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Autore: tini fray    25/10/2014    3 recensioni
TRATTO DAL 18esimo CAPITOLO
"Alec sorrise in modo beffardo e lo stregone non riuscì a ribattere quando si avvicinò lentamente fronteggiandolo.
Il cervello di Magnus aveva staccato la spina ed era andato alle Hawaii con un volo diretto da Idris.
Alec non sembrava... Alec."
Ambientato alla fine di COLS.
E se nuove persone entrassero a fare parte della vita del cacciatore moro e Magnus, geloso più che mai, non fosse più così sicuro della sua decisione?
Malec/Clace/Sizzy
SPOILER DI TMI E DI TID
*FANFICTION IN REVISIONE DAL PRIMO CAPITOLO*
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood, Jonathan, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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Una figura imponente camminava per la foresta di Brocelind, scostando qualsiasi cosa intralciasse il suo cammino.
Niente poteva mettersi contro di lui: alberi, creature delle foreste, lupi mannari, vampiri.
Nulla.
Nulla poteva sperare di uscire vivo da uno scontro con Jonathan Morgenstern.
Sentì gli occhi bruciare, alzò lo sguardo e vide il sole sorgere mentre fra sé e sé ripensava a quanto fosse stato impulsivo ed incosciente incamminarsi durante il giorno in piena città.
Un sesto senso,quasi primitivo, l'aveva istigato ad uscire, come se, rimanendo nascosto, qualcosa dentro di lui si potesse fermare.
Come se quel qualcosa che sentiva crescere dentro di lui ogni minuto che passava, ogni passo in più che faceva in direzione di Alicante, si sarebbe potuto bloccare e annullare rimanendo chiuso in una stanza a riflettere.
Quella strana forza cui non riusciva ad opporsi era come una voce nella sua testa.
Una voce lontana, con milioni di eco in successione.
Diceva sempre e solo la stessa parola: Alicante.
E adesso che raggiungeva il limitare della foresta, Jonathan sentiva che ogni metro che  macinava, e diminuiva la sua distanza dal centro della città, lo stava portando a scoprire la verità.
All'inizio aveva pensato che quei pensieri fossero legati a Clarissa, la sua sorellina imprigionata lì in mezzo a quei pazzi malati.
Ma poi si rese conto di non essere lì per raggiungere lei, ma per svelare una verità che da tempo si nascondeva, celata nei meandri del suo subconscio.
Cosa stava succedendo dentro di lui?
Perché quella strana voce che sentiva dentro lo istigava a fare cose così impulsive e senza alcuna spiegazione?
Jonathan aveva ufficialmente decretato che quel sesto senso che stava provando era un qualcosa di antico, di magico.
Magia nera, decisamente più potente di quello che poteva anche lontanamente immaginare.
Quella magia stava quasi decidendo per lui.
Uscire in pieno giorno per andare in centro ad Alicante era stata una mossa così azzardata...
Aveva provato ad opporsi a quella forza misteriosa , ma era come opporsi a se stesso.
Era rimasto ore d'avanti a quell'antico e misterioso specchio in camera sua.
Aveva avuto di nuovo quella visione.
Quella bellissima visione di un ragazzo quasi identico a lui, ma decisamente molto diverso.
Da notti continuava a sognare quella visione e cercava di darsi una spiegazione ma non riusciva, come se gli mancasse un pezzo del puzzle per decretare la soluzione del mistero.
Raggiunto il limitare della foresta di Brocelind tracciò alcune rune dell'invisibilità sulle braccia, rune rosse, rune demoniache, rune create da lui per tutti gli ottenebrati.
Tracciò anche un'altra runa, strana, quasi geometrica, assomigliante ad un triangolo.
Calò il cappuccio del giubbotto  per non venire accecato dal sole e iniziò ad attraversare la pianura per raggiungere la città.
Ripensò alla guerra, alla lotta che aveva avuto luogo in quella pianura qualche giorno fa.
Un brivido percorse la sua schiena al ricordo di quella lotta, ma non per i suoi Ottenebrati feriti e per i morti, no, ma per quello che aveva messo fine alla guerra stessa.
Un altro tassello invisibile che rendeva il quadro ancora più complicato e le risposte alle sue domande sempre più lontane.













Mentre tutti combattevano, Jonathan si appostò su una delle tante colline lì intorno, e osservò la scena dall'alto.
Non per paura di essere catturato, non per paura di lottare o di ferirsi, ma per osservare Alicante e i suoi combattenti.
Figli di un Angelo che mai più avrebbe pensato a loro dopo averli creati.
Shadowhunters che combattevano da soli una causa  più grande di loro.
Ma, differentemente dalle altre volte, Jonathan provò uno strano senso di familiarità.
