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Autore: Aru_chan98    16/10/2014    1 recensioni
Quale prezzo si è disposti a pagare per diventare padre? Arthur è solo un giovane universitario che sogna di diventare padre in una società distopica in cui anche una cosa bella come un figlio è negata a chi non possiede un particolare DNA. Ma un incontro cambierà la sua vita e il suo destino per sempre.
Tratto dal testo:
"Adoravo le storie che tuo nonno raccontava sulla sua infanzia. Tutte quelle storie sul correre nei prati, giocare con gli animali e gli altri bambini. Per non parlare poi del poter avere una famiglia come e quando si voleva. Sarebbe stato bellissimo se tutto questo fosse durato fino ad oggi..." disse Francis, passando da un tono sognante ad uno che non tradiva una nota di amarezza. Ormai, nella loro società bisognava avere una dote speciale a livello genetico per avere una prole.
Genere: Science-fiction, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Giappone/Kiku Honda, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
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Quando Arthur si svegliò, la mattina seguente, la testa gli faceva male a causa della notte quasi completamente in bianco (a causa di un certo americano) e resa pesante da tutti i pensieri che si erano creati dalle rivelazioni che aveva appreso il giorno prima. Voleva avvisare Francis, era il suo migliore amico ed era suo dovere dirgli perché non gli era concesso vedere suo figlio, ma non voleva tradire la fiducia del suo amato compagno. Si mise a sedere, liberandosi dal gentile ma fermo abbraccio del suo amore, che mormorò, appallottolandosi, “I lo…”, facendo arrossire Arthur. “Cosa posso fare per aiutarlo? Se ne parlassi a Francis si arrabbierebbe, ma da solo non posso aiutarlo. D’altro canto, credo che abbia ragione, se provo a dire una sola parola di tutto ciò verrei arrestato o peggio…” pensò l’inglese, che era davvero determinato a rispettare la promessa fatta al giovane compagno. Infine, gli venne un’idea, ma prima di metterla in pratica doveva necessariamente parlarne sia con Francis che con Alfred. Si girò verso quest’ultimo e, mentre gli accarezzava i capelli biondi cercando di non svegliarlo, sussurrò “Sei stato davvero coraggioso my love” e prima di alzarsi definitivamente dal letto gli posò un bacio gentile sui capelli.
Alfred si svegliò sentendo delle voci concitate provenire dal salotto della casa: riconobbe all’istante quella del suo amato ragazzo e con un po’ di preoccupazione ne sentì un’altra, con uno spiccato accento francese che doveva per forza appartenere al francese amico di Arthur. Si affrettò a vestirsi, ma si accorse troppo tardi che non aveva con se i suoi abiti femminili ne nient’altro. Entrò nel panico: non doveva rivelare a nessuno il suo vero sesso, tantomeno ad un estraneo, anche se era il migliore amico del suo ragazzo. La tensione salii quando sentì dei passi avvicinarsi alla camera, ma si rilassò non appena vide che era Arthur. “Hai intenzione di rimanere qui tutta la giornata o vieni di là con me? Ci sono delle cose molto importanti di cui devo discutere sia con i nostri ospiti che con te” “Ma Arthur, non ho il mio travestimento. Non te la prendere, ma non me la sento di uscire così. Non voglio mettere in pericolo te o il tuo amico, è già stato rischioso rivelarti ogni cosa su di me, dicendolo ad altri aumenteremmo solo il rischio di essere scoperti”. “Ma se le