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Autore: RubyChubb    20/10/2008    7 recensioni
Aspettava da un’ora, seduta sulla sua valigia grigia e rigida, tutta graffiata. Intorno a lei migliaia di viaggiatori di ogni nazionalità, persone che esibivano cartelli con strani nomi neri di pennarello e famiglie che si ricongiungevano, tra baci ed abbracci.
Ma ancora nessuno per Joanna…
Seguito di "Four Guys in her Hair" - RubyChubb & McFly
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Four Guys in Her Hair & And That's How I Realize...'
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Mi sono dimenticata di una cosa importantissima. Il titolo della  storia è preso,  manco a dirlo, ad una canzone dei McFly. Esattamente Hypnotized, cliccate per avere un ascolto. Specifico, non c'è scopo di lucro, ma solo  quello  di trovare un titolo  stupido XD

Il titolo di questo capitolo è, invece, di mia invenzione... Cioè, non lo è, ma fa lo stesso! E' il solito "M'ama non m'ama",  non so chi l'abbia inventato, ma io l'ho usato in maniera lievemente diversa...

Metto anche un po' di fotuzze di quei quattro, dai, che così vi spacco definitivamente le scatole e non mi leggere più! Ecco Danny, Dougie, Tom e Harry. Metto anche Giovanna, la vera ragazza di Tom, che comparirà più volte. Infine, il personaggio che molte di voi stimano profondamente...  Arianna.  Non è proprio come la vorrei, ma si avvicina molto. Per chi la conoscesse, è la Penny Widmore del telefilm "Lost". Non uso la sua persona per scopo di lucro, è ovvio, ma solo perchè la sua immagine si avvicina molto a quella che ho nella mia testa... 

Vi lascio al capitolo, spero che il "colpo di scena" non vi dispiaccia...

2. Love You, Love You Not

 

 

 

Aspettava da un’ora, seduta sulla sua valigia grigia e rigida, tutta graffiata. Dentro a Heathrow, il grandissimo aeroporto internazionale londinese, si stava sentendo piccola come una formica; aveva faticato a ritagliarsi un piccolo quadrato di pavimento dove sostare con la sua valigia, in attesa che qualcuno la venisse a prendere. Intorno a lei migliaia di viaggiatori di ogni nazionalità, persone che esibivano cartelli con strani nomi neri di pennarello e famiglie che si ricongiungevano, tra baci ed abbracci.
Ma ancora nessuno per Joanna…
Si sistemò nervosamente i capelli dietro alle orecchie. Si era addirittura decisa a fare qualcosa per quella pettinatura un po’ smorta: su consiglio di Arianna, che aveva perdonato quasi subito il gesto convulso dello schiaffo sulla bocca imputandolo ad una reazione causata dalle sue parole troppo provocatorie, aveva dato un bel taglio alle lunghe ciocche bionde. Adesso i suoi capelli erano fermi sulle spalle, lievemente mossi, con una frangetta liscia e dritta che le copriva la fronte. Il fidato parrucchiere di Arianna le aveva anche ravvivato il colore con qualche colpo di sole, stava decisamente meglio.
Al lavoro aveva avuto dei problemi nell’annunciare di voler usufruire delle giornate di ferie accumulate. Non aveva compreso tutta la ritrosia del direttore del cinema nel darle ciò che le spettava: si stavano avvicinando all’estate ed il numero dei clienti era visibilmente diminuito, virtualmente non ci sarebbero stati problemi con una persona in meno nello staff. Ad ogni modo, lui aveva acconsentito ponendo una pesante spada di Damocle sulla sua testa: al ritorno dall’Inghilterra molto probabilmente non avrebbero più avuto bisogno di lei.

Meglio, si era detta, non sono molto brava nel togliere chewing gum da sotto i sedili…
Ed adesso era lì, con il cuore che batteva forte e la smania di uscire da quel posto brulicante di persone. Era nervosa, gingillava ritmicamente il suo piede, si mordicchiava le labbra. Si chiese se sarebbe piaciuta ai suoi: Danny non gliene aveva parlato molto, sapeva solo che aveva una sorella, Vicky, nient’altro. Anche lei, dal suo canto, non aveva fatto di meglio... Ma era pronta a recuperare. Si era promessa che gli avrebbe parlato di tutto.

Di tutto.
Sì, era pronta per farlo, lui l’avrebbe capita e non le avrebbe voltato le spalle. Se n’era convinta dopo lunghissimi sforzi, aveva anche provato a recitare la parte di se stessa in confessione, davanti allo specchio, inutilmente, ma era sicura che ce l’avrebbe fatta.

