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Autore: HollyMaster    10/10/2014    1 recensioni
Perchè Mags è sottovalutata.
1. Il gioco continua: "Volevano allenare i loro figli perché vincessero e tornassero a casa, impazziti ma vivi. E io avrei fatto lo stesso."
2. La rosa del caduto: "Il corpo deforme di un Tributo in un campo di rose bianche."
3. E' un gioco di strategia: "[...] era necessario. Era strategia."
4. Presa all'amo dai ricordi: "Era così che mi calmavo."
5. L'Elenco Bianco: "Tutti ancora ragazzini, per questo il colore bianco, perché sono puri e innocenti."
6. L'Ibrido che in me: "-Vuoi diventare tu il mostro dal quale scappa?-"
7. Un’intervista con la coscienza: "-Non dire nulla. Io credo in te.-"
8. Il silenzio del cannone: "La nube si avvicina. Ne vengo immersa."
Storie scritte per il contest a turni indetto da ManuFury "1 su 24 ce la fa!" sul forum di EFP
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mags
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nick: HollyMaster

Tributo: Mags

Turno: Sesto

Titolo Storia: L’Ibrido che è in me

Genere: Introspettivo, Generale

Raiting: Giallo

Pairing: Mags/Bellamy (?)

Note: Ho cercato di inserire qualche riferimento alla saga originale di Hunger Games e di fare tornare una Mags combattiva che non si fa più condizionare. Non sono certa che il Mags/Bellamy o Bellags (?) sia un vero e proprio pairing, non ci sono mai state scene da poter definirli una “coppia”, ma vabbè, li ho inseriti lì.
Spero possa piacere anche questa :)

 

 

 

Se lo faceva per essere crudele e mostrarmi quanto fosse viscido ed infido stava sicuramente facendo la mossa giusta.

Non c’era altro modo per chiamare la scelta di Snow di convocarmi nel suo ufficio solo per presentarmi l’ologramma dell’Ibrido contro cui Lher avrebbe dovuto combattere e, nelle sue migliori speranze o nei miei peggiori incubi, morire.

Era molto fiero della sua ultima creazione, evidentemente ci aveva investito più impegno del solito. E si notava. Se durante i miei Giochi gli Ibridi erano rilegati in acqua e soprattutto non portavano con loro nessun bagaglio psicologico che si insidiasse nell’animo dei Tributi, quelli con cui avrebbe dovuto avere a che fare Lher erano sparpagliati per l’intera Arena e alla sola vista ogni muro di freddezza e razionalità che il Tributo poteva aver creato veniva spazzato via.

Solo vederne l’ologramma aveva raggelato il mio sangue.

Era enorme, non molto alto, ma massiccio e robusto. L’intero corpo del mostro, che si strisciava sulle quattro zampe corte e tozze era ricoperto da arti lunghi e secchi. Alcuni terminavano in artigli, altri in tentacoli, certi erano solcati da profondi tagli ancora aperti dai quali colavano gocce di sangue.

E su ogni arto era appicciato, avvolto da uno strano muco di un colorito verdognolo luminescente, un Tributo già divorato dal mostro. Se ne poteva vedere solo una parte che spuntava dall’informe ammasso colloso: un piede, un braccio, o peggio, il volto. L’Ibrido avanzava verso di te mostrandoti quale sarebbe stata la tua fine, come il tuo cadavere sarebbe apparso al mondo intero, e fino alla fine de Giochi saresti rimasto lì, mentre la parte del corpo esposta all’aria marciva e imputridiva portando con se un nauseabondo odore di morte.

Ciò che più mi disgustava era però il sorriso che Snow esibiva sotto la ispida barba bianca, trovava il suo nuovo Ibrido esilarante, speciale, la perfetta arma da scagliare contro me e tutti i cittadini dei Distretti che avrebbero dovuto incassare anche quel colpo.

 

Il ritorno a casa non era stato per nulla facile.

Lo stomaco, ancora scombussolato, non smetteva di ricordarmi cosa avevo appena visto, ma la cosa che più mi preoccupava era che presto Lher avrebbe dovuto affrontarlo e non ne sarebbe di certo uscita vincitrice.

Bellamy non era in casa, probabilmente stava aiutando qualche ragazzo nell’apprendistato vicino alla spiaggia. Da quando sapeva dell’Elenco Bianco, da quando mi aiutava a depennare nomi ogni anno, aveva cominciato a lavorare con i bambini del Distretto 4. Insegnava loro a pescare, a creare reti ed ami elaborati, come aveva fatto anni prima con Caleb.

Suo fratello continuava a mancargli.

Era evidente.

