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Autore: Diosmira    09/10/2014    2 recensioni
Una storia che parla d'amore e di paura, speranza e perseveranza.
Leggendola scoprirete la storia di una ragazza alla ricerca di ciò che le è stato tolto molto tempo fa: la Famiglia.
Lotterà con tutta se stessa per riaverla e attraversando gli oceani del tempo riuscirà ad ottenere la cosa più dolce: L'amore!
Ma potrebbe presto scoprire che spesso "l'amore può essere freddo come una tomba, un biglietto di sola andata per una tristezza infinita"
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga, Successivo alla saga
Capitoli:
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N.d.A. Dato che nessuno si è degnato di rispondere alle mie domande ho deciso di fare di testa mia…. Quindi il carattere dei capitoli fino a lamentela contrario resterà quello usato fin ora.
Inoltre ho deciso di eliminare i PoV, aderendo definitivamente ad una narrazione generale.
 
Rettifico che sono aperta in ogni momento a ricevere possibili richieste che possano servire a migliorare la storia, dunque non siate timide/i! Fatevi sentire!
 
Spero che il capitolo vi piaccia, ci vediamo giù per ulteriori chiarimenti!


 
 
If You Knew
 
Chicago, Illinois. 1918
 
http://youtu.be/QoM7nmVfsVY
 
They think you're crazy.
They think you're mad.
They call you stupid, worthless, 
tell you you're not worth it.
 
Lucas imprecò quando si lasciò cadere sul letto della topaia in cui aveva trascorso gli ultimi tre giorni.
Aveva sprecato un occasione unica ed irrepetibile!
E tutto per colpa delle sue smancerie da buon signore!
Avrebbe dovuto rapirla senza fare troppe storie, come aveva fatto quella bestia di suo fratello.
O, più semplicemente avrebbe dovuto ucciderla immediatamente, infondo era davvero quella giusta.
Se solo lo avesse fatto! Avrebbe avuto almeno altri cent’anni di pace, e non di punizione, come quelli appena trascorsi.
Cent’anni… in effetti si chiese se ci fosse un motivo particolare in quella speciale ricorrenza, una sorta di periodizzazione dei geni.
Anche l’ultimo caso umano incredibilmente vicino a quello che loro stavano cercando era stato individuato un secolo prima.
Cent’anni.
Ma Emily, lei era perfetta. Tutte le caratteristiche combaciavano, poteva addirittura dare una successione alla loro specie…
E lui, per lui, aveva rovinato tutto.
Emily era sì perfetta per lui, ma lo era anche per William, ed ora era con lui.
Quanto ci avrebbero messo a farle il lavaggio del cervello e a metterla contro di lui?
Si lasciò scappare una risata, mentre fissava il tetto di quella squallida stanza, brulicante di topi e nella quale aleggiavano ancora i gemiti e gli ansiti di coloro che, in stanze poco lontane erano venuti accompagnati da donne di piacere.
Il lavaggio del cervello sarebbe stato inutile, con quella ragazza, infondo lui l’aveva quasi uccisa!
Riportò alla mente il suo sguardo terrorizzato, quando l’aveva visto mutare sotto i suoi occhi.
Lo sguardo spalancato, confuso, tradito, quando i suoi artigli avevano penetrato la sua carne.
La poveretta forse credeva ancora che lui l’avrebbe salvata dai suoi rapitori, quando invece aveva le loro stesse identiche intenzioni.
Tra la loro gente i sentimenti erano la prima cosa che andava controllato: per la loro stessa salvezza dovevano essere slegati da qualsiasi legame, persino quello di parentela più stretta.
Lui era sempre stato il migliore di tutti, nel controllarsi.
Così aveva tradito tutti.
 
