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Autore: marthiachan    16/10/2014    3 recensioni
L'evoluzione del rapporto tra Sherlock e Molly vista attraverso gli occhi degli altri personaggi.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Hello!
Eccoci al terzo capitolo e, questa volta, la narrazione è dal punto di vista di Lestrade e Donovan.
Che cosa ne pensano i due poliziotti di questo risvolto romantico? E come influisce sul lavoro di Sherlock?
Come noterete, ho cercato di dare maggiore spessore al personaggio di Sally Donovan, perché penso che, dietro a quell'aria antipatica, ci sia molto più di quanto vogliano farci credere. E perché credo che, in fondo, sia una brava poliziotta, o Lestrade non avrebbe mai avuto fiducia in lei.
Cmq, spero di non avere scritto troppe sciocchezze e che questo capitolo vi piaccia.
Buona lettura.
 
 
 
 
 
Greg e Sally
 
Sally Donovan amava il suo lavoro.
Amava districarsi in complesse indagini e uscirne vittoriosa.
Amava l’emozione di scoprire di essere un passo avanti a un ladro o a un omicida e riuscire a fermarlo con le proprie forze.
Amava il brivido dell’indagine e la profonda soddisfazione di come un lavoro di squadra potesse portare a fermare un criminale.
Ed era per questo che odiava Sherlock Holmes. Lui vanificava tutto questo. Si presentava in una scena del crimine, dava un’occhiata in giro, accompagnata da pesanti insulti, e risolveva il caso. Tutto il lavoro di squadra diventava inutile. E il risultato era che tutti, compreso l’Ispettore Lestrade, si rassegnavano a questo fatto, non provando nemmeno più a risolvere un caso senza la sua presenza. Detestava vedere quello sguardo perso nei suoi colleghi quando Holmes non poteva dargli una soluzione con uno sguardo. Non avrebbe mai perdonato quell’uomo arrogante di aver reso tutta Scotland Yard completamente dipendente dalle sue manie.
Anche quel pomeriggio, non era diverso. Erano tutti intorno al cadavere di una famosa attrice teatrale raccogliendo le prove, ma era evidente che facessero il lavoro con ben poco entusiasmo, in attesa che un uomo con un Belstaff apparisse da un momento all’altro e facesse il lavoro al posto loro.
“Non verrà.” Aveva esclamato Lestrade all’improvviso dopo aver letto un messaggio sul telefono. “Non posso crederci... Non verrà!” ripeté irritato e stupito.
“Non è un problema, Sir. Possiamo farcela da soli.”
“No, invece. E nel migliore dei casi ci metteremmo settimane, mentre abbiamo decine di altri casi da risolvere! Per non parlare delle pressioni che riceverò dall’alto per questo caso...”
“Beh, è così che funziona, o almeno lo sarebbe senza l’intromissione di Holmes...”
Lestrade le lanciò un’occhiataccia e poi si allontanò borbottando.
 
