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Autore: _diana87    20/10/2014    4 recensioni
"E va bene, vi dirò tutto, ma voi dovete lasciarmi parlare senza interrompermi, okay? Fate finta che vi stia raccontando una storia... agente, lei sa come funziona un romanzo, mi auguro... c’è un prologo, che potremmo identificarlo in questo momento, in cui il bravo ragazzo viene scambiato per un traditore e cerca di convincere la polizia che lui non c’entra niente... poi c’è il corpo, che è la parte centrale in cui vi racconto come si sono svolti i fatti... infine, c’è l’epilogo, in cui c’è la resa dei conti e la morale della storia... perché ogni racconto ha sempre la sua morale..."
Genere: Guerra, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Nuovo personaggio, Quasi tutti, Richard Castle, Sorpresa | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Kate litiga con la macchinetta del caffè.
Dopo l’ultima discussione avuta con Mike, e per giunta di fronte a tutti, dal nervosismo rovescia il bricco sul tavolo, balzando all’indietro per evitare che la bevanda le cada addosso. Il caffè scorre verso il basso, raggiungendo il pavimento. Sbuffando, si accascia a terra per pulire con una pezzetta bagnata, prima che la macchia si espanda.
“E’ scontroso, e cambia umore da un momento all’altro. Ma ti ci abituerai.”
Si alza in piedi scattando e, quando si volta, vede Christina all’ingresso.
La bionda funzionaria della CIA spalanca gli occhi gioendo alla vista del caffè, e si precipita verso la macchinetta, non curandosi di Kate.
“Ne avevo proprio bisogno dopo questa riunione.” Senza troppi complimenti, la donna si mette a preparare una tazza di caffelatte anche per lei.
La detective rivolge lo sguardo alla pezzetta. Lentamente, scuote la testa, sentendosi confusa. Christina parla di Mike come se lo conoscesse bene, e forse è proprio così, dato che da come si erano ritrovati a parlare davanti a tutti, era chiaro che avessero dei trascorsi sul campo. Kate non sa se solo in campo professionale o anche personale.
Si tocca la fronte con la mano e chiude gli occhi per un istante. L’aroma del caffè le entra dentro e già si sente più rilassata per iniziare una conversazione.
“Scusa la domanda... tu e lui...?” la domanda le esce così, esitando alla fine.
Christina si porta il bricco sulle labbra, tempo per assaporare l’odore del caffelatte, che lo posa subito sul bancone, lasciandosi andare ad una fragorosa risata. Si tocca la pancia piegandosi in due. Kate si sente a disagio e per non essere di troppo, ride nervosamente.
Quando poi l’altra si rialza da terra, si sistema le ciocche dei capelli dietro gli orecchi.
“Oh no. No, no, non è il mio tipo.” Risponde alla sua sistemandosi il completo che ha indosso e riprende a bere il suo caffelatte.
Kate abbassa lo sguardo su ciò che rimane del suo caffè. Non ha neanche voluto prenderne dell’altro. Lentamente passa un dito sul bordo della tazzina.
La Finch la osserva mentre beve tutto d’un fiato.
“Lo conosco perché abbiamo lavorato parecchie volte insieme, ma non c’è mai stato nulla. Sicuramente tiene a te, ma non è uno che si lascia andare facilmente alle emozioni. Da quando ha perso la sua famiglia in un attentato in Iraq.”
Alza lo sguardo repentino sulla funzionaria della CIA, restando sorpresa dalla quantità di emozioni che le ha scatenato quella risposta. Apre la bocca prima esitando qualche sillaba.
“Io non lo sapevo.”
Christina fa spallucce. “Nessuno lo sa. Infatti l’ho letto nella sua cartella. Far parte della CIA ha i suoi vantaggi. Dato che i primi giorni si ostinava a non parlarmi, ho dovuto frugare nel suo fascicolo online e ho accidentalmente letto la tragedia che lo ha colpito nel 2003. Quindi ho cambiato atteggiamento e anche lui ha iniziato a collaborare.”