Finlandia, Villaggio di  Anaar. 1621
 
<< Lucas, Lucas! >> un giovane William di appena diciotto anni correva per le vie del piccolo mercato del paese, incurante delle occhiate sprezzanti che la gente gli lanciava addosso.
Il suo obiettivo era una graziosa tenda in pelle di renna sull’altro lato della piazza.
Al suo interno il gemello era compostamente seduto a terra, in meditazione, le gambe incrociate, i lunghissimi capelli neri legati ordinatamente in un codino dietro la testa.
Quando William entrò, fugace il gelo si fece strada assieme a lui e Lucas, distolto dai suoi pensieri, fu costretto a trovare immediatamente riparo in una fibrosa coperta
La sua salute cagionevole purtroppo gli impediva di restare a lungo in contatto con il clima della sua terra.
<< Tira le tende, fratello! >> bastò lo sguardo a rimproverarlo.
<< Perdonami, è che sono così agitato! Tu non hai idea.. >> il gemello non finì la frase e andò subito a prendere un'altra coperta al fratello, coprendolo bene sulle spalle.
Dal canto suo Lucas si fece subito più attento: solo una cosa poteva mettere in quello stato William. Improvvisamente non ebbe più freddò, né gli importò criticare l’aspetto scomposto del fratello, che aveva buona parte dei capelli in disordine davanti agli occhi ed il fiatone dovuto alla lunga corsa che doveva aver fatto per raggiungerlo.
<< Non dovresti essere al confine, di guardia? >> un pizzico di invidia venò le sue parole: lui non avrebbe mai potuto proteggere la sua gente come faceva il suo gemello.
Non poteva nemmeno uscire da quella tenda per tre mesi l’anno! Si sentiva debole.
<< Nostro padre mi ha dato il permesso di allontanarmi. >> disse William, sedendosi davanti al fratello, imitandone la posizione. Poi lo guardò negli occhi entusiasta e gli diede la notizia:
<< Ne abbiamo travata una! A quanto pare appartiene ad un ragazzo, ma padre dice che andrà bene lo stesso! Dice anzi che è meglio così, saremo i più forti vedrai! >>
Lucas lo guardò, dapprima tentando di nascondere tutte le sensazioni che lo pervadevano.
Ma non ci riuscì e scoppiò in una felice risata, attirando il fratello in un abbraccio caloroso.
<< Per quando è previsto il tutto? >> chiese, fremente.
<< Stanotte stessa faremo la cerimonia. Non preoccuparti, la faremo qui, non dovrai nemmeno uscire! >> chiarì immediatamente. << poi per completare il tutto dovremo aspettare la Luna giusta. Padre crede che questa non nascerà prima di sette anni, ma vedrai ce la faremo! >>
Lucas scosse la testa, desolato.
<< Davvero, non credo di resistere altri sette anni. Guardami! Sono all’estremo. >>
<< Non dire sciocchezze, fratello! >> scatto William << dobbiamo arrivarci insieme, lo sai, altrimenti sarà stato tutto inutile e non potremo portare a termine la nostra missione!
E poi vedrai che il rito di oggi ti regalerà altre forze! Ricorda che non si tratta solo di te! >> disse, serio
Lucas sospirò. Poi sorrise nuovamente.
<< Lo so William, scusami. Mi sono lasciato prendere dal panico, non succederà più lo giuro. >>
<< Non preoccuparti, fratello. Io ora vado ad aiutare padre a preparare il rito, tu preparati come sai. >>
William uscì nell’oscurità di quel gelido inverno, e quando il silenzio tornò a regnare in quella tenda, Lucas chiuse gli occhi, si levò le coperte di dosso e torno a meditare.
Un leggero sorriso gli piegava gli angoli delle labbra.
Era un sorriso chiamato speranza.
 
