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Autore: GirlWithChakram    01/11/2014    4 recensioni
Raccolta di OS legate alla fanfiction "Your Spanish Lullaby", che vedrà il ritorno di Brittany, Santana e la loro variegata compagnia, in diversi Missing moments, alle prese con le avventure non raccontate nell'opera originale.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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THE ECHO OF YOUR SPANISH LULLABY
 
Avvertimento: si consiglia di aver letto prima la fanfiction a cui questa raccolta fa riferimento. QUI il link diretto al primo capitolo

You’re having my baby
 
«Allora, glielo ripeterò ancora una volta, perché voglio essere certa che abbia capito» scandii, fissando trucemente la povera donna dietro la scrivania con cui stavamo discutendo «Ho detto che il donatore deve corrispondere ai miei parametri delle tre “S”, sono stata chiara?»
La poveretta annuì, ma era meglio ricordarglielo ancora una volta: «Sano, Spagnolo e Sexy. Ce la farà a ricordarlo?»
«Signora Lopez, ho scritto tutto qui…»
«Lopez-Pierce, si ricordi» puntualizzai.
«Sì, certo, mi scusi» rispose con voce tremante «Ho segnato le vostre preferenze, ma, con richieste così specifiche, sarebbe meglio se fosse lei ad individuare il candidato adatto.»
«Ma non posso sceglierlo da una specie di catalogo, giusto? Devo trovarmelo da sola il belloccio?»
«Dobbiamo garantire l’anonimato dei donatori e non abbiamo a disposizione tutte le informazioni per verificare le vostre… Particolari richieste.»
Brittany mi guardò, cercando di capire cosa avessi intenzione di fare.
«Allora grazie mille» conclusi alzandomi e stringendo la mano alla donna «Ci rivedremo quando avrò trovato il padre di nostro figlio.» Dopodiché, senza mezzi termini, afferrai Britt e la condussi fuori dalla clinica.
«Hai sul serio intenzione di metterti a pescare dall’elenco telefonico un potenziale donatore di sperma?» mi domandò quando le spiegai quale fosse il mio piano.
«Ovvio. Proverò a rintracciare tutti i nomi spagnoleggianti e, appena ne troverò uno sano e sexy, lo convincerò a venire con noi, così sarà tutto pronto per avere il nostro adorabile marmocchio.» Mi sentivo esattamente come ogni volta in cui, solitamente con l’aiuto di Puck, avevo messo in piedi un qualche macchinoso progetto.
«E sei ancora sicura di non voler essere tu a portare avanti la gravidanza?»
«Ma certo, cara! Io ho un lavoro, un lavoro serio! E mi ci vedi col pancione? Io no. E le nausee mattutine proprio non fanno per me. Poi sei stata tu a cominciare con l’idea della fecondazione, il minimo che tu possa fare è essere lunatica e intrattabile per nove mesi» spiegai.
«Così saprai cosa si prova a vivere con te ogni giorno» sghignazzò.
«E con questo cosa vorresti dire?»
«Niente… Non sto certo insinuando che tu sia lunatica e intrattabile» replicò, schioccandomi un bacio sulla guancia «Adesso andiamo a cercare l’uomo delle tre S.»
Un paio di settimane più tardi ci fu una delle solite cene di riunione, ma a casa Anderson-Hummel, dato che Noah e Quinn volevano uscire da quella che era praticamente diventata la loro tomba. In un primo momento avevano pensato di lasciare la piccola Beth con la nonna materna, ma Britt li aveva convinti a portarla, solo per poterla coccolare per tutta la sera.
Arrivammo che i Puckerman erano già lì, così come Finn. Rachel, invece, era rimasta bloccata a New York per uno spettacolo, mentre il volo di Sam dalla California era stato cancellato, impedendogli di raggiungerci.
Ci accomodammo in salotto, davanti ad un aperitivo, per chiacchierare come nostro solito.