Come se anche lui fosse stato così un tempo, come se anche lui fosse stato cresciuto da veri Shadowhunters devoti al Conclave e al Console, come se lui la pensasse come tutti quelli che aveva intenzione di fare inginocchiare ai suoi piedi.
Osservando attentamene scorse in lontananza una figura nera enorme e percepì immediatamente che si trattasse di Abbadon e poi vide un piccolo punto nero, un po' più in là, risalire con ferocia il lato della collina, e all'inizio non capì di chi si trattasse ma stranamente sembrava saperlo.
Strinse gli occhi mettendo a fuoco la figura: Alec Lightwood.
Rimase ad osservarlo fino a quando la sua figura non scomparve dietro la collina: le braccia muscolose dove i marchi si stagliavano in contrasto con la pelle chiara, la spada che teneva in mano, stringendola come se fosse la sua ultima ancora di salvezza, faceva guizzare i muscoli dei bicipiti.
Guardando attentamente quella spada così luminosa, e tenebrosa allo stesso tempo, la figura del ragazzo gli sembrò così familiare e accogliente che per un attimo fu indeciso sul buttarsi rotolando dalla collina e raggiungerlo oppure rimanere lì, nascosto, a studiare tutte le sue mosse.
Qualche secondo dopo che Alec fu scomparso, Jonathan cercò la sua figura dietro gli alberi bruciati e fra i pendenti delle colline, ma non la trovò.
E poi fu l'inferno.
Un dolore così atroce da risvegliare i morti e così potente da uccidere gli Angeli del paradiso.
Immediatamente la spirale di dolore che partiva dal petto e si diffondeva in tutto il corpo veniva sostituita da un vuoto freddo, gelido, come se parte della sua anima fosse morta.
Cadde in ginocchio urlando e stringendo le braccia al petto mentre cercava invano di respirare regolarmente.
Un senso di panico si prese possesso di lui, vide il terreno girare vorticosamente e cercò di ristabilire un ordine.
La paura di venire scoperto o attaccato in quel momento di debolezza lo invase completamente e richiamó a sè i demoni, tornando all'appartamento ereditato dal padre.
Ai 10 minuti di vuoto assoluto e atroce, dopo qualche secondo, seguì il nulla.
Seduto sul pavimento della sua stanza per i rituali sentiva come se nulla di tutto quello fosse accaduto, un vuoto anormale, si sentiva bene ma seppe di essere morto dentro.







La brezza gelida sferzò il volto di Jonathan che si appoggiò al muro di una casa per prendere fiato.
Girava in paese da qualche minuto attraversando vie e casette con giardini rigogliosi.
Alzò lo sguardo e vide in lontananza le guglie del castello dei Pennhalow, l'attuale Console.
Sentì una breccia dolorosa al livello della nuca e la runa dell'invisibilità bruciare improvvisamente, insieme all'altra che aveva tracciato sul braccio sinistro.
Tirò su la manica del giubbotto e vide il marchio scomparire gradualmente.
Jonathan alzò lo sguardo, sempre coperto dal cappuccio, e notò che alcuni bambini e delle signore posavano per qualche secondo lo sguardo su di lui e poi guardavano altrove.
Lo potevano vedere...
Jonathan sentì le gambe tremare.
Una scossa di dolore attraversò la sua testa e si sentì spaccare in due.
Si sostenne con una mano da un muro mentre con l'altra stringeva i capelli biondi.
Delle signore si avvicinarono a lui preoccupate.
"Ti senti bene, ragazzo?" Chiesero poggiando le mani sulle spalle di Jonathan che, spaventato per essere stato scoperto, annuì febbrilmente e, con gentilezza, spostò le mani delle donne dalle proprie spalle.
Le due signore mormorarono qualche parola e raggiunsero le proprie case.
Jonathan arrancò fino ad un vicolo sul quale si affacciava solamente una finestrella.
Si appoggio al muro e strinse la testa con le mani.
Riacquistò una leggere stabilità e, mentre apriva gli occhi lentamente, notò delle voci discutere concitate.
Tese le orecchie e capi che provenivano dalla finestrella sopra di lui.
Mentre ascoltava riuscì a distinguerne due: una maschile e un'altra, leggermente più acuta, di donna.
Jonathan si appostò meglio per guardare dentro la finestra e vide una donna lavare i piatti e un Nephilim che si sedeva a tavola.
"Hai notizie sul figlio dell'Inquisitore?" Chiese la donna mentre poggiava un piatto su di una mensola e si girò verso l'uomo che annuì con aria mesta.
Jonathan si dimenticò per qualche secondo come si svolgeva il semplicissimo processo di inspirazione.
Figlio dell'Inquisitore... Inquisitore Lightwood... Alec.