Finlandia, Villaggio di Anaar. 1627
 
La luna piena li colse impreparati. 
Erano in piena caccia, in una notte di tiepida estate.
Lucas aveva portato con sé una quantità innumerevole di pelli, nonostante già da giorni sentiva di non averne veramente bisogno. 
Cominciava finalmente ad apprezzare quella brezza leggera che per i lunghi ventiquattr’anni della sua vita lo avevano tenuto rinchiuso in una tenda sei mesi l’anno.
Stavano inseguendo un branco di renne nuove. Volevano legarle ai loro allevamenti.
William al suo fianco procedeva spedito, seguendo tracce invisibili per Lucas, che non era dedito a quel tipo di spedizione.
Non appena il gemello si era accorto infatti che il fratello sopportava meglio le temperature basse aveva insistito per trascinarlo in una delle sue scorribande notturne, altamente vietate dal loro padre.
Diceva di volergli insegnare ciò che la vita, a causa della sua cattiva salute, gli aveva precluso.
Fu una fortuna che quella notte si fossero allontanati tanto dal villaggio.
Lo capirono entrambi non appena avvertirono un dolore lancinante attraversare loro il petto, per diramarsi poi in tutti i muscoli, tutti i nervi.
Il respiro si fece affannoso e la vista focosa.
Nessuno li aveva preparati a quello che avrebbero dovuto affrontare: in genere la trasformazione era un processo naturale, dunque il corpo si sarebbe dovuto adeguare istintivamente.
Lucas, spaventato da ciò che si sentiva dentro si appoggiò veloce ad un albero, cercando di controllare il respiro e calmare i fremiti. 
Quando un bruciore intenso gli perforò lo sguardo credette che sarebbe diventato ceco, ma una volta passato aprì gli occhi, e ciò che vide gli diede la certezza che il peggio era passato: ce l’aveva fatta!
Il mondo gli si presentò sotto una nuova prospettiva: quella del cacciatore.
Ora distingueva chiaramente quelle forme che suo fratello aveva presuntuosamente affermato di potergli insegnare!
Un sorriso vittorioso e sollevato gli si disegnò sul viso, ma venne subito spento quando si rese conto delle condizioni in cui versava il fratello.
Anche William aveva cercato di reggersi ad un albero, per dare sollievo alle gambe che sembravano incapaci di sostenere il suo peso, incapace di mantenere una posizione eretta.
Continuava a tremare e si aggrappava a quell’albero come fosse il ventre caldo della madre.
Presto prese ad urlare, in preda a dolori inimmaginabili.
La forza che applicò su quel povero pezzo di legno fu tale da spezzarlo, e lui cadde a terra sui residui di neve congelata.
Lucas si buttò subito al suo fianco, afferrandogli con forza le mani che erano andati a stringersi convulsamente sul ventre.
Non capiva cos’era andato storto.
Se non fosse stato certo di essere cambiato avrebbe creduto di essere lui a non aver completato la trasformazione, invece era il fratello a non riuscire a transitare.
<< William, fratello lasciati andare, non devi combattere il dolore! >> provò a consigliarlo su cosa fare.
Ma lui continuava ad urlare cose senza senso, sembrava in preda ad allucinazioni.
Si liberò dalla stretta del fratello e, tirandosi indietro fece per graffirsi lo stomaco. Le unghie simili ad artigli.
Venne però subito bloccato dal gemello, che ora però rischiava di cadere nel panico.
Non sapeva cosa fare.
<< WILLIAM, FERMO! >> urlò.
Al suo grido seguì un lunghissimo ululato, che riempì di sollievo il giovane.
Quando il padre giunse nello spiazzo in cui i due si trovavano, la situazione non era cambiata:
Lucas tentava ancora di tenere fermo il fratello, ora in preda alle convulsioni.
Stava sputando sangue.
Non appena il ragazzo vide il padre avvicinarsi gli lasciò il posto accanto al fratello e si allontanò, le mani tremanti ma non per via della trasformazione appena subita.
<< Padre, non so cosa sia successo, dico davvero! William, non la smette ma io non ho fatto nulla! >>
Era sull’orlo delle lacrime.
L’uomo lasciò il figlio steso nelle mani di due suoi compagni che lo sollevarono e cominciarono a portarlo verso il villaggio.
Si avvicinò mesto a Lucas e gli posò una mano sulla spalla.
<< Non preoccuparti, sapevo che sarebbe successa una cosa simile. Per questo ci tenevo che non vi allontanaste dal villaggio. >> il tono non era affatto di rimprovero, voleva anzi essere rassicurante ma il giovane sentì comunque il bisogno di giustificarsi.
<< Noi non..>> venne però subito bloccato da un occhiata del padre.
<< Non ha importanza. William starà bene.>> lo guardò un ultima volta, di sbieco.
<< Per quanto ti riguarda, figliolo, hai fatto un ottimo lavoro. Sono fiero di te. Ora seguimi, devi completare la tua trasformazione >>
Poi mutò sotto lo sguardo eccitato del figlio e sparì nel folto della vegetazione.
A Lucas non ci volle molto per negare i suoi sensi e lasciarsi inebriare dal suo lato animale.
Subito fu dietro al padre, il suo capo, la sua guida.
Nonostante la preoccupazione per il fratello, che poco distante da lui continuava a lamentarsi in preda a spasmi e fitte allucinanti, nonostante nelle sue orecchie alleggiasse ancore il suono delle sue grida, nonostante tutto, Lucas era felice. 
 
