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Autore: its_CrissColfer    28/10/2014    5 recensioni
Le cose sono andate un po' diversamente dopo il non-matrimonio di Emma e Will a San Valentino: Kurt non è più tornato a Lima per il Glee Club o per qualsiasi altra cosa che riguardasse la sua vecchia città natale, e Blaine non è più andato a New York a cercare di farsi perdonare da Kurt. Intanto, sono passati sei anni, ed entrambi sono andati avanti con le loro vite. O almeno, ci hanno provato. Kurt continua a cercare, nei suoi amanti, qualcuno che assomigli al ragazzo di cui è stato sempre innamorato, e Blaine è intrappolato in una relazione che non vuole più. Sei anni dopo, due persone completamente diverse si rincontrano per puro destino. E solo il destino può sapere come andranno a finire le cose.
“Oh, there you are. I've been looking for you forever.”
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I can't win, I can't wait,
I will never win this game without you.

 

“Alex?”

Quella domanda, che sembrava quasi una richiesta come a dire ti prego dimmi che non sei tu, risuonò per tutto l'appartamento, facendo sobbalzare Kurt sulla propria sedia, che immediatamente si alzò e raggiunse il moro. Quando si trovò davanti la porta d'ingresso dell'appartamento, vide il ragazzo con cui aveva passato la nottata abbracciato ad un altro ragazzo. Due occhi celesti lo fissarono qualche secondo dopo, e un sorriso luminoso lo accecò, rendendolo ancora più nervoso.

“E tu sei.. Kurt, se non sbaglio? L'amico di Rachel?” chiese il ragazzo davanti ai suoi occhi. Sapeva che Blaine stava cercando i suoi occhi, ma fece di tutto per non guardarlo. Allungò una mano, tirando su un sorriso finto.

“Kurt Hummel, piacere.” annunciò il ragazzo. Alex prese la sua mano e la strinse, sotto lo sguardo confuso del moro.

“Alexander Torres. Chiamami pure Alex, però. Rachel mi ha parlato molto di te.”

“Mi sembra di aver già vissuto questa scena.” ridacchiò fintamente divertito il ragazzo. Anche l'altro ragazzo ridacchiò un attimo, per poi lasciar calare un silenzio leggermente imbarazzante sui tre ragazzi fermi all'ingresso. Blaine era arrossito leggermente e guardava per terra, Kurt continuava a fissare il ragazzo di Blaine, e Alex faceva vagare lo sguardo dal suo ragazzo all'altro ragazzo.

“A proposito, cosa ci fai qui?” chiese poi Alex, cercando di spezzare quel silenzio pieno d'imbarazzo, che neanche capiva, tra l'altro. Kurt aspettò a rispondere, aspettò che fosse Blaine a dirgli la verità, aspettò che fosse Blaine a dire Alex, devo parlarti, aspettò che fosse lui a farlo sedere da qualche parte, e spiegargli la situazione. La cosa non accadde.

“Kurt è passato a salutarmi stamani, e l'ho invitato a fare colazione con me.” si ritrovò a mentire il moro, cercando in tutti i modi di evitare entrambi gli sguardi, che proprio in quel momento si posarono su di lui. Quello di Kurt incredulo, e deluso, quello di Alex semplicemente curioso. Sapeva di aver ferito Kurt per l'ennesima volta, ma quello non gli sembrava proprio il momento per dire cosa era successo in quegli ultimi giorni. Pochi secondi dopo, la voce cristallina di Kurt lo sorprese.

“Si, infatti.” disse semplicemente. “Ma stavo per andarmene.” aggiunse poi. “Recupero il mio cappotto e me ne vado.” finì con un sorrisetto tirato.

Blaine sorrise al suo ragazzo, poi seguì Kurt sul pianerottolo, e l'accompagnò giù per le scale. Quando si trovarono a guardarsi nuovamente negli occhi, Blaine lesse tutta la delusione impressa negli occhi del ragazzo che amava. Un ennesima volta.

“Ti chiamo io?” esitò a chiedere.

Kurt sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Infine alzò le spalle. “Non lo so, Blaine.” rispose, gelido. “Buon anno.” aggiunse prima di sorridere fintamente, ed uscire dal portone principale stringendosi al suo cappotto regalatogli da Blaine. Amava quel cappotto.

 

*

 

Nei giorni che seguirono, Kurt non cercò più Blaine, né viceversa. Il più grande se ne stava rinchiuso nel suo loft a giornate, evitando in tutti i modi Rachel, che continuava a chiedergli che cosa gli fosse successo, e attendendo solamente di dover tornare a lavorare, mentre il moro, avendo ricominciato il tre di Gennaio a lavorare, faceva avanti dall'ospedale all'appartamento, evitando tutti gli inviti di Alex a cene di lavoro, o cose del genere. Il suo ragazzo si era sicuramente reso conto che Blaine, da quando era ritornato da Chicago, era stato molto più distante. Sapeva anche che in quelle quasi due settimane, l'aveva chiamato o messaggiato veramente poco, ma Blaine non era uno che se la prendeva per certe cose, quindi doveva esserci per forza qualcos'altro dietro, anche se ancora non era riuscito a capire cosa. Semplicemente, alzava le spalle ad ogni rispostaccia di Blaine, e faceva finta di nulla, dicendosi che sicuramente gli sarebbe passata, come sempre. Ovviamente si era anche reso conto che da quel primo di Gennaio, Blaine fissava ogni due secondi il telefono, quasi come se aspettasse qualcosa, o esitasse di fare qualcosa. Non dava peso neanche a quello. Ad essere sinceri, Alex non aveva mai dato peso a niente, nella sua vita. Per lui era tutto superficiale, tutto quello che gli succedeva se lo faceva scivolare addosso, e non ci pensava neanche più di tanto. Persino le sue relazioni le aveva sempre trattate con superficialità, e ancora si chiedeva come uno come Blaine, desiderasse stare ancora con lui. Insomma, erano passati già quattro anni, e non era una cosa da niente. Eppure il suo ragazzo non gli aveva mai fatto notare i suoi difetti, e non aveva mai cercato di cambiarlo in nessun modo, cosa che non gli era mai successa in ventotto anni di vita. Forse anche Blaine era uno che si lasciava scorrere addosso le cose. Si, sicuramente era così.

