Non
potevo assolutamente credere che quel rotocalco chilometrico che Alice
mi aveva
ficcato tra le mani fosse davvero un menu.
Davanti
ai miei occhi si stagliava un elenco di vivande dai nomi più
disparati, metà
dei quali erano completamente estranei al mio vocabolario. Anitra all’arancia, escargot,
paẽlla, lasagne
ai porcini… Cosa diavolo aveva in mente?
«Ehm,
Alice», mugugnai alla mia stilista personale, «che
cosa dovrei fare esattamente
con questa?». Le
sventolai il foglio
sotto il naso, distogliendola dal rocchetto di filo con cui stava
disputando
un’ardua lotta.
«Mh?».
Sollevò gli occhi e mi lanciò uno sguardo
distratto. «Oh…scegli pure i piatti
che ti piacciono di più, poi penseremo al resto».
«D’accordo,
ma…come faccio a scegliere quali piatti mi piacciono di
più se prima di oggi
non sapevo nemmeno che ne esistessero così
tanti?!», sbottai, sgranando gli
occhi. «Per esempio, che cos’è la
bou…bulla…». Era difficile perfino da
leggere.
«Bouillabaisse»,
mi corresse Alice,
riponendo il rocchetto all’interno di un’enorme
scatola e pescandone uno spillone.
«Una specialità francese, molto buona,
così dicono».
«Ah». Non
si finiva mai di imparare; forse mi sarebbe piaciuto ancora di
più sapere di cosa e come fosse fatta quella pietanza.
«E dimmi…credi che avrei dei
motivi validi per sceglierla?», borbottai sarcastica.
«Temo di non aver mai
avuto l’occasione di assaggiarla, prima d’ora,
forse dovrei fidarmi dell’opinione
della rivista di cucina da cui hai pescato questo nome».
«La bouillabaisse
è una pietanza internazionalmente
riconosciuta dagli esperti del settore», replicò
lei facendo spallucce. «In
tutta sincerità, credo non sia nemmeno così
difficile procurarsela».
«Va bene,
va bene, chiudiamo l’argomento». Afferrai la matita
che Alice mi aveva dato
insieme alla lista e disegnai una piccola croce accanto a quel nome
complicato.
Mi sarei volentieri fermata lì, ma sapevo che Alice non me
l’avrebbe mai data
vinta, perciò mi sforzai di ricercare e segnalare i piatti
più semplici – o
conosciuti - che riuscivo a scovare, setacciando con
meticolosità ogni singola
riga. Al termine della mia scrupolosa indagine avevo apposto solo una
mezza
dozzina di crocette, ma non avevo la minima intenzione di coinvolgere
nella mia
scelta anche solo uno dei piatti a me ignoti; Alice se la sarebbe fatta
andare
bene così com’era.
Le
consegnai la lista, sbuffando appena: avevo una mezza idea che i
preparativi
per il mio matrimonio fossero appena cominciati. Chissà cosa
aveva in mente la
mia organizzatrice, per chiedermi di scegliere tra quei piatti tanto
costosi e
complicati. Senza considerare, poi, che avevo esplicitamente preteso una cerimonia per pochi intimi,
un quarto dei quali era costituito da vampiri disgustati dal cibo
umano. Forse
avrei dovuto proporre di servire spazzatura, così in ambito
alimentare saremmo
stati tutti sullo stesso livello.
«Sul
serio, Bella…sei sicura
che sia
sufficiente?», mi chiese Alice controllando il menu, un velo
d’ansia sul viso
da folletto. «E se poi non piacerà
tutto?»
«Oh,
tutti sapranno cavarsela egregiamente», la rassicurai io.
«E da quello che mi
hai detto sembra tutto talmente sostanzioso…».
Sorrise
soddisfatta e adagiò con cura il foglio sulla scrivania,
attenta a non
sgualcirlo. «Mmm…e come antipasto? Cosa credi che
preferisca?»
«Santo
cielo, Alice, stai pensando di far esplodere il fegato di qualche
ospite?!»
esclamai scioccata. Io stessa dubitavo che sarei riuscita ad andare al
di là
della prima portata.
