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Autore: RandomWriter    26/10/2014    5 recensioni
Si era trasferita con il corpo, ma la sua mente tornava sempre là. Cambiare aria le avrebbe fatto bene, era quello che sentiva ripetere da mesi. E forse avevano ragione. Perchè anche se il dolore a volte tornava, Erin poteva far finta che fosse tutto un sogno, dove lei non esisteva più. Le bastava essere qualcun altro.
"In her shoes" è la storia dai toni rosa e vivaci, che però cela una vena di mistero dietro il passato dei suoi personaggi. Ognuno di essi ha una caratterizzazione compiuta, un suo ruolo ben definito all'interno dell storia che si svilupperà nel corso di numerosi capitoli. Lascio a voi la l'incarico di trovare la pazienza per leggerli. Nel caso decidiate di inoltrarvi in questa attività, non mi rimane che augurarvi: BUONA LETTURA
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'In her shoes'
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RIASSUNTO DELLA PUNTATA PRECEDENTE:
Mentre aspetta Kim per il loro allenamento settimanale, Dajan ripensa a quando l’ha conosciuta e ha cominciato ad interessarsi a lei. La scia dei ricordi lo riporta alle gare di atletica dell’anno precedente che avevano valso la qualificazione della velocista al campionato primaverile. In quell’occasione era rimasto da solo con lei, chiacchierando in un bar e, pur non sapendolo, quell’episodio era impresso altrettanto bene anche nella memoria dell’amica. Quando quest’ultima lo raggiunge sul suolo del campo da basket, il cestista le allunga un regalo di Natale, mandandola al settimo cielo.
Ambra rientra a Morristown e, andando a trovare Lin al ristorante, si ritrova ad aiutare come lavapiatti. Con enorme stupore e sconcerto, scopre che con lei ci sarà Armin e passa una serata all’insegna dell’allegria che il ragazzo riesce a trasmetterle. Quando quest’ultimo la accompagna a casa, gli racconta dell’esistenza di un’abilissima hacker che sta mettendo in difficoltà l’azienda di famiglia, ignara che la vera identità di Nuvola Rossa sia proprio il moro seduto accanto a lei.



 
CAPITOLO 37: NATALE IN FAMIGLIA
 
"sei sicura Rosalya che sia una buona idea? Sophia è stata operata ieri. Non potevamo aspett-"
"insomma Iris, quante volte devo ripetertelo? Non ha senso rimandare! L'operazione è andata bene e poi tu ed Erin dovete assolutamente fare pace"
"perché avete portato anche me?" sussurrò una vocina timida, intromettendosi tra le due belligeranti.
"perché sei sempre rintanata in casa, ecco perché! " la rimproverò Rosalya, tornando a premere per la seconda volta sul campanello di casa Travis, mentre Violet abbassava il capo.
Iris si sporse di lato, cercando di sbirciare all’interno dell’abitazione. La finestra del salotto era l’unica da cui si poteva intravedere l’interno della casa, di cui la ragazza ancora ricordava l’arredo rustico e accogliente.
"forse sono all'ospedale" ragionò la stilista, osservando il garage.
"che facciamo allora capo?" le chiese la rossa mentre una ciocca ribelle sfuggiva dalla stretta dell’elastico.
"aspettiamo qui" dichiarò l'amica e si accomodò sugli scalini della veranda. Sentì il contatto gelido del legno contro il suo sedere e allontanò con i piedi un leggero strato di neve che era riuscito a depositarsi sull’ultimo scalino. Iris e Violet sostarono indecise davanti all’ingresso ma, di fronte all’imperituro silenzio dei suoi abitanti, si rassegnarono a cercare posto accanto a Rosalya.
 