D'altro canto, Rachel non sapeva più cosa fare. Il primo di Gennaio aveva sentito Kurt rientrare nel loft, e lo aveva visto rinchiudersi nella sua stanza. Aveva alzato le spalle confusa e lo aveva lasciato stare per un po'. Solo quando, due ore dopo, si era resa conto che il suo migliore amico non era ancora uscito dalla stanza, aveva cominciato a preoccuparsi. Il fatto è che non c'era stato di farlo uscire nemmeno nei giorni successivi. Kurt si alzava prestissimo la mattina, usciva per fare una passeggiata solitaria – solitamente a Central Park –, e ritornava nel loft un paio d'ore dopo, in punta di piedi, per cercare di non svegliare l'amica. Era talmente strano questo comportamento del coinquilino, che veramente, Rachel aveva persino pensato di chiamare qualcuno per far togliere la porta dalla stanza di Kurt. Voleva assolutamente delle spiegazioni, e Kurt si ostinava a non parlargli. Per quello fu sorpresa di vederlo uscire dalla sua stanza, il sette di Gennaio, con un espressione indecifrabile stampata in viso. Si era seduto davanti a Rachel, le aveva sorriso e le aveva chiesto scusa. Poi aveva cominciato a raccontare della delusione per il comportamento di Blaine, e il fatto che non l'avesse nemmeno cercato in quei cinque giorni. Alla fine del racconto, Rachel aveva cercato di spiegargli che la situazione di Blaine non era semplice, e che magari avrebbe avuto bisogno di un po' di tempo per dar fine ad una relazione durata così tanto. Kurt aveva annuito, anche se troppo perso nei propri pensieri, aveva compreso e assorbito ogni parola uscita dalla bocca della migliore amica e alla fine doveva ammettere che aveva in parte ragione. Dopo poco si era alzato e aveva annunciato che sarebbe uscito. In quel momento, Rachel aveva capito che il suo migliore amico avrebbe fatto qualsiasi cosa per ribaltare in qualche modo quella situazione di merda. Si sarebbe preso ciò che voleva.

 

 

Kurt passò davanti quella porta almeno cinque o sei volte, riflettendo. Aveva visto una donna in quella stanza, proprio davanti al lettino che interessava a lui, e aveva immaginato, che fosse la madre. Non avrebbe saputo neanche come presentassi. Si, sa, sua figlia qualche settimana fa, ha posato una sua piccola manina sul mio viso, ed io non riesco a smettere di pensare a quel gentile tocco. Non è che può dirmi com'è andata l'operazione?

Anne era stata operata qualche giorno prima. Non avendo sentito Blaine, non aveva idea di cosa fosse successo. Se fosse andato tutto bene, e se ci fossero state complicazioni. E lui sentiva il bisogno di essere informato. Ma non aveva nessun diritto su quella bambina, sua madre avrebbe potuto dirgli di farsi i cazzi suoi, e lui non avrebbe potuto ribattere in nessun modo.

Si girò quando sentì dei passi, e lo vide. Erano passati pochi giorni da quando si erano visti, eppure Blaine gli sembrava sempre più bello. Era possibile?

Il moro stava controllando una cartella clinica, il camice aperto come sempre, dove sotto Kurt poteva benissimo vedere un paio di jeans neri aderenti, e una camicia nera. La cravatta ben allacciata. Possibile che sembrasse così sexy pure mentre lavorava?

Blaine, intento a leggere, entrò nel reparto pediatria, senza accorgersi della presenza di Kurt a qualche metro di distanza. Quest'ultimo ne approfittò per nascondersi dietro una colonnina. Si sentiva una spia in missione, ma poco gli importava. Se quello era l'unico modo per avere informazioni sulla salute di Anne, si sarebbe trasformato anche in un agente segreto, se fosse stato necessario.

“Signora Williams!” sentì esclamare sorpreso Blaine. “Pensavo che i dottori le avessero detto di riposare. Sono due giorni che sta qui in ospedale, e l'ho vista riposare al massimo un oretta su quelle scomode sedie. Non le farà bene tutto questo.” aggiunse infine, con tono premuroso.

“E' mia figlia, Dr. Anderson.” sussurrò la donna, con tono stanco. “Starei anche mesi sveglia, pur di vedere come sta.”

“Non ne ha bisogno.” rispose Blaine. Dopodichè sentì il rumore di una sedia scorrere sul pavimento, e immaginò Blaine che si era seduto. “Anne starà bene.”

La donna sospirò, e Kurt potè immaginarsela a cercare di combattere con le palpebre che cercano di chiudersi. “La ringrazio Dr. Anderson.” disse dopo qualche secondo lei, e Kurt immaginò Blaine spalancare gli occhi sorpreso. “Per tutto quello che ha fatto per mia figlia in questi due mesi. Parla molto di lei.” continuò. “Mi ha persino detto che è la sua fidanzatina.” aggiunse poi, in tono divertito. Blaine ridacchiò piano, e anche Kurt non potè evitare di sorridere apertamente.

“Sono io che la convinco di certe cose.” rispose il moro, probabilmente senza smettere di sorridere. “Forse dovrei smettere.” aggiunse poi, parlando piano.

“Non vedo perchè.” rispose con semplicità la madre della bimba. “Mi piace il rapporto che tiene con i suoi pazienti. Lei è diverso da qualsiasi altro dottore. L'ho vista scherzare con i bambini, cercare in tutti i modi di farli divertire o ridere, e penso proprio che sia una bella cosa.”

“Sa,” replicò immediatamente Blaine. “La prima cosa che ti insegnano all'università, è quella di non affezionarsi ai propri pazienti.” spiegò. “E io ho fatto tutto il contrario.” aggiunse poi.