Non ci devono essere segreti.
Non la spaventava molto la possibilità di incontrare di nuovo Dougie, anzi, si sentiva abbastanza certa che sarebbe tutto filato nel migliore dei modi: lui non le avrebbe rivolto la parola, lei neppure, fine della questione. Per quanto riguardava Harry, lo avrebbero zittito un paio di secche risposte. Era anche eccitata dal fatto di incontrare Gi, la cosiddetta ragazza di Tom: dall’impressione avuta nel vedere le foto di lei pubblicate su internet doveva essere proprio una simpatica ragazza, oltre che tremendamente carina.
La valigia sotto di lei ebbe un sussulto, qualcuno aveva scontrato il suo piede su di essa e la stava sonoramente maledicendo, traballando in equilibrio su un solo piede. Lei non poté non sbuffare in una risata, mascherata dalla mano mentre il tizio recuperava la sua dignità risistemando il suo cardigan giallino.

Per una volta che non sono io ad inciampare contro qualcosa…
Si accomodò sul bagaglio e tornò in attesa, incrociando le braccia e notando che la grande mattonella a fantasia sale e pepe su cui si trovava sembrava contenere il disegno di un diavoletto con la forca in mano.
Sospirò.
Aveva razionalizzato ogni singolo aspetto della questione e, in un conflitto interno al suo cuore, stavano combattendo due contrarie consapevolezze. In quei giorni, infatti, aveva sentito nascere dentro di sé una lei diversa, ancora sconosciuta, che aveva sorpassato il suo lato iperrealista e l’aveva spinta a trovare la giusta settimana da dedicare a quel viaggio, accompagnandola a comprare i biglietti dell’aereo.  Dall’altro lato, invece, si trovava la classica Joanna, quella troppo attaccata alla realtà vista con i suoi stessi occhi, quella a cui non piaceva sognare e che, in mezzo a quella folla multi etnica, era tornata a reclamare la superficie, il suo trono, prima spodestata dall’altro bizzarro ed appena nato alter ego.
Era la parte di sé che concordava maggiormente con la scetticismo di Arianna, quella che la costringeva a realizzare il fatto che, molto probabilmente, sarebbe tornata da quella settimana inglese con la coda tra le gambe.

Perché ti ostini a vedere quello che tra due amici non ci può essere?
Quello era il loro rapporto: amici. Tra le variabili presenti, non si doveva dar per scontato quel fattore. La sua efficiente razionalizzazione non doveva commettere quel solito grandissimo errore, non dovevano esserci pesanti falle nel sistema del suo perfetto calcolatore. Tutto quello che stava per accadere non avrebbe voluto dire molto: Danny l’aveva voluta ospitare a casa sua come gesto di amicizia, di cordialità. Le voleva presentare la sua famiglia perché ci teneva a lei, non perché... Volesse dimostrarle qualcos’altro.
La sua famiglia…
Le sue guance diventarono di un paonazzo strabiliante e non poté fare altro che cercare di nasconderle guardando a terra, mentre i capelli le scendevano in avanti. Improvvisamente ebbe voglia di fuggire, di scappare via, di tornare a casa dove tutto quello sarebbe diventato solo un ricordo, un errore, una confusione lontana e dimenticata.
Pentiti di aver accettato il suo invito.
Ma non doveva farlo, assolutamente no. Prima o poi l’innamoramento sarebbe passato, ne era ovviamente certa: quel sentimento era stupidamente nato a causa della lunga assenza di Danny. Si era preoccupata, era stata male per lui... E si era fatta prendere la mano, ora sarebbe stato sufficiente mettere il piede sul freno.
Nel momento in cui si fosse trovata faccia a faccia con Danny, si sarebbe data della cretina per tutto quel pensare. Era il migliore amico che avesse mai avuto in tutta la sua vita, e lo sarebbe stato per sempre. O per lo meno finché non si fossero stancati l'uno dell'altra.
Un paio di piedi in avvicinamento la distrassero.
“Sei tu Joanna?”, le domandò una ragazza dai capelli scurissimi, innaturalmente neri. Il trucco era pesante sui suoi occhi e la sua maglietta rossa piena di scritte era alquanto bizzarra.
La squadrò. Chi era?
“Sì…”, le disse, titubante.
“Oh finalmente! Sono dieci minuti che ti cerco tra tutte le ragazze che stanno qua agli arrivi internazionali!”, esclamò l'altra, annettendo una sonora risata, “Io sono Vicky, la sorella di Danny.”
Le porse la mano, stringendogliela con un sorriso.
Avrebbe dovuto capirlo subito.
“Come stai?”, le chiese la ragazza, “Com’è andato il viaggio?”
“Tutto a posto, è stato abbastanza tranquillo.”, le rispose.
Sporse gli occhi oltre il suo corpo per cercare Danny, ma non vide nessuno.
Lei comprese subito.
“Mio fratello non è venuto perché… Sai…”, le disse l’altra, ridacchiando, “Preferiva non trovarsi a... Dare spiegazioni...”
“Sì, lo capisco.”, le rispose.
Cercò i tratti somiglianti tra i due fratelli Jones: di sicuro, primi tra tutti i grandi occhi –quelli dei lei però erano scuri- e il sorriso pieno in volto. E l’accento.
“Andiamo. Ho la macchina in divieto di sosta!”, disse la ragazza, afferrandole la valigia e cominciando a trascinarla, “Dio! Com’è leggera! La mia peserebbe un quintale!”
Joanna non poté non ridere alla spontanea simpatia di quella ragazza. Era proprio sua sorella, non c’erano dubbi.
Durante il viaggio, la parlantina veloce e acuta di Vicky la stordì completamente. Era un treno in corsa, sparava frasi ad una velocità tale che dovette fermarla più volte e chiederle di ripetere tutto, dato che non aveva ben colto il significato di alcune parole ed il suo accento, tipico del nord dell’Inghilterra, era talvolta piuttosto criptico. Nonostante ciò la lunga conversazione le rimase impossibile da comprendere per un bel sessanta percento.
Le riferì che Danny aveva parlato molto spesso di lei, che sapevano un mucchio di cose sulla sua vita e che erano tutti molto ansiosi di conoscerla. Quando Kathy, la loro madre, aveva visto la sua foto aveva pensato subito che fosse stata la ragazza di Danny, e lui aveva prontamente riparato spacciandola come una sua amica speciale.
“Guarda che dice bene.”, disse Joanna, “Siamo solo amici!”
“Oh sì, su questo non ci sono dubbi!”, esclamò la ragazza, con un gesto secco della mano ad enfatizzare la sua risposta.