"come stai amore?" si premurò Amanda non appena incrociò il viso della figlia appena operata.
Sophia era stata sistemata in terapia intensiva per un paio di giorni, per poter poi ultimare la riabilitazione nel reparto di cardiologia.
"ma come, niente lacrime? Mi deludi mamma" scherzò la paziente, sorridendo radiosa.
Ancora non riusciva a capacitarsi di essere stata così vicina alla morte eppure di averla scampata. Da quando era venuta a conoscenza delle gravità delle sue condizioni, aveva passato l’inferno.
Ora invece il sollievo che le alleggeriva l’animo, la faceva volare ad un metro da terra.
"è tutta ieri che piange di gioia, scema. Perché sei sempre così egocentrica?" la rimproverò scherzosamente Erin.
Sophia si voltò verso la gemella. Era diventata più forte, molto più di quanto avesse mai osato sperare. Del resto sua sorella era sempre stata così, ma aspettava i momenti più difficili per manifestare tutta la sua solidità, proprio nei momenti in cui era lei a crollare.
"allora? Avete novità? Quando mi dimetteranno?"
"è presto per dirlo... i medici dovranno controllare che sia tutto a posto… comunque credo meno di una settimana" calcolò il padre, senza smettere di sorridere.
"così tanto?" sbottò la figlia, sconvolta e contrariata.
"non ti lamentare, è per la tua salute"
"mi toccherà passare l'ultimo dell'anno in ospedale? Già non mi va giù che oggi dovrò starmene qui" brontolò la ragazza, fissando la data sul calendario. Accanto a quel 25, una scritta in rosso le ricordava che si stava perdendo la sua festa preferita, quella che lei e sua sorella aspettavano con trepidazione tutti gli anni.
"ci rifaremo il Natale prossimo. Non vuoi vedere il tuo regalo?" la distrasse Amanda, rivelando un pacchetto che era stato loro concesso di portare nella stanza.
"me ne avete preso uno?" sì stupì Sophia "quando l'avete comprato?"
"ancora a fine novembre... Eravamo sicuri che saresti tornata per Natale" commentò Peter dolcemente, allungandole un pacchetto di carta dorata.
"in effetti l'idea era quella... ma c'è stato un incidente di percorso" ridacchiò la mora, mentre il padre, tra il divertito e l’offeso, borbottava:
"mi fa piacere vederti ridere su questa cosa, ma per noi non sarà facile lasciarsi tutto alle spalle"
"il peggio è passato papy, non essere sempre così melodrammatico"
"e tu non fare sempre la spavalda"
Le donne ridacchiarono. Tutta la tensione che era gravata su di loro nelle ultime ore si era volatilizzata ed era stata sostituita da un clima sereno e allegro.
Pur trovandosi in un ambiente asettico, bastava la presenza di Sophia a farli sentire tutti a casa.
"dove sei stata tutto questo tempo Fia?" le chiese Erin d'un tratto.
Aveva rimandato a lungo quella domanda, correndo il rischio di non riceverne mai la risposta qualora la sorella non fosse riuscita a superare l’intervento. La sera prima, aveva ricacciato in un angolo la sua curiosità, per lasciare che Sophia usasse le poche energie per salutare la zia e Jason che dovevano ritornare a Morristown.
Ora però era arrivato il momento della verità.
Il sorriso della gemella si era spento, incurvando gli angoli della bocca verso il basso.
"in ospedale" replicò con teatralità, lasciando per un attimo interdetti i presenti, poi Erin sbottò offesa:
"ma vaffanculo! Hai capito benissimo cosa voglio dire!"
"non ha importanza dove sono stata, ciò che conta è che intendo tornarci"
"che cosa?" ripeterono quasi in coro i familiari.
"non resterai con noi?" si allarmò Amanda.
"solo per le vacanze, poi a gennaio ripartirò" spiegò risoluta la ragazza. Non c’era cenno di esitazione o indecisione nelle sue parole. Aveva fatto una scelta, e come era tipico del suo carattere, farle cambiare idea sarebbe stato impossibile.
"per andare dove? Basta con questo mistero Sophia!" si spazientì la gemella, gesticolando animatamente. Ripensava a tutti i mesi in cui era stata in pena per lei, torturandosi per il senso di colpa e vederla così indifferente alla sua afflizione la mandava su tutte le furie. Non riusciva a capacitarsi del perché fosse così egoista dal tagliarla fuori dalla sua vita.
"non voglio che tu mi venga a cercare Erin"
"perché?" incalzò con crescente frustrazione. Sophia si abbandonò contro lo schienale del letto e, senza guardarla in faccia, mormorò:
"perché mi saresti d'intralcio"
Le due si conoscevano troppo bene per non sapere quale fosse il modo più diretto per ferire l’altra. Nonostante la maturazione della sua personalità, in un angolino infido e nascosto della mente di Erin, sopravviveva quell'insicurezza che la faceva sentire inadeguata rispetto alla sorella. Poteva dimostrarsi una persona forte quando le circostanze glielo imponevano, ma Sophia sapeva quali tasti toccare per farla vacillare.
"tua sorella non è una bambina" la difese Peter, osservando con severità la figlia più testarda.
"ma è invadente e curiosa” protestò quest'ultima, lanciando un'occhiata di sbieco ad Erin.
Sapeva che stava soffrendo, ma non poteva ancora raccontarle tutta la verità.
“ti prometto che mi farò sentire Erin” le disse, prendendole la mano, ma la sorella rifiutò quel contatto “giuro che non scomparirò un'altra volta, ma devi lasciarmi il mio spazio"
Erin non fiatava e non osava posare più gli occhi sulla sorella. In quel momento più che mai, si rese conto di quanto Sophia somigliasse a Castiel: anche lui se ne era andato, senza degnarla di una spiegazione per il suo silenzio. Dopo aver saputo dell'incidente della sorella, era riuscita a non pensare a lui più di tanto, ma ora che la sorella stava meglio, avvertiva sempre di più quanto la nostalgia la stesse attanagliando. Erano passati solo sei giorni dall'ultima volta che si erano visti, ma a lei sembravano molti di più. Detestava sé stessa, per quel ruolo che aveva umilmente accettato di personaggio statico e annichilito, il cui destino era quello di legarsi a persone che poi le voltavano le spalle. Si era ripromessa che non avrebbe più pianto per loro, e così sarebbe stato, ma ciò non impediva al suo animo di sentirsi profondamente ferito e umiliato.
"c'è una persona che mi sta aspettando"
Amanda e Peter ammutolirono mentre Erin sollevava lo sguardo sbigottita. Ci fu un attimo di esitazione, giustificata dallo spiazzamento generale. Era stata davvero Sophia a pronunciare quelle parole.
"è-è un ragazzo?" indagò Amanda ancora incredula. Differentemente da Erin, la gemella aveva avuto qualche storia in passato, ma non aveva mai dato l’impressione di essere capace di legarsi sentimentalmente ad un ragazzo.
Sophia non rispose a quella domanda e si voltò a guardare un punto indefinito della stanza. Quel gesto accentuava ulteriormente lo stupore dei presenti che non riuscivano a realizzare di avere di fronte la stessa ragazza solare e indipendente. Era la prima volta che Sophia prendeva una decisione lasciandosi vincolare dalle necessità di un’altra persona. Proprio lei che detestava quelli che definiva i ricatti affettivi.
"è una persona importante per me… ha bisogno di me" insistette.
"e non pensi a noi?" intervenne Peter, cercando di trattenersi "a tua sorella?"
In quel momento le sue parole non erano dettate da un paterno istinto protettivo: a parlare era un padre che faticava ad accettare che esistesse qualcuno di più importante di lui nella vita di sua figlia.
"Erin non ha più bisogno di me” asserì Sophia, incrociando lo sguardo della mora “ti vedo molto cambiata sorella"
Il silenzio della ragazza era durato abbastanza. Doveva accettare quello che sarebbe diventato il suo nuovo mantra: rassegnati.
Perché qualsiasi cosa avesse detto o fatto, Sophia non avrebbe cambiato idea.
"tu invece non cambierai mai Fia" sospirò infine "tranne che per il colore dei capelli... sbaglio o sono più rossi? "
"te li sei colorati?" si stupì Peter, l'unico a non essersi ancora accorto di quella differenza. L’osservazione di Erin era bastata ad alterare completamente l’atmosfera nella stanza che era tornata sui binari della spensieratezza e quotidianità.
"ma cosa dici, sono i miei naturali!" si difese debolmente la ragazza, giocherellando nervosamente con la treccina colorata.
"naturali un corno, guarda qui" obiettò la sorella, accostando una sua ciocca bruna con quella più rossiccia di Sophia. Con quella giustapposizione, la differenza era evidente e Peter, eterno sostenitore della bellezza naturale delle sue figlie, cominciò a protestare contro la ragazza, sostenendo che il suo colore originale era migliore. Amanda dal canto suo, sorrise pazientemente, asserendo invece che erano molto più adatti alla personalità anticonformista della figlia che aveva cominciato a bisticciare con la sorella per la sua irritante abitudine a fare la spia.
 
