Every time
Notice me, take my
hand
Why
are we strangers
When
our love is strong
Why
carry on without me?
Accorgiti di me, prendi la mia
mano
Perché siamo estranei
Quando il
nostro amore è forte?
Perché andare avanti senza di
me?
Com’è possibile, Apollo?
Come puoi esserti scordato di
me?
Come puoi esserti dimenticati di una delle persone che ti
ama di più al mondo?
Come puoi esserti dimenticato della persona che
ami?
Ora ci siamo ridotti di nuovo a due
estranei...
A cosa è servito tutto ciò che abbiamo passato se adesso
siamo di nuovo al questo punto?
Il nostro amore era forte, lo
so...
Lo sappiamo entrambi perché ha resistito 12.000 anni.
Non lasciare il tuo cuore fermo in quell’oblio senza di
me.
Non andare avanti senza di
me.
Non fare nulla senza di
me.
Perché non è giusto che sia l’unica a non poter fare
nulla senza di te.
Accorgiti che ci sono io, di nuovo al tuo
fianco.
Chiamami con strani soprannomi, anche di pessimo
gusto...
Ma chiamami, così che possa capire dov’è la parte di te
che ancora si ricorda di me.
Cosicché possa prenderla per
mano.
And
every time I try to fly
I
fall without my wings
I
feel so small
I
guess I need you baby
And
every time I see you in my dreams
I see
your face
It’s
haunting me
I
guess I need you baby
E
ogni volta che provo a volare
Cado senza le mie ali
Mi sento così piccola
Credo di avere bisogno di te,
tesoro
E
ogni volta ti vedo nei miei sogni
Vedo il tuo volto
Mi perseguita
Credo di avere bisogno di te,
tesoro
Ed adesso, ogni volta che volo mi sembra di
precipitare.
Senza di te, senza le tue ali
spendenti
Senza il tuo calore ed il tuo
affetto...
Mi sento così piccola e
misera.
Mi servi perché altrimenti non posso fare
nulla.
Quando chiudo gli occhi ti
vedo...
Ma non sei con me
realmente.
Quando li riapro ti ritrovo vicino a
me
Ma non serve a nulla se tu non ti ricordi di
me.
Sei una costante per me.
Il tuo pensiero mi
perseguita.
E se richiedo perché lo trovo così
assurdo...
La risposta è lampante:
Ho bisogno di te!
I
make believe, that you are here
It’s
the only way I see clear
What
have I done
You
seams to move on easy
Sono convinta che, il fatto che tu sia
qui,
E' l'unico modo perché io possa
capire
Quello che ho fatto
Così che tu possa andare avanti
facilmente
Sono sicura che questa è una
punizione...
Ino punizione perché quasi fino alla fine non ho voluto
credere...
Credere in te...
Credere chi tu fossi
realmente...
Adesso posso vederlo
chiaramente
Perché il cuore mi fa
male...
Perché io così non posso andare
avanti...
Ma forse, finalmente, tu
si...
E so che lo farai senza difficoltà, com’è sempre
stato...
Però vorrei che mi
aspettassi...
In modo da andare avanti assieme...
Perché è ciò che vogliamo
entrambi.
I may
have made it end
Please forgive
me…
My
weakness caused your pain
And
this song is my sorrow
Ho fatto in modo che finisse
Ti prego
perdonami...
La mia debolezza è stata la causa del tuo dolore
E
questa canzone è per scusarmi
Ho causato io la fine di
tutto...
Ho capito come doveva
andare...
Ho capito come doveva finire il
gioco...
E l’avevo anche
accettato...
Perdonami se sono
egoista...
E se adesso piango, facendoti stare
male...
Ma non sia quanto sto male io a vederti
così...
Ti chiedo scusa...
Ma voglio che anche tu mi chieda
perdono...
Perché a sbagliare si è sempre in
due!
E se io ti chiedo perdono per come ti ho lasciato andare
e come ti ho trattato...
Tu mi devi chiedere scusa per esserti dimenticato di
me!
At
night I pray
That
soon your face
Will fade away…
Di notte prego
Che presto la tua faccia
Se ne vada...
E di notte non ci sono altro che
lacrime...
Perché non è giusto!
Perché non voglio essere la sola a
soffrire...
Perché il tuo volto è sempre nella mia mente, anche
quando dormo.
E voglio che ti ricordi di
me...
Per poter volare
assieme...
Per poter restare
assieme...
Perché io... ti amo...
