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Autore: GretaCrazyWriter    02/11/2014    3 recensioni
Mia prima storia Malec. Parla di Magnus e Alec, le stesse persone che conosciamo, ma l'universo non è più quello creato dalla Clare.
E' una Malec!Sherlock (e intendo la serie tv), con Magnus come Sherlock ed Alec come John.
In pratica, è la rivisitazione della serie tv in versione Malec (con qualche piccolo - o grande - accorgimento per adattarlo alla Malec).
Può essere letta da chiunque, ovviamente.
Spero che vi piaccia.
Genere: Angst, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Altri, Magnus Bane
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Uno studio in rosa
Capitolo 6
Usciti dal 221B, Magnus decise che avrebbero raggiunto il luogo dell’incontro a piedi.
«Northumberland Street è a 5 minuti da qui.» spiegò con una scrollata di spalle.
«Pensa che l’assassino sia tanto stupido da andarci?» chiese Alec, mentre camminavano per il marciapiede.
«No, penso che sia piuttosto intelligente.» Magnus aveva un’aria soddisfatta. «Adoro quelli intelligenti. Muoiono tutti dalla voglia di essere catturati.»
«Perché?» domandò Alec sorpreso.
«Apprezzamento! Applausi! Gli piace finire sotto i riflettori.» disse Magnus con semplicità. «E’ la debolezza dei geni, Alexander. Hanno bisogno di un pubblico.»
Alec annuì, pensieroso. «Già.» Pensò al modo in cui l’altro era parso costantemente compiaciuto dell’attenzione, dell’incredulità e dell’ammirazione degli altri, e pensò che sì, aveva ragione. E per qualche strano motivo pensò anche che quella sarebbe stata la sua rovina, come lo era stata per molti altri geni.
«Questo è il suo terreno di caccia.» stava intanto continuando Magnus facendo un rapido giro su se stesso. «Qui, nel centro cittadino. Sapere che le sue vittime sono state rapite cambia tutto. Perché tutte le sue vittime sono scomparse da strade trafficate, posti affollati, ma nessuno le ha viste.» Si portò una mano agli occhi, come cercando di concentrarsi, sempre continuando a camminare. «Di chi ci fidiamo anche se non lo conosciamo? Chi passa inosservato ovunque vada?» Abbassò il braccio. «Chi caccia nel bel mezzo della folla?»
Alec scosse la testa. «Non saprei. Chi?»
«Non ne ho la più pallida idea. Hai fame?» Il repentino cambio di conversazione spiazzò l’altro, che tuttavia lo seguì mentre entrava in una piccola ma accogliente tavola calda. Il cameriere fece loro segno di sedersi e Magnus scelse un tavolo per due davanti alla vetrata che dava sulla strada.  «Il 22 di Northumberland Street è proprio qui di fronte.» disse questi a bassa voce, in modo da non farsi sentire dagli altri occupanti del locale. «Lo teniamo d’occhio.»
«Non suonerà mica il campanello, no?» chiese Alec mentre si toglieva il giubbotto. «Sarebbe folle.»
«Ha ucciso quattro persone.» ribatté l’altro in tono eloquente, e l’altro si zittì. Non aveva tutti i torti.
Arrivò un altro cameriere piuttosto nerboruto, con un codino castano, che diede a Magnus una calorosa stretta di mano. «Magnus!» esclamò a mo’ di saluto. «Tutto quello che c’è nel menù, ogni cosa che vuoi, gratis.» disse. «Offre la casa. Per lei e per il suo ragazzo.»
A quelle parole Alec per poco non si strozzò, avvampando e affrettandosi ad abbassare il capo per impedire che si vedesse il suo rossore. Tuttavia sentendo la risatina di Magnus capì di aver fallito miseramente. «Non sono il suo ragazzo!» disse con foga.
«Mi ha scagionato da un caso di omicidio.» gli disse il cameriere, indicando Magnus ed ignorandolo. Sembrava che in quei pochi giorni tutti si fossero coalizzati per ignorare ogni sua parola. Questa cosa iniziava davvero ad irritarlo. «Tre anni fa ha provato con successo ad Herondale che nel momento in cui avveniva un triplo omicidio…»
«Angelo era dall’altra parte della città a svaligiare una casa.» completò per lui Magnus, ora appoggiato al sedile di pelle della propria sedia come se non avesse nessun problema per la testa.
Angelo, il cameriere, annuì per poi dire:  «Prendo una candela da mettere sul tavolo. Così è più romantico.» ed allontanarsi, presumibilmente per prendere suddetta candela.
«Non sono il suo ragazzo!» ripeté Alec, arrossendo di nuovo.