Chiamava il suo nome nel sonno, perdeva lo sguardo nell’orizzonte alla ricerca del suo volto e, a volte, i suoi occhi scuri si riempivano di lacrime, che lui stava attento a non liberare, magari senza alcun apparente motivo, ma io ero certa che quando faceva così qualcosa gli aveva ricordato il fratello.

La casa deserta non mi faceva sentire al sicuro.

Avevo paura e mi vergognavo ad ammetterlo.

Grazie a Bellamy il terrore che si era impadronito di me una volta uscita dall’Arena si era affievolito sempre più ma ogni volta che non era con me mi sentivo vulnerabile.

E odiavo sentirmi in quel modo.

Bellamy entrò dalla porta principale –Non puoi solamente nuotare quando andiamo là. Tua madre ti affida a me perché tu possa imparare a pescare.- rimproverò sorridendo il bambino che superò la soglia subito dopo di lui.

-Ma a me piace nuotare!- Protestò lui portandosi le manine sui fianchi.

Lo faceva spesso, di portare i suoi “allievi” a casa. A molti mancavano i genitori e fermarsi a cena in una villetta nel Villaggio dei Vincitori era quasi un sogno per loro.

-Allora fai bene a nuotare!- Approvai io avvicinandomi ai due.

-Ecco, due contro uno. Molte grazie…- Si finse offeso Bellamy mentre il piccolo rideva a più non posso.

Portai velocemente gli occhi verso l’orologio e mi spostai in cucina per cominciare a preparare la cena. In breve il televisore si sarebbe accesso e avrebbe trasmesso gli Hunger Games e io sapevo cosa sarebbe successo.

-Dovresti presentarti, è buona educazione.- Sussurrò Bellamy al bambino che aveva portato le mani dietro alla schiena in segno di vergogna per poi avvicinarsi a me.

-Io sono Finnick, e voglio ringraziarti molto per l’ospitalità.- Appena finito di parlare si voltò verso Bellamy che facendogli l’occhiolino lo tranquillizzò e fece comparire sul suo volto un grande sorriso.

In quel momento il televisore si accese portando nella stanza un dolce suono di foglie mosse dal vento.

Inquadrata, in primo piano, Lher.

Portai subito lo sguardo verso quel bambino con gli occhi così azzurri che sembravano essere stati strappati dal madre stesso, quegli stessi occhi che adesso guardavano lo schermo inorriditi.

-Finnick, ho bisogno che un ometto come te vada al piano di sopra a prendere il vaso di fiori che è sul comodino al fianco del mio letto. Lo metteremo al centro della tavola, sarà bello! Ma stai attento, è molto pesante.-

-Sono forte io!- Disse lui fiero di sé mentre alzando il braccio piegato a novanta gradi stringeva il pungo mostrandomi i muscoli, per poi correre al piano superiore.

Speravo che quel piccolo compito lo avrebbe tenuto lontano abbastanza per non farlo assistere alla scena che stava per essere trasmessa su quel televisore che non ci era permesso spegnere.

Bellamy non chiese nulla, aveva capito tutto e subito, come al solito.

Nulla lo avrebbe preparato a ciò che stava per vedere.

I suoi occhi furono catturati dallo schermo non appena apparve l’Ibrido. Era ancora più spaventoso di quello che avevo visto quella stessa mattina. Forse era perché si trovava davanti a Lher, forse erano i suoi occhi colmi di lacrime che urlavano pietà dopo essersi soffermati sui corpi dilaniati dei propri coetanei, o, molto più probabilmente, era il mio senso di colpa: sapevo che ero stata io a mandarla lì, che senza di me sarebbe stata a casa sana e salva e non avrebbe dovuto affrontare nessun mostro.

Lo sguardo di Bellamy riuscì a staccarsi dallo schermo solo quando l’Ibrido allungando quello che poteva sembrare un arto appiccicoso e informe agguantò la ragazza e la risucchiò nel suo corpo amorfo.

Quando poi mezzo volto di Lher spuntò da quell’informità appiccicosa, mentre ancora digrignava i denti per il dolore, ancora viva ma consapevole della sua fine, Bellamy non riuscì a trattenere un conato di vomito correndo in bagno.

La parte visibile del viso della ragazza continuò a contrarre i muscoli e a lasciar cadere lacrime che svanivano raggiungendo il corpo colloso dell’essere. Solo quando l’unico occhio distinguibile da quella massa informe si immobilizzò spalancato, vitreo e spento, l’acidità nel mio stomaco cominciò a farsi sentire. Fortunatamente ero abituata e il mio corpo poteva reggere anche di peggio.

Proprio in quel momento il piccolo Finnick scese le scale con il volto coperto dall’enorme vaso che avevo usato come scusa.