Rosalya sbuffò annoiata:
“mi verrà un raffreddore a stare qui fuori”
“è quello che sto dicendo da venti minuti!” protestò Iris, strofinandosi una mano contro la punta gelata del naso.
“n-non fa così freddo” minimizzò Violet, cercando di fare da paciere tra le due ragazze.
“ma se stai tremando!” obiettarono irritate, quasi in coro.
“io tremo sempre” rispose incerta l’artista. Dapprima le ragazze la fissarono perplesse, poi scoppiarono a ridere:
“dici un sacco di cose assurde Violet” commentò Rosalya “ma è anche per questo che mi piaci”
La ragazza arrossì e abbassò il capo, mentre Iris proponeva:
“senti Rosa, capisco che vuoi fare una sorpresa ad Erin, ma a questo punto abbiamo aspettato fin troppo: chiediamole a che ora sarà a casa e nel frattempo andiamo in un locale al caldo”
“non potevamo almeno restare in macchina?” avanzò timidamente Violet, formulando una richiesta che la stilista si sentiva rivolgere per la quarta volta.
“no, voglio vedere la faccia di Erin nel trovarci qui, schierate davanti a casa sua!”
“a questo punto tanto valeva vestirsi da nani e metterci in posa in giardino” commentò sarcastica Iris.
“perché non me l’hai detto subito? Questa sì che era è un’idea originale!” si entusiasmò Rosalya mentre la rossa smontava sul nascere la sua allegria:
“scordatelo” replicò perentoria.
Rosalya emise un verso stizzito e commentò tra sé:
“di certo tu saresti stata Brontolo”
Iris le lanciò un’occhiataccia mentre Violet sorrise e precisò:
“in realtà è più adatto a Castiel”
“hai ragione” convenne la ragazza, felice di aver trovato un modo per passare il tempo e sedare il cattivo umore, così continuò “Iris è Dotto”
“perché?” protestò l’altra, dimostrando di non gradire quel parallelismo:
“sei la più coscienziosa di tutti noi. Invece Violet è decisamente Cucciolo”
La rossa ridacchiò mentre l’artista sorrideva, concorde circa il personaggio che le era stato attribuito.
“e tu Rosa che nano saresti? Gongolo?”
“nano? Beh, nessuno mi si addice e di certo non Gongolo: quello è Alexy”
Iris stava per aprire bocca, quando sentirono il rumore dei pneumatici contro il suolo sterrato e finalmente videro la tanto attesa vettura imboccare il vialetto.
Le tre ragazze sorrisero educatamente incrociando lo sguardo perplesso del guidatore e della moglie al suo fianco e finalmente, dopo che la donna aveva mosso le labbra, videro far capolino nell’abitacolo, la testolina della loro amica che le fissava sbigottita.
 
Erin distribuì alle amiche tre avvolgenti coperte di pile mentre la madre era impegnata a preparare delle cioccolate calde.
“hai proprio una bella casetta Erin” commentò Rosalya studiando l’ambiente per la prima volta. Se non fosse stato per la presenza di Nathaniel, quella sarebbe stata la seconda volta che metteva piede nel nido dei Travis.
“avreste dovuto avvertirmi, invece di rimanere al freddo” le rimproverò dolcemente la padrona di casa, guardando ad una ad una le amiche, che avevano ancora le guance arrossate a causa dello sbalzo termico.
Iris lanciò un’occhiataccia all’amica stilista che però non si scompose e sviò quell’obiezione:
“piaciuta la sorpresa?”
“molto” sorrise Erin, prendendo posto accanto a Violet.
Rosaly annuì soddisfatta mentre Iris prendeva parola:
“io e Violet temevamo di disturbare. Del resto è Natale… sei sicura che non preferisci passarlo da sola con la tua famiglia?”
“è proprio questo il punto” intervenne Amanda, appoggiando un elegante vassoio con quattro cioccolate fumanti sul tavolino in mogano “dal momento che Sophia è ancora all’ospedale e che ormai i suoi amici sono tutti a Morristown, Erin avrebbe passato proprio un Natale da sola. Avete avuto una bellissima idea a venire a trovarla”
La figlia sorrise a conferma di quanto appoggiasse le parole della madre che nel frattempo aveva distribuito la calda bevanda. Dopo essersi assicurata che le sue giovani ospiti godessero di ogni comfort, si allontanò e cominciò a sbrigare le faccende domestiche.
“come sta Sophia?”
“è in ottima forma. Mi piacerebbe farvela conoscere però rimarrà per qualche giorno in terapia intensiva quindi temo che non sarà possibile”
“peccato, ma l’importante è che stia bene. Iris ha sentito Ambra prima di venire qui e ci ha detto che le avevi mandato un messaggio ieri notte” disse Rosalya, ammirando l’albero di Natale.
“sì, lei e mia sorella sono molto amiche”
Iris nel frattempo aveva abbassato il capo e mormorò:
“mi dispiace per quello che è successo l’ultima volta Erin, ma avresti dovuto dirmi come stavano le cose: avrei capito”
“lo so, ho sbagliato ma quel giorno ero troppo confusa… comunque non preoccuparti: mettiamoci una pietra sopra. Da oggi in poi, basta con i misteri” le fece l’occhiolino l’amica.
“e proprio perché dobbiamo cominciare a dirci tutto, Iris… devi informare Erin del tuo ragazzo misterioso” gongolò Rosalya, tamburellando vivacemente le dita contro la superficie liscia della porcellana.
“ah giusto! Rosa mi ha detto che hai conosciuto uno” esclamò Erin su di giri, deglutendo frettolosamente la cioccolata rovente.
“conosciuto! Sempre la solita esagerata… l’ho visto”
“e dove?”
“in biblioteca”
Erin si zittì un attimo e poi obiettò:
“ma scusa Iris: che ci facevi là? Tu odi leggere”
“infatti non ero lì per prendere un libro per me” spiegò la ragazza, mentre Rosalya sghignazzava e Violet sorrideva compostamente.
“che avete voi due?” indagò Erin spostando lo sguardo sulle due amiche.
“niente niente. Lasciala raccontare e lo saprai” commentò Rosalya sibillina.
“la smetti di prendermi in giro su questa cosa? Guarda che non la racconto più!” la rimproverò Iris, irrigidendosi.
“continua Iris” la incoraggiò Erin, che era sempre più curiosa di conoscere i dettagli di quell’incontro.
Iris sospirò e proseguì:
“ero alla ricerca di un libro per mia madre e lo individuai nel ripiano più alto di uno scaffale. Per quanto cercassi di mettermi sulle punte, non riuscivo manco a sfiorare la mensola. Improvvisamente vedo un braccio scavalcarmi la testa e raggiungere con facilità il punto in cui dovevo arrivare io. La mano prende un libro dalla copertina blu e me lo porge”
 