 
Chicago, Illinois. 1918
 
Lucas, immerso nei suoi ricordi, fissava ancora il soffitto di quella stanza imputridita.
Prese a giocare con le macchie di muffa che notava in ogni angolo di parete, dava loro diverse forme e ad ogni forma diverse storie che rielaborava secondo la propria fantasia.
Lui era sempre il protagonista di tutte le sue fantasie.
Si chiese come sarebbe stata la situazione se lui fosse rimasto fedele al fratello, si chiese se William gli avrebbe concesso di provare a legarla a sé, o se avrebbe reagito come in passato lui stesso aveva fatto, uccidendo la donna che forse avrebbe potuto amare davanti ai suoi stessi occhi.
No, William non era cattivo, non era sadico, non era crudele.
Era per questo che finora aveva sempre perso le sue battaglia, in primis quella contro sé stesso.
Ma ormai era inutile divagare su quei pensieri, Emily non sarebbe più riuscita a scappare, se anche avesse voluto farlo, e lui l’avrebbe uccisa. Punto. Non c’erano altre alternative.
E comunque era lui che non aveva alcuna possibilità di scelta.
L’indomani avrebbe organizzato la partenza:
tornava in Italia.
 
Pensano che sei pazzo. 
Pensano che sei matto. 
Ti chiamano stupido, inutile, 
ti dicono che non ne vali la pena.
 
Michigan, Detroit. 1918
 
Now you are walking back, 
to a place you call home,
but you feel so alone.
 
Edward fissò le poche stelle che apparivano dalla finestra di quell’abitazione.
Aveva voluto bruciare i suoi vestiti, sporchi di sangue, ed ora indossava gli abiti di Carlisle.
Il medico lo aveva avvisato che avrebbe dovuto abituarcisi al sangue, ma il neo vampiro preferiva fingere che niente di tutto quello fosse successo sul serio.
Non poteva piangere, non aveva battiti, ma gli sembrava che il cuore sanguinasse per lui tutte quelle lacrime cristallizzate per sempre nel suo corpo… morto.
Cercò di ricordare gli ultimi giorni passati coi suoi genitori, quelli felici.
Ma per quanto lontano o vicino tentasse di andare con la mente, si scoprì incapace di visualizzare nitidamente i suoi pensieri.
Non sapeva nemmeno come la sua famiglia si fosse ritrovata così, di punto in bianco, morente tra le pareti di un ospedale.
Possibile che, avendo vissuto una vita piena di inibizioni, incurante dei suoi affetti più cari, la morte lo avesse colto così repentinamente da impedirgli di pronunciare un singolo addio?
Si era sempre immaginato la morte come la striscia di terra che un marinaio, dopo mesi e mesi di navigazione, vede spuntare piano piano, seminascosta dalle onde marine.
La vede avvicinarsi ma non ci crede finché non la tocca di propria mano.
Insomma Edward era convinto che al momento di morire, avrebbe saputo di vivere i suoi ultimi istanti di vita.
Invece tutto ciò che ricordava era quel bruciante inferno che aveva portato alla sua trasformazione.
Non una parola, non un saluto, nulla che lo accompagnasse lungo la penosa eternità che lo aspettava.
Solo un vago ricordo continuava a passargli per la testa, con una fitta di grande rimorso e profondo senso di colpa.
Era ingiusto che l’ultima immagine che aveva della sua adorata madre fosse quella di una lite.
Era successo appena una settimana prima della fine, quando sua madre era venuta improvvisamente a parlargli nella sua stanza.
Non lo faceva mai, e ciò era molto strano.
Lo aveva pregato di andare da Emily, sua sorella, diceva di aver fatto un brutto sogno su di lei, era disperata.
Elizabeth Mary Williams, sposata Masen, era sempre stata una donna che dava molto poco peso alle superstizioni, ma che credeva fortemente nei sogni premonitori. Era la contraddizione fatta a persona, o almeno questo credevano i suoi famigliari.
Così quando Edward aveva visto la madre in quelle condizioni, non si era nemmeno preso la briga di preoccuparsi troppo.
Aveva promesso di andare all’istituto tre giorni dopo, ma la madre, sentendosi presa in giro gli aveva gridato contro, in preda ad un attacco isterico.
Edward, dando la colpa a quel periodo, si era sforzato di ignorarla e aveva lasciato che si chiudesse in un’altra stanza, lontano da quel “ figlio degenerato ”, come lo aveva chiamato.
Non aveva nemmeno provato a consolarla, a spiegarle che quei sogni su Emily potevano essere solo l’emanazione della sua preoccupazione di madre.
No, aveva ben altre cose certamente più importanti da fare, doveva prepararsi:
aveva una festa cui partecipare.