Visto? Che ti dicevo? Pure la sorella ne è certa!
“A casa sua ci sono già gli altri.”, le disse Vicky, prima che potesse mentalmente zittire la vocetta della petulanza.
“Oh bene.”, rispose, con tono assente.
Il termine ‘gli altri’ doveva comprendere i tre quarti dei McFly, ma non ebbe però tempo di accertarsene. Vicky tornò di nuovo a parlare, dicendole che anche lei aveva un gruppo tutto suo, gli Yes Sensei, con i quali suonavano rock alternativo, hardcore. Speravano anche loro in un contratto ed erano già in trattative con un’etichetta che promuoveva gruppi del loro stesso genere musicale.
“Allora è una cosa di famiglia.”, disse Joanna, in un attimo libero dalle parole dell’altra.
“Beh sì, la musica è parte di tutti noi!”, esclamò felice l’altra.
Il viaggio fu più lungo del previsto, il traffico londinese le teneva bloccate in vie strette e ostruite da auto in doppia fila, cosa che a Vicky fece scappare un paio di sorde parolacce per le quali prontamente si scusò.
In circa quarantacinque minuti furono a Watford, zona periferica di Londra, dove Danny viveva. L’auto si fermò nei pressi di una precisa casa davanti alla quale sostavano anche altri veicoli. Era fin troppo tipicamente inglese, esattamente come se l’era immaginata: sistemata su due piani, con una piccola mansarda che spuntava sul tetto, aveva un giardino tutto intorno contornato da una siepe abbastanza alta; la facciata era scura e pressoché simile a tutte le altre, di legno e mattoni, con gli infissi chiari ed una piccola veranda che sovrastava l’entrata principale.
Poco prima di entrare, Vicky la informò che anche gli altri abitavano lì vicino.
“Quella laggiù è casa di Harry. Quella là è di Dougie, lassù ci stanno Tom e la sua ragazza.”, le fece, indicandole con gesti talmente rapidi che Joanna non fu in grado di capire.
“Vivono tutti sulla stessa strada?”, le domandò, perplessa.
“Sì, da sempre!”, fece lei, sorridendo, “Non lo sapevi?”
Scosse la testa.
“Tutte le loro fans lo sanno!”, le disse la ragazza, con un’occhiata strana, “Non sei una di quelle che spulciano i siti in cerca di ogni più piccola informazione su di loro?”
“Beh… Perché dovrei farlo?”, scrollò le spalle Joanna, “Potrei chiederle a Danny, se volessi saperle.”
Vicky continuava ad essere perplessa.
“Ecco, ora riesco ad inquadrare un paio di cose!”, fece poi, sorridendo ancora.