“è questo che ti serve?” le chiese un ragazzo alto, dalla voce gentile.
Iris avvampò nel trovarsi a così poca distanza da quello sconosciuto e sbirciò la copertina del libro che teneva tra le mani:
“i-in realtà no. Mi serve quello accanto”
Il ragazzo tornò a sollevare lo sguardo mentre lei precisava:
“quello con la copertina verde” puntualizzò la ragazza, sollevata dal fatto che il titolo non fosse leggibile sulla parte rilegata. Lui allora recuperò l’oggetto ma, anziché porgerlo subito alla ragazza, come Iris sperava, lesse piuttosto sorpreso il titolo dell’opera”
 
“che titolo era?” chiese Erin mentre Rosalya e Violet stavano trattenendo le risate.
“non ha importanza” borbottò così fu la stilista a rispondere al posto suo:
la sessualità spiegata ai bambini”
Iris diventò viola, stessa reazione che aveva avuto di fronte a quel ragazzo in biblioteca il giorno del loro incontro. Anche Erin si unì alla risata goliardica di Rosalya e quella più misurata di Violet.
“s-smettetela di prendermi in giro!” le ammonì la rossa minacciosa, facendo vacillare pericolosamente l’orlo della sua cioccolata “non era mica per me!”
“sì, ma è quello che avrà pensato lui” commentò Rosalya divertita e aggiunse “se hai dei dubbi sull’argomento Iris, possiamo aiutarti noi: Erin che è brava in biologia ti spiegherà la teoria, Violet ti aiuterà con qualche disegnino e io ti darò consigli pratici”
Iris aspettò che l’amica poggiasse la cioccolata sul tavolino per poi lanciarle un cuscino, mettendo il broncio:
“dai Iris! Non fare così! E poi cos’è successo?” insistette Erin con trepidazione crescente.
 
Il ragazzo prese il libro tra le mani e, arrossendo leggermente, lo porse ad Iris che per l’imbarazzo non riuscì a dire nulla di diverso da:
“g-grazie”
Lui sorrise mentre lei notò che teneva tra le mani un voluminoso libro di Tolstoj.
“ti piacciono gli autori tedeschi?” trovò il coraggio di dire lei.
 
Le amiche scoppiarono a ridere per la seconda volta, Erin reclinò la testa all’indietro, mentre Rosalya cadde dal divano, sbattendo il gomito contro il tavolino.
“AHAHAHA, d’accordo Iris che non ti piace la letteratura, ma Tolstoj tedesco?” rise Erin.
“guarda che non ti racconto più nulla!” la minacciò la rossa, incrociando le braccia al petto.
“ok ok.. scusa”
“veramente è un autore russo” precisò il ragazzo, accomodandosi gli occhiali sul naso.
“aveva gli occhiali?”
“sì”
“beh, del resto Iris ce l’ha detto che le piacciono gli intellettuali” precisò Rosalya divertita.
 
“ah giusto, che scema” mormorò Iris sempre più a disagio “i libri non sono la mia passione”
“io invece non posso fare a meno di leggerli”
La ragazza si sorprese per la spontaneità di quell’ammissione. Quel ragazzo aveva un’aria così tenera e gentile che le riempiva il cuore di gioia.
 