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
-Probabilmente si tratta di amnesia...- Suppose un uomo sulla cinquantina andante. Era il primario dell’ospedale interno della Deva. Capelli brizzolati, barba folta e ben tenuta, più scura rispetto a quelli e sorriso bonario.
Silvia era corsa ad avvertirlo, preoccupatissima, non appena si era ripresa dallo shock di non essere stata riconosciuta dal ragazzo che amava. E soprattutto, non appena furono giunte le infermiere a controllare lo stato di Apollo.
-Può capitare dopo quello che ha passato. Anche suo fratello, signorina, è nella stesa situazione, benché la sua forma sia più lieve!- Le spiegò. Effettivamente anche Sirius ci aveva messo un po’ a riconoscerla, ma infondo, loro erano due parti di una stessa anima.
Strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche.
Aveva una gran voglia di prendere a pugni qualcuno.
Ringraziò e lasciò lo studio del primario, prima di rompere qualcosa, per dirigersi verso la camera dell’amico.
Data l’ora tarda fu costretta a tornare a casa senza passare a salutare.
Stesa sul suo letto ripensò a quello che le aveva detto il medico: amnesia?!
Come poteva essere amnesia? Non si era dimenticato di lei in 12.000 anni, come aveva potuto farlo in poco più di una settimana?
Già, perché alle squadre speciali della DEVA c’erano voluti dieci giorni per trovare l’Aquarion ed estrarre i corpi che vi erano rimasti imprigionati all’interno.
Ne avevano trovati solamente due: Apollo e Sirius... di Toma nemmeno una traccia.
L’ipotesi più plausibile che era sorta era quella della distruzione completa del suo corpo, ormai ridotto ad una specie di guscio vuoto senza nemmeno una briciola di Prana al suo interno.
Gli altri, invece, erano stati protetti dall’Aquarion stesso che, per loro, aveva funto da “Grembo materno”, proteggendoli dalla pressione, e nutrendoli, non si sa in quale maniera.
Silvia si girò su se stessa, affondando la testa nel cuscino e sperando che l’ultima immagine che conservava di Apollo scomparisse, come lei era scomparsa dalla sua memoria.
Le pareti bianche e verdi dell’ospedale non le davano una bella sensazione.
E nemmeno l’odore di disinfettante che riempiva i corridoi le piaceva.
Quando giunse davanti alla porta della stanza udì delle risa.
La voce di suo fratello era tranquilla, coperta quasi completamente da quella di Pier e degli altri elements.
Tanto che anche lei si sentì un po’ più rincuorata.
C’erano proprio tutti.
In fondo erano tutti preoccupatissimi per la sorte dei loro compagni.
Entrò senza fare troppo rumore e si sedette su di una sedia libera, vicino al letto di Apollo, che stava partecipando ai discorsi degli altri con la solita spensieratezza.
Quando la vide l’accolse con un grande sorriso che lei non ricambiò, stizzita.
-Oh ooh... la principessa è di cattivo umore..!- La canzonò l’element Dongiovanni che si zittì dopo un’occhiata fulminante da parte della bionda.
Nella stanza calò il silenzio per un istante, poi tutti ricominciarono a parlare del più e del meno, aggiornando Sirius su ciò che era accaduto durante e dopo la loro battaglia ad Atlandia.
Il giovane si scusò innumerevoli volte per le sue azioni.
Dovette calpestare il suo orgoglio, a malincuore.
In fondo gli dispiaceva.
E gli altri lo confortarono dicendogli che era tutta acqua passata e che in quel momento doveva pensare solo a riprendersi.
Silvia, da quando era entrata nella stanza, aveva cominciato a martoriarsi le mani per il nervoso e tutti cercavano di evitare di rivolgerle la parla per paura di disturbarla.
Apollo, benché ancora non avesse riacquistato alcun ricordo di lei, era preoccupato dalla cosa e ad un certo puntò su stancò dell’indifferenza degli altri nei confronti della giovane.
-Ehi, Principessa Fessa...- Proruppe, tappandosi poi la bocca quando vide Silvia voltarsi a guardarlo con una faccia allibita, imitata dagli altri Elements.
-Dillo di nuovo..!- Gli ordinò la ragazza, con gli occhi che già si riempivano di lacrime. Sorpreso e sconcertato il ragazzo la fissò, esaudendo poi la sua richiesta.
-Principessa Fessa?- La ragazza scoppiò a piangere e si
gettò tra le sue braccia.