Posa il bricco del caffelatte vicino a quello mezzo vuoto di Kate. Afferra un fazzoletto per pulirsi delicatamente gli angoli della bocca. Poi, dalla sua borsetta tira fuori un rossetto rosso e un piccolo specchio, e in un mezzo secondo si rifà il trucco. La detective si ritrova a fissarla come una stupida, chiedendosi se alla CIA sia normale parlare di tragedie e morti mentre ci si mette il rossetto, come se nulla fosse. Già riesce a immaginare altre donne come Christina che, rinchiuse nel bagno, iniziano il discorso con ‘Oggi hanno decapitato quel reporter. Ah, hai saputo che la L’Oréal vuole mettere sul mercato i trucchi alla frutta?’ Le labbra si inclinano a mezzo sorriso pensando alla simpatica scenetta, ma alla fine conclude che donne come Christina devono essere abituate a leggere reportage su certi drammi internazionali e si sono in qualche modo abituate alle circostanze.
Arriccia il labbro inferiore e torna a pensare a ciò che lei le ha detto a proposito di Mike.
“Cosa è successo?”
“Non so se dovrei dirtelo...” obietta incerta la Finch, riponendo nella borsetta i suoi trucchi.
“Christina, io so cosa vuol dire avere un muro intorno a te che ti impedisce di parlare con le persone a te più strette. E dato che ci sono passata, non ho la minima idea adesso di come si abbatte quel muro.” Replica Kate, sicura di sé.
Christina la osserva da capo a piedi, incrociando le braccia al petto. Il suo sguardo è duro, ma c’è anche ammirazione verso di lei.
“Ok, in fondo sembri una detective in gamba.” Dice con una smorfia da far intendere che non vuole scomporsi più di tanto. Modesta fino all’osso, e con la caratteristica di non lasciar intravedere la sua simpatia verso i suoi colleghi. La Finch è proprio una specie di Victoria Gates della CIA.
Christina sospira. Poggia entrambe le mani al bancone vicino la macchina del caffè e guarda dall’altra parte. C’è Mike Jones che con una mano sta gesticolando duramente davanti ai suoi agenti, mentre tiene l’altra in tasca. Forse spiegando loro di nuovo il concetto di quanto sia importante collaborare al fine di mantenere un clima sereno e risolvere la questione internazionale in corso. Lo vede passarsi la stessa mano sulla testa, mentre ascolta i commenti di Sonny, udibili anche a porte sigillate, per poi sistemarsi il nodo della cravatta.
“Sua moglie era con Medici Senza Frontiere, e lui si trovava a dirigere l’operazione in Iraq quell’anno.” Inizia Christina, e Kate balza sull’attenti. “Dei terroristi hanno posizionato una bomba sotto l’auto sbagliata, così invece di colpire Mike, hanno fatto saltare in aria sua moglie e la loro figlia, che aveva solo 7 anni quando si trovava con loro.”
Ora anche Kate si ritrova a guardare Mike. L’agente inglese, dopo aver congedato i suoi uomini, va a sedersi in un angolo appartato. L’aria sempre corrucciata, come se ce l’avesse con il mondo intero. E adesso anche la detective sa il perché del suo atteggiamento.
“E quindi lui si è chiuso a riccio da quel momento...”
“Kate, non dovrei dire altro, e te lo sto dicendo perché mi sei simpatica, ma se lui sa che te ne ho parlato, la collaborazione potrebbe diventare difficile, sono stata chiara?” la Finch sposta gli occhi su Beckett, facendole uno sguardo d’intesa.
Kate capisce l’antifona e fa mezzo sorriso. “Grazie.”
“A proposito, chi diavolo è Nikki Heat?”
 
Poggia il kalashnikov sulla sua postazione.
Affannato, si piega in avanti, mettendo le mani sulle ginocchia. Sente il peso del suo corpo, un corpo stanco ma più in carne e in forze rispetto all’ultima volta. Merito del cibo con cui lo sta viziando Nasir. Il giovane musulmano gli aveva detto che era lui l’uomo chiave del suo piano, quindi doveva essere sempre in forma.
Alza gli occhi verso il cielo, usando una mano come riparo dal sole cocente. Sono all’aperto in una delle tante postazioni di addestramento di Al-Qaida.