Tre giorni dopo si era ritrovato incosciente e delirante su un letto d’ospedale, ignaro delle cure amorose che riceveva dalla madre.
Ora, col senno di poi, Edward si disprezzava come la peggior razza di cane appestato vivente sulla faccia della terra. No, non vivente, morto.
Era inoltre convinto che il sogno di Elizabeth, a quel punto non fosse stato solo un sogno.
Infondo se lui ora era una vampiro e leggeva nel pensiero, perché sua madre non poteva aver previsto un futuro disgraziato per sé e la sua famiglia?
Non aveva neanche voluto accertarsene di persona.
Non voleva immaginare anche il volto morente della sua sorellina.
Poi pensò che se anche l’avesse vista, non l’avrebbe nemmeno riconosciuta, non solo perché adesso era un vampiro privo di buona parte dei suoi ricordi umani, quanto per il fatto che erano comunque due anni che non la vedeva di persona.
Se provava a pensare ad Emily, scorgeva un delicato viso di bambina, i lunghi capelli mossi e ramati, gli occhi verdi brillare ai raggi del sole.
Ma quanto poteva essere cambiata in due anni!
Come avevano potuto allontanarsi così? Un tempo erano inseparabili, nonostante la differenza di genere.

Da vivo aveva avuto così tanto, ed altrettanto aveva sprecato.
Ora era un mostro, solo con uno sconosciuto ed estraneo ai propri occhi.
 
Ora stai tornando  indietro, 
in un posto che chiami casa, 
ma ti senti così solo.

 
Chicago, Illinois. 1918
 
 
 
The same hurtful hits, 
it's your darker place.
In your virgin ears, 
the remarks they make.
 
Mentre Christian prendeva in braccio la ragazza e si affrettava a riportarla a casa, dove Giulia la avrebbe certamente medicata, Peter corse da William, esaminando le sue condizioni.
Fisicamente, a parte i numerosi graffi aperti che gli decoravano torso e dorso, stava bene.
Era l’andamento della trasformazione in corso a preoccupare Peter.
<< Come va? Da quanto tempo è cominciata? >>
William, non appena gli fu vicino, gli si aggrappò con tutto il peso, mentre veniva pervaso da alcuni conati di vomito.
<< Venti minuti >> boccheggiò.
Il suo compagno invece ne fu sinceramente stupito.
<< Beh, direi che stasera hai battuto un favoloso record! Guardati, non sputi nemmeno sangue! >>
<< Zitto! >> lo interruppe malamente William, piegandosi sulle ginocchia e vomitando della bile che conteneva fin troppo rosso..
Quando ebbe finito si asciugò il sudore perlaceo dalla fronte e respirò profondamente.
Tramava ancora, ma adesso pareva essere più calmo. La crisi era passata.
<< Riesci a muoverti? >> chiese Peter, ansioso. Ricevette in cambio un’occhiata burbera.
Il moro detestava essere trattato come un debole, anche se infondo lui stesso sapeva di esserlo.
Ad ogni modo non si degnò di rispondere e cominciò a dirigersi verso l’abitazione della strega.
Andava a passo umano, incapace di dare ulteriore forza alle proprie gambe.
Peter per un po’ lo seguì in silenzio, ma dopo dieci minuti da che si erano incamminati non resistette più.
<< Dico davvero William, posso portarti io, così potrai medicarti in fretta quei graffietti. Devono prudere un sacco! >>
<< Preferisco camminare, Peter. Quando arriverò sarò già guarito, lo sai. Ma se hai così tanta fretta puoi anche precedermi! >>
Peter deglutì a vuoto. Si sentiva fastidiosamente fuori luogo, ma era compito suo salvaguardare la sicurezza del compagno, quindi tacque e continuò a camminare.
Non avrebbe mai abbandonato il suo signore, per quanto problematico fosse.
Nessuno di loro l’avrebbe fatto.