«Avremmo voluto fare questo annuncio con tutti presenti» esordì Kurt «Perché questo è il genere di notizie che si vuole condividere con la propria famiglia e voi, ragazzi, siete decisamente parte della nostra.»
Sapevo dove sarebbe arrivato quel discorso e mi sentii presa in giro. Perché ogni volta che avevo qualcosa di epico da annunciare qualcuno riusciva a rubarmi la scena? Mia moglie ed io avevamo discusso a lungo se rendere pubblica la nostra, si augurava, imminente maternità e dopo mille pressioni avevo ceduto. Avremmo introdotto l’argomento a fine serata, ma l’uscita dei Klaine avrebbe certamente anticipato le cose.
«A breve saremo papà» prese la parola Blaine «Di due bambini.»
Mi cadde la mandibola.
«Come due?» domandò Q, parlando a nome di tutti.
«L’agenzia di adozione ci aveva messo in contatto con Jane, una ragazza di Boston, che abbiamo conosciuto di persona tre giorni fa e in quell’occasione ci ha comunicato che, dalla prima ecografia, è risultato che il suo sarà un parto gemellare. Tra un mese scopriremo se saranno maschi o femmine.» Anderson sciorinava date, informazioni cliniche e programmi di viaggi nel Massachusetts come se stesse parlando dell’uscita di uno dei suoi racconti. Era emozionato, nervoso, esaltato e il marito non era da meno. Ascoltandoli mi era chiaro che sarebbero stati due meravigliosi papà.
Brittany, seduta al mio fianco, cercò istintivamente la mia mano e la strinse, mentre i nostri amici proseguivano, elencando tutti i nomi possibili ed immaginabili per i loro pargoli, da Clarisse, nome di alta classe sostenuto da Kurt, ad Albus Percival Wulfric Brian, ovviamente proposto da Blaine, che trovava la scelta di “Fred e George” troppo scontata.
Quando i nostri amici conclusero il loro siparietto, seppi che era il nostro momento. Quinn, ancora piena di ormoni della gravidanza, versava copiose lacrime di gioia, mentre Puck e Finn si complimentavano.
Mi alzai, senza lasciar andare la mano di Britt, e cominciai il mio discorso: «Avremmo voluto cogliervi di sorpresa, ma a questo punto la nostra non sembrerà molto una novità…»
Non ebbi la possibilità di dire altro, perché Quinn, decisamente sballata dagli ormoni, balzò in piedi e corse ad abbracciarmi per poi riprendere a piangere sulla mia spalla, mormorando quando fosse fiera di me per averla finalmente data vinta a Brittany.
«Ma loro lo sapevano già?» chiesi alla mia bionda, che aveva assunto la sua tipica espressione da finta tonta.
«No, certo che no…»
«Britt» sbuffai «Dovevamo sorprenderli.»
«Allora ci fingeremo sorpresi» intervenne Noah, continuando a cullare la figlia e assumendo un’espressione di finta meraviglia.
«Grazie del supporto, Puck» gli rispose mia moglie, dedicandogli un sorriso.
Io, invece, feci una smorfia. «Se lo sapete già tutti, non vedo perché me ne sto qui a pensare ad un discorso» mi lamentai, incrociando le braccia e tornando a sedermi stizzita.
«San, non prendertela» cercò di consolarmi Finn «Io volevo sentirtelo dire, dai.»
«Ok, Hudson, ma solo perché sei tu. Abbiamo intenzione di diventare mamme, sempre ammesso che troviamo il giusto candidato.»
«Non siete andate in una clinica apposta?» domandò la Fabray.
«Sì, ma non avevano quello che stavamo cercando» risposi facendo spallucce.
«La verità è che San ha avanzato richieste un tantino fuori dall’ordinario e ha concluso che lo deve scegliere di persona il padre di nostro figlio» espose mia moglie, spiegando quanto io avevo taciuto.
«Dettagli…» commentai con noncuranza.