“8 bersagli centrati su 10, ottimo lavoro, Rick.”
Yoel Zurk, il suo addestratore, gli passa accanto dandogli una pacca sulla spalla, poi gli offre una bottiglietta d’acqua fresca.
Lo scrittore ringrazia e si disseta, bevendo tutto d’un fiato. Guarda il bersaglio davanti a sé.
La sagoma dell’omino è piena di buchi, 8 dei quali sono stati distribuiti tra la testa, il torace e le braccia.
“Potresti fare di meglio”, si intromette Yoel, come a leggergli il pensiero, “ma abbiamo ancora un po’ di tempo per migliorare.”
Rick sorride sornione. In fondo quest’uomo gli sta simpatico. È sempre gentile con lui, non alza mai la voce, ed è stato disponibile ad offrirgli delle lezioni private sul tiro a bersaglio.
Che debba ricredersi sui metodi di reclutamento di Al-Qaida?
Lo raggiunge, mentre si siede su una panca all’ombra, mettendosi un asciugamano dietro la nuca. Il sudore gli cola da ogni angolo del viso.
Se ne stanno lì, a guardare la visuale davanti a loro. Un mare di sabbia contornato da mura alte dello stesso colore, forse messo apposta per mimetizzare il posto con l’ambiente circostante. Gli unici colori caldi sono il nero delle grosse armi e le sagome grigie.
“Sei un uomo innamorato, Rick?”
Prontamente lo scrittore volta la testa verso Yoel. Con la coda dell’occhio nota uno sguardo perso nel vuoto e tanta malinconia sul suo viso, che sembra segnato da sofferenza che ha subito nel corso degli anni, e che neanche le rughe hanno saputo spazzare via.
Sorride appena. Il viso di Kate gli compare davanti. “La mia fidanzata è americana. Dovevamo sposarci prima di... beh, hai capito, vecchio mio.” Conclude, tentando di buttarla sullo scherzo, un po’ per ironizzare, un po’ per smorzare la tensione. E ci riesce, strappando al suo addestratore una smorfia divertita.
“Si chiamava Leah ed era israeliana. Ironico il destino? Io ero un palestinese sulla soglia dei trent’anni, e lei era nel pieno della sua giovinezza, ne aveva venti. Il nostro era un amore impossibile.” Si passa una mano sui capelli, una folta chioma brizzolata, che s’intona col colore della sua barba.
“Gli amori impossibili non esistono. E’ questo su cui si basano le grandi storie d’amore, no? Smentire i pronostici.”
“Tu vivi nelle favole, Rick, eh?” Yoel ricambia dandogli una pacca sulla spalla con fare bonario. “Sei uno scrittore, te lo concedo.” Prende una pausa prima di riprendere il discorso. “La nostra era una relazione complicata. Ascolta, said. Quando suo padre scoprì di noi due, per impedirmi di continuare a frequentare Leah, mi accusò di essere membro di Hamas. La gente mi evitava, a lei fu proibito di vedermi se non da lontano... era un clima irrespirabile.” Yoel sospira. Getta le mani a terra raccogliendo qualche sassolino e poi si alza per lanciarlo lontano. Rick lo osserva. “Perciò sono fuggito, cercando rifugio, ma non prima di aver fatto promettere a Leah che ci saremmo incontrati di nuovo.” L’addestratore si siede di nuovo e poggia i gomiti sulle ginocchia. Con il dito inizia a scrivere sulla sabbia. “Ci siamo detti, ‘Ana wa enti, deyman sawa”, che nella tua lingua significa ‘Io e te, sempre insieme.” Deyman era la nostra parola.”
Quella cosa lo fa sorridere. Strano come anche quest’uomo, lontano anni luce da lui, dimostra di avere molte cose in comune con lo scrittore di quanto pensasse.
Deyman. E poi che è successo?”
Yoel torna a giocherellare con qualche sassolino, prima di lanciarlo in lontananza, restando nella posizione da seduto. Soddisfatto del bel lancio, fa una smorfia felice.