“non mi dire che ti sei innamorata di uno dopo averlo visto dieci secondi?” ridacchiò Erin.
Prima che l’amica potesse rispondere, intervenne Rosalya:
“sempre meglio di certa gente che ci mette mesi a capire di essere innamorata”
"ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale?" sbottò Erin con sarcasmo. In quel momento non aveva nessuna voglia di affrontare l’argomento.
"casuale un corno! Ora che con Nathaniel è finita e Sophia sta meglio, sarai pur giunta a qualche conclusione riguardo a Castiel!" sbottò Rosalya spazientendosi.
“non stavamo parlando di Iris?” sviò l’amica guardandosi nervosamente intorno. Suo padre non avrebbe certo apprezzato l’argomento di conversazione proposto dalla stilista.
“non pensare di cavartela così” la ammonì la rossa “poi verrà anche il tuo turno”
“sei riuscita a scoprire come si chiama?” le chiese Erin, sorvolando su quel minaccioso avvertimento.
“Kentin, però poi non ha aggiunto altro, mi ha augurato una buona giornata e se n’è andato”
“beh se vive a Morristown lo incontrerai di nuovo” commentò speranzosa la mora.
“sì, lo penso anch’io”
Rosalya alzò gli occhi al cielo, sospirando pesantemente:
“cosa devo fare con voi due? Ma possibile che devo spiegarvi sempre tutto? Queste occasioni vanno colte al volo! In amore bisogna buttarsi!”
Erin si trattenne dall’obiettare che era piuttosto incoerente da parte della stilista sostenere una simile tesi e poi tirarsi indietro nella pratica. Se avesse applicato quelle parole anche alla sua esperienza personale, a quell’ora sarebbe stata lei la ragazza di Nathaniel.
“tesoro, oggi pomeriggio tu e le tue amiche proferite restare a casa o volete accompagnarci a cercare quella cosa?” s’intromise Amanda, facendo capolino in salotto.
Le ospiti guardarono interrogative Erin, che spiegò:
“i miei vogliono fare un secondo regalo di Natale a Sophia… però sai mamma, ci ho pensato: non credo che lo apprezzerebbe”
“ma come? A lei piace disegnare”
“sì, ma fidati. Meglio se le regaliamo un set di pennelli professionali, così si abbina agli acquarelli che le avete dato oggi”
“cosa pensavate di regalarle?” intromise Rosalya.
“una tavoletta grafica” spiegò Amanda “ce l’ha consigliata un amico di mio marito”
Erin riflettè sul motivo per cui aveva bocciato quell’idea: sua sorella era come Castiel.
Entrambi avevano un animo artistico, il rosso per la musica, Sophia per l’arte e tutti e due erano piuttosto distaccati dalla tecnologia. Così come l’amico preferiva i vecchi cd ai formati digitali, la gemella amava il contatto diretto con la carta, le mani sporche di grafite e i trucioli di gomma trascinata sul foglio.
“fidati mamma. Sophia non è fatta per un simile dispositivo. Le piace fare le cose alla vecchia maniera”
Amanda ci riflettè un po’, poi annuì. Invitò le ospiti a fermarsi a pranzo e le tre accettarono di buon grado: la madre di Violet era di turno in ospedale mentre quella di Iris, insieme al fratellino, erano andati a trovare i nonni paterni. A maggior ragione Rosalya, la cui prospettiva era passare il Natale con i vecchi nonni, aveva accolto fin troppo volentieri quell’invito.
Dopo che la padrona di casa le aveva lasciate nuovamente sole, fu proprio la stilista a riprendere la conversazione:
"a proposito di gente che fa le cose alla vecchia maniera: hai più sentito Black?”
“e da quando in qua lo chiami per cognome?”
“pronunciare il suo nome di battesimo mi fa solo aumentare l’irritazione. Bada bene alla risposta che mi darai Erin, perché ne va della sua sopravvivenza”
L’amica sorrise rassegnata e fu costretta ad ammettere l’amara verità:
"non l'ho mai sentito da dopo il concerto. Questa mattina ho mandato anche lui gli auguri, ma non ha ancora risposto"
“ok, allora è deciso. Quando torna lo gonfio di botte” asserì la ragazza, cercando di sedare il suo nervosismo "vorrei solo sapere perché diavolo non ti risponde. Nemmeno mio fratello sa che fine abbia fatto"
"e se gli fosse successo qualcosa?"
Tre teste di voltarono in sincrono verso quella da cui era provenuto quel sussurro preoccupato.
Era stata Violet a parlare e, come accadeva fin troppo spesso, le sue parole erano tanto rare quanto profetiche.
Erin sentì il cuore sussultarle in petto nel realizzare quell'eventualità che non aveva mai preso in considerazione.
Era terribilmente inquietante quanto fosse plausibile quell’osservazione. Quanto fosse realistica.
Se davvero gli fosse accaduto qualcosa, come poteva avvertire i suoi amici in America? Chi l’avrebbe fatto al posto suo.
"non credo sia possibile" mormorò Rosalya poco convinta, notando subito l’espressione sconvolta di Erin.
"come fai a dirlo? Sarebbe la spiegazione più logica al suo silenzio" sbottò la mora, con la voce incrinata dall’ansia.
"Castiel ha la pellaccia dura, credimi. Ha sette vite come i gatti"
Ciò non bastò a tranquillizzarla. Violet aveva un sesto senso: aveva indovinato quando aveva sostenuto che Ambra fosse una ragazza sola, che Erin avesse equivocato i suoi sentimenti per Nathaniel… su quante cose poteva averci visto giusto quella pittrice silenziosa?
Le sembrò assurdo non aver valutato prima quell’ipotesi, eppure, le sembrava la cosa più ovvia e scontata a cui pensare.
"se fosse successo qualcosa, la scuola verrebbe avvertita dai genitori e tramite Nathaniel verremo a saperlo" ragionò Rosalya, cercando di calmare Erin. Erano tutte preoccupate ma era l’agitazione della mora a prevalere sui sentimenti delle altre.
L’amica alzò il capo di scatto e, come se fosse posseduta da uno spirito, si precipitò fuori dalla stanza senza dire una parola. Tornò dopo pochi secondi con il cellulare all’orecchio:
“rispondi dannazione” sussurrò nervosamente, ficcando le unghie nella carne. Se lo sentiva. Doveva essergli successo qualcosa. Non era possibile che l’amico la ignorasse così, che non rispondesse a nessuno.
Finalmente qualcuno rispose dall’altro capo e subito la ragazza esclamò:
“Nathaniel! Hai novità di Castiel?”
Il ragazzo rimase per un attimo interdetto, spiazzato dalla veemenza della ragazza.
“Erin?” chiese incerto, ricontrollando il nome che era comparso sullo schermo dell’iPhone “sbaglio o sei un po’ agitata?”
“hai saputo niente di Castiel?” insistette la ragazza.
“so solo che ha ricevuto il programma che mi ha consegnato la preside… sai, per tenersi in pari con lo studio”
“quindi ti ha risposto? E quando l’hai sentito?” lo martellò Erin, volgendo uno sguardo sollevato verso le amiche.
“ieri pomeriggio. Mi ha solo risposto grazie e poi non ha aggiunto altro”
“quindi sta bene?”
“non ho motivo per credere il contrario ma mi vuoi spiegare perché sei così in ansia?”
“gli ho scritto un paio di mail ma non ha mai risposto. Temevo che gli fosse successo qualcosa”
Nathaniel si grattò il capo mentre Erin aspettava una risposta. Questa arrivò, ma non era quanto la ragazza si aspettava di sentire:
"per un attimo ho sperato che volessi parlare di noi... alla fine c'è sempre lui di mezzo"
Quella frase la spiazzò: non sapeva come replicare mentre Nathaniel, pentendosi all’istante delle sue parole, si giustificò:
"non ho nessun rimpianto Erin, scusami... è stato un commento infelice. Anche se ho capito di essere ancora innamorato di Rosalya, faccio ancora fatica ad accettare l'idea che tu non mi abbia mai amato. Io credevo davvero alla nostra storia"
Rosalya vide il volto dell’amica sbiancare e le chiese:
“che c’è?”
Dall’altro capo del telefono, il biondo riconobbe quella voce e scattò sulla difensiva:
“è lì?”
“sì” confermò Erin “con Iris e Violet. Sono venute a farmi una sorpresa”
“hanno avuto una bella idea”
“tu dove sei?”
“in città con Tony e Colin” spiegò, alludendo a delle amicizie che la ragazza aveva sentito nominare in qualche occasione. Non la sorprese che il ragazzo passasse il Natale lontano dalla famiglia.
“e Ambra?”
“è stata invitata a pranzo dalla madre dei gemelli”
“maddai” ridacchiò Erin, recuperando finalmente il buon umore. Si voltò verso le amiche, sorridendo divertita. Non poteva dire loro della bionda e della sua cotta per il loro amico così si limitò a gongolare in solitudine per quella notizia.
 