«E quali sarebbero i parametri del tuo uomo ideale, bella latina? Perché se ti accontenti ci sono sempre io e posso fare le cose “alla vecchia maniera”» ironizzò Noah.
Quinn ed io lo fulminammo con lo sguardo.
«Spiacente, Puckzilla, ma i tuoi servigi non saranno richiesti» intervenne la mia bionda «I parametri sono dettati dalle tre “S”: Sano, Spagnolo e Sexy. Direi che te la cavi solo con la prima S... E ho comunque i miei dubbi.»
«State cercando un uomo con queste caratteristiche?» ci chiese Finn «Perché io avrei un collega che potrebbe fare proprio il caso vostro… Ma dovreste indagare bene sui suoi problemi di stomaco.»
«Perché?» domandai incuriosita.
«Quando parla tira sempre fuori qualcosa sul duende… Non è mica una parte dell’intestino?»
Scossi la testa rassegnata, mentre tutti gli altri scoppiavano a ridere.
E fu così che ci mettemmo in contatto con David Martinez. Insegnava spagnolo al McKinley, vista la sua origine latina e la conseguente ottima conoscenza della lingua. Era un uomo molto affascinante, anzi, decisamente caliente. Sarebbe stato degno di essere il padre del nostro pargolo.
Convincerlo a donare il seme fu più facile del previsto, gli bastò chiacchierare dieci minuti con Brittany, durante i quali diventarono pappa e ciccia, e poi dopo appena una settimana di riflessione fu disposto a firmare i vari moduli di consenso.
I primi due tentativi di Britt di restare incinta, purtroppo, non andarono a buon fine. La prima volta non fu eccessivamente traumatica, ci era stato spiegato che le possibilità di successo variavano a seconda di numerosi fattori indipendenti dalla nostra buona volontà. Ma la seconda volta eravamo certe di avercela fatta. Lei aveva detto di sentirsi davvero diversa, “come se fossi stata investita dalla magia di un unicorno”, testuali parole. Ma durante la visita di controllo il ginecologo infranse le nostre speranze come un servizio di cristallo passato sotto uno schiacciasassi. Brittany ne uscì distrutta, si incolpava e non riuscivo neppure a capire di cosa. Temetti che decidesse di rinunciare e non potevo permetterglielo, ormai ero entrata nella mentalità di avere un figlio e lei lo desiderava quanto me, se non di più. Dovevo solo farle trovare la forza di ritentare.
L’aiuto giunse da Kurt, che le fece vedere l’ecografia che ritraeva i futuri gemelli Anderson-Hummel, un maschietto e una femminuccia. Parlarono per ore davanti a quelle macchie informi e lei sembrò ritrovare un po’ di gioia e il coraggio necessario per fare un altro tentativo.
Era da poco cominciata la primavera quando, dopo cinque test e una visita di conferma, potemmo ufficialmente affermare di essere in dolce attesa.
Il cambiamento che investì mia moglie fu rapidissimo: da vitale ed esuberante terremoto si tramutò in una docile chioccia, dedita in tutto e per tutto alla cura del nascituro. L’unica cosa che le faceva staccare gli occhi dai libri e che la faceva uscire era l’idea di rivedere i suoi studenti. Era intenzionata a continuare con le lezioni, senza ricorrere a coreografie esagerate, almeno fino al settimo mese.
L’unica altra occasione in cui si mosse dal divano fu per le cene con le nostre rispettive famiglie per comunicare la lieta novella.
I miei non erano mai stati molto espansivi e non erano una forte presenza nelle nostre vite, ci chiamavano ogni tanto, quando riuscivano a liberarsi dei numerosissimi impegni con cui colmavano le loro giornate, quindi furono felici dell’imminente arrivo del loro primo nipotino, ma non eccedettero con le manifestazioni d’affetto.
I Pierce, invece, erano di tutt’altra pasta.