"Jia ci ha informato, a quanto pare la situazione era molto grave ma è riuscito a riprendersi, nonostante ancora non sia in piene forze" disse l'uomo con aria rassegnata.
Jonathan strinse le mani a pugni. Cos'era successo su quella collina?
"Ma l'hai visto?" Chiese la moglie  preoccupata al marito che annuì.
"E com'era?" Chiese la donna ansiosa.
L'uomo fece una smorfia come a non volerne parlare.
Il cuore di Jonathan fece un balzo: come stava Alexander? Ma soprattutto, cos'era successo?
"Le ferite esterne causate dall'impatto con il demone si sono rimarginate ma non è in forze, ha perso molto sangue e a quanto pare ci vorrà un po' per ristabilirsi. Erano tutti molto preoccupati, nonostante le divergenze iniziali" disse l'uomo togliendosi la giacca e appoggiandola ad una sedia.
Jonathan sbiancò mentre realizza l'accaduto.
Demone... Abbadon.
Abbadon aveva ferito Alec, e anche gravemente.
E LUI stesso l'aveva evocato, perciò Alec era stato male per colpa sua.
Non capi perché si stesse interessando così tanto ad Alexander ,con il quale, dopotutto, non era mai andato molto d'accordo.
Semplicemente non si erano mai calcolati più di tanto.
Cosa interessava a Jonathan del Lightwood?
La donna si portò le mani al viso emettendo un verso disperato.
"Ma si riprenderà, vero? Oh povero ragazzo, quanto mi dispiace per lui, prima viene messo da parte e trattato in maniera incresciosa e adesso questo! Ma..." La donna si fece improvvisamente seria "L'inquisitore... Come l'ha presa?".
Il volto dell'uomo venne contorto in una smorfia disgustata.
"Esiste sicuramente un girone dell'inferno anche per tipi come lui" disse con voce arsa d'odio.
La Nephilim si rabbuiò immediatamente.
Jonathan cercò di assimilare il discorso dei due Nephilim.
Da quanto aveva capito Alec e suo padre non avevano mai avuto un buon rapporto, ma da quello che diceva quel Nephilim evidentemente la situazione era più grave di quello che pensasse.
"Cos'ha fatto Lightwood a quel povero ragazzo questa volta?" Chiese sistemandosi la maglia e sedendosi a tavola.
L'uomo bevve un sorso di acqua e sospirò.
"Al solito. Dopo che il ragazzo si è risvegliato ed è stato abbastanza in forze per alzarsi dal letto è venuto nella Sala del Consiglio, probabilmente per far vedere a tutti che stava bene,e suo padre non si è degnato neanche di salutarlo, o di chiedergli come stava. Mentre la sorella  salutava Alec abbracciandolo, Robert è rimasto ad osservare dei fogli.".
Jonathan rimase sbalordito, a quanto pare lui ed Alec erano più simili di quello che si pensasse riguardo all'affetto paterno.
La donna fece dei singhiozzi mozzati.
"Povero ragazzo, che padre degenere! Chissà che infanzia che avrà avuto." La donna prese a piangere "Cosa farei a quell'uomo se mi capitasse d'avanti e io fossi armata anche di una semplice forcina per capelli! Quel povero ragazzo è stato sempre così diligente, e questo è l'affetto che riceve da quel degenere!".
L'uomo accarezzò dolcemente il capo della consorte e Jonathan capi che era tempo di andare.
Si raddrizzò e dopo aver calato il cappuccio del giubbotto in pelle si incamminò verso l'enorme castello dei Pennhalow, con un solo pensiero in mente: avrebbe fatto cambiare idea a Robert Lightwood.













Jace sbatté la porta entrando furiosamente nel salotto buio, dove delle tende bloccavano l'entrata della luce.
Alec si sedette su una delle poltrone sbuffando.
"Cosa ti prende? Si può sapere?!" Esclamò Jace ponendosi di fronte ad Alec, incrociando le braccia al petto.
Alec distolse lo sguardo da lui posandolo sul camino spento dove la legna bruciata del giorno prima attendeva di essere buttata.
"Niente, Jace, non succede niente" disse secco il Lightwood iniziando a torturarsi le mani.
"Niente? Niente, Alec!? Sei entrato come uno zombie in cucina, Magnus sembrava stesse trasportando la tua salma, e adesso sei così pallido da sembrare di ceramica! Ancora riesco a vedere e non sono stupido!" Esclamò irritato Jace mentre guardava Alec con insistenza.
Alec per la prima volta da tutta la mattina rise sorridendo sghembo.
"Oh, allora sai della mia esistenza! E pensare che prima credevo che tu tenessi in considerazione solo Clarissa!" Jace lo guardo spalancando gli occhi dorati.