«Ma…».
«Credimi:
basta e avanza». Posi
avanti le mani,
come per concludere lì il discorso. Se avesse provato a
protestare ancora,
avrei ribadito il mio rifiuto fin quando non sarebbe stato sufficiente.
Alice mi
guardò con uno sguardo colpevole. «Scusami, Bella,
è solo che Edward non è
riuscito a dirmi granchè sulle abitudini di Charlie, quindi
non sapevo se…». La
sua voce sfumò e si portò una mano sotto il
mento, riflettendo.
«Come?».
Perché ora si stava riferendo solo a Charlie? Forse
perché il padre della sposa
meritava qualche privilegio in più rispetto al resto degli
invitati?
«Eppure
in quelle sciocche commedie che trasmettono alla televisione le tavole
sono
sempre imbandite di ogni genere di pietanza…»,
mormorò lei, più a se stessa che
a me, confusa. «Forse avrei dovuto documentarmi meglio sul
metabolismo degli
umani… Ho fatto male qualche calcolo, Bella?».
Non
risposi, troppo impegnata a decifrare l’orribile sensazione
che si stava
facendo lentamente strada dentro di me.
Gettai
un’occhiata rapida alla lista della pietanze sul tavolino,
mentre associavo le
parole di Alice alla data segnata sul calendario.
«Bella?».
Alice mi richiamò all’ordine sventolandomi una
mano davanti agli occhi.
«Alice»,
gracchiai, la gola improvvisamente secca. «Questi
piatti…», afferrai il foglio,
«…per chi sono?».
Lei mi
guardò come se mi fosse sfuggito qualcosa di ovvio.
Fu la
certezza che stavo aspettando…e che temevo da morire.
«…Sono
per la cena di domani sera, vero?!», gracchiai, troppo
stupita per parlare
correttamente. La mia voce era salita di un’ottava e non me
ne ero nemmeno resa
conto.
«Cos’è
che credevi, Bella?», disse Alice, stralunata.
«Oh no,
no!», sbottai io allargando le braccia, esasperata.
«No!»
Come
potevo essere così stupida?!
Sentii
il sangue colorarmi la pelle e il sudore freddo imperlarmi la fronte.
«Cosa c’è
che non va? Credi che a Charlie non piacerà la bouillabaisse?», mi chiese lei
in tono innocente, probabilmente
cercando di spiegarsi il motivo del mio attacco di panico.
«Non è
questo!», boccheggiai io. «Voglio
dire…non c’è bisogno che vi occupiate
della
cena, sul serio! Sono sicurissima che Charlie avrà
già prenotato un tavolo al
Lodge e…»
«Non dire
assurdità, Bella», replicò Alice in
tono deciso. «Non permetteremo mai che un
evento così importante sia preso tanto alla leggera.
È l’incontro ufficiale tra
le nostre famiglie!». Lanciò un gridolino di
eccitazione.
Ancora
con questa storia dell’ufficiale.
Forse stavano dando troppa importanza a quest’aspetto della
faccenda.
«Ma tu conosci
Charlie», la implorai, «anzi, se
potesse ti adotterebbe come seconda figlia!»
Ridacchiò
per quella mia osservazione. «Lo so bene, ma
insomma…tu ed Edward state per sposarvi!»,
cinguettò, e un brivido mi
percorse la schiena come una scarica elettrica. «Vogliamo che
la cena avvenga
nelle migliori condizioni possibili».
Dalle sue
parole trapelava tanto di quell’entusiasmo che dubitavo sarei
riuscita a
dissuaderla dal suo intento. Sospirai e lascia cadere le spalle,
sconfitta.
«Vedrai,
Bella, ci sarà da divertirsi!». Alice mi si
avvicinò e mi abbracciò stretta,
mentre contemporaneamente saltellava sul posto. «Esme
è già elettrizzata
all’idea di rimettersi ai fornelli!».
«Esme sa
cucinare?», chiesi, incredula.