«E’ meglio se mangi qualcosa. Potremmo dover aspettare per un bel po’.» gli disse Magnus, afferrando il proprio menù ma continuando a fissare la strada fuori. In quel momento, Angelo tornò, posando una candela al centro del tavolo. Alec scorse con la coda dell’occhio il sorrisetto di Magnus, che disse un noncurante: «La ringrazio.»
Dopo qualche attimo passato a mordicchiarsi le labbra indeciso, Alec alzò lo sguardo. «La gente normale non ha acerrimi nemici.» disse.
L’altro voltò di scatto la testa verso di lui, parendo sorpreso, come se Alec lo avesse distratto da delle intense elucubrazioni mentali. «Come prego?»
«Nella vita reale.» spiegò Alec sporgendosi in avanti. «Non ci sono gli acerrimi nemici nella vita vera. Non esistono.»
«Ah no?» fece l’altro annoiato. «Mi sembra un po’ noioso.»
«Allora…» sospirò Alec. «Io chi ho incontrato?»
«Cos’hanno le persone, nelle “vite vere”?» chiese invece Magnus.
Lui scrollò il capo. «Amici?» disse. «Persone che conoscono, persone che stanno simpatiche, persone che stanno antipatiche. Ragazze, ragazzi…»
«Sì beh,» lo interruppe l’investigatore. «Come stavo dicendo, noioso.»
«Quindi non hai una ragazza.» disse Alec prima di potersi trattenere, per poi maledirsi internamente. Succedeva un po’ troppo spesso, da quando aveva conosciuto Magnus.
«Ragazza?» chiese lui evasivo, come se si trattasse di una parola in una lingua sconosciuta. «No, non è esattamente il mio campo.»
Alec esitò, mentre la sua mente elaborava un’idea che gli parve sia assurda sia plausibile. «Hai un ragazzo?» chiese, per poi aggiungere frettolosamente. «E comunque non ci sarebbe nulla di male.»
«Lo so che non c’è niente di male.» Magnus tornò finalmente a guardarlo.
«Quindi hai un ragazzo?»
«No.» rispose.
«Va bene. Okay.» disse Alec, più imbarazzato che mai, distogliendo gli occhi da quelli felini di lui. «Non hai legami. Come me. D’accordo. Bene.»
Per un attimo, Magnus rimase a fissarlo, come se fosse impazzito. «Alec…» disse poi. «Credo che dovresti sapere che mi considero sposato con il mio lavoro. E anche se sono lusingato…»
Alec strabuzzò gli occhi. «No,» lo interruppe. «Non sto…» balbettò. «Non sto chiedendo se… No. Sto solo dicendo che… che non c’è niente di male.»
Di nuovo, Magnus lo fissò come se fosse impazzito, ed Alec iniziò a credere che in effetti doveva esserlo per fare discorsi così sconclusionati. «Ottimo.» disse poi, tornando a guardare con nonchalance fuori dalla finestra. Dopo un po’ riprese. «Guarda fuori dalla finestra. C’è un taxi. Si è fermato.» Alec si voltò seguendo la direzione del suo sguardo. «Nessuno entra e nessuno esce.» Gli occhi felini scintillarono. «Astuto…» mormorò tra sé. «E’ lui. Non fissarlo.» aggiunse rivolto all’altro.
«Tu lo stai fissando.» ribatté lui.
«Ma non possiamo fissarlo entrambi.» disse. Poi si alzò con uno scatto ed uscì dal locale. Dopo un attimo, Alec lo seguì, così preso dal momento che si dimenticò del bastone.
Lo raggiunse giusto in tempo per vedere il taxi scomparire. In un attimo, si misero a correre per seguirlo. Andarono a sbattere contro una macchina che stava parcheggiando, ma con un salto si puntellarono sul cofano, quasi correndoci sopra, senza mai interrompere la loro corsa.
Si fermarono solo quando capirono di averlo definitivamente perso. «Ho preso il numero del taxi.» disse Magnus alzando una mano per fermare Alec. Sembrava stesse ragionando tra sé, mormorando indicazioni stradali come se seguisse il percorso della macchina. Dopo un attimo alzò lo sguardo di colpo e prese una svolta a destra, iniziando a correre, seguito subito da Alec.
Andarono a sbattere contro varie persone, per poi entrare in un edificio a più piani. Imboccarono le scale e salirono sul tetto. Lì, Magnus gli rivolse uno sguardo veloce come per assicurarsi che ci fosse, sorprendendo Alec. Si era aspettato che proseguisse dritto senza guardarsi indietro.
Sul bordo del tetto arretrò di poco per prendere la rincorsa e saltò, atterrando sul tetto vicino. L’altro dopo un istante di esitazione lo seguì.
Mentre saltavano da un tetto all’altro seguendo il taxi, l’aria fredda della sera sferzò il viso di Alec, facendogli provare quel genere di euforia e adrenalina che ti prendono solo durante le battaglie. Era come se, per la prima volta da troppo tempo, si sentisse vivo.
 