Ashley, ormai adolescente, in piena fase di ribellione, capitava spesso a casa nostra, armata solo di pigiama e cellulare perché aveva litigato con i genitori. Brittany, ovviamente, amava averla di nuovo vicino, come quando erano più piccole. Dopo i suoi studi a New York non era passato molto tempo prima che decidessimo di vivere insieme, quindi la separazione definitiva dal nucleo famigliare, accentuata dalla dolorosa scomparsa di Lord Tubbington, non era stata facile da gestire. Ash, dunque, era una viva presenza nelle nostre esistenze, così come James e Vivian che, benché passassero a trovarci soltanto un paio di volte al mese, non mancavano mai di farsi sentire per chiedere nostre notizie.
La sera che invitammo tutti e tre i Pierce  nel nostro accogliente nido difficilmente potrò mai dimenticarla.
Ashley bussò alla porta con un’ora di anticipo, dopo aver abbandonato la moto da cross, ereditata dalla sorella, nel nostro garage. Si accomodò sul divano, accanto a Britt, come se nulla fosse e si mise a guardare con lei, per la milionesima volta, “Frozen” che era diventato il manifesto del loro amore fraterno.
Mentre canticchiavo “Let it go” dalla cucina, rigirando il pollo per le tapas, udii suonare il campanello.
Le due sorelle non si mossero, gridandomi di occuparmene.
Borbottai, ma ricordai a me stessa che dovevo farlo per il benestare della mia mogliettina, così mi diressi all’entrata per accogliere gli ospiti.
«Santana!» trillò Vivian abbracciandomi «Quanto tempo, carissima! Saranno almeno tre settimane!» Lasciai che mi riempisse di baci, poi salutai James con la consueta stretta di mano, seguita da un’altra sequela di baci e abbracci. Erano decisamente troppo espansivi per gli standard a cui ero abituata, ma dopo sette anni ne avevo fatto la mia normalità.
«Dov’è quella perdigiorno di Brittany?» mi domandò la donna, scavalcandomi e puntando direttamente al salotto, sbraitando: «Potresti almeno degnarti di alzare il sedere per venire a salutare coloro che ti hanno dato la vita, ingrata di una figlia! Lasci fare tutto a quella povera disgraziata di tua moglie.» Mi precipitai dietro di lei, preoccupata che potesse accadere qualcosa di male.
«Anche per me è un piacere vederti, mamma» rispose Britt, rimanendo calma. Ashley, invece, fremette leggermente, probabilmente lei e la madre avevano di nuovo discusso.
«Davvero non capisco per quale ragione non ci accogli mai! Potrei passarci sopra se fossi impegnata in attività utili o dilettevoli… Ma in quel caso anche Santana sarebbe occupata…»
«Vivian!» la richiamò il marito «Ti sembra il caso?»
Quel siparietto, mi aveva più volte ripetuto Brittany, era un classico, insieme alla minaccia legata alle “scatole dello zio Peter”.
«James, io posso dire quello che voglio. E poi lo sappiamo tutti che queste due ci danno dentro tutte le volte che…»
«Vivian!»
«Va bene, va bene…» capitolò, cambiando poi argomento: «Dove sei stata tutto il pomeriggio, Ash? Mi ha chiamato Amanda e ha detto che non ti sei presentata in biblioteca per preparare l’esame di calcolo.»
La ragazza fece spallucce e si diresse in cucina per prendere le birre che avevo appositamente messo in fresco.
«Ashley Charlotte Pierce, non è questo il modo di fare!» urlarono i genitori all’unisono.
I tre cominciarono a darsi addosso, mentre io portavo in tavola le mie solite prelibatezze, a cui però avevo diminuito notevolmente la quantità di piccante perché non previsto dalla nuova dieta della mia bionda.
Ci accomodammo mentre il litigio proseguiva.
«Dimmi che cosa vai a fare tutti i pomeriggi invece di studiare, immediatamente!» ordinò la signora Pierce in tono perentorio, sovrastando il discorso del marito.