cose rimangono così non ci sarà mai un cambiamento. Please, just for this time, trust me, my sweet Darling” gli disse, prendendogli una mano e tirandolo per essa leggermente. L’americano allora annuì e si lasciò condurre nel soggiorno, dove ad attenderli c’era Francis, seduto sul divano che li aspettava. Alfred  cercò di nascondersi dietro Arthur, ma la differenza d’altezza rendeva il tutto uno spettacolo al limite del comico. “Old chap, volevo presentarti una persona. Questo è Alfred” disse l’inglese al suo amico, che salutò il nuovo arrivato. Francis notò subito che i due si tenevano per mano e disse, sgranando gli occhi “Aspetta. Arthur, mais tu… Tu es…?” “Yes, old chap. Io sono innamorato di questo ragazzo, ed è il mio compagno. Mi spiace, ma è la verità” gli rispose l’amico, con un sorriso alquanto imbarazzato. Nella loro società, essere gay equivaleva ad una cosa estremamente imbarazzante per la famiglia e quasi proibita dal governo: tutti dovevano avere un compagno di sesso opposto, oppure non avrebbero potuto dar vita a nessun tipo di discendenza. “Mais… et Amélie? Non eri innamorato di lei?” chiese il francese, con confusione crescente. “È una lunga storia, ma vorrei che mi ascoltassi per bene, perché avrei bisogno del tuo aiuto” disse Arthur, per poi prendere due sedie, disponendole in modo che i tre potessero parlare anche a bassa voce e fece cenno ad Alfred di sedersi, per poi sedersi a sua volta. Cominciò a spiegare per filo e per segno ciò che Alfred gli aveva raccontato il giorno precedente, cercando di ritardare il più possibile la notizia su suo figlio. “E non è tutto old chap” cercò di finire Arthur, scegliendo le parole con cura “Sappiamo anche perché trattengono tuo figlio. Ti prego Francis, cerca di mantenere la calma. Tengono Matthew nel centro dove lavora Alfred perché credono che sia lui il soggetto che cercano. Al mi ha detto che aspetto e quadro genetico corrispondono quasi ai suoi e che penso che sia per questo che ti impediscono di vederlo…”. Questa notizia colpì Francis più forte di un pugno. “Mon Mattie… le fils de ma aimé Jeanne… un esperimento ? Oh mon Dieu” disse sconvolto, con la testa tra le mani per la sconsolazione. “I’m terrible sorry, ma dovevo dirtelo. Anche perché voglio aiutarvi entrambi” disse Arthur con aria decisa “Ma ancora non so come. Ci dev’essere un modo sia per salvare tuo figlio sia per ridare ad Alfred una vita normale in tutti i sensi. I migliori piani li abbiamo sempre progettati insieme, quindi sono convinto che ce la faremo” “Dammi… dammi qualche giorno per riprendermi, poi penseremo ad un piano d’azione. Je suis désolée, mon ami, ma questa si che è una notizia seria. Non dirò niente a nessuno, lo prometto. Ci vediamo” e così dicendo, il francese si congedò. Il filo dei pensieri di Arthur fu interrotto dal giovane americano: aveva attirato la sua attenzione appoggiando la mano su quella candida dell’inglese e quando quest’ultimo si girò per guardarlo vide che stava tremando. Non gli era mai parlo così fragile e gli provocò una scarica d’emozioni indefinibili. Desiderò con tutto se stesso di riuscire a far finire tutto in fretta, sia per lui che per il suo giovane amato che per il suo migliore amico. Cercò di consolarlo con il più caldo abbraccio che avesse mai fatto, che sembrò calmare Alfred, che a sua volta lo stinse forte a sé come a cercare di credere nelle parole fiduciose del compagno, ovvero che avrebbero trovato una soluzione.