«Bè, è un
po’ che non si esercita, ma è convinta di
potercela fare», rispose lei con un
sorriso di incoraggiamento. «Del resto basta solo un buon
libro di ricette, no?
Anche io e Rosalie le daremo una mano, ovviamente».
«Ovviamente».
Non riuscivo proprio ad immaginare come le mie tre vampire preferite
potessero
lanciarsi in quell’impresa: ad essere sincera, mi sembrava
piuttosto disperata.
«Vi darò
una mano anch’io, credo che vi servirà il mio
aiuto per quando si tratterà di
assaggiare e verificare i gradi di cottura». Questa era la
parte che mi
preoccupava di più.
«Come se
fossi a casa tua!». Era chiaramente eccitata per la proposta.
«Però,
almeno per quanto riguarda le portate, dai retta a me». Presi
l’elenco e glielo
misi sotto il naso. «Sono sicura al cento per cento che
Charlie preferirebbe di
gran lunga mangiare cibo cinese d’asporto, piuttosto che
strani intrugli
francesi di cui ignora l’esistenza». Se
consideriamo, poi, che per diciassette
anni era stato costretto a prepararsi i pasti da solo…
«Oh…tu
dici?» Mi guardò perplessa. «Credevo che
gli umani amassero la cucina
raffinata».
«Ci sono
sempre le eccezioni», la contraddissi io. «Una
bella pizza sarà più che
sufficiente, garantisco io». Le feci l’occhiolino.
«Chiederò
consiglio ad Esme», promise lei. «Forse se ne
intende più di me».
«Lo credo
anch’io», ridacchiai scompigliandole i capelli,
«ma apprezzo molto i tuoi
sforzi».
«Oh,
stiamo solo parlando del mio passatempo preferito!»,
esclamò lei piroettando su
se stessa con la sua solita grazia.
«A
proposito, credi che Edward sia tornato?». Era più
di un’ora che era uscito per
andare a caccia, cominciavo ad avvertire il vuoto della sua assenza.
«No,
l’avrei sentito arrivare», rispose lei.
«Aspetta, fammi controllare». Si portò
le dita alle tempie e chiuse gli occhi, concentrandosi intensamente.
Dopo
qualche attimo sollevò il mento e mi sorrise.
«Tra meno
di un quarto d’ora sarà qui».
«Oh, meno
male», sospirai io. «Vorrei chiedergli di
accompagnarmi a casa, stamattina
siamo venuti qui con la sua macchina.»
Alice
annuì. «Devi preparare il pranzo per tuo padre,
vero?».
«Sì, oggi
tornerà prima dalla centrale…e poi
dovrò avvertirlo della cena di domani sera,
prima che prenoti da qualche parte».
«Non
preoccuparti, credo che Esme gli abbia già telefonato
qualche minuto fa».
«Oh»,
feci io, sorpresa. Erano sempre tutti così
previdenti… «Vorrà dire che
più
tardi scenderò a ringraziarla».
Rimasi
insieme ad Alice per altri dieci minuti, aiutandola
nell’apportare qualche modifica
al velo del mio vestito da sposa – lavoro che mi
causò decine di escoriazioni
sui polpastrelli, fino a quando non sentimmo bussare alla porta della
camera.
Alice
scattò in piedi come se fosse stata punta da
un’ape, sfrecciò alla porta e vi
si appoggiò con la schiena, come per bloccare qualcosa che
minacciava di
entrare.
«Che
cosa…?». La guardai perplessa: sembrava impazzita.
«Presto,
Bella, nascondi il vestito!», sibilò lei scoccando
un’occhiata fiammeggiante
prima a me, poi all’ammasso informe di stoffa che giaceva sul
pavimento. Mi
affrettai a raccoglierlo, lo ancorai ad una gruccia più
ordinatamente che potei
e lo ficcai in una delle tante ante dell’armadio a muro.
Automaticamente
si rilassò, sospirò di sollievo e si
allontanò dalla sua postazione. Una
frazione di secondo più tardi la porta si
spalancò e Edward entrò nella stanza.
«Grazie
per l’accoglienza, Alice», bofonchiò,
lanciandole un’occhiata scocciata.