“Se la vedessero adesso, le strapperebbero la laurea di mano, allora.” scherzò la donna, facendo ridacchiare il moro. Ci fu un po' di silenzio dopo, interrotto solo dal rumore dei passi dei dottori nei corridoi. Poco dopo, sentì Blaine parlare di nuovo.

“Devo tornare in ufficio. Ho degli appuntamenti. La prego, torni a casa a riposare un po'. Anne non si risveglierà prima di un paio d'ore.”

Immaginò la donna annuire solamente, visto che una manciata di secondi dopo Blaine uscì dal reparto, e si allontanò per il corridoio, con la stessa cartella di prima in mano. Kurt uscì da dietro la colonnina dove si era nascosto fino a quel momento, ignorando gli sguardi straniti dei passanti, e si passò le mani sui vestiti, come a togliere le pieghe. Pochi secondi dopo, entrò nella stanza.

La madre di Anne era una donna alta, dai capelli neri corvino, e dagli occhi verdi. Sotto gli occhi aveva due grosse occhiaie, che purtroppo rovinavano quello che sicuramente sarebbe stato un bellissimo viso. La donna era girata di schiena, rispetto a lui, ma si era girata, appena aveva sentito la porta aprirsi. Quando vide il viso di Kurt, un viso sconosciuto, sorrise semplicemente, e si rigirò a guardare la propria bambina. Di certo non si aspettava che quel ragazzo appena entrato si fermasse di fronte al letto della figlia. Infatti, gli rivolse uno sguardo a metà tra il curioso e l'infastidito.

“Lei è un nuovo dottore?” chiese scettica, facendo scorrere lo sguardo sui suoi vestiti, notando che non portava il camicie, e nemmeno una targhetta. Kurt scosse la testa lentamente.

“Piacere, Kurt Hummel.” disse, non allungando una mano per paura che la donna non gliela stringesse. “Ho conosciuto sua figlia qualche settimana fa.”

La donna sembrò incuriosirsi. “Come, scusi?”

“Sono un amico di Bla – del Dr. Anderson. È stato lui a farmela conoscere. Volevo.. volevo solamente sapere com'è andato l'intervento.” rispose il ragazzo. “So che non ho nessun diritto, ma –“

La donna lo interruppe con un gesto della mano. Subito dopo gli fece cenno di sedersi sulla sedia dall'altra parte del lettino, dove Anne dormiva beatamente. La donna accarezzò un po' la mano di sua figlia, sorridente, poi alzò lo sguardo su Kurt, che continuava a fissarla. “L'intervento è andato bene.” cominciò lei, sorridendo stancamente. “C'è stato solo un momento in cui sembrava che i chirurghi fossero in difficoltà, e lì ho avuto paura. Ma Anne sta bene adesso, dovrà prendere dei farmaci per tutta la vita. Ma sta bene.” rispose lentamente lei, senza staccare gli occhi da quelli del ragazzo. Quest'ultimo annuì, sentendo gli occhi lucidi, e abbassò leggermente lo sguardo, sentendo comunque costantemente quello della donna fisso su di lui. Dopo poco la sua voce lo sorprese. “Che cos'è successo a te?” chiese la donna, in tono comprensivo. Kurt non aveva idea di come prendere quella domanda. A cosa si riferiva la donna? Alzò lo sguardo su di lei, e gli occhi verdi della signora Williams che lo fissavano, gli fecero capire perfettamente. Deglutì, prima di rispondere.

“Mia madre è morta quando avevo otto anni.” disse, fissando le sue mani intrecciate, e lasciando che le lacrime scendessero lentamente dai suoi occhi. “Di cancro.” aggiunse poi, schiarendosi la voce. “S-sua figlia, la prima volta che l'ho incontrata, ha posato una mano sulla mia guancia. E l'unico ricordo che ho di mia madre è il suo posare le mani sulle mie guance ogni volta che avevo paura di qualcosa, o quando ero nervoso, o triste. In un certo senso, me l'ha ricordata.” finì, asciugandosi poi le lacrime, che avevano continuato a scendere involontariamente.

La signora non rispose, ma quando incontrò i suoi occhi nuovamente, potè leggerci dentro tutto l'amore di una madre. Inspiegabilmente, ricominciò a piangere. La donna lo lasciò fare, aspettando tranquillamente la fine di quello sfogo. Quando, dopo pochi minuti, il ragazzo si asciugò le ultime lacrime, lei si alzò e semplicemente lo abbracciò.

 

*

 

“Sono felice che sia andato tutto bene.”

Quel leggero sussurro, lo fece distrarre dai propri pensieri riguardanti l'ultima visita del figlio del Signor Rodriguez, e gli fece alzare lo sguardo, incontrando così un paio d'occhi color ghiaccio che lo fissavano dalla soglia del suo ufficio. Kurt lo stava fissando con quello sguardo penetrante che solo lui era capace di fare. Erano sei giorni che non vedeva quei bellissimi occhi, e solo in quel momento si rese conto di quanto gli fossero mancati. Probabilmente doveva avere un espressione fin troppo sorpresa stampata in viso, visto che l'espressione indecifrabile di Kurt si trasformò velocemente in un ghigno divertito. “Allora?” chiese poi il più grande, cercando di non far trapelare il divertimento nella sua voce.

Blaine sembrò risvegliarsi in quel momento. Sbattè le palpebre un paio di volte, prima di parlare. “Cosa è andato bene?” chiese curioso.

Kurt sospirò, prima di entrare nell'ufficio del moro, e prendere posto davanti la sua scrivania. Incrociò le braccia su di essa, e fissò il moro negli occhi. “L'intervento di Anne.”

“Come -”

“Vi ho spiati,” rispose con semplicità. “E poi sono entrato dentro e ho parlato con la madre.”

“Oh.” esalò il moro, imitando la posa del suo amato. Dopodichè sorrise divertito. “Fa molto Kurt Hummel, in effetti.” sussurrò.