“spiegami meglio come hai fatto a trovarti in una situazione del genere” esclamò allegra Lin, salando l’acqua.
“questa mattina sono andata a casa degli Evans per restituire a quello scemo la console che aveva dimenticato al ristorante. L’avevo vista quando abbiamo finito di lavorare e mi sono affrettata a nasconderla prima che la vedesse tuo padre. Se l’avesse notata, Armin avrebbe sperimentato personalmente un lancio alla Angry Bird”
La cinesina ridacchiò, mentre Ambra continuava a raccontare:
“solo che poi mi sono scordata di restituirgliela. Spero non sia già morto per l’astinenza” commentò guardando l’abitazione davanti a lei. Era così diversa da villa Daniels e anche se ciò bastava a renderla preferibile, si aggiungeva anche quello stile così accogliente che nessun architetto avrebbe potuto progettare. Un tecnico può dare la forma ad un edificio, ma sono le persone che vi abitano a costruire l’ambiente chiamato casa.
“mi sono presentata alla porta stamattina verso le nove e mezza con la console in mano e mi ha aperto suo fratello” proseguì la bionda, affondando gli stivali nel manto nevoso. La zona in cui abitavano i gemelli era suggestiva, resa quasi fiabesca dall’inverrno.
“Alexy?”
“mi risulta che abbia solo quello. È rimasto un po’ sorpreso nel vedermi lì, così ho tagliato corto, gli ho allungato la console e l’ho salutato”
“dobbiamo lavorare di più sul come ti relazioni con le persone” ragionò Lin, sollevando gli occhi al cielo per i modi bruschi dell’amica, che ignorò la sua osservazione:
“prima che Alexy potesse aggiungere altro, vedo fare capolino il padre. Mi fissa con curiosità così lo saluto e quando il figlio gli dice che sono un’amica di Armin, vedo gli occhi dell’uomo dilatarsi per lo stupore. Diventa improvvisamente allegro, rumoroso. Direi che mi ha praticamente trascinato dentro casa per presentarmi alla moglie”
“forse sei la prima ragazza che varca la soglia di casa Evans”
“non so, quello che è certo è in qualsiasi posto in cui vada ultimamente, mi sento in famiglia, tranne che quando sono a casa mia” commentò amaramente la ragazza, mentre Lin, cercò di trattenere l’impulso di pronunciare una frase di consolazione. Ambra era troppo orgogliosa per permetterle di commiserarla.
“comunque. Ho conosciuto la madre dei gemelli: è una donnina piccolina ma tutta pepe. Si chiama Evelyn mentre il marito Andrew. Armin era ancora sotto le coperte così mi sono ritrovata a chiacchierare con tutti tranne lui. Devo ammettere che Alexy è proprio in gamba. Dopo mezz’ora ho fatto per congedarmi ma quando hanno scoperto che i miei sono in vacanza in Europa mentre Nathaniel pranzava da degli amici, hanno insistito affinchè mi unissi a loro. In teoria hanno invitato anche Lysandre White”
“sarà un pranzo interessante” concluse Lin, godendosi la scena come se fosse davanti ai suoi occhi.
Ambra aveva il dito a pochi millimetri dal campanello. Cacciò fuori un profondo respiro e disse:
“Lin ti saluto. Sono arrivata. Buon Natale ancora e anche alla tua famiglia. Ti chiamo dopo d’accordo?”
La corvina sorrise e si congedò con un:
“grazie. Buon pranzo”
 
Ambra premette il pulsante e attese che qualcuno andasse ad accoglierla. In pochi secondi si trovò di fronte il viso arrossato di Evelyn che, trafelata, la salutò:
“come sono contenta di rivederti Ambra! Prego tesoro, vieni pure”
La bionda ringraziò e varcò l’ingresso. Mentre la donna le indicava dove appendere il cappotto, la ragazza cominciò a guardarsi attorno con interesse. L’interno era stata addobbato con un altissimo pino vero, decorato sui toni dell’oro e del rosso. Sbirciando nella sala da pranzo vide una tovaglia rossa e un centro tavola di pigne e rami di pino.
In salotto troneggiava un maxi schermo al plasma accanto al quale una Play Station e una raccolta infinita di videogame.
“Armin è ancora a letto. In vacanza è un’impresa farlo alzare prima di mezzogiorno. Figurati adesso che lavora fino a tardi”
 
“Armin! Sveglia! Non immaginerai mai chi c’è giù!” annunciò entusiasta Alexy, irrompendo nella camera del fratello.
“lo scherzo di Babbo Natale questa volta non regge” bofonchiò una montagna umana, nascosta sotto calde coperte “non ho più cinque anni”
“ma se ne avevi undici quando ci sei cascato” lo derise il gemello, ricordando l’ingenuità del moro “comunque c’è Ambra”
Armin si destò pigramente e, con le palpebre semichiuse e un’espressione poco intelligente, borbottò:
“se avessi detto Babbo Natale saresti stato più credibile” e tornò a mettersi supino. La coperta gli coprì completamente il capo ma il fratello non demorse:
“non ti sto prendendo per il culo! Forza! Sveglia” insistette cominciando a tirare un lembo della trapunta blu. Appena percepì uno spiffero freddo, il moro reagì afferrando saldamente la coperta e vincendo una sorta di tiro alla fune con Alexy.
“sbrigati” lo ammonì il ragazzo, ormai sconfitto, uscendo dalla stanza. Era troppo curioso di incontrare la bionda che, dopo il loro incontro poche ore prima, si era rivelata una persona molto diversa da quella che tutti conoscevano.
 
In casa Travis non c’era mai stato un tale sovraffollamento di donne. Erin ed Iris furono assegnate alla cucina, mentre Violet ad apparecchiare. Rosalya, le cui capacità domestiche erano alquanto discutibili, si accomodò sul divano a discutere con Peter dell’ultima partita di football.
L’unica nota stonata in quel perfetto quadretto familiare, era l’assenza di Sophia, ma i familiari si sforzarono di non pensarci.
 
Armin scese le scale, ancora imbambolato dal torpore in cui l’aveva coccolato il suo letto fino a quel momento. Aveva un fabbisogno giornaliero di sonno che superava quello di un bambino e durante l’inverno, un po’ come gli orsi, entrava in letargo. Non si era minimamente preoccupato di cambiarsi il pigiama, del resto Lysandre era abituato a vederlo in condizioni al limite della decenza. In aggiunta, si trattava del suo regalo di Natale da parte di Alexy che il fratello gli aveva consegnato la notte prima per tirarlo su di morale dopo le ripetute figuracce fatte con Ambra.
Scartando il voluminoso incarto, Armin si era trovato per le mani un pigiamone tutto unito a forma di Olaf, il personaggio del film che il fratello e Rosalya lo avevano costretto a vedere l’anno prima. Armin aveva finito per addormentarsi, sognando di essere all’interno di una sorta di videogame ambientato in Siberia e nel sonno, aveva cominciato a borbottare frasi sconnesse, prima di essere svegliato di soprassalto da un’irritata Rosalya e un divertito Alexy.
Nonostante l’aspetto ridicolo che gli conferiva, il moro aveva instaurato un rapporto d’amore sincero con quel capo, così caldo e avvolgente, tanto da calarsi sulla testa il cappuccio che rappresentava la faccia di Olaf.
Fu proprio a causa di quest’ultimo che ci mise un po’ ad accorgersi della figura che sostava ai piedi delle scale.
Dapprima vide degli stivaletti bassi da donna e la sua mente volle convincersi che quei polpacci così sottili e femminili appartenessero a Lysandre. Poi passò al bacino e notò l’orlo di un vestito che arrivava al ginocchio e sperò che quel giorno l’amico avesse optato per un inquietante look transgender ma quando infine i suoi occhi notarono quelle curve troppo femminili per appartenere al poeta, il suo viso era ormai in fiamme.
“Buon Natale Olaf” commentò Ambra divertita.
Armin era talmente in imbarazzo che non vide gli ultimi scalini e rotolò giù per le scale, ricordando alla ragazza un’enorme palla di neve.
Per quel poco che era riuscito a scorgere, la ragazza quel giorno aveva intrecciato i lunghi capelli in una pettinatura che assomigliava molto a quella di Elsa, una delle protagoniste del film e come quest’ultima, anche Ambra era di una bellezza che lo aveva lasciato senza parole.
 