«Gli
uomini non sono ammessi, mi dispiace», rispose lei
incrociando le braccia al
petto e sfoderando un’espressione autoritaria. «Mi
meraviglia che tu non lo
sappia, sei così legato alle
tradizioni…».
«Non
credo proprio che si possa parlare di tradizione,
nel nostro caso», obiettai io sistemandomi la maglietta e
raggiungendo Edward.
«Concetto
già ribadito», confermò lui cingendomi
i fianchi con un braccio e baciandomi i
capelli. Anche lui aveva sentito la mia mancanza.
Alice ci
squadrò da capo a piedi, leggermente stizzita.
«Parole a parte, il fatto che lo
sposo non veda il vestito della sposa fino al momento delle nozze
è di buon
auspicio».
«Come se
lui non l’avesse già visto nei tuoi
pensieri!», ribattei io scoppiando a
ridere. Era quasi impossibile che tra i due fratelli ci fossero
segreti, ovvia
conseguenza della loro reciproca complicità.
A sorpresa,
Alice sfoderò un sorriso trionfante. «Non sono
così ingenua, Bella. Anzi…fino
ad ora sono stata particolarmente attenta».
«Vuoi
dire che…», balbettai io, volgendo il viso verso
Edward. Lui scrutava la
sorella con una nota di disappunto.
«Mostriciattolo»,
borbottò, facendo una smorfia e distogliendo lo sguardo.
Alice ridacchiò,
maligna e compiaciuta.
Non che a
me importasse molto del fatto che Edward potesse vedere il mio vestito
o meno,
ma gli sforzi che stava facendo Alice per tenergli nascosta
quell’immagine
erano davvero ammirevoli.
«È andata
bene la caccia?», gli chiesi, anche per distoglierlo da quel
pensiero.
«Sì,
stavolta non abbiamo nemmeno dovuto spingerci troppo fuori dai
confini». Mi
sorrise.
«Bella
deve andare a casa, Charlie aspetta che gli prepari il pranzo da
portare in
ufficio», ricordò Alice prima che potessi
rispondere. «Arriverà con qualche
minuto di anticipo, è meglio che ti sbrighi».
«Sì». La
salutai con un rapido abbraccio e mi diressi verso la porta della
camera,
seguita a ruota da Edward.
«Ci
vediamo domani!», esclamò lei agitando una mano a
mo di saluto.
«Certo…ehm,
a che ora vuoi che venga?», le chiesi, ricordandomi
improvvisamente che la cena
ufficiale si sarebbe svolta nella
sala da pranzo di casa Cullen.
Alice fece
spallucce. «Quando vuoi, e comunque credo che proveremo a
cucinare qualcosa
anche stanotte».
«Ah».
Brutta prospettiva.
Edward mi
spinse fuori dalla stanza prima che Alice potesse vedere il mio volto
contratto
dall’ansia.
Dopo
essere passata in cucina per ringraziare Esme dell’aver
avvertito Charlie al
posto mio – ne approfittai per controllare che tutti gli
utensili fossero
effettivamente adatti per un pomeriggio di pasticciamenti – e
averle assicurato
il mio aiuto per il giorno dopo, uscimmo nel portico della casa e ci
dirigemmo
a passi lenti verso il garage.
«Cosa
avete fatto mentre io ero via?», mi chiese Edward in tono
amabile ed
interessato. «Prima che Alice ti costringesse a farle da
cavia per verificare
quanto fossero appuntiti i suoi spilli, ovviamente».
Sollevò una delle mie mani
incerottate e soffocò una risata.
«Al
contrario: ho sacrificato le mie dita per una nobile causa»,
risposi,
prendendolo per mano; lui strinse la mia con più delicatezza
del solito. «Nulla
di particolare, mi ha solo fatto scegliere personalmente il menu per la
serata
di domani. A proposito, non sapevo che conoscessi così bene
le abitudini
alimentari di Charlie: in quale ignoto universo parallelo
l’hai visto mangiare
una bullabaise?», chiesi
ironica.
