Karin
Quando entro nella mia vecchia
stanza, un mare di ricordi
inonda la mia mente: i giocattoli, lo specchio, il letto…
Eravamo così felici.
Sfioro i capelli di una delle bambole, sentendo le cuciture sotto la
punta
delle dita. Quando alzo lo sguardo guardando fuori dalla finestra le
nuvole
grigiastre di Londra, e mi domando se Maryanne mi guarda da
lassù, dove può
vivere tranquilla sotto forma di stella. Mi rivedo ancora davanti a
quella
finestra, vestita solo con qualche straccio. Risento nel mio cuore la
stessa
sensazione che ho provato quando quegli uomini incappucciati sono
entrati in
casa nostra. E quando l’ho vista cadere, i fori dei
proiettili ovunque, e poi
sangue dappertutto… sangue… l’odore
nauseante… e la sua anima… Scuoto la testa,
cercando di scacciare il ricordo di quello che ricorderò
come il giorno in cui
ho perso tutto. Mi avvicino al pianoforte, coi suoi tasti bianchi e
neri, come
la scacchiera che Ciel ama tanto. Sposto lo sgabello con le gambe e mi
siedo.
Com’era la sua ninna nanna? Mentre le mie dita si muovono da
sole, chiudo gli
occhi, come se fosse mia madre a suonare, augurandomi dolci sogni. Ma
da quando
lei non c’è più, e Sofie è
stata mandata in un orfanotrofio, in quanto io ero
minorenne e non avrei potuto tenerla, faccio solo incubi. I miei
pensieri vanno
a Sofie. Era ancora piccola, quando sua madre (o meglio Nostra Madre)
venne
uccisa dalla famiglia De Guertè, quindi non sa nemmeno di
me. Fa male
immaginare come si senta adesso, sola e abbandonata con un branco di
suore. Ma
come potrei andare e presentarmi come “sua
sorella”? Mi chiederebbero subito di
sua ma… “Complimenti Karin, sei davvero bravissima
al pianoforte.” Mi alzo di
scatto, facendo cadere lo sgabello con un gran rumore.
“Sebastian, cosa ci fai
qui? Vattene immediatamente da ca…” lui mi
interrompe, guardandomi
sarcasticamente:” Mi dispiace interromperti, è
inopportuno da parte mia, ma
questa non è casa tua, è sotto sequestro dalla
polizia.” Non ci credo... non
può aver osato dirlo… Faccio per uscire, ma lui
mi blocca prendendomi per il
braccio. Cerco di liberarmi, ma lui non intende lasciarmi andare via.
Senza
accorgermene, sono già in braccio a lui, che mi mette seduta
sul letto. Quando
mi tocca mi sento tranquilla, sicura. Mi sento a casa.
Sebastian
“Karin, potresti spiegarmi
che cos’è successo a Maryanne?
Fallo per me…” sussurro. Lei mi guarda con gli
occhi lucidi, la bocca curva in
un sorriso che di felice non ha nulla:”
S-Sebastian… io non…” dai suoi
splendidi occhioni cadono delle lacrime, che le scivolano
giù per le guance. Finalmente
ha deciso di parlarmene. Mi inginocchio davanti a lei, togliendole con
un dito
la piccola gocciolina impertinente, che ha osato rovinare il suo
splendido
visino:” Karin, io voglio aiutarti.” Lei mi guarda,
sospira e stringe i pugni
in grembo:” I De Guertè. Sono stati loro. Ho
riconosciuto il simbolo del sole e
della rosa sui loro mantelli…
loro…loro… Fanno parte di una setta. Vogliono che
il mondo sia puro, e allora hanno ucciso mia madre accusandola di avere
una
figlia demone… L’hanno uccisa e la sua vera
figlia, Sofie, che è stata portata
in un orfanotrofio. Lei non aveva colpa, mi aveva presa dalla strada,
mi ha cresciuta
come se fossi sua figlia… Ma non potevo andare alla polizia!
Erano
incappucciati, poi mi avrebbero chiesto come facessi a sapere che erano
stati
loro e mi avrebbero rinchiusa in carcere e io…” la
sua voca si spezza, si porta
le mani sul volto, allora io la abbraccio. Non avevo mai abbracciato
qualcuno,
o almeno non con l’intento di consolare… Lau aveva
riferito al bocchan che
erano stati i De Guertè, quindi ci aveva visto giusto.
“Karin, sei al sicuro
con me. Ci riprenderemo Sofie e vendicheremo Maryanne. Ssh,
tranquilla.” Faccio
per sollevarle il viso, ma mi accorgo che lei si è
addormentata, come fanno i
neonati in braccio alla madre. La prendo in braccio, facendo attenzione
a non
svegliarla. Sembra un angelo quando dorme.
********
Tamburello con le dita sul tavolo di
legno, lo so sono molto
impaziente. Ma che ci posso fare? Rivoluzionare una razza dalle
fondamenta è un
impresa ardua. La fiamma delle candele traballa un po’, uno
spiffero mi corre
lungo la schiena, e la porta si spalanca. “Allora sei
tu?” chiedo, guardando il
ragazzo. Lui ride, tirandosi su gli occhiali:” Certo, sono
io. Ovviamente mi
dovete un favore.” Risponde lui. Immaginavo, una persona non
ti regala delle
schythe solo per il gusto di farlo:” Beh, allora…
spara signorino.” Lui storce
il naso, guardandomi disgustato:” Ragazzino? RAGAZZINO? Io
sono una donna
matura!” una… donna? Farò finta di non
aver sentito. Lui (o forse lei)
continua, dopo una breve pausa:”Dovete uccidere una ragazza.
Affare fatto?”
Angolo autrice
Hey… come va? In questo
ultimo periodo sto scrivendo tanto…
anche se un po’ mi sto demoralizzando. Niente recensioni,
né messaggi, e le
visualizzazioni stanno calando. Sto forse diventando noiosa? Scrivo
male? Non
lo so. Vabbè vado a lavorare sul prossimo (e penultimo)
capitolo. Ciao ciao!
With love, -MissYandere-