Lo stesso sorriso.
“E quali?”, le domandò, ma lei non rispose.
Vicky afferrò con forza la valigia dal bagagliaio e, strizzandole un occhio, la tirò fuori in un solo balzo. Poi, tenendo la maniglia con entrambe le mani, si fece strada nel corto vialetto di casa di suo fratello. Joanna si offrì di darle una mano, inutilmente; lei rifiutò e, con il fiatone, parcheggiò il bagaglio davanti alla porta, mettendosi le mani davanti alla bocca.
“Siamo arrivate!”, gridò così forte da far volar via un paio di uccellini, posatisi sui rami della siepe.
Gli occhi sorridenti di Danny spuntarono fuori dalla porta.
“Little!”, esclamò lui, passando oltre alla sorella, che scacciava via il caldo e lo sforzo con una mano sventolante vicino al viso.
Joanna sentì un tuffo al cuore e la pancia serrarsi in una stretta felice.
Danny le venne incontro, la abbracciò e, afferrandola con forza, la sollevò più in alto della sua testa.

Aspettiamo altri cinque minuti, questo sfarfallio allo stomaco è solo un effetto momentaneo.
 “Com’è il tempo lassù, Little?”, le chiese, scoppiando poi in una risata che coinvolse anche lei.
“Soffro di vertigini, mettimi giù!”, gli fece.
La fece tornare con i piedi per terra, anche se ormai era praticamente impossibile riuscirci.
“Com’è andato il viaggio?”, le domandò, passandole un braccio sulle spalle e accompagnandola dentro casa.
Il volo, come sempre per lei traumatico, ed il sorriso di Danny erano un buon cocktail di stordimento.

Facciamo dieci minuti... anzi, un quarto d’ora, e lo sfarfallio passerà.
 “Bene, non ero in prima classe ma mi sono adattata.”, scherzò lei.
“Sei stanca? Vuoi riposare un po’?”, le chiese, con fare premuroso.
 “No, sto bene, davvero.”, ripeté.
“Meglio! Perché sono già arrivati tutti!”, fece lui, con entusiasmo.
“Oh... bene!”, disse, senza troppo entusiasmo, “Ho almeno il tempo di aggiustami un po’?”
“Eh no, adesso non più!”, disse lui ridendo, “E poi si perfetta così... Il nuovo taglio ti sta molto bene!”
Arrossì.

Mezzora. Ancora mezzora.
“Davvero?”, gli chiese, per sentirselo dire ancora.
“Sì, adesso sembri più grande!”, esclamò Danny, precedendola nel breve corridoio.
Non era proprio il tipo di complimento che si aspettava, ma lo accettò lo stesso.

Come non detto... Sei patetica.
Non ebbe nemmeno il tempo di guardarsi intorno e si trovò subito in un salotto accogliente, dove i due sofà ospitavano diverse facce. Riconobbe subito quella di Tom, inconfondibile, ed anche quella di Giovanna che le sorrideva impaziente, seduta accanto a lui, mentre vicino si era accomodata Vicky. Un altro divano se ne stava incrociato con quello, formando un angolo occupato da un tavolino rotondo di legno con fatture orientali; sul sofà sostava una signora sulla sua cinquantina, bionda.
Se quella non è la mamma di Danny, io sono Maria Luisa Ciccone.
Ad entrambi i figli aveva dato i suoi splendidi occhi e la solarità del sorriso, erano inconfondibili. Vicino a lei Harry, sempre beffardo nel suo aspetto. Non trovò Dougie: forse si era assentato, molto probabilmente non era nemmeno venuto.
“Allora, passiamo subito alle presentazioni.”, disse Danny, strusciandosi le mani indaffarato, “Uhm... Mamma, questa è Joanna.”
La donna si alzò e, sempre con il solito sorriso luminoso, le prose la mano cordiale. Si sentì visibilmente imbarazzata e questo la fece sentire ancora più atterrita.
“E’ un vero piacere conoscerti, Joanna.”, le disse la donna.
“Il piacere è tutto mio... Signora Jones.”, rispose, stringendole la mano.
“Kathy, chiamami Kathy.”, le fece, “O mi farai sentire troppo vecchia.”
Ridacchiò e Joanna non trovò di meglio da fare che, come al suo solito, arrossire.
“Accomodati, Little.”, la esortò Danny.
“Non mi presenti?”, protestò Giovanna, scattata sugli attenti.
E finalmente conobbe anche lei: la stretta di mano di Giovanna fu così forte e calorosa che Joanna fu costretta a nascondere con un sorriso una lieve smorfia di dolore. Era mora, così come aveva visto nelle fotografie sul web, ed i capelli le cadevano lunghi sulle spalle; era sicuramente una bella ragazza, sia nell’aspetto che nella presenza.
Approfittando della situazione salutò con un abbraccio anche Tom, e con una fredda stretta di mano Harry.
“Adesso puoi finalmente accomodarti, Little.”, la esortò Danny, già sedutosi su una comoda e larga poltrona di fronte a lei.
Le indicò il posto libero accanto al batterista che, ironicamente, prese a picchiettare la mano sulla stoffa del sofà per invogliarla.
“Hai fatto buon viaggio, Jojo?”, le chiese, in tono scherzoso.
“Oh sì, non mi sono lamentata.”, rispose lei, che non ebbe la forza di controbattere con qualcosa di altrettanto divertente.
Si sentiva gli occhi concentrati su di sé, la mettevano abbastanza in soggezione. Era nervosa e sicura che gli altri se ne stessero accorgendo, notava tra di loro un certo disagio: gli sguardi che si lanciavano erano eloquenti.
“Vuoi qualcosa da bere?”, le fece la signora Kathy, indicandole con un gesto educato le bottiglie presenti sul tavolino tondo alla sua sinistra, “Un po’ d’acqua?”
“Beh... Sì, grazie.”, rispose.

