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Autore: fedetojen    08/10/2014    2 recensioni
Una ragazza di nome Mya, che frequenta una scuola in cui le diversità di etnie, non erano dei problemi per il preside. Lei, una ragazza dalla media alta, che frequenta il quarto anno, verrà sconvolta da una strana sensazione, si sente osservata e questo la preoccupa, fino a quando non capisce che la causa di tutto ciò è un ragazzo misterioso.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Min Yoongi/ Suga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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NOTA: Scusate se carico solo ora il terzo capitolo ma ho avuto la febbre >.< però ora sto meglio ecco e buona letturaa!! Aspetto sempre vostre recensioni ;)

Capitolo 3
 
La mattina seguente mi alzai e mi preparai per andare a scuola. Mi diressi verso la fermata del pullman e lo vidi appoggiato al palo.
Woow. Aveva il solito cappello della stessa sera che entrò in camera mia, occhiali da sole, mani in tasca e sguardo rivolto verso di me.
Quella mattina non faceva particolarmente freddo così non misi il giubbotto e appena arrivai di fianco a lui, abbassò gli occhiali e mi fece un cenno con il capo.
Feci lo stesso anch’io e sbirciai se il pullman stava arrivando. Mi sarei aspettata un gesto da parte sua per non farmi sporgere così tanto, ma non fece nulla.

“Pronto? Ciao bellezza!” disse rispondendo al telefono, lo guardai e vidi che aveva un sorriso stampato in faccia. Chi poteva mai essere?

“Dove sono? Alla fermata arriverò tra poco piccola. Ok. Ciao.” Piccola? Iniziamo bene la giornata.

Appena finisce la chiamata, si avvicina a me salendo sul pullman e si siede come al solito di fronte a me levandosi gli occhiali.
Io lo fisso, volevo sapere chi fosse la ‘piccola’, anche se qualche idea, l’avevo, e volevo sapere cosa ci facesse in camera mia due sere prima.

“Stamattina sei più coraggiosa del solito” mi disse mordendosi il labbro. Io rimasi a fissarlo con sguardo duro e braccia incrociate.

“Se posso, chi è questa ‘piccola’?” chiesi non smettendo di guardarlo. Mi sorrise.

“Deborah”

“Tsk lo immaginavo. Ti ha già aperto le gambe eh?” dissi io in tono ironico e seccato. Lui mi guardò e rise.

“E’ quel tipo di ragazza?” mi chiede inclinando la testa e in tono provocatorio.

“Sei un playboy, dovresti conoscerle quelle come lei no?” il pullman finalmente era arrivato a scuola e con rabbia scendo dall’autobus. Vengo bruscamente strattonata.

“Calmati!” mi dice strattonandomi e aumentando la presa sul braccio.

“Sei un playboy, uno stalker e un maniaco!” gli dico gridando con rabbia quelle parole. Mi guarda come se non avesse afferrato il concetto.

“Hai capito bene! T’intrufoli nella mia stanza e poi ti comporti come se niente fosse!” dalla faccia aveva capito che quella sera l’avevo riconosciuto in camera mia.

Lasciò la presa al braccio e corsi via chiudendomi nel primo bagno libero della scuola deserta.
Appena entrai nel bagno, mi guardai allo specchio: avevo i capelli scompigliati, le guance rosse e avevo l’affanno.

“Maledizione!” gridai buttando un pugno contro il muro.

“AH!” mi ero fatta male colpendo il muro. Misi subito la mano sotto l’acqua e vidi il lavandino diventare rosso scuro.

Presi dalla cassetta del pronto soccorso del disinfettante e mi bendai la mano.
Da quando quel ragazzo è apparso, non riesco più a controllarmi, sembro una bomba a tempo.
La campanella fra cinque minuti doveva suonare, così presi il mio zaino uscii dal bagno cercando di nascondere la mano e mi avviai verso la classe.
Suga stava aspettando di fronte al muro della porta della classe. Appena mi avvicinai alla porta mi afferrò per il polso della mano dove mi ero fatta male.

“Che è successo?” mi chiese quasi aggredendomi.

“E’ tutto apposto!” dissi io liberando il mio polso dalla sua presa.

Avevo gli occhi puntati grazie alla scenata fatta da Suga davanti alla porta.
Mi sedetti e cercai di non badarci molto tenendo bassa la mano e lo sguardo rivolto fuori la finestra.

Suga mi raggiunse poco dopo sedendosi affianco a me e sbattendo i pugni sul banco.
Io feci finta di niente e continuai a guardare fuori la finestra.

Dopo le prime tre ore di lezione, alla pausa mi alzai e Suga mi prese per il braccio e mi obbligò a seguirlo.
Entrammo in un’aula d’arte deserta. Lui si mise davanti a me e mi fissò. Il mio sguardo era da tutt’altra parte.

“Mi puoi almeno guardare??” mi disse cercando un contatto visivo. Così chiusi gli occhi e lo guardai.

Rimasi ad aspettare una sua parola ma niente.

“Devi dirmi qualcosa?” gli chiesi con tono arrogante. Mi guardava come se volesse capire come avrei reagito dopo aver sentito una sua risposta.

“Ho sbagliato ok?!?” mi dice gridando.