«Bouillabaisse»,
mi corresse lui. «Quella
non è colpa mia, è stata Alice e setacciare tutte
le riviste culinarie che è
riuscita a trovare e a compilare l’elenco. Io le avevo detto
solamente che a
Charlie piace la cucina semplice».
«E
secondo te tutte quelle cose che mi ha rifilato sono classificabili
come cucina semplice?!»,
esclamai spalancando
gli occhi. «Richiederanno anni di esperienza!»
Nel
frattempo avevamo raggiunto
«Vedrai
che per domani sera avranno già rivoluzionato il menu da
cima a fondo», mi
rassicurò lui sedendosi al posto di guida e infilando la
chiave nel quadro.
«Sono
tutti così eccitati per la cena…»,
sospirai, ripensando all’entusiasmo di Alice
e al gran sorriso che mi aveva rivolto Esme quando ero scesa a
salutarla.
«Esme, Alice e Rosalie hanno addirittura intenzione di
preparare le portate
tutte da sole!»
«In
effetti la trovo un’impresa piuttosto ardua»,
confermò lui increspando le
labbra in un sorriso. «Se io trovo fastidioso
l’odore del cibo, non credo che
su di loro la situazione possa cambiare più di
tanto».
Improvvisamente
mi resi conto di quanto sforzo dovesse costare loro il maneggiare
ingredienti
con cui non avevano familiarità, addirittura le
disgustavano, e nonostante questo
volessero che tutto fosse perfetto per l’incontro con mio
padre. Che tutto
fosse perfetto per fare piacere a me.
Mi si strinse il cuore, in preda ad un attacco di commozione.
«Grazie
per tutto quello che state facendo», mormorai ad Edward,
voltandomi verso di
lui con gli occhi lucidi. «Non so se Charlie
apprezzerà il vostro sforzo, ma io
sì».
Levò gli
occhi dalla strada per guardare il mio viso arrossato. «Per
te questo ed altro».
Le sue labbra disegnarono il mio sorriso sghembo e il mio cuore
accelerò il suo
ritmo.
«Ma
dimmi…Esme sa davvero
cucinare?». Non
ne ero ancora del tutto convinta: non avendo una famiglia da sfamare
– o
meglio, non con i metodi tradizionali – credevo che per lei e
le altre fosse
particolarmente difficile regolarsi con il sale o intuire il momento
esatto in
cui sfornare una torta prima che questa si bruci.
Fece
spallucce. «Non ho mai avuto modo di verificare, ovviamente,
ma credo che
seguendo alla lettera i suoi libri di ricette potrebbe
cavarsela».
«Le
sorveglierò per tutto il giorno: non vorrei che Charlie
trovasse un incendio
invece di casa Cullen». Rabbrividii.
Rise e
ammiccò.
Quando
parcheggiammo l’auto di fronte al vialetto di casa, la
volante della polizia
era lì al suo solito posto. Charlie era già
tornato, come aveva previsto Alice.
«Ci
vediamo più tardi», sospirò Edward
sereno voltandosi verso di me.
«Ti
aspetto», mormorai io sporgendomi leggermente verso di lui,
mentre lui faceva
lo stesso nella mia direzione. Sfiorò le mie labbra con le
sue e intrecciò le
dita nei miei capelli per ridurre ulteriormente la distanza tra i
nostri visi.
Rossa in
viso e frastornata come sempre dopo uno dei suoi baci, scesi
barcollando dalla
macchina e mi avviai verso il portico, non senza aver gettato
un’ultima
occhiata al vialetto ora deserto.
Tirai un
sospiro, prima di entrare in casa: non avevo più incrociato
mio padre dalla
disastrosa sera precedente, quindi non sapevo in che stato fosse il suo
umore.
In ogni caso, mi ero ripromessa di evitare l’argomento matrimonio fin quando non
l’avrebbe ricacciato fuori lui stesso,
quando e se ne avesse voluto voglia.
«Bells?»,
chiamò mio padre quando udì la chiave girare
nella toppa.
Ok,
Bella. Disinvolta.
«Ehi,
papà, scusa se non sono tornata prima, stavo dando una mano
ad Alice».