 
***
 
 
Dopo un tempo che parve interminabile scesero dai tetti attraverso una stretta scaletta, attraversarono vari vicoli bui, per poi sbucare in una strada affollata e continuare a correre.
Alec si sentiva i polmoni in fiamme, ma non gli importava. Non quando poteva sentire tutte quelle emozioni bruciare in lui come un fuoco.
Per un attimo parve che lo avessero perso, ma poi dopo un po’ di esitazione Magnus quasi urlò: «Da questa parte!» riprendendo a sfrecciare tra le macchine. Si infilarono di nuovo in un vicolo laterale, scavalcando sacchi della spazzatura e schivando cassonetti vuoti. Uscirono di nuovo in strada ed andarono a sbattere contro il cofano del taxi. Esattamente il taxi che stavano inseguendo.
Magnus fu il primo dei due a riprendersi, dirigendosi verso la portiera posteriore e aprendola con uno scatto. Mise una mano in tasca e tirò fuori un documento, sventolandolo come uno stendardo. «Siamo della polizia!» Osservò il passeggero ed i suoi occhi si allargarono, increduli. «Denti bianchi, castano, è della California.» mormorò tra sé, ritraendosi e scuotendo la testa. Si rivolse ad Alec. «Viene da Los Angeles, Santa Monica, è appena arrivato.»
«Come fai a saperlo?» chiese Alec.
«Il bagaglio.  Probabilmente il suo primo viaggio a Londra. Vero?» chiese al passeggero (un ragazzo di non più di una ventina d’anni) che li osservava scioccato. «A giudicare dalla sua destinazione finale e dal percorso del taxi…» continuò senza attendere risposta, come suo solito.
«Scusate,» li interruppe il ragazzo. «Siete della polizia?»
«Sì.» rispose Magnus alzando di nuovo il documento e mostrandoglielo. «E’ tutto a posto.» Fece una pausa e prima di andarsene disse: «Benvenuto a Londra.»
 