Dopo il pranzo, Erin mostrò la casa alle amiche ma più di tutto, fu la stanza di Sophia a incuriosire le sue ospiti. Dal momento che Peter si era opposto strenuamente alla richiesta della figlia di tinteggiare di nero le pareti, queste ultime erano di un colore deciso ma meno soffocante: arancione. Era arredata in stile etnico con mobili scuri e una bellissima giraffa africana lignea alta un metro, posta in un angolo. La scrivania abbondava di colori e materiale da disegno vario: Violet era in paradiso, tanto che le amiche ridacchiarono di fronte alla sua espressione.
L’artista non si lasciò sfuggire nessun disegno appeso alle pareti, analizzando ogni dettaglio e tecnica. Infine si spostò su un quadro che era appoggiato a terra, contro una cassettiera.
“e questo?” chiese rivolgendosi ad Erin.
“non so quando l’abbia fatto, ma credo sia recente”
“non l’ha fatto lei” commentò l’artista con decisione.
Le ragazze la guardarono sorprese, mentre Violet raccoglieva il quadro da terra. Sembrava un’altra persona, sia nel modo di muoversi che di parlare. Era nel suo mondo, fatto di disegni e colori, e quel senso di adeguatezza la faceva sentire più sicura di sé.
“lo stile è completamente diverso da quello degli altri disegni. E poi guarda meglio: tutti i suoi disegni hanno una firma, questo no”
Le tre si avvicinarono per scrutare attentamente il dipinto e convennero che la loro amica avesse ragione.
“sarà un regalo” ragionò Iris.
“è un po’ strano come regalo. Cioè chi regalerebbe un quadro senza firma?” obiettò Rosalya, mentre Violet lo riponeva dove l’aveva trovato.
Sentirono la voce di Amanda che li chiamava così le quattro furono costretta a lasciare da parte la loro curiosità e raggiungerla.
Ad aspettarle, c’era una giornata di shopping natalizio per Allentown.
 
Il pranzo in casa Evans rimase impresso nella memoria di Ambra come il Natale più allegro della sua vita. Evelyn continuava a rimpinzarla di cibo mentre Peter la tempestava di domande, comportamento insolito in un uomo. Anche Lysandre, solitamente noto per essere un ragazzo taciturno, chiacchierò con lei, aggiornandola sulle novità del club di cui erano membri. Addirittura, quando la ragazza affermò di volersi dimettere dal ruolo di presidentessa, era stato proprio l’attore ad insistere affinché mantenesse quell’incarico. Alexy era quello che manteneva la conversazione su un piano allegro e stuzzicante, raccontando aneddoti e chiacchierando con tutti, come un abile direttore d’orchestra che riesce a coordinare strumenti molto diversi. L’unica nota stonata era la sua controparte mora: Armin era piuttosto silenzioso e lanciava fugaci occhiate ad Ambra che dopo un po’, cominciò a sospettare di non essere la benvenuta.
“Ambra è venuta a restituirti il tuo giocattolo Armin, dovresti ringraziarla” commentò Andrew sorseggiando il vino.
“non è un giocattolo” borbottò il ragazzo mettendo il broncio come un bambino “è una console”
“sei stata molto gentile a venire. Lavori anche tu dai Yang?” indagò candidamente Evelyn, mentre la ragazza rischiava di strozzarsi con il cibo. Lysandre sgranò gli occhi sorpreso, mentre i gemelli ridacchiavano:
“Lin Yang è mia amica” spiegò Ambra, aggirando abilmente la domanda.
“ah capisco, è stata lei quindi a consegnartelo. Ti ha detto come se la cava Armin? Faccio ancora fatica a capacitarmi del fatto che l’abbiano assunto” ammise Evelyn servendo un’abbondante porzione di tacchino a Lysandre.
“ti ringrazio per la fiducia mamma” bofonchiò il ragazzo a bocca piena.
“e tua sorella Lysandre?” s’intromise Andrew “perché non è venuta?”
“aveva già un impegno. È andata a trovare una nostra amica ad Allentown?”
“è andata da Erin?” esclamarono in coro Armin ed Ambra.
“sì, con Iris e Violet. Mi ha chiamato poco fa dicendomi che si fermavano lì a pranzo”
 
Sophia cercò di cambiare posizione ma i fili elettrici che le erano stati sistemati sul petto le impedivano movimenti troppo accentuati.
Aveva appena conosciuto il medico che le aveva salvato la vita, il dottor Wright e ne era rimasta affascinata. Anche se non aveva lineamenti molto belli, nel complesso in quell’uomo c’era qualcosa di irresistibile nel modo in cui parlava e l’aveva fissata negli occhi. Il chirurgo le aveva annunciato che sarebbe tornato in Inghilterra, affidandola alle mani dei colleghi ma che si sarebbe tenuto aggiornato circa le condizioni della paziente. Fu felice di comunicarle che in meno di ventiquattr’ore, i dati erano concordi nell’asserire che si stava riprendendo rapidamente e che nell’arco di quattro giorni sarebbe stata dimessa completamente.
La ragazza aveva sorriso con gratitudine e l’uomo si era congedato da lei.
 