«Non
preoccuparti, ho trovato nel frigo qualche avanzo di ieri
sera», rispose lui
inarcandosi sullo schienale della sedia e sbadigliando sonoramente.
Ecco,
proprio quello a cui mi stavo riferendo poco prima, quando si parlava
di
abitudini alimentari.
«Bene, se
pensi di essere sazio…». Feci spallucce, un
po’ sorpresa. Stavo ancora
aspettando che mi dicesse qualcosa a proposito di me ed Edward; mi ero
preparata a qualsiasi tipo di reazione da parte sua – sia che
cominciasse ad
urlare o che mi si gettasse implorante ai piedi – ma la sua
espressione era del
tutto serena.
«Come sta
Alice?», mi chiese. Che stesse cercando di sviare il discorso
che gli – anzi, ci
premeva di più?
Mi
sedetti al tavolo della cucina, prima di rispondere. «Bene.
Non vede l’ora che
arrivi domani sera, sono tutti molto ansiosi di
conoscerti…di nuovo», aggiunsi
incerta. Temevo che quelle parole potessero scatenare la tempesta.
Charlie non
era il tipo da perdere le staffe molto facilmente, ma stando a quanto
mi aveva
riferito Edward prima che mi addormentassi…
«Mrs
Cullen mi ha telefonato giusto un paio d’ore fa»,
cominciò senza battere ciglio,
«e mi ha praticamente pregato di unirsi a loro per cena,
domani sera. Meno male
che mi ha avvertito in tempo: se avesse ritardato anche di un solo
minuto avrei
già prenotato un tavolo al Lodge».
«Già, per
fortuna, eh?». Scommetto, invece, che qualcuno
aveva suggerito ad Esme il momento più opportuno per
chiamare.
«Sono
persone davvero educate», annuì mio padre
rispettoso, «e con i loro figli hanno
svolto un lavoro impeccabile».
Lo
guardai sospettosa e lui fece una smorfia.
«Sì…anche con
lui, lo ammetto».
Mi
sforzai di sorridere e gli lanciai un’occhiata riconoscente.
«E a
proposito di questo, Bella». Si alzò dalla sedia e
rimase in piedi di fronte a
me, le braccia incrociate al petto.
Ci siamo, pensai.
Strinsi le labbra.
«Ci ho
riflettuto e…». Sembrava in imbarazzo.
«Bè, non nego che pensi che siate ancora
troppo giovani per compiere questo passo, ma so quanto tu sia testarda
e so
che, molto probabilmente, non cambierai idea con
facilità».
«Esatto»,
confermai io con determinazione.
«E poi -
devo riconoscerlo… Edward è davvero…un
bravo ragazzo». Quella confessione
sembrò costargli un grande sforzo. «Ultimi eventi
a parte, la tua sicurezza gli
sta molto a cuore, è evidente».
Non
risposi. Ripensare agli eventi a
cui
si riferiva Charlie aveva stuzzicato le ferite della mia anima, quelle
che non
sarei mai riuscita a rimarginare nemmeno con il tempo, che avrebbero
fatto per
sempre parte di me.
Chissà
dove si trovava Jacob. Fino a quel momento ero riuscita a non pensarci
troppo
insistentemente, anche grazie all’aiuto di Edward, ma
l’intervento di mio padre
aveva temporaneamente vanificato tutti i miei sforzi.
«Sì».
Tentai comunque di biascicare qualcosa.
«Perciò…ecco,
cercherò di fidarmi di lui e di non fare la parte del padre
padrone, tutto
qua». Fissavamo entrambi il pavimento. «Se sei
davvero convinta di sapere ciò a
cui vai incontro, non ti fermerò».
«Papà…».
I miei occhi traboccavano di lacrime di gratitudine e angoscia.
Chissà quante
altre volte avremmo potuto avere dei momenti come quello prima della
mia… del
mio cambiamento.
Senza
pensarci, mi alzai di scatto dalla sedia e lo abbracciai con tutta la
forza che
avevo in corpo. Lui ricambiò, sorpreso e un po’
impacciato.