“SUGA! Ti sei intrufolato in camera mia! Di notte per giunta!” gli dico gridando con rabbia.

“LO SO! E per questo ti chiedo scusa! Scusa se ti sei sentita sempre osservata e se ti sono sembrato uno stalker! Ma quando ti vidi la prima volta alla fermata catturasti la mia attenzione.”

Mi disse avvicinandosi a me, ma subito indietreggiai. Era ferito dal fatto che io indietreggiai, così mi girai e mi avvicinai alla porta.
Ma mi abbracciò fermandomi dall’aprirla.

“Ti prego, perdonami…” mi dice mentre mi abbraccia.

Ho il cuore che va all’impazzata, le lacrime che sono sul punto di rigare il mio viso.
Così spostai le sue mani e aprii la porta e me ne andai, lasciandolo lì da solo.
Non riuscii a trattenere le lacrime così me ne andai prima da scuola e me ne andai a casa.

Fortunatamente i miei genitori erano ancora a lavoro così mangiai qualcosa e mi misi a letto.

Ci rimasi fino a notte fonda, fino a quando non sentii dei rumori provenire da fuori alla finestra.
Chiusi gli occhi e aspettai che entrasse, anche senza guardare avevo capito che era Suga.
Si sedette sul letto e mi accarezzò la guancia. Rimase così per poco tempo e poi si alzò di nuovo.

“Aspetta…” gli dissi scoprendomi e alzandomi dal letto. Lui si girò e mi guardò.

Mi venne spontaneo avvicinarmi e abbracciarlo. Sentivo i suoi battiti del cuore a contrasto con il mio orecchio.
Quando portai le mie mani dietro la sua schiena, lui fece lo stesso e mi strinse a se.

“Sei proprio una scema…ti sei fatta male per niente” mi dice vicino all’orecchio.

“Perché mi sono fatta male per niente?” dissi io mettendo il broncio, ma lui non poteva vedermi fortunatamente.

“Lascia perdere” mi disse sciogliendo l’abbraccio.

“E’ meglio se vado” dice uscendo dalla finestra e sparendo.

Rimasi a guardarlo andare via e mi rimisi poi nel letto sotto le coperte.

Quella sera riuscii a dormire tranquillamente, forse perché avevo scoperto che il mio stalker era Suga e non un estraneo.
La mattina mi svegliai più presto del solito e arrivai prima di Suga alla fermata.
Così mi appoggiai al palo e aspettai l’arrivo di Suga.

Quella mattina indossava oltre la camicia e il pantalone in pelle, una giacca nera e dei guanti da motociclisti in pelle.

“Buongiorno” mi disse scompigliandomi i capelli e sorridendomi.

“Uff” sbuffai mentre mi sistemavo i capelli. Ma il suo sguardo si fiondò sulla mano ferita.

“Come va?” disse sfiorandomi la mano con il dito.

“Meglio” gli dico sorridendo. Appena prendiamo il pullman, lui si siede affianco a me. Almeno non dovevo avere il suo sguardo fulminio su di me.

“Senti per il fatto che ti seguivo…” mi dice appoggiando la sua mano sulla mia. Il mio cuore iniziò a scappare come una lepre in fuga.

“Non ti preoccupare, se so che eri tu, sono serena. Se invece fosse stato uno sconosciuto mi sarei agitata ancora di più. Quindi stai tranquillo…” gli dico guardandolo e sorridendo.

Mi guarda preoccupato, come se ha capito che sto mentendo.
Anche se sapevo che era lui lo stalker, qualche dubbio ancora lo avevo.
Non sapevo nulla di lui, ma potevo contare su di lui?

Appena scendemmo dall’autobus la giornata si guastò. Trovammo Deborah ad aspettare Suga con un sorrisone.

“Ehi bellissimaaa” disse Suga abbracciando Deborah. Appena si staccò da lei mi guardò come se mi volesse dire qualcosa.

“Senti…Cosa” cosa??

“Come?” dissi io sgranando gli occhi. In questi giorni non aveva avuto nemmeno la decenza di chiedermi come mi chiamavo.

“Mi chiamo Mya. M-Y-A” gli feci anche lo spelling, guardandolo male.

“Quindi, MYA, ci vediamo in classe.” Disse facendomi l’occhiolino.

“Si come no. Cià!” dissi andandomene via.
Appena suonò la campanella della prima ora, Suga e Deborah non si fecero vedere. Arrivarono insieme allo scoccare della seconda ora.
Vidi Suga con un braccio intorno alla vita di Deborah e appena entrarono lui si staccò da lei e si venne a sedere affianco a me. Si sedette e fece un sospiro.

“Sa baciare davvero bene” disse toccandosi le labbra.

“Ripugnante. Ora vomito” dissi io staccando gli occhi da lui e guardando Deborah.

“Mi piacciono le ragazze gelose” mi dice appoggiando una mano sulla mia spalla.

Lo fulmino con lo sguardo e capisce subito che doveva levare quella mano dalla mia spalla.

“Ho capito, quando sei gelosa non ti si può toccare.” Disse lui levando la mano dalla mia spalla e facendo spallucce.

“Te lo ripeto: NON SONO GELOSA” gli dissi scandendo bene quelle tre parole.
   
 
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