Una delle più celebri caratteristiche di William, era che lui non parlava.
O meglio, quando lo faceva, si limitava a sussurrare.
Non era sempre stato così, ma ormai erano molti pochi a sapere il perché di quella sua abitudine.
Probabilmente solo il fratello lo sapeva, ammesso che non ne fosse lui la causa.
<< Cosa avete scoperto? >> chiese il moro.
Si riferiva alla spedizione che Peter e suo fratello avevano fatto quella sera.
<< Il dottore è stato bravo, ha tenuto tutto sotto controllo. Pare gli abbia imposto la sua dieta. >>
William annuì e, con un cenno del capo, gli intimò di continuare.
<< Se ne sono andati subito da Chicago. Li abbiamo seguiti fino al Michigan, tenendo lontani gli umani per evitare possibili incidenti. Non ce ne sono stati. >>
lo sbuffo esasperato del moro lo avvertì che William si era reso conto che stava tergiversando. Non gli aveva ancora detto quello che voleva davvero sapere.
Ma a lui pareva ovvio, non aveva dubitato per un secondo di aver preso la persona giusta.
<< Ha un dono. Legge nel pensiero. È stato difficile non farci notare né da lui né dal medico. >>
Tra tutte le reazioni che William avrebbe potuto avere, scelse la meno compromettente.
Si limitò ad annuire e a sussurrare un leggero << bene >>.
Dentro di sé sapeva che non andava bene per niente.
Quando le circostanze sembrano essere perfette, il fallimento è sempre pronto a bussare alla porta, e lui aveva già fallito tante di quello volte.
Aveva paura di trovarsi di nuovo di fronte a quel suo terribile alleato non desiderato.
Questa volta, aveva paura.
Sperò infinitamente che Emily non lo tradisse, che non tradisse la speranza che tutti loro avevano riposto in lei.
Ne avevano bisogno.
 
Lo stesso doloroso colpo, 
 è il tuo luogo più scuro. 
Nelle tue orecchie vergini, 
le osservazioni che fanno.
 
<< Giulia! Vieni, subito! >> gridò Christian all’ingresso.
Venne raggiunto dalla ragazza mentre stendeva Emily sul tavolo.
Aveva perso moltissimo sangue ed era mortalmente pallida.
Appena la rossa la vide in quello stato si coprì la bocca con una mano, profondamente disgustata.
<< Ma che diamine ha combinato William! >> esclamò, irritata.
<< E’ stato Lucas >> rispose pronto il ragazzo.
Giulia lo guardò confusa un attimo, scosse la testa e si limitò a dire un chiaro e semplice << merda! >>.
Poi si mise subito all’opera per ricucire il fianco destro della ragazza priva di sensi stesa davanti a lei.
Intanto che le puliva la ferita volle ottenere maggiori informazioni.
<< Dove sono William e Peter? >>
<< Stanno bene. Saranno qui a momenti. Io e Peter siamo arrivati in tempo, ma William era in piena crisi, quindi è rimasto con lui per dargli modo di riprendersi. >> rispose Christian, appoggiato su una sedia.
<< mah! >>  fece la rossa << orgoglioso com’è ci metteranno due ore a piedi ad arrivare! E Lucas? Che fine ha fatto? >> chiese infine.
<< se n’è andato come ci ha visti >> rispose laconico. << senti io ho sonno, tu fai la brava infermiera e vedi di non farla morire.
Dubito che Will te lo perdonerebbe! Bye >>
Detto ciò si allontanò, diretto ad una delle stanze superiori, lasciandola sola coi suoi pensieri.
E la moribonda.
Sarebbe stato facile trascurare una qualsiasi delle sue ferite e farla morire sul serio.
Ma trascurando la rabbia che poi si sarebbe scatenata in William, anche lei aveva bisogno di quell’insulsa ragazzina.
In gioco c’era la sua libertà e quella di molte altre streghe che, come lei erano state costrette ad assorbire un'altra forma.
Era stanca, voleva cambiare, voleva tornare come prima, lei che poteva.
E per questo era necessario che quella bimba sopravvivesse e facesse quello che doveva fare.
Anche se questo avrebbe significato per lei perdere Will, che poi era la causa della sua schiavitù.
Con una smorfia inserì bruscamente l’ago sterilizzato nelle carni di Emily.
Un pò di altro dolore non l’avrebbe certo uccisa, pensò.
Era pazza, sadica e lo sapeva.
La testa e tutto ciò che di razionale ne derivava, l’aveva persa molto tempo fa.
E dopo un secolo di sofferenze fisiche e spirituali, la pazzia era la sua unica compagna.
 