“Oh, ti ringrazio.” replicò, in tono fintamente vanitoso l'altro. Passarono pochi secondi prima che entrambi scoppiarono a ridacchiare divertiti. Sembrava quasi che quei sei giorni passati distanti non fossero mai esistiti. Kurt allungò una mano sulla scrivania, e la posò sull'avambraccio di Blaine, che ancora teneva le braccia incrociate. Poi si sporse sulla scrivania. “Mi sei mancato.” sussurrò, molto lentamente, e molto piano. Blaine sentì un leggero brivido percorrerlo. Senza pensarci due volte, si alzò in piedi, e corse alla porta. Disse qualcosa alla sua segretaria, che a Kurt non arrivò, e chiuse la porta. Due secondi dopo Kurt si ritrovò spiaccicato contro il muro, con quelle due labbra che amava, che continuavano a torturargli il collo. Blaine alzò di scatto la testa quando sentì un leggero sospiro di approvazione uscire dalla bocca del più grande, e quasi immediatamente, fece incontrare le loro labbra in un bacio casto ma pieno d'amore. Quando si staccarono, entrambi erano ancora senza fiato.

“Anche tu mi sei mancato.” esalò il moro, appoggiando la fronte a quella del suo amato. Kurt socchiuse gli occhi, beandosi di quelle attenzioni. “E mi dispiace.” disse poi, accarezzandogli una guancia. Poco dopo si staccò da lui, e costrinse se stesso a tornare a sedersi dietro la propria scrivania.

“E' proprio di questo ciò di cui dobbiamo parlare, Blaine.” parlò Kurt quando riuscì a recuperare la propria lucidità. Sapeva che non aveva bisogno di spiegare a Blaine di cosa avrebbero parlato. Lo sapeva già da solo.

“Lo so, lo so,” sussurrò il moro, facendo un segno distratto a Kurt di sedersi davanti a lui. “E' che.. Alex è tornato senza neanche avvertire, quindi, già vedermelo davanti è stato strano. Tu eri lì e lui era lì, e io.. semplicemente, non mi sembrava il momento migliore.”

Kurt annuì, assimilando ogni singola parola. “Io non sono pronto a condividerti. Io non voglio condividerti.” rispose deciso. Blaine posò una mano sulla sua, e tentò un sorriso.

“Tu non dovrai condividermi, te lo prometto.”

“E' solo che penso che tu non sia ancora pronto a lasciarlo fuori dalla tua vita.” allo sguardo confuso del moro, continuò. “Voglio dire, Alex c'è stato in un momento difficile della tua vita, momento nel quale io non ero presente. Forse vedi più lui come appoggio morale?” chiese più a sé stesso che a Blaine.

“Ma cosa dici?” chiese sempre più confuso il moro, scuotendo leggermente la testa.

“Solo la verità.”

“Quindi mi stai dicendo che vuoi.. non so, una pausa?” chiese ironicamente Blaine, togliendo la mano da sopra quella di Kurt. Quest'ultimo si preoccupò leggermente per quell'ultimo scatto, ma cercò di non scomporsi. Doveva portare a termine il motivo per cui era andato lì.

“Possono esserci pause tra due persone che non stanno insieme?”

“Noi due ci amiamo.

“E continueremo a farlo.” continuò il più grande, annuendo, e continuando a fissarlo in quegli ambrati che in quel momento stavano ricambiando lo sguardo con incredulità e preoccupazione. “E sicuramente, c'è stato un motivo se il destino ha voluto farci rincontrare dopo così tanto tempo. Penso solo che abbi sbagliato momento.”

Blaine distolse lo sguardo velocemente, per cercare di non scoppiare a piangere. Aveva appena ritrovato Kurt, era riuscito a toccare nuovamente quel corpo che amava, a baciare quelle labbra dolci, a passare tempo con lui, i giorni migliori della sua vita, e adesso il destino gli stava strappando nuovamente tutto di mano. Era finita ancora prima di iniziare, ne era sicuro. Kurt, d'altro canto, non si aspettava una reazione del genere. Forse credeva che Blaine avrebbe capito, lo avrebbe rassicurato, e si sarebbero presi questa “pausa” in tranquillità, sapendo che prima o poi sarebbero potuti stare insieme per davvero. Eppure l'unica cosa che riusciva a leggere nell'espressione di Blaine era arrendevolezza, come se avesse perso la voglia di lottare, e quella cosa lo stava facendo leggermente preoccupare.

Si alzò dalla propria sedia, sospirando leggermente, e si avvicinò lentamente alla sedia di Blaine. Quest'ultimo alzò lo sguardo sul suo, probabilmente curioso, ed entrambi sorrisero. Il moro si alzò dalla propria sedia, e chiuse il più grande tra le sue braccia. Quando si staccarono, come se entrambi sapessero già che era ciò che l'altro voleva, avvicinarono le loro labbra in un bacio casto ma leggermente prolungato.

“Hai ragione, Kurt.” sussurrò sulle sue labbra il moro. “E' ciò che ci serve. E prenderci una piccola distanza, non vuol dire necessariamente non vederci più.” Kurt annuì, così Blaine sospirò e sorrise nuovamente.

“Si, certo.” rispose distrattamente l'altro, distogliendo lo sguardo e allontanandosi quasi impercettibilmente. Cosa che però Blaine notò. Come riuscì a notare il tono lascivo con cui il suo amato aveva pronunciato quelle ultime parole. Fu solo però quando Kurt sorrise incertamente e si allontanò definitivamente da lui per dirgli che doveva andare, che il suo sorriso felice, si trasformò nuovamente in una smorfia preoccupata. Kurt stava nuovamente allontanandosi dalla sua vita, e quella volta non poteva permetterlo. Non voleva permetterlo.