Mi ci affogherò, grazie mille.
La donna le porse il suo bicchiere e, nel silenzio, prese il primo sorso. In quel momento, si chiese come mai non ci fosse alcun uomo al suo fianco, e quindi dove fosse il padre di Danny.
“Ormai sappiamo tutto di te.”, continuò la donna, “Non so nemmeno cosa chiederti di preciso, Danny ha sempre fatto la spia!”
“Già, come se fossero stati fatti nostri.”, aggiunse Harry.
“E dai, Judd!”, esclamò Danny, “Dillo che è mancata anche a te!”
“Tantissimo!”, disse il batterista con sarcasmo, “Jojo, mi sei mancata da morire.”
“Anche tu.”, gli rispose, trovando un po’ di coraggio, “Mister Drummer McHot.”
Harry parve non scomporsi alla citazione della sua identità online; gli altri, invece, erano del tutto sorpresi, pronti a scoppiare a ridere da un momento all’altro.

Beccati questa!
“Certo che sei proprio il solito narciso.”, disse Giovanna, sogghignando.
“Drummer McHot!”, ripeté Danny, “Hai anche una bella fantasia del cazzo!”
“Daniel!”, lo riprese d’improvviso sua madre.
Quella volta fu lui ad avvampare, dalla punta dei capelli ricci fino all’ultimo centimetro dei piedi.

Ok, datemi almeno un’ora, poi questo falso innamoramento passerà.
Sì, sarebbe sicuramente passato. Con il bicchiere tra le mani, attese che le prese in giro rivolte a Danny si concludessero ma, data l’ilarità generale, non sembravano essere destinate a finire presto.
“Cosa c’è da ridere?”
In un attimo, tutti si zittirono. I loro sguardi si fissarono in un punto alle sue spalle, dal quale era arrivata quella voce femminile. Con la coda dell’occhio, Joanna notò una statuaria presenza. Si voltò per osservarla e la ragazza le sorrise.
“Sei tu Joanna, vero?”, le domandò l’altra.
Occhi di un verde brillante. Era abbastanza alta, o forse era lei ad essere solo seduta. Aveva un piccolo brillante sul naso, lievemente sproporzionato rispetto al resto della faccia, che comunque era molto armoniosa.

