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Autore: Stelplena_Cielo    03/11/2014    2 recensioni
2010, Giappone: Kira prende il controllo del mondo come pianificava dai tempi del liceo dopo aver sconfitto chi tentava di fermarlo. Nel frattempo in Inghilterra sta per essere fatta una scelta importantissima
2030, Inghilterra: forse chi potrà sottrarre a Kira il dominio malato del mondo che ora lo vede come un Dio è arrivato, scelto tra altri orfani geniali; la storia si ripete, il mondo è col fiato sospeso: ce la farà?
Genere: Azione, Malinconico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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I.
Plain Z


 
PLAIN Z: whenever you’ll need, if you’ll need, call Z: +44 654 783
He’ll take care of the orphans, the bunker isn’t near
Don’t talk about that!!, this must be a secret.
-W



 
***



  Erano passati venti  anni e tutto era andato alla perfezione, almeno per quanto riguardava lo spostamento degli orfani. A Roger pareva il giorno prima che lo strano personaggio chiamato Z aveva prima respirato fischiando dall’altra parte del telefono e poi aveva emesso quel suono di scherno, quasi provasse pena o celasse dispiacere, ma al contempo gli sembrava un’eternità.
  Venti anni dalla morte di Nate River, Mihael Keehl e Mail Jeevas. Venticinque anni circa dalla morte del detective migliore di ogni tempo, quel bambino che aveva visto crescere e che ormai avrebbe dovuto avere una cinquantina d’anni, magari una moglie e dei figli. Mentre lui era lì, ormai settantenne, a guidare l’orfanotrofio di Wammy con tanta nostalgia. Quel vecchio baffuto gli mancava; chissà se era consapevole dell’attuazione del Piano Zeta, chissà se proteggeva gli orfani e vegliava su di lui indicandogli la strada giusta da lassù.
  Era tutto così incerto; Roger per primo.
Ormai era vecchio; la stanchezza iniziava a farsi strada in lui. Continuava a vivere con l’intento di trovare il ragazzo giusto, quello che finalmente avrebbe posto fine al regno di Kira, o alla sua dittatura, come preferite chiamarla.
  Il Piano Zeta consisteva nel trasferire tutti i bambini in un bunker sotterraneo costruito in precedenza, la quale postazione fu rivelata soltanto al momento dell’arrivo; era una missione assolutamente top secret, si doveva evitare in ogni modo che voci sulla nuova sede della Wammy’s House arrivassero a Kira.
  Poco dopo il buio, quello che a Tokyo venne chiamato silenzio mentre tale nome si espandeva a macchia d’olio fino a conquistare tutto il mondo (ironia della sorte, un po’ come Kira), il killer era finalmente comparso, mostrandosi alla popolazione di tutto il mondo. Questi non avevano opposto resistenza; niente ribellioni, niente paura. L’avevano accettato.
  Il ragazzo giovane, per la sorpresa di tutti, era proprio un giapponese. E’ il figlio del sovrintendente, lo ricordi? Yagami!, si era sentito tra le strade. Nessuno che gli avesse sparato a distanza, nessuno che avesse mai alzato una bandiera contro di lui.
  La gente lo acclamava, lui si affacciava e il popolo si radunava sotto il suo balcone ad applaudire e ad amarlo e adorarlo come un Dio sceso in terra; forse per questo era invincibile. Alla memoria ricordava immagini in bianco e nero di tempi passati, di dittatori passati che però avevano sparso odio e dolore tanto quanto Kira.  Ormai Kira era il giusto, chi la pensava come lui – erano davvero in pochi, ad ogni modo – era il male. Ogni equilibrio era stato capovolto.