 
***
 
 
«Praticamente era solo un taxi fermo.» disse Alec, piegandosi con le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Si erano un po’ allontanati dall’auto che avevano appena inseguito, che comunque continuava ad essere in vista.
«Praticamente.» annuì Magnus.
«E non era l’assassino.»
«Non era l’assassino, no.»
Alec si rialzò e fece un passo avanti, afferrando il polso dell’altro e togliendogli di mano il documento della polizia. «Dove l’hai preso questo?» chiese, guardandolo. Sgranò gli occhi. «Ispettore Herondale
«Già.» Magnus annuì soddisfatto. «Lo derubo quando mi infastidisce.» disse, sembrando tanto un bambino dispettoso. «Puoi tenerlo, se vuoi. Ne ho un sacco nel mio appartamento.»
Alec sbottò in una mezza risata, senza riuscire a trattenersi.
«Che c’è?» chiese Magnus fissandolo perplesso.
«Niente,» rispose lui, ancora ridendo. «Solo quel “Benvenuto a Londra”.»
L’altro accennò un sorriso, che si spense subito quando girò il capo verso il taxi. Alec seguì la direzione del suo sguardo e fissò l’agente di polizia che, parlando con il passeggero, si era appena voltato verso di loro. La sua espressione, anche a distanza, era inequivocabile. «Hai ripreso fiato?» chiese Magnus senza guardarlo.
Alec intuì al volo. «Sono pronto quando lo sei tu.» disse.
E ripresero a correre.
 