Hey, Jo, indovina chi viene a cena?
“Finalmente!”, esclamò Danny, avvicinandosi a colei, “Little, ti presento Tamara, la mia fidanzata.”
“Molto piacere.”, disse la ragazza, porgendole la mano con educazione, “Spero che ti troverai bene a casa nostra.”
Joanna, completamente statica nella sua espressione muta, venne svegliata dal bicchiere che aveva tra le mani, che sentì sguisciare via. Harry, provvidenzialmente, glielo aveva tolto dalle dita pericolanti e, con fare indifferente, se lo era portato alle labbra, mettendosi a bere l’acqua rimasta.
“Oh… Sì, mi troverò sicuramente benissimo!”, esclamò Joanna con troppo entusiasmo, alzandosi e stringendole la mano come un automa a cui avevano fatto un’overdose di felicità assoluta.
“Ecco perché non mi sono fatto più sentire per due mesi.”, le spiegò Danny, “Tra il lavoro, gli impegni vari e il trasloco di Tamara in casa mia, non avevo più tempo per niente e per nessuno, nemmeno per me. Mi dispiace davvero tanto, Little.”
“Ma figurati!”, disse Joanna, “Adesso capisco tutto…. Sono proprio felice per voi!”
Visto il suo atteggiamento, l’automa doveva avere sniffato anche una lunga striscia di malsana ipocrisia. In quel momento si sentì tanto simile a sua madre, che aveva finto per trent’anni di essere felicemente sposata con l’uomo della sua vita. Si disgustò di se stessa.
Ebbe davanti a sé una preveggenza su come sarebbe stata quella settimana inglese: piena di finzioni e di falsità, di frasi costruite appositamente per mascherare ciò che aveva dentro.
 “Ma che bel quadretto!”, irruppe poi Harry, “Ora che ho visto tutto, addirittura senza essere colpito dalla sindrome di Stendhal, me ne vado a casa.”
Si alzò.
“Di già?”, lo fermò Tamara, “Non vuoi rimanere a cena?”
“Oh no, grazie mille comunque.”, declinò l’invito.
“E poi domattina ci dobbiamo alzare presto…”, continuò Danny, con entusiasmo, “Ho organizzato per tutti noi qualcosa di molto divertente.”
“E cosa?”, domandò Tom, evidentemente interessato.
“Una bella gita nella campagna inglese, che non ha niente da invidiare a quella italiana.”, si spiegò patriotticamente, “Partiremo sul presto, verso le otto, e andremo in un maneggio. Prenderemo dei cavalli e ci faremo in giro. Che ne dici, Little?”
Era perplessa. L’ultima volta che era andata a cavallo, l’animale si era imbizzarrito e ci mancò poco che non la schiacciasse sotto il suo peso.
“Che bella idea…”, disse, senza troppo vigore.
“Non ti va?”, le domandò subito Danny, cogliendo qualcosa di nascosto nelle sue parole.
“Oh sì, certo che mi va!”, si affrettò a negare tutto.
“Domani non posso.”, disse Giovanna, “Ho le prove con la compagnia. A fine mese siamo di scena e non posso mancare.”
Giovane, attrice in erba, non poteva mancare ad una delle prove per quella giornata, la capiva perfettamente.
“Peccato…”, disse Danny, visibilmente dispiaciuto, “Tom, verrai vero?”
“Vedremo, non lo so.”, rispose lui, “Non è che mi senta tanto bene.”
La sua voce fortemente nasale, infatti, non era di buon auspicio.
“Cavolo…”, fece Danny.
Anche se con estrema ripugnanza, Joanna si voltò verso il batterista.

Se mi costringi a passare del tempo  insieme a loro due, da sola, mi fucilo. Poi resusciterò, e fucilerò anche te.
“Ok, ci sarò. Ma non sarò puntuale!”, disse Harry, comprendendo il pensiero che aveva cercato di trasmettergli con uno sguardo implorante, “Ora vado, prima che mi arruoliate per un pic-nic sull’erba umida.”
“E’ quello che faremo domani!”, gli disse Danny.
“Allora spera che non porti la mia mazza da cricket per dartela in testa!”
E dette quelle parole, Harry sparì dietro la porta di ingresso. Poco dopo anche Tom e Giovanna se ne andarono, preoccupati soprattutto per il precario stato di salute di lui.
“Bene, vado a preparare la cena!”, disse la signora Kathy .
Si chiuse da sola in cucina, ed ordinò loro di rimanere buoni in salotto in attesa della sua chiamata.

 

 

 Aveva solo una manciata di anni in più di suo fratello e, anche se le occasioni per stare insieme a lui erano da tempo esigue, lo conosceva anche meglio di se stessa. Avevano vissuto tante di quelle cose insieme, dalla più divertente alla più drammatica, si sentiva molto legata a lui ma, a volte, il suo comportamento le risultava del tutto incomprensibile, infantile, irrazionale e…
Stupido.
Altamente stupido.
In sintesi, da quando era tornato dall’Italia la parola che più veniva pronunciata dalle labbra di suo fratello, in territorio di argomentazione femminile, era ‘Little Joanna’. Ben presto ne aveva avuto le scatole piene ed aveva reputato un'idiozia che suo fratello perdesse tempo dietro ad un’italiana lontana e mai vista prima, alla quale mandava delle e-mail come se fossero stati dei deficienti senza vita sociale.
“Basta!”, gli aveva detto la sera di Natale, “Quando te la sposi questa Joanna?”
“Mai!”, aveva risposto lui, “Perché dovrei farlo? E’ una mia amica!”
“Ne parli così spesso che non sembrate affatto amici.”, aveva ovviamente ribattuto.
Lui non le aveva risposto, cosicché lei era tornata presto all’attacco.
“Dimmi, Dan”, gli fece, “non sono una stupida, cosa c’è stato tra di voi?”
“Niente!”, aveva risposto lui.
Uno sguardo eloquente era bastato per farlo confessare. Non era mai stato molto propenso al raccontarle delle sue vicende sentimentali ma, quando lei aveva voluto sapere particolari al riguardo, era sempre stato sufficiente puntarlo con un paio di occhi indagatori.
“Ok… Ci siamo baciati.”, aveva detto, “Ma è finita subito lì.”
“Ovviamente! Non sei stato capace di tenerti stretto nessuna ragazza della tua stessa nazionalità, figuriamoci una che abita a duemila chilometri da casa tua!”
“Vick, non tornare su questi argomenti, per favore.”, aveva detto Danny.
“Ho ragione!”
Certo che aveva avuto ragione, nelle loro discussioni era sempre lui dalla parte del torto, era fuori discussione.
“E basta!”, si era stizzito Danny, “Convincitene, siamo amici.”
“Sai quel famoso detto?”, gli aveva domandato.
“Quale?”
“Anche la bugia più grossa del mondo, se detta fino allo stremo delle forze, diventa un’assoluta verità.”
Danny l’aveva piantata in asso, evitando di ribattere e lasciando la stanza.
“Ho ragione!”, gli aveva ripetuto, prima che lui sbattesse la porta.
Due settimane dopo, la classifica delle parole più pronunciate da Danny venne totalmente stravolta: Little Joanna era stata scalzata via dalla prima posizione, battuta da una nuova ragazza, Tamara, con cui aveva deciso di convivere un mese dopo averla conosciuta, sotto gli occhi e le orecchie incredule di tutti. Come se avesse dovuto dimostrare qualcosa al mondo, ma soprattutto a lei, alla sorella scettica... Era stata quella l’impressione che aveva avuto quando Danny gliel’aveva presentata con un sorriso dei suoi, uno di quelli che era capace di svegliare anche un morto.
Ma si era dovuta però ricredere, suo fratello sembrava aver trovato davvero –finalmente- qualcuno di vero e genuino con cui passare i suoi giorni. E poi Tamara era veramente una ragazza simpatica, gentile, acqua e sapone, che aveva trovato anche la piena approvazione di mamma. Little Joanna sembrava quindi essere destinata a tramontare.