  Perché il mondo non era caduto nel baratro, uh? Perché funzionava tutto così dannatamente bene che a Roger veniva da piangere ogni volta che guardava un notiziario? Alla fine aveva spento la televisione e non l’aveva più accesa. Permetteva ai bambini di parlare di Kira, anzi, loro dovevano sapere. Dovevano conoscere come andavano le cose lì sopra, avevano bisogno di sapere perché il loro amato orfanotrofio era stato abbandonato e perché adesso vivevano in quello che avrebbe dovuto sostituirlo, ma era solo una costruzione sotterranea. Avevano il diritto di sapere, sebbene questo spezzasse il cuore di Roger in due ad ogni domanda che i piccoli facevano.
  “Roger, ho scordato la mia palla lì..”  gli aveva detto una volta un bambino. Ne aveva fatta portare una nuova, ma ovviamente non era la stessa cosa; si sa, durante l’ infanzia l’attaccamento affettivo è molto più forte di quando si è cresciuti, anche se sei un bambino geniale con un quoziente intellettivo di un astrofisico.
  Era bello vedere quei bambini crescere e crescere con loro e studiare come anche le loro idee riguardo Kira e la sua dittatura stessero cambiando; quei bambini evolvevano, capivano che tra loro c’era qualcuno che avrebbe posto fine a quello scempio totale. Capivano quanto il mondo fosse in rovina dietro un velo di perfezione e gente apparentemente buona, ma in realtà falsa e priva di morale.
  Non c’era posto per persone buone in un mondo del genere e loro lo capivano; ma non serviva essere dei geni per rendersi conto che se il primo a dettare legge è chi le ha infrante e  continua a infrangerle, allora non è giustizia. I bambini erano delle creature particolari, pensava Roger. E gli faceva sempre più male doverli crescere riconoscendoli con i  numeri della classifica  o con delle lettere.
  Linda era cresciuta. La bambinetta coi ciucci che tanto zampettava attorno agli altri, era ormai una bella donna adulta, seria, col sorriso un po’ triste ogni volta che scendeva nel bunker-istituto. Aveva iniziato a dargli una mano quando l’aveva visto particolarmente stanco e adesso aveva preso il ruolo di vicepreside. I bambini la adoravano, i più piccolini le chiedevano sempre di farle il gioco dell’alfabeto: lei ripercorreva dalla A alla Z ogni lettera, dando ad ognuna una personalità e spiegando loro di aver conosciuto di persona le lettere più intelligenti al mondo; di tanto in tanto i suoi occhi si inumidivano e cambiavano espressione, specialmente nella sequenza di quelle tre dannate lettere che ogni volta facevano breccia anche in Roger, che dal canto suo sembrava sempre così fermo e gli orfani vedevano come un nonno; più o meno.
  La voce della donna si interrompeva sempre prima di raccontare come quelle lettere erano state buttate via e poi sostituite. Aveva spiegato con dolcezza che purtroppo ci vuole meno di un secondo per leggerne una e subito dopo si deve andare avanti e finito l’alfabeto, si ricomincia il ciclo. Aveva quindi aggiunto che presto sarebbero state decretate altre lettere; ci sarebbe stato un altro L, che fino ad ora per ragion di logica era stata lei; ci sarebbe stato un nuovo M, un nuovo N e qualcuno sperava di non dover essere A o B o K. Da come l’aveva raccontato Linda, dalle facce che faceva, sembravano storie così cupe.
  I bambini avevano anche iniziato a fare le gare; io sono L, no, sono io!, e così via. Linda e Roger ne avevano parlato spesso, chiedendosi se riempirli di ambizioni già così piccoli avrebbe giovato al loro sviluppo psicologico, ma erano arrivati alla conclusione che se dei bambini piccoli giocavano, non sarebbe morto nessuno.
  E ne parlavano anche ora, seduti nello studio del preside l’una di fronte all’altro, le mani composte e le schiene dritte, quella dell’uomo un po’ incurvata giusto dal tempo. L’ambiente era del tutto diverso da quello in cui aveva passato tanti anni della sua vita e le finestre erano finte. Fotografie della stessa forma dell’incavo nel muro che ritraevano paesaggi e delle luci elettriche molto potenti alle spalle delle stesse per simulare la luce naturale del giorno.