Nella settimana che seguì Arthur non ebbe notizie di Francis né lo vide in università. Sia l’inglese che il suo compagno erano preoccupati, soprattutto perché non era da lui sparire nel nulla. Così, un giorno Arthur decise di andare a chiedere a Kiku se avesse ricevuto notizie dell’amico. Proprio come Francis qualche giorno prima, venne accolto dall’amico nel suo studio. Purtroppo il viaggio si rivelò a vuoto: nemmeno Kiku sapeva che cos’era accaduto al francese. “Dottore, eccolo le schede dei pazienti di stamattina!” esclamò un’infermiera, entrando nello studio vivacemente. Gli occhi di Arthur si spalancarono alla vista della giovane ragazza. “Oh, grazie mille Amelia, posale pure sulla mia scrivania” le disse Kiku, con il suo solito tono pacato. La ragazza se ne stava per andare quando il dottore la fermò: “Ah, aspetta. Amelia, vorrei presentarti una persona, ma credo che tu la conosca già…” disse Kiku, con una strana luce negli occhi “Non è vero? Dai Arthur, quanto a lungo volevi tenermi nascosto il fatto che hai finalmente trovato una compagna?”. Sia l’infermiera che il ragazzo diventarono rossi: erano si compagni, e non solo di titolo, ma non potevano dire la verità a Kiku. Lo avrebbero fatto solo in caso di estrema necessità. “Ehm, ciao Amelia. Non pensavo che ti avrei incontrata sul lavoro. Come stai? Tutto bene?” le chiese timidamente l’inglese, cercando d’ignorare il commento dell’amico. “T-tutto bene. Come mai sei qui? Non stavi cercando d’avere notizie di Francis?” rispose la ragazza, altrettanto imbarazzata. Arthur gli spiegò che Kiku era un buon amico suo e di Francis e che era venuto da lui perché credeva che avesse sue notizie. Dal canto suo, Kiku si rivelò alquanto curioso riguardo la relazione che i due ragazzi intrattenevano, capendo al volo che i due erano amanti dalle loro reazioni, cosa che aumentò la curiosità nei loro confronti. Arthur decise di aspettare che il suo ragazzo finisse di lavorare prima di dileguarsi dalle attenzioni del giapponese. Erano ancora al punto di partenza. Decisero di rincasare: Arthur aveva proposto, qualche giorno prima, al suo compagno di venire a vivere da lui e Alfred aveva accettato, anche se entrambi sapevano che il ragazzo sarebbe dovuto apparire come una donna all’esterno delle mura domestiche, ma niente era comparabile a poter chiamare quel posto “casa nostra”. L’inglese non fece in tempo ad aprire la porta di casa che il telefono squillò. Si affrettò a rispondere, facendo cenno al suo compagno di entrare e mettersi comodo. Al telefono c’era Francis, che sembrava essersi finalmente ripreso dalle cattive notizie ed essersi caricato di determinazione. I due rimasero a parlare per buona parte del pomeriggio, cercando di calcolare ogni possibile variabile di un piano d’azione che li avrebbe aiutati a salvare tutti loro dai casini in cui erano, ma ogni piano aveva sempre un tallone d’Achille che li avrebbe fatti fallire. “Purtroppo non vedo vie d’uscita” “Capisco… grazie comunque per l’aiuto old chap” gli rispose l’inglese, per poi chiudere la chiamata. Si sentiva amareggiato per non riuscire a trovare una scappatoia per salvare tutti. Per la frustrazione tirò un calcio al comodino vicino al suo letto, producendo un forte rumore, che incredibilmente non svegliò l’americano che dormiva beatamente sul divano, ma che fece aprire un cassetto che era bloccato da tempo. Arthur notò che al suo interno c’era qualcosa di bianco: era una lettera! Il ragazzo la prese con mani tremanti, intuendo che quella era la misteriosa lettera che suo nonno gli aveva lasciato. Si disse che era tempo di aprirla, perché in ballo c’era la vita di Alfred, colui per cui avrebbe rischiato persino la sua vita. Si sedette sul letto e cominciò a leggerla: “Caro Arthur. Se stai leggendo questa lettera vuol dire che io sono morto e che tu sei in una