“Nasir mi trovò e mi salvò, dimostrandosi gentile. Mi accolse nella sua cerchia.”
“E Leah? L’hai più rivista?”
L’uomo sospira abbassando lo sguardo a terra. Lascia le braccia a penzoloni poggiate sulle ginocchia, poi alza gli occhi per guardare davanti a sé.
Rick scruta il suo profilo cercando di studiarne i lineamenti. Allearsi con Nasir significa salvezza e speranza, anche se il prezzo da pagare per la propria libertà è alta. Cerca di immaginarsi l’uomo che ha accanto ai tempi in cui fu costretto a lasciare tutto ciò che amava per sfuggire alla morte, solo con la speranza di ritornare dalla sua fidanzata. Yoel si passa una mano sui capelli, rivolge a Rick uno sguardo compassionevole e riprende il racconto.
“Passarono quasi vent’anni. Ci rivedemmo per puro caso. Lei era al mercato del paese, e io in missione in incognito. Ci scontrammo, io scappavo e me la trovai davanti. Bastò uno sguardo al suo anulare sinistro per capire tutto. Leah si era risposata, ma la nostra parola, deyman non l’aveva dimenticata. Ci guardammo negli occhi un’ultima volta. Mi sembrò di scorgere felicità nei suoi, perché si era rifatta una vita... una vita tranquilla, senza tutte le complicazioni derivate dall’essere io palestinese e lei israeliana. Ma scorsi anche tristezza e malinconia nell’avermi visto. Poco dopo, sentii le grida delle milizie che urlavano il mio nome. Fui costretto di nuovo a fuggire, di nuovo, sotto i suoi occhi. E di lei non seppi più nulla.”
Yoel termina i suoi ricordi, tornando a guardare davanti a sé. Di nuovo, da attento osservatore, lo scrittore guarda il suo profilo.
Nessuna lacrima che avanza, neanche sulla coda dell’occhio.
Nessuna gocciolina di sudore per la malinconia che ha appena vissuto.
Silenzioso, non batte ciglio, osservando l’orizzonte davanti a lui, e un punto indecifrato dell’infinito. È come se ormai si fosse rassegnato al suo destino e al suo ruolo nel mondo.
Nella sua mente, Rick si chiede se sarà questa la sua fine, domandandosi se Kate resterà ad aspettarlo per tutto il tempo del mondo. E in caso contrario, lui la lascerebbe andare affinché abbia una vita serena, senza le preoccupazioni di essere ricercato dalla polizia internazionale?
“E’ una storia triste, Yoel. Mi dispiace.” Dice lo scrittore, stavolta abbassando lui lo sguardo.
“Avrai l’idea per il prossimo romanzo.”
 
Mike la sente avvicinarsi alla sua scrivania senza aver bisogno di alzare la testa per guardarla. Ha sempre la stessa fronte corrucciata, impegnato a scrivere e compilare i soliti foglie e scartoffie con i timbri dell’Interpol. Strano come ormai si sia abituato al suo inconfondibile profumo di ciliegie. Kate fa per aprire bocca, ma lui è più veloce e l’anticipa.
“Ti chiedo scusa. I miei agenti possono essere dei veri stronzi.”
Kate fa una smorfia divertita alla pronuncia marcata dell’ultima parola. “Come il loro capo.” Si affretta poi a dire. Il commento pungente gli fa alzare lo sguardo. “Però ho apprezzato che mi hai difeso quando mi hanno chiamata Nikki Heat. Solo non capisco perché tu abbia mentito a proposito del caffè e del fatto che mi hai aiutato.”
“Sono un agente della sicurezza, devo mantenere un certo riguardo sul privato.”
“Ma non stavamo facendo nulla di male.”
L’agente Jones si alza dalla sua postazione per porgerle un foglio dal quale Kate intravede una serie di scritte ben dettagliate. “A proposito, ti ho fatto uno schema su Al-Qaida, così puoi farci tutte le ricerche vuoi.”
La detective posa il suo sguardo speranzoso su quel pezzo di carta. Piccole mappe, contornate di frecce con altrettanti nomi dallo stampo arabo.