 

*

 

Uscì da lavoro mezz'ora dopo, nonostante le costanti infermiere che passavano e continuavano a ripetergli “Dottore, il suo turno è già finito”. Non c'era un vero motivo, ma solo l'essere consapevole che sarebbe tornato a casa e avrebbe visto il viso di Alex, e non quello di Kurt, gli faceva crescere la voglia di restarsene a lavoro il più a lungo possibile. Erano passati due giorni dall'ultima volta che aveva visto Kurt, e in quelle due notti non era riuscito a chiudere occhio neanche cinque minuti. Quindi solo quando sentì la stanchezza di quei due giorni ammucchiarsi su di lui, decise di uscire dall'ospedale.

Ci aveva pensato tutto il giorno – no, in realtà, era già da quando si era baciato sotto il vischio a Natale con Kurt che ci pensava, ma dettagli – e finalmente era arrivato ad una conclusione. E cioè, avrebbe dovuto chiudere definitivamente con Alex.

Va bene che Alex era stato il suo punto di riferimento per ben quattro anni, ma Kurt era tornato nella sua vita. Kurt l'aveva stravolta esattamente come la prima volta. Kurt con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, era ancora innamorato di lui, nonostante i sei anni che erano rimasti divisi. E lui, se possibile, era ancora più innamorato. Perchè dopo anni, aveva nuovamente sentito quella voce, quella risata. Aveva toccato quel corpo, quelle labbra. Dopo anni, era riuscito finalmente a sentirsi vivo, come faceva quando era ragazzo. E solo Kurt riusciva a farlo sentire in quel modo. Sempre e solo lui, da ormai otto anni.

Ormai non poteva più permettere a quella parte della sua vita che era Alex, di dividerlo dal suo vero destino. Dall'amore. Così aveva fatto la sua scelta, e aveva scelto ovviamente la via più difficile. Una relazione piena d'amore, sorrisi, felicità, ma anche quella che sarebbe stata una relazione piena di litigate, cose non veramente pensate urlate in faccia, e bronci tenuti per giornate intere. Ed era quella la relazione che voleva per il resto della sua vita. Senza più dubbi o incertezze, entrò nel suo appartamento con un sorriso felice.

Certo il sorriso entusiasta di Alex, per averlo rivisto dopo una giornata intera, non aiutava. Ma niente, era deciso di andare fino in fondo. Così, sorrise incertamente per ricambiare, e dopo essersi seduto sul divano, decise di parlare chiaramente.

“Ti devo parlare, Alex.” disse deciso. Certo, poteva togliersi quel sorriso da ebete che aveva, ma il pensare troppo al fatto che forse finalmente sarebbe riuscito a svegliarsi ogni giorno accanto alla persona che veramente amava, non riusciva a farlo smettere.

“Si amore,” rispose l'altro ragazzo distrattamente, posando il telefono sul tavolino da caffè davanti al sofà. “Dammi solo un attimo.” e detta quell'ultima cosa, sparì per il corridoio. Se fossero stati in un film, il viso di Blaine avrebbe assunto una di quelle espressioni tra l'esasperato e l'omicida, ma decise semplicemente di sospirare e appoggiarsi allo schienale del divano. Era abituato a quelle scene, e posticipare il suo tentativo di rompere quella relazione di qualche minuto, non cambiava niente.

Incrociò le braccia al petto, e posò la testa allo schienale, cominciando a fare un po' di stretching al collo. Dio, che giornate stressanti che stava passando ultimamente. Chiuse un po' gli occhi dopo qualche secondo, e quasi sicuramente si sarebbe pure addormentato, se la suoneria dei messaggi dell'iPhone di Alex non avesse suonato per ben due volte di fila. Tre. Quattro.

Aprì gli occhi, e tirò su la testa, fissando il telefono abbandonato, confusamente. Chi cercava Alex alle dieci e mezzo di sera?

Si guardò in giro, e allungò la testa verso il corridoio per vedere se Alex era di ritorno oppure no, e al quinto messaggio si decise ad allungare la mano e a controllare. In fondo, stavano ancora insieme, quindi che male c'era? Certo, lui non sarebbe stato contento se Alex gli avesse sbirciato nel telefono, ma vabbè, in fondo non aveva segreti lui. Tranne Kurt.

Aprì la cartella dei messaggi, e ciò che lesse dopo, lo fece letteralmente spalancare la bocca. Quella poi era bella.

 

*

 

Kurt usciva da camera sua solo per andare al bagno da quel giorno in ospedale con Blaine. Ovviamente con Rachel si era inventato la scusa del “sto male”, ma la sua migliore amica era più furba di quanto lui credesse, e infatti non gli aveva creduto neanche per un momento. Non gli interessava. Semplicemente da una parte non voleva ucire di casa, e dall'altra non i sentiva ancora pronto ad una delle sue ramanzine o ancor peggio ad uno dei suoi soliti “te l'avevo detto”. In effetti, Rachel aveva avuto ragione. Alex era tornato e la magia di quei bellissimi giorni passati con Blaine era svanita esattamente come era apparsa. Improvvisamente.

Durante le vacanze passate col suo ex, sicuramente né lui né Blaine avevano pensato alle conseguenze o al futuro. O al ritorno di Alex. Semplicemente avevano pensato di godersi quei giorni insieme, pensando solamente a quanto era bello stare insieme, con la consapevolezza, inconsciamente che prima o poi quei momenti sarebbero finiti.

E infatti adesso si trovava da solo, con un barattolo di gelato al cioccolato davanti, e un film d'amore tutto per lui da guardare. Proprio nel momento in cui infilò il dvd nel dvd-player, una Santana alle prese con un paio di tacchi dodici, si buttò sul divano con un verso di disapprovazione. Kurt roteò gli occhi quando si rese conto che quel verso era dedicato a lui.

“Cosa vuoi?” chiese senza tanti preamboli il ragazzo, sedendosi accanto a lei e strappandole di mano il suo barattolo di gelato con un occhiata da giù le mani.

“Ti pare il modo di trascorrere il Sabato sera, questo?” chiese lei in risposta, guardando di sottecchi il titolo sulla custodia del film. “Le pagine della nostra vita? Andiamo Kurt, sei ripetitivo.”

Il ragazzò sbuffò sonoramente a quelle parole. “Possibile che non posso fare ciò che voglio? Proprio non ho voglia di uscire. È un problema?”