situazione di grande pericolo o hai bisogno d’aiuto per salvare qualcuno a te molto caro. Voglio raccontarti una storia figliolo, una accaduta molto prima che tu nascessi. Mi spiace averti fatto credere per tutti questi anni che io fossi uno storico, ma fidati, era per il tuo bene. In realtà ero uno scienziato e lavoravo sotto la tutela del primo ministro delle comunicazioni. Il mio lavoro consisteva nel cercare di rendere più facili i rapporti con l’unica città sopravvissuta alla guerra. Amavo davvero il mio lavoro, soprattutto perché mi permise d’incontrare tua nonna… ma sabotai il tutto non appena il figlio di un mio stimato collega, il professor Jones, non mi avvertì di una cospirazione immane. La nostra città voleva impiegare l’umano perfetto per conquistare quella città. “L’umano perfetto”, mio caro figliolo, è un individuo il cui DNA può mutare anche radicalmente senza subirne le conseguenze. Mi addolorò molto sapere che sarebbe stato proprio il figlio di quest’illustre scienziato ad essere il soggetto in questione. Purtroppo morì prematuramente insieme alla moglie, giudicati colpevoli di aver rivelato e manomesso segreti di stato, cosa completamente falsa, perché in realtà avevano solo cercato di salvare il loro bambino. Ma non ti dico questa storia a caso, quando scoprirono il mio crimine, tua nonna e tuo padre si presero la colpa, venendo assassinati. Fu tuo padre in persona a chiedermi di dirti che non ti aveva mai riconosciuto, proprio per non metterti in pericolo. Avevi 4 anni quando furono giustiziati e appena 21 quando i genitori di quel povero ragazzino furono messi a morte. Per tutta la tua infanzia ho cercato di insegnarti i valori più giusti di cui una persona abbia bisogno, nella speranza che un giorno tu riuscissi a trovare il ragazzo in questione e aiutarlo a fuggire. Sono sicuro che ci riuscirai, ma, nel caso tutto dovesse fallire, nella stessa busta in cui è contenuta questa lettera, troverai una mappa che ti condurrà alla seconda città, al di là del mare. In allegato c’è anche un messaggio per la popolazione del luogo. Sul retro della mappa è segnata la posizione del mio laboratorio segreto: al suo interno troverai un aereo, sentiti libero di usarlo per attraversare il mare. Essendo molto vecchio non sarà visibile ai radar militari. Non ti scoraggiare, esiste una soluzione a tutto, specie se si hanno le mappe dell’edificio giusto, non è vero figliolo? Stammi bene e buona fortuna. Tuo nonno, Alibert Kirkland. P.S. ultimamente ti sento parlare molto spesso con Francis dell’avere una prole tutta vostra. Sono convinto che il tuo amico ce la farà, la sua ragazza è davvero deliziosa. Arthur, so bene che tu abbia un quadro genetico normale, ma fidati, aprendo la mente ad ogni possibile soluzione che possa esserci, anche la più pazza o assurda, alla fine si può trovare la soluzione”. Le parole del nonno lo stupirono molto: in tutta la sua vita non aveva mai dubitato di suo nonno, credendo che fosse davvero chi diceva di essere. Lo aveva idealizzato per tutti quegli anni, pensando che davvero fosse stato l’unico a volergli bene. Anche in quel momento, mentre piangeva, la stima che aveva per il nonno non poteva fare a meno di crescere, insieme ad un rinnovato affetto per quel genitore che, nonostante non avesse conosciuto per davvero, aveva dato la vita per la sua sicurezza. Si sentiva pieno di rimorso per il disprezzo che aveva provato per suo padre. Calmandosi, cercò di capire a fondo ogni informazione che il nonno gli aveva lasciato. Gli sembrò un incredibile scherzo del fato il fatto che suo nonno conoscesse il padre di Alfred. S’interrogò soprattutto sul suo consiglio contenuto nel post scriptum: cosa avrebbe mai voluto significare? Ispezionò l’interno della busta e al suo interno vi trovò davvero altri pezzi di carta: una mappa che sembrava rappresentare