And if they, if they really knew 
all of those things.
That you do in your room, 
to hide the pain.
I’ll bet their minds would change.
I'll bet their minds would change.
They'd change, 
If they knew the pain.
Cause I believe in these scars, 
 Cause I believe.
 
Quando arrivarono a casa, William si diresse subito nella stanza della ragazza, dove sapeva di trovarla.
Era distesa sul fianco sinistro, una benda a fasciarle la testa, che presentava diverse contusioni, un'altra sicuramente posta a fasciarle il fianco.
La guardò a lungo, prima di rendersi conto di non essere l’unico in quella stanza, oltre a lei.
Giulia infatti era seduta in una poltroncina posta all’angolo estremo della stanza, nell’oscurità più totale.
Non si sorprese di non essere riuscito a percepirla prima: i suoi sensi erano ancora molto deboli.
<< Sai non volevo ripetere lo stesso errore di prima. La sua fuga è stata una mia imperdonabile mancanza. >> parlò la rossa.
<< Infatti >> rispose William << ma non è facendo la bella statuina che assolverai la tua colpa. Vai a dormire, riposati, e domani troverai una modo per renderti utile. >> ordinò.
Non era arrabbiato, era solo esausto.
<< Vai, qui ci penso io >> ripeté non notando alcun movimento da parte della giovane donna.
Così Giulia, a testa bassa si affiancò alla porta, ma poco prima di uscire si voltò e pose un ultima bruciante domanda:
<< Non che sia importante, ma è lei? È davvero lei? >>
William rimase in silenzio, e proprio quando ormai la rossa aveva perso la speranza di ricevere una risposta, la sorprese:
<< Sì, è lei. In tutti i sensi. >>
Le disse più di quanto volesse sapere.
La gioia di un sogno realizzato si mescolo presto all’amarezza per quello infranto.
Ma un sorriso commosso si dipinse sul suo viso.
<< Allora la proteggeremo >> disse, uscendo.
Il moro rimase dunque solo a fissare la chioma di quella ragazza che, ancora inconsapevole, avrebbe segnato per sempre il suo destino.
<< La proteggerò >>
 
E se, se davvero sapessero
tutte quelle  cose.
Che fai nella tua stanza,
per nascondere il dolore.
Scommetto che la loro opinione cambierebbe.
Scommetto che la loro opinione cambierebbe.
Cambierebbero,
Se conoscessero il dolore.
Perché io credo in queste ferrite,
Perché ci credo.

 
 
Salve a tutti,
lieta di sapere che avete gradito il precedente capitolo!
Un ringraziamento speciale speciale va a: 
Anonimadaicapellibiondi
Ti ringrazio perché sei davvero una persona speciale, con le tue splendide recensioni rendi sempre meno anonima questa storia!
 
La canzone che mi ha ispirata in questo capitolo è:
If You Knew – Joel Faviere.
Vi consiglio vivamente di ascoltare qualche sua canzone, ha una voce che personalmente adoro!
Ora vi lascio, ho un letto che mi aspetta!
Ci vediamo al prossimo aggiornamento!
*Diosmy*
 
p.s. se avete voglia di consigliarmi qualche canzone che magari possa aderire ai temi di questa storia, fatevi avanti!
  
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