“No, ma sei noioso.” scherzò la ragazza dandogli una spallata amichevole, che lui ricambiò con un sorrisetto tirato. “Forza, tu e Blaine vi siete lasciati di nuovo? È per questo che sei nuovamente depresso?”

Kurt alzò le spalle distrattamente. “Non è proprio che ci siamo lasciati, più che altro.. ci siamo presi una pausa, diciamo.”

Santana annuì riflettendo qualche secondo. “Tecnicamente non stavate neanche insieme, giusto?” chiese poi.

Il ragazzo negò con la testa, mentre apriva distrattamente il barattolo del gelato. “Tecnicamente lui è fidanzato.” sussurrò amaramente.

“E il problema è che non l'ha ancora lasciato.” rispose la ragazza. Kurt annuì lentamente, per poi premere il pulsante per far avviare il film. “Ma tu non gli hai dato neanche il tempo di farlo, scommetto.” lo rimproverò lei. In tutta risposta ricevette una bocca spalancata dall'indignazione, così non potè eviare di ridere. “Eddai Kurt, ti conosco perfettamente ormai.” ridacchiò lei per poi farsi sera dopo qualche secondo. “Io credo, sinceramente, che dovresti provare a metterti nei suoi panni per qualche secondo,” spiegò lei, gesticolando in aria come se stesse disegnando. “Sta con questo ragazzo da quattro anni, una relazione che potrebbe quasi diventare un matrimonio, o una famiglia, e..”

“Lui mi ha detto che non l'ha mai amato.” la interruppe Kurt, pensando che sottolineare quel dettaglio fosse importante. Lei sorrise.

“Va bene, te la concedo,” scherzò Santana, per poi riprendere da dove era rimasta. “Ma sono comunque stati insieme per quattro anni. E in quattro anni di relazione e convivenza, io credo che sia praticamente impossibile non provare niente per una persona. Okay, può non essere amore, ma può essere affetto, riconoscenza per qualcosa, o qualcosa di simile. O può anche essere che in questi anni in cui tu e Blaie non vi siete né visti né parlati, lui abbia cercato qualcuno che lo supportasse esattamente come facevi tu. E far scivolare una persona così dalla nostra vita, anche se non la si ma, non è così facile come sembra.” Finì abbassando le mani, e tornando a guardare Kurt, il cui sguardo era perso nel vuoto. Sorridendo, Santana gli passò una mano davanti il viso, svegliandolo dai propri pensieri.

“Io gli ho dato tutta la mia comprensione, Santana. Non è che sono entrato nel suo ufficio e ho cominciato ad urlare “o me o lui”. Ci siamo presi questa pausa, appunto perchè così avrebbe avuto tempo di fare la sua scelta.”

La ragazza ascoltò attentamente ogni parola dell'amico, pronunciata con lentezza, per poi aggrottare la fronte. “Non riesco a capire dove sia il problema allora.” ammise sussurrando. Kurt distolse lo sguardo e lo posò sul televisore, il quale mostrava Allie e Noah intenti a costruire lentamente il loro amore.

Che situazione strana. Solo il fatto di essere lì a parlare dei suoi problemi con Santana e non con Rachel, era strano, ma quella sera la sua migliore amica aveva un appuntamento con un ragazzo conosciuto qualche giorno prima, e quindi neanche se avesse voluto avrebbe potuto parlare con Rachel.

In fondo Santana era una buona amica: sapeva ascoltarti, giudicarti senza aver paura di offenderti, e consigliarti il meglio per te. E poi aveva una sincerità spietata. A volte la invidiava persino, perchè avrebbe pagato per avere il carattere forte dell'amica. Ovviamente certe cose non le avrebbe mai dette se fosse stato qualche anno prima. Certo, Santana non aveva più quei suoi atteggiamenti da stronza ventiquattr'ore su ventiquattro – Kurt pensava che fosse stato anche il suo riavvicinamento con Brittany a farla cambiare –, si era moderata, ma ci era voluto del tempo. Adesso poteva dire di avere un buon rapporto con l'ispanica, e non ne era per niente dispiaciuto.

“Ho solo paura che scelga lui.”

 

*

 

Fece avanti e indietro davanti al letto di camera sua almeno un centinaio di volte in quei dieci minuti. Non poteva credere a quello che i suoi occhi stavano continuando a leggere. Tutto si sarebbe aspettato, qualsiasi cosa, ma non quello. Era impossibile che Alex fosse capace di una cosa del genere, praticamente impossibile.

Dopo aver respirato pesantemente, si sedette sul letto, e si passò una mano tra i capelli, mentre con l'altra teneva ancora in mano l'iPhone di Alex, aperto sulla cartella dei messaggi. Stava cercando di dare una spiegazione a tutto quello, ma proprio non ci riusciva. Cercando di darsi una calmata, per rimettere apposto ogni pensiero presente nella sua testa in quel momento, riportò il telefono davanti ai suoi occhi, per rileggere, per l'ennesima volta.

A: Jason
(21.22)
Purtroppo no. Tra poco arriverà Blaine, quindi non possiamo.

Da: Jason
(21.22)
Che palle. Sai cosa penso di questa storia, è due anni che va avanti così. Sai di dover scegliere prima o poi.

A: Jason
(21.25)
Lo so perfettamente. È solo che ancora non voglio e non posso.

Da: Jason
(21.26)
Non puoi?

A: Jason
(21.28)
Esatto, non posso. Voglio bene a Blaine, e credo che sarebbe un duro colpo per lui.

Da: Jason
(21.30)
Non me ne frega un cazzo di ciò che vuole lui. E non dovrebbe fregartene un cazzo nemmeno a te, sennò non avresti mai deciso di venire a letto con me da due anni a questa parte, o non inventeresti scuse ogni volta per vedermi. Come quella cazzata delle masterclass ogni anno. Ma per favore.

A: Jason
(21.32)
Lasciamo perdere.