Greg era davvero furioso. Sherlock lo aveva bidonato dicendo di essere occupato.
Occupato? OCCUPATO???
Sapeva per certo che non aveva casi perché aveva parlato con John proprio quel pomeriggio. E con tutti i favori che aveva fatto per Sherlock, il minimo che potesse fare era concedergli dieci minuti del suo tempo!
Non appena ebbe fra le mani dati e foto a sufficienza, prese una macchina e si diresse a Baker Street. Quasi calpestò la povera Mrs. Hudson non ascoltando i suoi “Sherlock non vuole essere disturbato oggi”, e salì le scale come una furia, arrivando al primo piano rosso per la foga e per la rabbia.
E poi impallidì.
Sherlock era nella sua poltrona, con indosso solo i pantaloni del suo pigiama e una vestaglia e, incredibilmente, tra le braccia stringeva Molly, anche lei in vestaglia. Tra loro sembrava esserci una certa intimità e sospettava che la giovane patologa non indossasse nulla sotto.
“Oh, cielo... Scusate, io...” balbettò mentre la rabbia lasciava il posto all’imbarazzo.
Molly scattò in piedi, stringendosi nella vestaglia, e scappò via mormorando un breve “Ciao Greg”.
Sherlock lo aveva raggiunto guardandolo con severità.
“Ti avevo detto di essere occupato.”
“Sì, ecco... Io non credevo fosse... qualcosa di personale.”
Il consulente sospirò apparentemente infastidito.
“A quanto pare, se non condivido la mia vita privata con tutti, chiunque si sente autorizzato a ficcare il naso. Patetico.”
“Io non volevo... Pensavo volessi solo fare il difficile.”
“Si tratta di quel fascicolo che tieni sotto il braccio?” Chiese infine l’altro con rassegnazione.
“Oh, sì.” Replicò l’Ispettore ricordando improvvisamente il perché fosse lì. “Volevo mostrartelo...”
Sherlock lo afferrò e lo sfogliò velocemente.
“Gli darò un’occhiata e domattina avrai mie notizie. Per il futuro, sappi che non sarò più disponibile qualunque giorno e a qualunque ora. Capiterà che dirò di no.”
“D’accordo, lo capisco. Quando si è in due si devono fare dei compromessi...”
“Io non faccio compromessi. Si tratta di una mia scelta ben ponderata.”
“D’accordo.” Annuì il poliziotto ancora confuso.
“Avevi bisogno di altro, Gavin? Perché io avrei da fare...”
Greg.” Lo corresse quasi automaticamente. “Mi chiamo Greg.”
“È indifferente. Avevi bisogno di altro?”
“No, grazie. Vado. Salutami Molly...” mormorò scendendo nuovamente le scale e uscendo dal 221b.
Raggiunse la macchina sentendosi un completo idiota. Sherlock e Molly? Sherlock e Molly?!? Perché John non glielo aveva detto? Avrebbe evitato una simile figura pietosa. Con un sospiro rassegnato si diresse a casa.
 