Alec tornò a guardare il camino ignorando Jace che aveva iniziato a scuotere la testa.
"Allora è questo il problema! Non ci posso credere, Alec..." Sussurrò Jace incredulo misurando a grandi passi la stanza.
Alec lo guardò confuso ed irritato.
"Che cosa? A quale conclusione è arrivata la tua testa bacata?" Esclamò il ragazzo dagli occhi blu.
Jace sospirò fermandosi di fronte al ragazzo e posando lo sguardo su di lui.
"Tu sei ancora innamorato di me!" Esclamò Jace alzando le braccia al cielo.
Alec spalancò la bocca, saltò in piedi e prese Jace per il bavero della camicia.
Jace sussultò per l'irruenza del parabatai.
"È questo che credi? Pensi che io, solamente perché tengo a te e non voglio vederti soffrire, sia innamorato di te? Davvero la pensi così? Io sono solamente stufo! Stufo di vederti stare male per qualcuno che ti sta cambiando e che ti sta portando via da me! Vorrei vederti felice con qualcuno che ti merita!" Urlò Alec in preda ad un impeto di rabbia e rilasciò la camicia di Jace senza controllare la sua forza e il parabatai cadde per terra.
Jace era diventato di un bianco marmoreo e, mentre cercava di ricomporre le idee che aveva in mente, disse l'unica frase che avrebbe dovuto mettere momentaneamente nel dimenticatoio.
"Ma... io la amo" Alec, già rosso in viso per l'ira, strinse le mani a pugni e cercò di calmarsi.
Lui, il ragazzo modello, sempre così pacato ed educato, in quel momento sembrava stesse per prendere fuoco.
E, nonostante l'espressione del viso di Alec stesse a significare la sua voglia di bruciarlo, Jace si sentì ghiacciare guardando i suoi occhi.
Una sfumatura così scura del blu che sembrava quasi quella dell'oceano in tempesta e, osservando attentamente il parabatai, constatò che la tempesta dentro lui infuriava già da molto tempo e che adesso era esplosa come un tornado.
Alec aprì la bocca per parlare e Jace trattenne il respiro aspettando di vedere il parabatai liberare tutto l'odio che provava per lui e vederlo andare via, leggero di ogni pensiero.
Ma prima che Alec potesse emettere qualsiasi suono, un suono freddo, come di ghiaccio, arrivò dal corridoio.
Alec richiuse la bocca immediatamente e guardò prima il parabatai e successivamente la porta del salotto chiusa.
"Cos'è stato?" Chiese Jace con voce ferma e bassa.
Alec non lo guardò, si limitò ad avviarsi verso la porta con passo sicuro e spedito.
Jace si alzò e uscì dal salotto insieme ad Alec, raggiunsero il corridoio e sentirono dei suoni provenire dalla biblioteca.
Jace poggio una mano sulla spalla di Alec, che era davanti a lui ed era in procinto di entrare.
"Lascia che vada io per primo" sussurrò Jace con voce tremolante.
Alec lo trafisse con uno sguardo agghiacciante.
"Se ti credi migliore di me e pensi di avere più possibilità dillo pure Jace. Non c'è bisogno che tu faccia finta di preoccuparti per me" disse Alec dopo essersi liberato la presa di Jace sul suo braccio e, spalancando le porte della biblioteca, entrò.
Avanzò fino al centro della sala e si guardó intorno. Era tutto in ordine, come prima della festa.
Quando stava per girarsi verso Jace per dirgli che avevano fatto un buco nell'acqua notò la porta finestra spalancata.
Alec camminò fino alla porta finestra ed uscì in balcone mentre Jace gli intimava di non allontanarsi.
All'improvviso un tonfo sordo alle sue spalle lo fece girare.
Proprio ai piedi della porta finestra era apparsa una figura slanciata: i capelli biondo cenere erano sferzati dal vento proveniente da fuori e gli occhi neri lo osservavano in modo inspiegabile.
Alec lo guardò e si sentì gelare mentre il ragazzo lo studiava con assoluta lentezza.
Sentì Jace urlare e poi una luce lo accecò.






Bentornato fratellino














Angolo delle Crazy:
Perdonateci il mancato aggiornamento di sabato scorso ma, purtroppo, non siamo riuscite a revisionare per bene e completare il capitolo per via dei molteplici compiti che le nostre professoresse ci hanno "somministrato".
Bene, questo capitolo penso sia stato uno dei più complicati da scrivere, sia per evitare di rendere i personaggi troppo OOC, sia per il poco tempo a disposizione. Non abbiamo molto da aggiungere purtroppo … Periodo complicato per noi.
Alla prossima😊
~Tini e Kiakkiera
  
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