 
***
 
 
Rientrati al numero 221B di Baker Street, si appoggiarono al muro, lasciandosi andare alle risate. «E’ stato ridicolo.» rise Alec. «La cosa più ridicola… che abbia mai fatto.»
«E dire che hai invaso la Russia!» ridacchiò Magnus.
Risero di nuovo. «Non c’ero solo io.» ansimò lui tra le risate.  Alla fine, dopo molti minuti, si ripresero abbastanza da permettere ad Alec di chiedere: «Perché non siamo tornati al ristorante?»
«Possono tenere loro gli occhi aperti.» disse Magnus, scollandosi finalmente dalla parete. «Era comunque un tentativo improbabile.»
«Allora cosa ci facevamo lì?» chiese Alec seguendolo.
Magnus fece spallucce. «Oh, stavamo solo passando il tempo. E dimostrando qualcosa.»
«Che cosa?»
«Tu.» fu la semplice risposta. Poi alzò la voce: «Tessa! Il dottor Lightwood prenderà la stanza di sopra!»
«E chi lo dice?» ribatté il diretto interessato, nonostante avesse già deciso di non andarsene da lì.
Magnus si voltò verso di lui, fissandolo intensamente. «Lo dice l’uomo che sta alla porta.» rispose, e in quell’esatto istante il campanello suonò. Confuso, Alec si girò ed aprì la porta d’entrata. Si ritrovò davanti il cameriere della tavola calda, Angelo, che subito gli porse un oggetto lungo e cilindrico: il suo bastone.
«Magnus mi ha mandato un messaggio.» spiegò Angelo. «Dice che lei ha dimenticato questo.»
Alec si limitò a fissarlo per un attimo, mentre la sua mente elaborava ciò che era accaduto: aveva corso come un pazzo, saltando attraverso tetti e buttandosi in mezzo a strade trafficate per più di mezz’ora, senza usare l’oggetto da cui dipendeva da mesi. Lentamente lo afferrò. Poi si voltò verso Magnus. L’investigatore gli stava sorridendo, per la prima volta di un sorriso sincero, privo di malizia o arroganza, ed Alec sentì le proprie labbra piegarsi all’insù come di propria iniziativa per ricambiare il sorriso.
Prima di rientrare, si rivolse ad Angelo con un ultimo frettoloso «Grazie.»
Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle, arrivò di corsa Tessa, fissandoli con rimprovero. «Magnus, che hai combinato?» sbottò.
«Che cosa…?»
«Di sopra…» spiegò lei.
Gli altri due si scambiarono una veloce occhiata prima di affrettarsi a salire.
Mentre percorrevano le scale, Alec si prese il proprio tempo per osservarlo. Aveva un aspetto straordinariamente giovane, con i vestiti stropicciati e i capelli ritti in testa a causa del vento della corsa. Dubitò di avere un aspetto migliore, ma a Magnus dava quel non so che di… affascinante. Sexy. Molto sexy. A quei pensieri Alec arrossì furiosamente e si costrinse a distogliere lo sguardo, imbarazzato con se stesso.
Fecero irruzione nell’appartamento, trovandolo completamente a soqquadro, agenti della polizia ovunque e William Herondale seduto su una delle poltrone in pelle. «Che state facendo?» sbottò Magnus, furente. «Non potete irrompere così in casa mia!»
«E tu non puoi nascondere prove.» ribatté Will, alzandosi in piedi come per fronteggiarlo e facendo un cenno verso la valigia rosa che giaceva aperta a terra, al c’entro del salotto. «Non ho fatto irruzione in casa tua.»
«Come lo chiami questo allora?» chiese Magnus allargando le braccia come per mostrargli il disastro che li circondava.
«E’ una retata antidroga.» spiegò Will con tono di superiorità.
Alec si fece avanti, affiancandosi al proprio coinquilino. «Sul serio?» chiese incredulo. «State scherzando.»
Magnus gli afferrò un braccio, come per calmarlo. Poi si rivolse a Will. «Non sono il suo cane antidroga.» disse.
«No,» assentì l’ispettore. «Anderson è il mio cane antidroga.»
«Cosa? A…?» Magnus si bloccò, voltandosi verso la cucina, da dove Anderson li fissava. Il tenente alzò una mano e sfarfallò le dita con scherno, come per salutarli. «Anderson, che ci fai qui in una retata antidroga?» chiese, lasciando andare il braccio di Alec.
«Sono un volontario.»
«Lo sono tutti.» ribatté Magnus avvicinandosi. «Non sono esattamente della squadra antidroga, ma sembrano molto entusiasti.»
«Questi sono… occhi umani?» chiese Donovan, tirando fuori dal microonde una bacinella piena di una sostanza gelatinosa non meglio identificata.
«Rimettili subito a posto!» fu la secca risposta di Magnus.
«Erano nel microonde!» sbottò la donna. Alec non poté biasimarla.
«E’ un esperimento.» disse l’altro stizzito.
«Continuate a cercare, ragazzi.» disse Will, per poi rivolgersi a Magnus, che intanto andava avanti e indietro per il salotto come un leone in gabbia. «Oppure potresti aiutarci tu, ed io li fermerò.»
«Che infantile!» sbottò questi.
«Beh,» disse Will, mordace, seguendolo con lo sguardo. «Io ho a che fare con un bambino!» Poi parve calmarsi e sospirò. «Magnus, questo caso è nostro. Ti ci ho fatto entrare ma non puoi indagare per conto tuo! Capito?»
«Quindi…» disse Magnus, bloccandosi di colpo davanti a lui. «Insceni una finta retata antidroga per intimorirmi?»
«Non sarà più finta se troviamo qualcosa.» Will lo fissò con aria di sfida.
«Io sono pulito!» sbottò Magnus. Si slacciò i bottoni della manica della camicia, tirandola su in modo da lasciar vedere l’avambraccio. «Non fumo nemmeno!»
Will incrociò le braccia, fissandolo. «Allora lavoriamo assieme.» disse semplicemente. «E devi sapere che ho trovato Rachel.»
 
 
 
 


 
ANGOLO AUTRICE:
Sono abbastanza di fretta, quindi non mi perdo in parole inutili. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e ringrazio chi mette tra le preferite/seguite/ricordate, tutti quelli che recensiscono e i lettori silenziosi. Grazie mille a tutti J
 
 
 
Greta
  
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