buona parte del mondo, un messaggio scritto in una lingua che non riusciva a capire e la piantina di un edificio che si rivelò essere il Centro di Fecondazione e Approvazione Prole. Stava posando la busta sulla coperta del letto, quando un piccolo oggetto cadde fuori da essa: era una piccola chiave di bronzo. “Che sia la chiave del laboratorio del nonno?” si chiese Arthur. Mentre ci rimuginava su, decise di mettere al corrente il giovane ragazzo che dormiva nella stanza affianco. Si sedette sul bracciolo del divano, dal lato dove la testa bionda dell’americano riposava tra i cuscini. “Darling… Hey my darling, wake up please” disse piano il britannico, mentre accarezzava i capelli arruffati del suo giovane amore. Alfred aprì lentamente i suoi occhi zaffiro e chiese al compagno come mai lo avesse svegliato. “Penso di aver trovato un modo per risolvere le cose” gli rispose, sorridendo timidamente. “Ho trovato una lettera che mi ha lasciato mio nonno prima di morire. Credo di aver trovato una scappatoia” disse l’inglese, sedendosi affianco all’altro ragazzo “Una lettera di tuo nonno? Arthur, non mi hai mai parlato della tua famiglia…” disse il ragazzo “Beh, non c’è molto da dire in realtà. Mia madre è morta dandomi alla luce, mentre di mio padre non ho molti ricordi. So solo che all’età di 4 anni andai a vivere da mio nonno. Questa era casa nostra infatti, anche se è un po’ cambiata dalla sua morte” “Mi spiace davvero tanto Arthur” gli disse il ragazzo “Non posso dire di non aver sofferto, ma in qualche modo ho sempre pensato che fosse destino. Sia io che Francis potremmo raccontarti certe storie su di lui… ma comunque, dovresti leggerla anche tu” disse Arthur, porgendo la lettera all’altro ragazzo. Quest’ultimo sbarrò gli occhi verso metà lettera. Quando finì di leggerla, la sua prima reazione su di stupore, per poi irrompere in una risatina leggera. “Che hai da ridere?” gli chiese Arthur, con un tono più aspro di quanto non avesse voluto, “No, niente. È che mi viene da ridere al pensiero che mio padre non solo conosceva tuo nonno, ma che quest’ultimo ti abbia pure chiesto di trovarmi e aiutarmi, come a dire di proteggermi. Se ci pensi, questa coincidenza è davvero strana e non posso farci nulla. Anche perché penso che tuo nonno sarebbe più felice di quanto immagini perché il suo caro nipote è riuscito ad esaudire il suo ultimo desiderio, ovvero aiutare il figlio di un caro amico” e così dicendo, gli rivolse un sorriso davvero dolce, che fece arrossire il più grande. Si sentiva felice per la consapevolezza di aver trovato una soluzione a tutti quei problemi e nello stesso tempo essere riuscito a realizzare la richiesta del nonno. “Però immagina la sua faccia, se potesse sapere che il soggetto sperimentale in questione ha una relazione speciale col suo nipotino. Credo che non l’avrebbe mai immaginato” finì Alfred e Arthur gli rispose dicendo, in tono giocoso “E chi lo sa? Il nonno era un tipo davvero eccentrico. Per me potrebbe averlo supposto, solo per poi scuotere la testa e dirsi “Il mio caro ragazzo si merita una bella ragazza, o al massimo un ragazzo che mangia poche porcherie””. Alfred fece finta di essersi offeso, ma dopo poco entrambi scoppiarono a ridere. Arthur lasciò il ragazzo ad esaminare il contenuto della busta al completo, mentre chiamava il francese per mettersi d’accordo per vedersi il giorno seguente, dicendo di aver trovato una soluzione ad ogni problema. L’americano esaminò con cura ogni carta, anche lui non capendo niente tranne che qualche parola del misterioso messaggio e soffermandosi in particolare sulla planimetria del suo posto di lavoro: mentre ne studiava ogni minimo dettaglio, un’idea folle, nata e cresciuta dal misterioso consiglio del nonno di Arthur, gli balenò in testa. Solo, aveva bisogno di un aiuto extra per potersi realizzare.