Come ogni mattina, Sally Donovan varcò l’ingresso di New Scotland Yard alle otto in punto. Non era mai in ritardo e non c’era giorno in cui non avesse in mano due grandi tazze di caffè.
Un tempo la seconda tazza era per Anderson, ma da quando lui aveva avuto la sua crisi d’identità e aveva lasciato il lavoro per rincorrere assurde teorie, aveva perso quel diritto. Anche una volta tornato, non meritava tante attenzioni. Tanto più che ora diceva di essere tanto innamorato di sua moglie. Sally fece una smorfia al solo pensiero, e proseguì diretta verso l’ufficio che aveva di fronte. Era ancora vuoto dato che il suo occupante era, come sempre, imbottigliato nel traffico londinese. Lasciò la tazza sulla scrivania e poi uscì raggiungendo la propria.
Aveva appena posato il sedere sulla sedia e acceso il computer, quando il suo telefono squillò.
“Donovan, raggiungimi all’obitorio. Subito.” Tuonò il suo capo ancor prima che potesse dire buongiorno.
La poliziotta sospirò e si rialzò. Prima di lasciare gli uffici passò a riprendere la tazza di caffè che aveva lasciato, visto che il suo destinatario non sarebbe arrivato e che sembrava averne estremo bisogno.
Parcheggiò l’auto e superò l’ingresso del Barts e poi raggiunse l’ispettore Lestrade nel corridoio, mentre stava chiudendo una telefonata con un gesto di stizza.
“Buongiorno, Sir.” Lo salutò lei porgendogli la tazza ancora calda.
“Oh. Ehm, grazie, Donovan.” Borbottò lui ancora accigliato. “Sembra che il colpevole sia l’ex marito.”
“In base a quali prove?”
“Sherlock sostiene che è l’unica logica spiegazione in base a non so quale macchia sui vestiti della vittima.”
“Holmes?” replicò lei infastidita. “Di quale macchia parla? I vestiti erano coperti di sangue.”
“Appunto. Ecco perché siamo qui, mi deve delle spiegazioni. Non posso richiedere un mandato in base a un’indicazione così vaga.”
“E perché siamo qui nel corridoio?”
“Perché Sherlock Holmes è in ritardo.”
“Allora possiamo chiedere a Molly Hooper se intanto può mostrarci il corpo?”
“No.” Replicò lui con uno sbuffo ironico. “Anche lei è in ritardo.”
Sally si accigliò temporaneamente e poi lanciò uno sguardo curioso verso il suo capo.
“Non vorrà dire che...”
“Già. L’ho scoperto solo ieri.”
“Questa non me l’aspettavo, davvero.” Commentò la donna trattenendo una risata. “Normalmente i sociopatici non iniziano relazioni se non per interesse. E se lo fanno è più che altro un rapporto ossessivo e distruttivo. Povera Molly.”
“Ti assicuro che mi sembrava perfettamente felice.”
“Non ne dubito.” Commentò la donna mentre finiva il suo caffè. “Ma questo non significa che si tratti di un rapporto sano.”
“Lui non le farebbe del male, nonostante la bassa opinione che hai nei suoi confronti.”
“Non c’è bisogno di alzare le mani su una donna per farla soffrire.”
I due si zittirono quando videro arrivare la nuova singolare coppia. Dovette ammettere che non erano male insieme. Se non avesse saputo chi erano, avrebbe pensato che erano una coppia strana ma carina. E, in quel momento, gli sguardi complici e i sorrisi trattenuti che si scambiavano, li rendevano molto teneri.
Sally Donovan trattenne un conato di vomito all’idea di avere appena definito Holmes “tenero” e fece un sospiro rassegnato.
Quando entrarono in obitorio, non ci furono molte parole, tranne i timidi “buongiorno” di Molly. La patologa aprì la cella e tirò fuori il cadavere della vittima. Dopo ciò, recuperò i suoi effetti personali e li consegnò a Sally.
“Guarda qui, Graham.”
Greg.” Lo corresse l’Ispettore con aria annoiata.
“È uguale.” Replicò il consulente facendo spallucce. “Guarda qui. Questa macchia.” Disse indicando la foto ingrandita dell’abito della vittima.
“Sì, e allora?”
“La quantità di sangue è nettamente inferiore rispetto al resto dell’abito. C’era qualcosa appoggiato qui. E vedi questo?” aggiunse indicando un segno rosso sul collo della vittima.
“Che cos’è?”
“Un logo.”
“Tu dici? Mi pare un po’ difficile da interpretare.”
Il consulente alzò gli occhi al cielo.
“E, anche se fosse, non vuol dire nulla.” Insistette il poliziotto.
“L’ex marito ha dichiarato che non si vedevano da mesi. Eppure il segno che le è rimasto impresso nel collo è esattamente speculare al logo presente nel premio teatrale che ha vinto proprio due giorni fa. Il che lo rende l’arma del delitto.” Concluse mostrandogli una foto presente nel suo cellulare, evidentemente recuperata tramite una breve ricerca su internet, che ritraeva l’uomo con in mano una statuetta.
“E quale sarebbe il movente?”
“Delitto passionale, ovviamente.” Rispose Molly questa volta, mentre rimetteva al loro posto il corpo e le prove. “È risaputo che sia stata lei a lasciare lui... Ed è altrettanto noto che lui non l’abbia presa molto bene.”
I due uomini guardarono la patologa con aria stupita e Sally non poté fare a meno di ridere osservando la scena.