Ma…
“Mi ha chiamato Daniel.”, le disse una sera sua madre, per telefono, “Dice che ci vuole un paio di giorni da lui, tra due fine settimana.”
“E perché?”, le aveva domandato.
“Ti ricordi quella ragazza che mandò i fiori quando stavo in ospedale… Quella ragazza italiana? Danny vuole farle conoscere Tamara e, visto che salirà in Inghilterra, ha voluto che cogliessimo l’occasione.”
Così quel coglione si era giustificato con una faccia cristallina, senza malizia di sorta. Che idiota.
Non gli aveva detto niente e non aveva cercato di farlo ragionare: dopo la discussione di Natale non aveva più specificato il suo punto di vista sulla questione, si era sempre astenuta da commenti. In fondo, la vita era di suo fratello, a lei doveva interessare poco. Aveva quindi accettato di andare a casa sua con mamma ed anche di prelevare a Heathrow questa Joanna, che aveva visto in fotografia ma di cui non si ricordava molto né faccia né aspetto fisico generale. Non era mai stata una buona fisionomista: una volta all'aeroporto aveva dovuto chiamare Danny per farsela descrivere altrimenti sarebbe tornata a casa a mani vuote, con suo grande disappunto.
Come le persone normali facevano da millenni, durante il viaggio aveva provato a conversare con lei ma, a dispetto di quello che le aveva detto Danny, non doveva parlare molto bene l’inglese; continuava sempre a chiederle di ripetere, cosa che l’aveva infastidita parecchio, e non era una tipa granché loquace. A lei piacevano le persone spigliate ed alla mano, i suoi gusti erano molto affini a quelli di suo fratello.
Proprio per quello si chiese come quei due potessero essere amici.
Volle osservare anche il suo rapporto con gli altri, Tom ed Harry, per riuscire a carpire cosa pensassero di lei. Non aveva mai ascoltato tutta la storia della vacanza italiana, e si doveva essere persa qualche passaggio fondamentale. Aveva notato che la ragazza sembrava essere rimasta in buoni rapporti con Tom, ma non con Harry.