Da: Jason
(21.33)
No! Non voglio lasciar perdere ogni volta. Parliamone.
(21.38)
E rispondi, cazzo.
(21.39)
Scommetto che è arrivato lui.
(21.43) Okay, ne parliamo domani allora. Alle quattro e mezzo a casa mia, o scordati pure della mia esistenza.
(21.54) Credo di aver esagerato, scusami. È solo che ti amo, e questa situazione comincia a diventare un po' pesante. Del resto, credo che faresti un favore anche a Blaine, dicendogli la verità. Buonanotte amore.

 

Amore.. ti amo.. non verresti a letto con me da due anni a questa parte.. sarebbe un duro colpo per lui.. sai di dover scegliere prima o poi.

Quelle parole gli stavano rimbombano in testa. Che stupido che era stato, era così ovvio. Se solo avesse aperto gli occhi, invece di lasciarsi manipolare dal suo ragazzo, avrebbe sicuramente capito molto prima. Tutti i ritardi ai loro appuntamenti, le partenze improvvise.. doveva esserci per forza qualcuno in mezzo. E quel qualcuno, a quanto pare aveva pure un nome. Jason.

Non era mai stato dall'altra parte. Non era mai stato il tradito, e non aveva la minima idea di come ci si poteva sentire. Ripensò immediatamente a Kurt, e a come sei anni prima gli aveva confessato di averlo tradito. Ricordò le lacrime sul viso della persona che amava, e il dolore nella sua voce. Kurt era stato tradito dall'unica persona di cui si fidava veramente, era stato tradito dalla persona che amava, e che lo amava, e aveva pensato probabilmente, che Blaine stesse scherzando, perchè.. andiamo, era impossibile che una persona che conosci così bene, ti possa fare una cosa del genere.

Eppure lui poteva dire di conoscere Alex, poteva dire di volergli bene, però.. però era successo. Alex lo stava seriamente tradendo da due anni. Da due lunghi anni in cui lui aveva sempre pensato di avere accanto a sé una persona seria.

Bello fu il fatto che lui quella sera aveva deciso di confessare ad Alex il suo tradimento, per poi andare a rifugiarsi tra le braccia dell'unica persona che avrebbe mai amato, e poi usciva fuori quella cosa. Chissà se Alex glielo avrebbe mai detto. Probabilmente, codardo com'era, no.

La cosa strana è che Blaine non pianse quella sera, seduto sul letto della camera che aveva condiviso con la stessa persona per quattro anni. Non versò una singola lacrima. Nella sua testa c'era solo confusione, e rabbia. E in certo senso, anche divertimento.

In quel momento sentì bussare alla porta, che lui aveva chiuso a chiave, così rialzò lo sguardo. “Amore, sei lì dentro?” sentì dire dall'altro lato. “Hai visto il mio telefono?” chiese il ragazzo, con una punta di preoccupazione. Da una parte gli venne da ridere, ma fece di tutto per trattenersi. Si alzò, schiarendosi la voce, e mise su un sorriso esageratamente falso. Infine aprì la porta, per poi trovarsi il viso inespressivo del suo futuro ex ragazzo davanti.

“Dici, questo?” chiese sarcasticamente il moro, mettendogli in mano il suo telefono, sempre aperto sui messaggi di Jason. Vide Alex far vagare qualche secondo lo sguardo dai messaggi al suo viso. Infine assunse un espressione di arresa. Non c'era niente che poteva fare. Non poteva negare, visto che Blaine aveva centinaia e centinaia di messaggi come prove contro di lui, e sapeva che frasi del tipo “non è come sembra”, avrebbero solo peggiorato la situazione, quindi, aspettò solo che il moro parlasse per primo. “Dovresti fare attenzione a dove lasci il telefono, Alex.” disse il ragazzo, con un espressione indecifrabile. “Io non ho niente da aggiungere, tranne il fatto che potevi tirare fuori le palle e dirmelo due anni fa. La scusa “sarebbe un duro colpo per lui”, la usi per nascondere il fatto che sei un codardo?” chiese, senza abbandonare il suo tono sarcastico.

Alex sospirò, abbassando lo sguardo. “Blaine, io..”

“Si?” lo incitò ad andare avanti il moro.

“Posso spiegarti.”

“Non m'interessano le tue spiegazioni.” rispose, alzando le spalle. Aspettò qualche secondo, per dare possibilità all'altro di replicare. Cosa che non successe. Alex non trovava neanche il coraggio di guardarlo in faccia. “Faccio le valigie e me ne vado.” aggiunse.

Solo dopo quelle parole, Alex lo guardò confuso. “Blaine, non ce n'è bisogno. Posso andarmene io.”

“Non ti scomodare.” rispose distrattamente l'altro, rientrando in camera e posando una valigia sul letto. Dopo averci infilato un po' della sua roba, sotto lo sguardo del suo ormai ex ragazzo, riaprì bocca. “Passerò a prendere il resto della mia roba domani pomeriggio.”

Passò un quarto d'ora, e Blaine si trovava già davanti la porta di casa, con una valigia ai suoi piedi, mentre si infilava il cappotto, e guardava fisso negli occhi Alex, che lo fissava di rimando, a pochi metri da lui. Dopo essersi messo anche la sciarpa, vide l'altro ragazzo incrociare le braccia, e appoggiarsi al muro dietro di sé. Lui infilò le mani in tasca.

Ecco come una relazione durata quattro anni può finire in un solo secondo. Blaine ancora non se ne capacitava. Era come lasciar andare un pezzo di vita, e nonostante tutto, uscire dalla porta di una casa che era stata sua per così tanto tempo, non era così facile, come gli era sembrato pochi minuti prima. Senza neanche pensarci, si avvicinò ad Alex, e lo chiuse in un veloce abbraccio, che l'altro ricambiò un po' confuso, ma con decisione. Si sarebbero mancati a vicenda, quello era sicuro. Nonostante non si amassero, si stavano lasciando alle spalle una relazione importante, sotto ogni punto di vista.