Ash gonfiò le guance, proprio come faceva Brittany prima di esplodere in una serie di improperi, ma si contenne e tirò fuori la risposta che tutti eravamo curiosi di ascoltare: «Sto frequentando lo studio di un pittore. Gli faccio da assistente e in cambio mi lascia dipingere qualche tela. Ha presentato uno dei miei lavori ad un gallerista e probabilmente mi inseriranno come artista emergente ad una mostra tra qualche mese. Volevo tenervi all’oscuro della cosa fino a che non fosse effettiva, ma voi siete sempre delle gran spine nel fianco.»
Fece tutto quel discorso senza prendere fiato, mentre io vedevo, per l’ennesima volta, il mio epico momento di gloria rubato da qualche altro annuncio importante.
«Ma è fantastico Ash!» esclamò Britt «Perché non mi hai detto nulla?»
L’altra non fece in tempo a rispondere, che la madre si intromise: «Oh, tesorino! Finalmente hai trovato la tua strada! Allora puoi saltare tutte le sessioni di studio in biblioteca che vuoi! Voglio assolutamente conoscere questo pittore e vedere il suo atelier. Potresti farci vedere qualche tuo lavoro.»
A quel punto il dialogo della cena girò tutto intorno ad Ashley e al suo promettente futuro. Naturalmente ero entusiasta per quella notizia, ma lanciavo spesso rapide occhiate nervose a mia moglie, alla ricerca della sua approvazione per portare l’attenzione su di noi.
Attesi la fine del pasto, durante il quale a nessuno parve mancare particolarmente la forte nota pepata che aveva caratterizzato le mie pietanze in passato. Raccolsi i piatti e li portai in cucina per abbandonarli nel lavabo, Brittany mi seguì.
«San, penso sia ora.»
«Va bene, tesoro. Vuoi dirlo tu?»
«No, so quanto ti piace stare al centro della scena» replicò, sorridendomi.
Tornammo in sala da pranzo con le vaschette di gelato che dovevano concludere il pasto, le poggiammo sul tavolo, ci mettemmo fianco a fianco e inspirai profondamente. Passai il braccio sinistro attorno alla vita di Britt e sfoderai il mio sorriso migliore.
«Signori Pierce» esordii, per essere subito interrotta.
«Puoi evitare queste formalità, Santana» mi comunicò James, ma fui costretta ad ignorarlo.
«Signori Pierce» ribadii «E Ashely, chiederei la vostra attenzione per un momento. So che altre liete notizie sono giunte alle vostre orecchie nel corso di questa serata, ma noi avremmo un annuncio…»
«Brittany è incinta» disse Vivian, assumendo, per la prima volta da quando l’avevo conosciuta, un’espressione di pura calma.
Il mio primo istinto fu quello di spalancare la bocca per poi prepararmi a strozzare la donna accanto a me, visto che, ancora una volta, non era stata in grado di mantenere il segreto.
«Ti giuro che non le ho detto niente, San!» si difese, prima ancora che avessi tempo di esprimere il mio disappunto.
Osservai allora James e Ash, che in effetti mi sembravano sorpresi.
«Tranquilla, tesorino» mi spiegò la signora Pierce «Non c’è stato bisogno che me lo dicesse, avete lasciato una serie di indizi più che chiari per chi ci è passata due volte.»
Feci per chiederle di cosa si trattasse, ma non ce ne fu bisogno. «Innanzitutto ho notato la pila di libri sulla maternità che avete cercato di nascondere sotto un mucchio di panni sporchi in bagno, poi tu hai decisamente ridotto le dosi di peperoncino, probabilmente perché a Brittany hanno sconsigliato il cibo troppo speziato in queste prime fasi della gravidanza. Come se non bastasse tra i gusti del gelato manca il caffè, che so essere il preferito di mia figlia, ma che deve evitare come la peste, così come la birra, che per la prima volta da quando veniamo qui non ha bevuto per accompagnare le tue tapas.»