Al termine del pranzo gli Evans avevano costretto Armin a fare la lavastoviglie, dando prova delle sue abilità come lavapiatti:
“sfottete pure, tanto non cambio idea. Continuerò a fare quel lavoro finché non comprerò i soldi per la Play”
“ti licenzieranno prima che tu possa permetterti il joystick” lo canzonò Alexy mentre aiutava la madre a sparecchiare. Andrew prese da parte Lysandre e insieme cominciarono a discutere di poesia, una grande passione che accumunava entrambi.
Ambra si spostò in cucina dove trovò il moro che, tra borbottii e imprecazioni, era impegnato a strofinare una teglia particolarmente incrostata.
“vuoi una mano?” si offrì. Si sentiva un po’ a disagio a mostrarsi così volenterosa e disponibile ma in quanto ospite, non sapeva come muoversi all’interno di quella casa. Inoltre, anche se non l’avrebbe ammesso neanche a se stessa, voleva chiacchierare un po’ da sola con Armin, che per tutto il pranzo sembrava essersi mangiato la lingua.
“sei un’ospite, mica sono così pessimo da farti pure lavorare”
Un’altra ragazza avrebbe pensato che quelle parole fossero un modo per allontanare una persona sgradita, ma Ambra era troppo sveglia per non notare il rossore delle guance del ragazzo, l’espressione adorabile e corrucciata dovuta alle piccole prese in giro di cui era stato l’oggetto fino a poco prima. Armin non ce l’aveva con lei, semplicemente era in imbarazzo per le pessime figure che aveva collezionato da quando era rotolato giù per le scale.
“beh ormai in fatto di piatti da lavare siamo una squadra” commentò Ambra, prendendo del detersivo e gettandone il giusto quantitativo nell’acqua.
Armin sorrise radioso, recuperando all’istante la sua vitalità:
“gli Ambrin: i supereroi delle pentole incrostate”
“non inventarti nomi idioti” lo zittì Ambra, strappandogli la spugna dalle mani e sforzandosi di non rider per la stupidità della frase pronunciata dal ragazzo.
Ad un certo punto, il ragazzo cominciò ad annusare l’aria ed infine avvicinò in modo imbarazzante il naso ai capelli biondi di Ambra, curvandosi verso di lei.
La ragazza rimase interdetta, mentre il viso le andava in fiamme. Non capiva quali fossero le intenzioni del collega, quando quest’ultimo si ritirò di scatto con un’espressione disgustata:
“ma allora sei tu! Che cavolo ti sei messa addosso?” criticò, senza peli sulla lingua.
“a che ti riferisci?” sbiancò lei con una leggera apprensione ed imbarazzo.
“a questo nauseante profumo che hai usato”
Ambra arricciò il naso e mollò la spugna nell’acquaio. Girò i tacchi e tornò in sala da pranzo mentre Armin, sorpreso per quella reazione, la fissava in silenzio. La ragazza ricomparve dopo qualche secondo, tenendo in mano una pila di piatti che sistemò su un piano d’appoggio e cominciò a gettare i residui nel tritarifiuti. Non scuciva una parola così il ragazzo, a disagio, si scusò:
“non volevo offenderti”
“è una tua opinione, la rispetto” commentò placidamente la ragazza, sistemando le stoviglie all’interno dell’acquaio. Prima che sparisse nuovamente, Armin ammise candidamente:
“il fatto è che non hai bisogno di profumi. Mi piace l’odore della tua pelle al naturale”
Ambra diventò viola, sentendo i battiti raggiungere una frequenza incompatibile con i normali valori fisiologici. Non osò voltarsi per vedere l’espressione con cui il ragazzo aveva fatto quel commento. Era abbastanza eccentrico da averlo pronunciato senza malizia o doppi sensi.
“certo che ne dici di cose strane tu” borbottò prima si precipitò in salotto. Si era dovuta affrettare, altrimenti il ragazzo avrebbe scoperto il sorriso lusinghiero che le aveva illuminato il viso.
 
 



 
NOTE DELL’AUTRICE:
 
Allora intanto mi scuso per il ritardo… ma per farmi perdonare, esordisco con una buona notizia: per il prossimo capitolo non vi farò aspettare molto perché ho una settimana a casa dall’università ;).
Inoltre spero che il prossimo capitolo sarà migliore, perché questo è stato molto incentrato sui dialoghi e per questo non mi è piaciuto granchè -.-‘’. Cioè, vorrei migliorarmi nella scrittura, renderla “meno commerciale”… non so come spiegarmi… vabbè, tengo per me le mie paranoie sullo stile (ma anche no, vero Kiri? XD).
Poi poi… era da un sacco che volevo arrivare a scrivere quanto vi sto per dire: Manu dove sei? Ah eccoti lì, ce l’ho proprio con te! Nella tua recensione sul capitolo 28 avevi scritto (spero non ti dispiaccia se l’ho riportato):
 
“[…] E questo episodio inoltre mette in mostra un altro aspetto del carattere di Sophia: nonostante abbia questo carattere così forte, non appena ha messo in pericolo Erin è risultata alquanto fragile (aah, quanto è simile al nostro Castiel) e per il senso di colpa è scappata di casa. Anche se (e io comprendo perfettamente l'amore fraterno, da sempre) mi chiedo se la ragione della sua fuga sia solo quella. Insomma, io se avessi messo in pericolo mia sorella sarei rimasta accanto a lei e avrei aspettato che si svegliasse”
 
Ecco, quando lessi questa frase, il mio primo pensiero è stato circa questo:
 
Sì, perché a quel tempo non potevo rispondere “oh cacchio Manu! È proprio così: più avanti verrà fuori il reale motivo che ha allontanato Sophia da Erin”… avrei spoilerato troppi capitoli XD (infatti quando nelle recensioni indovinate il corso degli eventi, faccio la gnorri e tiro dritto Sabrina, tu sei una di quelle che mi vorrebbe far anticipare troppe cose XD)… ma non potevo non ricordarmi di questa tua sagace osservazione :D.
Ecco allora che (finalmente) con questo capitolo si apre una nuova sezione della storia, che si rifà ad uno dei generi letterari preferiti dall’autrice: il giallo. In realtà la sequenza di eventi mi è ancora oscura, ma conto di ingarbugliarli strada facendo… speriamo che non capirete subito quale sarà la soluzione del mistero visto che vorrei rivelarla alla fine della storia.
Per fare questo, accanto alle indagini di Erin, sarà immancabile la quotidianità dei personaggi, visto che abbiamo molti eventi di cui parlare.
Ok, non mi premeva dirvi altro di particolare… lascio a voi la libertà di lasciare un commento se volete ^^)
Alla prossima!
 
P.S. Credo che il prossimo capitolo si intitolerà “Il compleanno di Erin”
 
Vi lascio con l’immagine del pigiama di Armin ^^
 
  
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