Quando Blaine si riallontanò, e prese sotto mano il trolley, vide Alex sorridergli incertamente. Sorriso, che non riuscì a ricambiare. Non vedeva più Alex come la persona che aveva conosciuto anni prima, vedeva solo la più grande delusione della sua vita.

Dopo pochi secondi, con un cenno della mano salutò Alex, ed uscì da quelle quattro mura. Una volta trovatosi fuori dal palazzo, si sentì leggermente disorientato. Sarebbe cambiato tutto, da quel momento in poi. Ogni singola sfumatura della sua vita sarebbe cambiata. Migliorata, avrebbe detto.

Pensò a Kurt. E poi rise. Rise apertamente, sotto la leggera neve di Gennaio. Rise, perchè non vedeva un motivo per cui non avrebbe dovuto farlo.

 

*

 

Eravamo noi.”

Kurt si asciugò le lacrime un ennesima volta quella sera. Avrebbe dovuto buttarlo via quel film, ne era sicuro. Non poteva piangere ogni singola volta. Ormai erano sei anni che continuava a guardarlo e guardarlo decine di volte al mese. Eppure ogni volta, si trasformava letteralmente in una fontana.

Santana se ne era andata un oretta prima, e lui era rimasto da solo col suo gelato, a deprimersi davanti a quel film. Solo che era così bello. Dio, come avrebbe mai potuto osare smettere di guardare un opera d'arte così bella? Probabilmente in quegli anni aveva sviluppato una certa dipendenza, e se non lo guardava un tot di volte al mese, andava in astinenza. Si, era probabile. Ormai sapeva persino ogni singola battuta a memoria.

Infilò il cucchiaio nel barattolo di gelato, che ormai era arrivato a meno di metà e si era praticamente sciolto, e ne fece uscire una cucchiaiata abbondante, che, troppo distratto dal film, infilò tutta in bocca. Dopo pochi secondi stava imprecando per i brividi, e il dolore ai denti, ma la scena finale del film, Noah che scappa dalla propria stanza per andare in quella di Allie, lo distrasse velocemente. Rimase concentrato, ripetendo con il labiale ogni singola parola, e sentendo nuovamente le lacrime vicine.

“Tu credi che il nostro amore potrebbe portarci via insieme?”
“Io credo che il nostro amore possa fare tutto quello che vuole.”


Dopo quelle battute, e dopo il Buonanotte, a domani di Noah, il film finì. Kurt stava stringendo forte il cuscino a sé, con la faccia premuta sopra, e le lacrime che scorrevano inesorabilmente dai suoi occhi. Quella storia gli ricordava così tanto Blaine. Di come si erano conosciuti, innamorati, per poi lasciarsi, e ritrovarsi dopo anni dopo, capendo immediatamente come l'amore che provavano non era finito, né diminuito. Anzi, si era forse rafforzato. Loro erano maturati, e il loro amore pure. Insieme a loro, negli anni.

Dopo aver passato qualche minuto a fare la doccia al cuscino, si alzò dal divano sospirando drammaticamente, e posando il barattolo sul tavolino davanti. Spense la tv, sulla quale scorrevano i titoli di coda, e si spostò in cucina. Per puro caso, alzò lo sguardo sul grosso orologio che troneggiava sopra i mobili, e che già segnava un quarto alle undici. Forse sarebbe dovuto andare a letto, anche se, il giorno dopo, non avrebbe dovuto lavorare. Cazzo, Santana aveva ragione. Se avesse continuato così, nel giro di qualche anno, si sarebbe ritrovato da solo, con ventisei gatti a fargli compagnia, in un appartamento troppo piccolo, e con troppi rotolini sulla pancia. Solo l'immagine gli dava i brividi.

In quel momento sentì bussare, e quasi a rallentatore, con un espressione omicida sul viso, come se avesse potuto incenerire chiunque si trovasse dall'altra parte, si girò verso il portone. Chi è che osava rompergli le palle a quell'ora di sera?

Sospirando arrendevolmente, si avvicinò al portone, e con aria da o te ne vai o te ne vai, lo aprì. La sua espressione annoiata, cambiò immediatamente appena vide chi si trovava dall'altra parte.

“Blaine?” praticamente urlò, quando incontrò quelle due iride emozionate, e un sorrisetto incerto. “Blaine, che ci fai qui?” chiese poi, confuso.

“Io.. Alex ed io.. ehm,” lo vide prendere un lungo respiro, e abbassare lo sguardo qualche secondo. “E' finita. E io.. non sapevo dove andare, e so che è tardi ma -”

Le sue parole furono bloccate da un abbraccio caloroso, che Kurt gli riservò. Lo abbracciò stretto per diversi secondi, senza aver bisogno di spiegazioni o motivi validi. Semplicemente fece quello che voleva fare già da diversi giorni. Quando si allontanarono, Kurt lo guardò dritto negli occhi, e senza ombra di dubbio, parlò nuovamente. E, solo in quel momento, entrambi si resero conto, che di lì in poi, non avrebbero più avuto bisogno di lottare.

“Bentornato a casa.”



Note: Boh, la prima cosa che ho da dire è che mi dispiace un casino, ragazzi. So che avrei dovuto aggiornare più di una settimana fa, ma purtroppo non ho potuto farlo per "problemi". 
La seconda cosa che ho da dirvi - e purtroppo è brutta, visto che questo è l'ultimo capitolo di questo meraviglioso viaggio - è che questo capitolo non mi convince per niente. Spero comunque che a voi piaccia. 
Scrivere una storia, e permettere ad altre persone di leggere ciò che esce dalla tua mente, è uno dei più bei viaggi che abbia intrapreso e che mai intraprenderò in tutta la mia vita. Grazie a chi si è preso la briga di seguirmi in questo nuovo viaggio, e grazie a chiunque mi seguirà nei prossimi. Grazie a coloro che hanno perso un po' del loro tempo a recensire. E grazie a chi ha seguito questa storia dall'inizio alla fine. 
Grazie.
Al prossimo viaggio.
Vostra.

  
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