«Per la barba di Merlino!» esclamai «Sei meglio di Sherlock Holmes!»
«E per concludere» proseguì, come se fosse Jessica Fletcher ad un passo dallo svelare il metodo usato dall’assassino di turno «Oggi siete entrambe radiose come solo il pieno coronamento del vostro sogno d’amore potrebbe rendervi.»
Quello che seguì mi parve accadere troppo velocemente. Il trio si congratulò con noi e Ash promise di fare visite quotidiane per monitorare il proprio nipotino, a cui avrebbe insegnato i testi di tutte le canzoni Disney mai scritte.
I genitori ci fecero mille complimenti, inoltre Vivian ci diede moltissimi consigli su come comportarci nelle settimane a venire. James, poco prima di congedarsi e tornare a casa propria con moglie e figlia, mi prese da parte. «Preparati a vivere un vero inferno. Se Brittany ha preso anche solo un centesimo del carattere di sua madre, diventerà intrattabile nel giro di un paio mesi. Ti comanderà a bacchetta e dovrai esaudire i desideri più assurdi. Nel caso fossi tentata di soffocarla nel sonno, prima di farlo chiamami, ok?»
Gli assicurai che non avrei cercato di assassinare la sua preziosa primogenita, o almeno prima lo avrei avvisato.
Quando il trio ci lasciò sole, tirammo un sospiro di sollievo. L’incubo delle rivelazioni era concluso.
Misi a posto velocemente i residui della cena, dopodiché mi preparai per andare a letto.
«Dovremmo invitare più spesso la tua famiglia» commentai, rimboccando le coperte alla bionda, che, stanca, aveva già gli occhi chiusi, pronta a scivolare tra le braccia di Morfeo.
«Non potrei sopravvivere alle battute di mamma» borbottò «Quella donna quando parla dovrebbe rivedere le sue priorità.»
«Perché la nostra vita coniugale non dovrebbe essere una sua priorità?» ridacchiai «Vuole solo assicurarsi che tu sia adeguatamente soddisfatta.»
Le lasciai una scia di baci lungo il collo, per poi risalire fino alle labbra.
«No, San. Non stasera.»
Fui tentata di capovolgere quel rifiuto con una buona dose di solletico, che sapevo essere superefficace contro di lei, ma decisi di non insistere.
«Allora fammi spazio» dissi, accoccolandomi al suo fianco «E lascia che ti canti la ninnananna.»
Non feci in tempo a concludere la melodia, che Britt riposava placida, con i capelli biondi sparpagliati sul cuscino. Le scostai una ciocca dal viso, su cui posai un ultimo bacio, poi allungai una mano verso il suo ventre, ancora piatto e tonico, nonostante la vita che vi stava crescendo all’interno.
«Buonanotte anche a te» mormorai, prima di lasciare che il sonno mi vincesse.
 
NdA: Ecco la "Parte 2" della pseudo long, come potete ben capire gli eventi di questa OS seguono quelli di "Beth", come quelli della prossima seguiranno questi. Ma non voglio stare a dilungarmi, per cui passo a ringraziare tutti voi lettori, coloro che hanno aggiunto la storia tra le preferite/ricordate/seguite e persino chi è finito qui solo per sbaglio e cionostante è arrivato a leggere fino a questo punto. Un grazie speciale al quartetto di affezionati, le Tartarughe Ninja di Your Spanish Lullaby, i Pinguini di Madagascar Donostia, i Fantastici 4 delle recensioni, i miei Tre moschettieri ma-tanto-alla-fine-erano-quattro: wislava, MartaDelo, WankyHastings e strapelot, vi adoro gente, dal profondo del cuore.
Direi che adesso posso anche eclissarmi, vi lascio QUI il link della mia pagina Facebook se vi va di farci un salto. Alla prossima.

 
   
 
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