Il pomeriggio seguente, i due discussero della scoperta di Arthur con Francis. Al francese brillarono subito gli occhi, un buon segno per l’inglese, che percepì che l’amico aveva un piano vincente in mente. Lo illustrò a loro pochi minuti dopo che ebbero finito di parlare. Anche il piano di Francis necessitava di un quarto complice per poter essere messo in atto. I tre ragazzi si guardarono, avendo avuto tutti e tre la medesima idea: Kiku. “Ok, ma anche se decidessimo di chiedere a lui di essere nostro complice, non pensate che potrebbe essere complicato spiegargli la situazione nel suo studio? E se qualcuno origliasse? Non di essere paranoici, ma se vogliamo che questo piano funzioni dobbiamo agire con la massima prudenza. Possiamo fidarci solo di noi e di lui” esordì il francese “Arthur, sei sicuro che tu e Alfred non correrete alcun rischio?” “Si, stai tranquillo old chap. Se restiamo uniti riusciremo a superare tutto” disse convinto Arthur, prendendo la mano del compagno. Decisero che avrebbero cercato l’appoggio del giapponese il mattino seguente, quando, secondo quello che sapeva il giovane americano, Kiku sarebbe stato in pausa per preparare delle pratiche per il giorno dopo. Il piano prevedeva un altro incontro “fortuito” tra Arthur e Alfred nella versione femminile mentre l’inglese e l’amico parlano, come l’ultima volta. Il piano cominciò sotto i migliori auspici: Alfred riuscì a scambiare il suo turno con quello dell’assistente di Kiku senza troppi problemi e l’università di Arthur chiuse per alcune manutenzioni. “C’è qualche motivo particolare per cui ci incontriamo di nuovo, amico mio?” lo accolse Honda, con un sorriso ironico. “In realtà una cosa ci sarebbe, ma non sono sicuro di potertela dire o meno” gli rispose l’inglese con aria seria. Kiku capì al volo che era qualcosa di grave, così si avvicinò alla telecamera posta all’angolo dello studio e ne impostò la modalità privacy, oscurandone la vista alla sala di sicurezza. Rimaneva il problema dell’audio, ma il giapponese seppe risolvere pure quello: controllò tra le pratiche del suo computer e trovò una vecchissima registrazione di un vecchio consulto. Lo mise su e i due furono finalmente liberi di parlare. Ma prima che Arthur potesse proferire parola, Amelia irruppe nella stanza, portando delle pratiche da sbrigare. Dopo averle posate però, la ragazza rimase nell’ufficio, anche se Kiku cercava di farle capire che doveva andarsene. “Amelia, potresti scusarci per favore? Vorrei parlare in privato con Arthur di cose private” cominciò il giapponese, ma si stupì quando fu lo stesso Arthur a dire “No Kiku, Amelia deve restare, perché questa cosa centra soprattutto con lei e abbiamo bisogno del tuo aiuto”. Kiku appoggiò la schiena al bordo della sua scrivania e disse loro che li avrebbe ascoltati. “Prima però, c’è una cosa che devi sapere…” disse timidamente Amelia. Arthur gli strinse la mano come per fargli coraggio e la ragazza si portò una mano ai capelli, che si rivelarono essere una parrucca. “Quindi tu hai un compagno?!” esclamò stupito Kiku, quasi facendosi sentire dalla videocamera “Ma… ma… e questa graziosa infermiera? Non era lei la tua fiamma?”. La situazione cominciava a puzzare di dejà vu per Arthur, che con pazienza si mise a spiegargli tutto, compreso il contenuto della lettera affidatagli da suo nonno. Kiku cercò di ascoltare senza fare una piega, ma persino lui non poteva fare a meno di stupirsi su alcuni pezzi della storia che i due amanti gli stavano raccontando. A fine storia si mise a pensare, soprattutto al piano che il francese aveva messo in piedi. “Allora Kiku, cosa ne pensi? Ti posso assicurare che tutto quello che ti abbiamo detto è vero. Ci serve il tuo aiuto in una parte cruciale del piano per aiutare Francis” gli disse Arthur. “Penso che sia un piano fattibile. Si, ho deciso, vi aiuterò, in nome della nostra amicizia. Però, avrei un favore da chiederti” ripose il giapponese, con tono gentile, “Certo, sempre che sia nelle mia possibilità” gli rispose Arthur. “Qualche settimana fa Francis è venuto a parlarmi per cercare una scappatoia al tuo problema sull’avere l’approvazione di una prole e nella discussione mi ha detto che tuo nonno aveva tanti libri. Potrei dar loro un’occhiata se li troviamo?” . Arthur annuì non avendo nulla in contrario. Rimasero a discutere dei dettagli del piano finché non fu ora di andare per Arthur. “Kiku, io ho da chiederti un favore personale invece” disse Alfred, non appena il compagno se ne andò.


Piccolo Angolo dell'Autrice:
Salve a tutti :D Eccomi finalmente con questo nuovo capitolo di questa storia. Mamma mia, sembra quasi uno di quesgli incubi in cui più corri e più la strada si allontana ahahahaha. Purtroppo ho avuto un serio blocco dello scrittore ma spero comunque che sia buono e scusate se è un pò lunghetto (Se fossi andata avanti a scrivere sarebbe lungo il doppio XD) 

 
   
 
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