«Grazie»,
bofonchiai, asciugandomi le guance con il dorso della mano.
«Anche Edward ne
sarà felice». Ero piacevolmente stupita: non mi
aspettavo tutta quella
comprensione da parte sua. In un certo senso avevamo avuto la sua
approvazione,
come sarebbe accaduto se fossimo vissuti ai tempi della giovinezza di
Edward.
«Non
pensarci, piccola», mormorò, commosso a sua volta,
facendomi una carezza sulla
testa. «A proposito, dov’è?».
Si guardò intorno come se gli fosse sfuggito
qualcosa.
«È andato
a casa sua, credo che anche la sua famiglia pranzi a
quest’ora», risposi,
evasiva; ero diventata davvero abile a mettere insieme scuse come
quella.
«Tornerà oggi pomeriggio».
«Come
dubitarne?», sbuffò Charlie scrollando le spalle.
«Avresti
potuto aspettare che ci fosse anche lui, prima di dirmi quelle cose,
avrebbe
fatto piacere anche a lui sentirle». In realtà
sapevo che non si era perso una
parola. Forse aveva riportato la macchina a casa, era tornato indietro
di corsa
ed ora si nascondeva nelle fronde dietro casa, oppure aveva
già ascoltato i
pensieri di mio padre ancor prima che io avessi messo piede in salotto.
«Credimi,
probabilmente non sarei stato in grado di fare lo stesso discorso se vi
avessi
avuti entrambi davanti agli occhi», confessò lui
facendo una risata secca e nervosa.
«E poi, prima di tutto volevo parlare con te».
Gli
lanciai un’occhiata a metà tra
l’irritato e il divertito, insieme ad un ghigno.
«E tu credi a me, papà: dopo aver ammesso
così apertamente che Edward è
effettivamente un bravo ragazzo, non hai più scuse per
considerarlo un
teppista».
Mi fissò
stralunato. «Quando mai avrei pensato una cosa del
genere?!». Aveva un tono di
voce indignato, ma i suoi occhi rivelavano tutta la sua sorpresa per
essere
stato smascherato.
Ridacchiai
e filai al piano di sopra senza aggiungere altro. Del resto, se
immaginare il
mio fidanzato nei panni di un gangster o con le braccia ricoperte di
tatuaggi
lo divertiva, perché privarlo di quel suo piccolo, maligno
piacere personale?
[…]
E va bene, lo
confesso. La scena
padre-figlia non era in programma, come ha fatto a venire fuori?!
>.<
Forse era inevitabile dopo quello che è successo nel
capitolo precedente…è
uscita spontaneamente! XD Spero che nessuno sia crollato addormentato
durante
la lettura! :D
Wow, non mi aspettavo che ben otto
persone aggiungessero la mia storia nei loro preferiti solo con il
primo
capitolo! O_O Sono felicissima, grazie mille a tutte coloro che lo
hanno fatto!
È anche la prima volta che i favoriti sono più
dei commenti… :D ...a cui ora
vado a rispondere uno per uno!
Crusade: Realistica?
Sul serio? Mi hai illuminato la giornata *-* Trovo
sempre abbastanza complicato rimanere IC in ogni punto della storia,
quindi
sono davvero contentissima che il primo capitolo ti abbia lasciato
questa
impressione! :) Spero che anche il secondo non ti abbia deluso,
e…aspetto il
tuo parere! Un bacio!
aLbICoCCaCiDa: Grazie per i
complimenti, sono proprio
contenta che ti piaccia il mio modo di scrivere! :) Spero che anche il
nuovo
capitolo ti piaccia!
MANDiNA: Grazie
mille, spero che ti piaceranno anche i prossimi capitoli!
Ripeto, ripeto: essendo il mio
primo tentativo su ‘Twilight’ vorrei essere sicura
di essere rimasta fedele al
carattere di ciascun personaggio, in questo caso di Alice (
Grazie per aver letto, ci vediamo
al prossimo capitolo…la cena Cullen-Swan si avvicina!
*risata malvagia*
A presto!
Alessandra