“Non fate quella faccia, geni.” Li rimproverò la poliziotta. “Molly vi ha appena fornito una logica spiegazione. Il meno che potreste fare è dire Grazie.
Lestrade obbedì immediatamente, mentre Sherlock le lanciò un’occhiata infastidita.
Sir, se vuole andare a eseguire l’arresto, posso rimanere io qui a sbrigare le faccende burocratiche con Molly.”
L’ispettore annuì e uscì poco dopo mentre Sherlock Holmes rimase impalato a fissarla come se temesse potesse tirar fuori la pistola e sparare a Molly da un momento all’altro.
Ignorando la sua presenza, fece qualche passo verso la patologa e si chinò verso di lei, baciandole la guancia.
“Ci vediamo più tardi, Molly.”
“Naturalmente. Finisco alle cinque.”
Lui annuì con un sorriso e poi se ne andò senza degnare di uno sguardo la poliziotta.
“E quindi... Tu e Holmes. Incredibile.” Commentò mentre sfogliava distrattamente la documentazione relativa alle prove.
“Sì, beh... Ecco... È una cosa recente.”
“L’avevo intuito.” Disse Sally avvicinandosi a lei. “E come va? Ti tratta bene?”
“Sì, certo... Lui è molto... affettuoso.”
Inevitabilmente, alzò un sopracciglio per la sorpresa. Decisamente non lo avrebbe mai immaginato.
“Bene, allora. Non me lo aspettavo, ma va bene. E, se dovesse comportarsi male con te, fammi un fischio e gli faccio passare una notte in cella.”
Molly rise e la ringraziò, promettendole che l’avrebbe fatto.
Dopo aver riempito le necessarie scartoffie, Sally era pronta ad andarsene, ma esitò.
Oh, al diavolo.
“Molly, ti va un caffè?”
“Volentieri.” acconsentì la patologa mentre richiudeva il corpo nella sua cella.
Cinque minuti dopo erano sedute di fonte a due tazze fumanti di caffè nella caffetteria dell'ospedale.
“Allora, dimmi, com'è Holmes? Come amante, intendo.”
Molly sussultò per la sorpresa e il caffè le andò di traverso. Iniziò a tossire.
“Oh, andiamo, Molly. Siamo due donne adulte.” la prese in giro la poliziotta passandole un fazzoletto.
“Sì, è solo che... Ancora non mi sono abituata all'idea.” replicò l'altra facendo spallucce mentre si ripuliva il cardigan dal caffè rovesciato.
“Immagino. Quanto tempo è che gli corri dietro? Sette anni?”
“Quasi dieci, in realtà.” ammise Molly arrossendo. “Ma, ecco, non poteva andare diversamente. Insomma, dieci anni fa lui era una persona diversa. Io ero una persona diversa. Non avremmo potuto essere quello che siamo ora senza affrontare prima quello che abbiamo affrontato... Oddio, sto dicendo cose senza senso, vero?”
“No, mia cara. Per me ha tutto perfettamente senso.” replicò l'altra facendole l'occhiolino. “Allora, dimmi, com'è?”
“Lui è... timido.”
Timido? Holmes? Quel Sherlock Holmes? Sei sicura di stare parlando della stessa persona?”
“Sì, certo.” confermò la patologa con un sorriso mentre sorseggiava il suo caffè. “Ha sempre paura di osare troppo, di farmi del male, di offendermi... Assurdo vero? Tutto l'opposto di quello che è sempre stato con me. Ho perso il conto negli anni delle volte che mi ha ferito con le sue parole...”
“E invece dal punto di vista fisico...”
“È estremamente premuroso. Dolce. Mi tratta come se fossi preziosa.”
“Ok, cara, questo è magnifico, ma... Non vorrai dirmi che lui è fin troppo delicato? Se capisci cosa intendo...”
Molly rise e scosse la testa. Aveva capito perfettamente cosa intendeva.
“Oh, no. Quando serve sa essere molto... vigoroso.”
Sally strinse le palpebre cercando di bloccare l'immagine che prendeva forma nella sua mente.
“Oddio, Molly... Non era necessario dire così... Ora ogni volta che lo vedrò mi ricorderò le tue parole!” esclamò la mora ridendo. “Colpa mia. Dovrei farmi gli affari miei... Deformazione professionale.”
“Mi spiace.” si scusò la patologa anche se non riusciva a smettere di sorridere.
“Non dispiacerti. Se quello svitato ti tratta bene e ti rende felice, va benissimo. Ero preoccupata per te, in realtà.” le confidò infine, tornando seria. “Insomma, io e te ci conosciamo da anni e non siamo mai state veramente amiche. Ma ho sempre pensato che fossi una brava persona e volevo accertarmi che lui non ti ferisse. Né fisicamente né emotivamente.”
“Sei gentile, Sally, ma non è necessario.”
“Voglio solo che tu sappia che avrai sempre un'alleata in me. Qualunque cosa succeda. E se si azzarda a comportarsi...”
“Non succederà.” la interruppe Molly con voce ferma. “Ti sono grata, e mi farebbe piacere se fossimo amiche, ma Sherlock non sarà un problema. E, se anche lo diventasse, saprò gestirlo.”
La poliziotta rimase senza parole e infine annuì con un sorriso, finendo la sua tazza di caffè.
Era bello vedere che c'era chi sapeva tener testa a quello schizzato di Holmes. E, chissà, magari Molly Hooper avrebbe potuto persino giovare al suo insopportabile carattere.

 

 

   
 
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