-Eccolo qui! Hai visto sono forte io.- Si vantò poggiando il vaso stracolmo di fiori sul tavolo.

Lanciai un’ultima occhiata al televisore che aveva cambiato scena e sembrava non volere più inquadrare quel terribile Ibrido, per quella sera, per poi riportare lo sguardo sul ragazzino e sorridergli. –Sei davvero muscoloso allora.-

 

-Ho dei nuovi nomi per il tuo Elenco Bianco.- Mi avvertì con la sua solita calma voce il Presidente Snow dall’alto capo del telefono.

-Verrò a ritirarla non appena possibile.- Risposi io con tono sottomesso.

-Sai c’è una new entry interessante; penso che tu lo conosca, Finnick Odair. Ho saputo che è stato nel Villaggio dei Vincitori, così ho pensato di dargli l’opportunità di trasferirvisi in pianta stabile.-

Non risposi a quella provocazione, sapevo che avrei solo peggiorato la situazione, ormai lo avevo capito. Sia lui, sia i suoi trucchetti.

Avrei dovuto parlarne a Bellamy e a lui non sarebbe piaciuta la situazione, ne ero sicura.

 

-Come puoi fare una cosa del genere a lui?- Immaginavo che non sarebbe stato semplice. Da quella cena, dalla perdita di Lher, Finnick aveva quasi vissuto con noi. Al mattino si svegliava e accompagnava Bellamy sulla spiaggia dove pescavano e nuotavano tutta la giornata e una volta sceso il buio si incamminavano verso casa mia, nel Villaggio dei Vincitori, dove li attendeva una cenetta calda che avevo preparato personalmente. La cena era solitamente seguita da qualche ora dove giocavamo ad uno strano gioco di carte che ci aveva insegnato il ragazzo e per renderlo più interessante Bellamy aveva deciso che al vincitore, ogni sera, sarebbe andata in premio una zolletta di zucchero.

Finnick ne andava matto!

Molto spesso si fermava perfino a dormire. Quella casa aveva talmente tante stanze che gliene avevamo lasciata una senza problemi.

-Quando sogna dei brutti mostri viene a rifugiarsi nel nostro letto. Vuoi diventare tu il mostro dal quale scappa?- Quelle parole mi colpirono al cuore come un macigno. Non avevo mai pensato di essere paragonata all’Ibrido informe che aveva inglobato Lher e tutti gli altri Tributi della sue edizione ma, infondo, non c’era alcuna differenza tra noi.

Entrambi eravamo stati creati dalla pazzia di Snow.

Ciò che però io non potevo permettermi era la morte dei miei genitori ma soprattutto di Bellamy. Aveva fatto tanto, troppo per me in tutti quegli anni ed ero sicura che Snow se la sarebbe presa con lui se l’Elenco Bianco non sarebbe entrato al completo nell’Arena.

-Noi siamo una famiglia.- Aggiunse lui stringendomi le mani. –Io, te e Finnick.-

-Forse potremmo avere una vera, di famiglia intendo.- Stavo mentendo.

Non avrei mai creato una famiglia, per il semplice fatto che sapevo che fine avrebbe fatto grazie agli Hunger Games e il mio essere una dei Vincitori, ma questo Bellamy non lo sapeva ed ero convinta fosse una delle poche affermazioni che gli avrebbe fatto cambiare idea su Finnick.

Avevo ragione.

 

Quella notte mi svegliai in un bagno di sudore.

Un incubo mi aveva costretta ad interrompere il mio sonno d’improvviso.

Un neonato si aggirava, gattonando, in un bosco deserto, fino a che non si era trovato davanti l’Ibrido dal corpo informe e colloso che aveva allungato il suo arto verso di lui per inglobarlo, così come aveva fatto con Lher e con altri prima e dopo di lei. Proprio in quel momento il neonato aveva voltato il viso in modo che fosse visibile e avevo riconosciuto i tratti indistinguibili di Finnick mentre veniva ingoiato. La sua piccola manina spuntò dal corpo amorfo del mostro, contraendosi ancora verso di me nella disperata ricerca di aiuto fino a che non si fermò rimanendo immobile.

Con gli occhi spalancati nella notte decisi che non avrei lasciato Finnick morire così. Avrebbe dovuto affrontare gli Hunger Games, perché egoisticamente sapevo che non avrei potuto vivere senza il sostegno di Bellamy ed ero consapevole del fatto che Snow avrebbe trovato qualcun altro per riuscire a buttarlo nell’Arena, privandomi così degli uomini più importanti nella mia vita, ma lo avrei allenato.

Era quello il mio compito e lo avrei portato a termine.

   
 
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