Non era con Dougie che era successo quel casino, in cui si era trovato nel mezzo anche Danny?, si chiese. Peccato che Poynter non si fosse presentato.
Ma tutto quello non era stato niente in confronto a quello che aveva vissuto dal momento dell’ingresso di Tamara, assentatasi per andare in bagno al momento dell’arrivo dell’italiana. In un baleno, si era resa conto che quella povera ragazza aveva preso una cantonata pazzesca per quell’idiota di suo fratello. E si era trovata a provare compassione per lei...
Per quel motivo volle provare a fare del suo meglio per togliere quella poveretta dal casino in cui quell’incosciente di Danny l’aveva tirata in mezzo. Non appena sua mamma si assentò per chiudersi in cucina a preparare qualcuno dei suoi manicaretti da paradiso, ne approfittò per prenderla in disparte e chiacchierare un po’ con lei.
“Ti aiuto a portare su la valigia.”, le disse, alzandosi dal divano, “Così ti dai una rinfrescata e sei pronta per cena.”
“Faccio io.”, si intromise prontamente Danny.
“No, faccio io!”, gli impose con uno sguardo secco.
“E dai!”, ripeté Danny.
Che fratello idiota.
“Mettiti a sedere.”, lo afferrò per un braccio, “Ti ho detto che ci penso io, mi vuoi dare l’occasione di conoscere privatamente questa tua amica oppure no?”
Poteva anche essere dieci centimetri più alto di lei, ma era comunque Vicky Jones a portare i pantaloni in casa.
“Ok, come vuoi.”, si era arreso lui.
“Vieni.”, disse a Joanna, con un sorriso.
Le prese la valigia e, con un certo sforzo, la accompagnò nella stanza degli ospiti dove lei avrebbe alloggiato.
Com’era possibile che Danny non avesse capito che quella povera ragazza era innamorata di lui? Nonostante lei avesse reagito con calore alla notizia, dopo la sorpresa iniziale era stata palese davanti ai loro occhi. Aveva mascherato abilmente il suo stato d’animo con un bel sorriso e parole felici, ma non la fregava.
 “Allora”, le fece, una volta posata la valigia per terra e sistematasi sul letto, “cosa mi racconti di te che io non sappia già?”
“Beh… Non lo so.”, rispose l’altra, iniziando ad armeggiare con il bagaglio, “Cosa vuoi sapere?”
“Vediamo…”, fece. Accavallò la gamba, appoggiò le mani sul materasso e iniziò a dondolare il piede, sui cui ciondolava la ballerina che indossava. “Cosa ne pensi di Tamara?”, le domandò con fare diretto.
L’avrebbe sicuramente spaventata facendosi passare per impicciona, ma non aveva voglia di giocare con lei a guardia e ladri ed aveva deciso di puntarle direttamente la lampada indagatrice sugli occhi.
“E’ una bella ragazza, lei e Danny formano una bellissima coppia, sono contenta per loro.”, rispose Joanna, sicura e indelebile, come se avesse recitato un copione a memoria.
“Sì, questo lo penso anche io.”, le rispose, “Si sono conosciuti poco dopo Natale, ad una festa.”
“Ah sì?”, fece lei, mentre apriva la valigia, appoggiandola contro il muro.
“Hanno deciso di convivere un mese dopo.”
“Si vede che si vogliono bene.”, rispose l’altra di nuovo, mentre caricava sul suo braccio dei beauty case da viaggio.
I casi erano due: Joanna poteva essere una bravissima attrice, oppure lei aveva preso lucciole per lanterne. La sicurezza che questa ragazza fosse cotta di Danny iniziò a vacillare, doveva coglierla in fallo.
“Dove posso mettere queste cose?”, le domandò Joanna.
“Hai un bagno tutto per te.”, la informò, indicandole la porta bianca vicino alla finestra di fronte al letto, sulla stessa parete sui cui si appoggiava l’armadio.
La ragazza si avvicinò alla toilette.
“Forse si sposeranno.”, insinuò Vicky.
In un attimo, le varie cose che teneva in braccio caddero a terra, mancando improvvisamente il sostegno delle sue mani sotto di esse.  L’aveva fregata.
Senza scomporsi di una virgola, Joanna si chinò per raccoglierle.
 “Non è vero.”, le fece prontamente, “Volevo solo vedere come reagivi.”
“Sono solo tremendamente goffa, forse Danny non te lo ha mai detto.”, si corresse lei.
“Certo che lo so.”, le disse, “E so anche che non ti aspettavi di trovare mio fratello fidanzato così seriamente con qualcun’altra.”
Joanna le sorrise con fare sincero.
“Hai ragione, mi ha colto davvero di sorpresa.”, esclamò poi, “Perché dovrei preoccuparmi?”
Era irriducibile e lei aveva troppa fame per insistere ancora. Gliela volle dare vinta.
“Già… non c’è da preoccuparsi.”, le disse, desistendo, “Adesso ti lascio, torno giù. Per qualsiasi cosa, chiama pure!”
Ormai non era più affar suo.


Vi è piaciuto? Spero di sì. Non è facile trovare il volto di questa Tamara, ma penso che ricorrerò ad un tipo di ragazza come Evangeline Lilly, sempre di "Lost" [nessun scopo di lucro]. Non è lei, affatto, ma pensate a una ragazza che le somigli... Alta, longilinea, viso liscio e allungato, bel sorriso e occhi chiari...  Tanto per darvi un volto a cui pensare e rendere il personaggio ancora più reale... Anche perchè è pure troppo bella per Danny XD

Poi immaginateli tutti come volete XD

   
 
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