhio. Era conciato male. I medici ci aveva più volte chiesto com’era successo ma entrambi avevamo risposto col silenzio. Mi avvicinai al letto sedendomi sulla poltrona li vicino, poi strinsi forte la mano del mio amico. “Supereremo anche questa, sei forte Cal.” Gli diedi un bacio sulla fronte poi chiusi gli occhi cercando di dormire anch’io un paio d’ore.



SPAZIO AUTORE
Eccomi qui con il secondo capitolo.
è completamente diverso da come l'avevo immaginato inizialmente ma non è uscito male.
Ci ho messo un sacco a scriverlo cercando di farlo al meglio e spero che vi sia piaciuto. 
Avete capito chi sia il Bastardo? 
Nei prossimi capitoli si chiarirà meglio e capirete la storia di Calum.
Ditemi cosa ne pensate con un commento, anche per una domanda o un chiarimento :)
A presto,
Franzy

  
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