Non conosce quei posti, se non per sentito parlare e improvvisamente si sente così piccola di fronte a quella sua mancanza di informazioni.
Accanto a lei, Mike le sfiora il braccio con fare incerto, forse non più abituato a quel tipo di contatto umano.
“Lo troveremo, Beckett.”
“E’ quello che mi ripeto ogni giorno.”
“Almeno sappiamo che è vivo.”
A quelle parole, Kate alza lentamente lo sguardo su di lui, rendendosi conto dell’altezza e della vicinanza che intercorre tra loro. Un barlume di speranza le accende le pupille. Mike le sorride e ruota la postazione per raggiungere il suo computer. Stando in piedi, poggia solo le mani sulla sua scrivania per maneggiare mouse e tastiera. La detective lo segue guardando il monitor in perenne stato di accensione. L’agente scorre una serie di immagini, saltando quelle superflue per trovare un pezzo specifico che mostra a Kate.
“Dalla chat online che ha intercettato Hayley, uno degli uomini di Nasir parla di un occidentale che si è unito al gruppo e lo descrive come ‘uno scrittore di gialli dagli occhi azzurri che chiacchiera troppo.’ Non so quanto sia utile questo ultimo pezzo.”
Kate ridacchia divertita fissando il monitor. “Sì, è lui.”
 
Una passeggiata per sgranchire le gambe è quello che gli ci voleva. La storia di Yoel l’ha davvero colpito, e ha dovuto inventarsi una scusa per stare da solo e riflettere, nascondendo le lacrime di commozione, così si è diretto verso la base operativa.
Nasir è sempre nella postazione di controllo, chiuso nella stanza vetrata. Il corpo rivolto verso i suoi uomini, con le mani poggiate sul computer centrale, osserva, scruta, controlla ogni dettaglio. Gli occhi diventano del più nero assoluto, trasformandosi come quelli di uno squalo, un predatore degli oceani, che aspetta silenzioso il momento più propizio per colpire.
Rick sale la scalinata che lo porta dentro la postazione del giovane, guardandolo mentre non fa neanche una mossa, e chiedendosi se respiri o sia solo un robot da combattimento. Nasir ruota la testa verso lo scrittore, percependo la sua presenza. Gli occhi prendono un altro colore, le labbra si inclinano in un sorriso e il busto riprendere a respirare tranquillamente.
Fa per dire qualcosa, e alza il braccio per indicare lo scrittore, quando uno dei suoi uomini, impegnati al computer, si alza. Agitato, inizia a percorrere il perimetro e il corridoio tra i pc, per salire le scale e correre verso Nasir. Ansimante, l’uomo si accascia a terra, allungando la mano verso il suo capo, che rivela un foglio scritto a macchina. Rick osserva il viso di Nasir contorcersi per la rabbia appena legge il contenuto del biglietto, che viene appallottolato immediatamente. Poi, il giovane musulmano torna nella posizione di vedetta e accende l’altoparlante. Sorride a denti stretti. La sua voce richiama sull’attenti il resto dei suoi uomini, i quali, smettono di usare la tastiera per starlo a sentire.
“Signori, qualcuno può gentilmente spiegarmi come è possibile che abbiamo appena avuto una falla nel sistema?”



Angoletto dell'autrice (poco) sana di mente:
Causa festival mi stavo dimenticando di aggiornare... (e di recensire e rispondere alle recensioni... giuro di provvedere appena mi libero un po') comunque, in questo capitolo troviamo finalmente la risposta alla domanda "Che vuol dire Deyman?"
Rick e Yoel, il suo addestratore, hanno un sacco di somiglianze, ma peccato che la storia di quest'ultimo non sia a lieto fine. E il nostro scrittore pensa, e riflette...
Christina, la nostra Gates della CIA, chiacchiera con Kate e rivela il motivo del suo essere bipolare (per non dire un'altra parola)... speriamo che adesso sarà più simpatico :p
E infine, Nasir è un tantino incavolato... chissà che farà?
Vi auguro un Happy Castle Monday, e come sempre, se volete, al prossimo capitolo!
D.
   
 
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