  Tristezza.
  - Hai idea di chi possa essere, tra loro? – chiese la ragazza, seduta su una morbida sedia nera davanti alla scrivania in mogano dello stesso colore. Indossava un tailleur nero, molto elegante. I capelli sciolti ricadevano accanto al viso ora maturo e fiero; gli zigomi erano alti e l’espressione ferma, ma i suoi occhi erano rimasti quelli di una bambina dolce e vivace.
  Roger con un sospiro scosse la testa, senza alzare lo sguardo sulla donna; era palese avesse qualche dubbio. – No, ma.. sento che ci siamo vicini. Non è una delle menti più brillanti qui dentro, ma è l’unico che mi colpisce; fa discorsi molto particolari.. – spiegò l’uomo, la voce profonda un po’ affievolita dal tempo e dalla stanchezza, nonché dai ricordi che tornavano a farsi sentire.
  - Non abbiamo molto tempo, Roger. Ormai sono vent’anni che Kira regna, non... non è giusto. – lo sguardo le si illuminò di una luce particolare; era arrabbiata e si vedeva e l’uomo anziano raggiunse con fare paterno la sua mano tenuta a pugno sul piano della scrivania. La accarezzò piano, le dita fredde contro il dorso magro e caldo, ricco di vita.
  - So che sei arrabbiata, mia cara..
  Lei emise un verso strano, a metà tra un gemito e un sussurro. – Erano miei amici, ma a prescindere da questo. Non è vendetta quella che cerco, io voglio che Kira soccomba. Voglio che uno di questi bambini sia la chiave affinché … affinché loro non siano morti in vano. – sussultò. Il ricordo faceva ancora male, anche adesso che lei era sposata ed era madre; avrebbe tanto voluto essere lei quella chiave, ma sapeva che sebbene la sua intelligenza le avrebbe permesso di fare strada e di aiutare le indagini che sperava iniziassero presto, non sarebbe mai stata al livello di L o Near. Poteva solo ammirarli sui loro troni e inginocchiarsi al loro ricordo, pregandoli di aiutarla a trovare quel bambino.
  -Linda, ce la sto mettendo tutta; gli insegnanti hanno aumentato gli esami, i bambini sono tutti così svegli e attenti … ci siamo vicini, Linda, te lo prometto. Stavolta Kira non avrà scampo, sappiamo chi è e sappiamo come muoverci con lui.
  Linda scosse la testa, agitando i capelli luminosi e morbidi; era buffo vedere quel viso cresciuto non circondato dai ciucci che l’avevano sempre caratterizzata. Roger sorrise con tenerezza, mentre gli occhi tristi e stanchi si illuminavano appena. – Io non ho paura di Kira, ma della gente. Sono così presi da lui, così succubi. Non sarà facile convincerli che tutto questo è sbagliato.
  -Questo è vero – aveva risposto subito la voce anziana e un po’ roca, col tono di chi ammette una sconfitta; ma Roger aveva promesso a Wammy di trovare quel bambino e fermare Kira, una volta per tutte. Solo dopo sarebbe finalmente invecchiato e magari anche morto, non vedeva l’ora. Era così stanco. - … però devi capire che anche loro hanno paura. Per questo non sarà facile convincerli, ma capiranno, Linda, lo capiranno che Kira è sbagliato. Alla fine ce lo consegneranno loro stessi, vedrai.
  La ragazza annuì alzando lo sguardo sull’uomo che poteva quasi considerare un padre. Lo sguardo triste dello stesso aveva una luce arrabbiata quanto la sua negli occhi, solo più spenta; ma lei sapeva, lo sentiva nel profondo, che se Roger era fiero dell’intento di voler fermare quel mostro che credeva di essere un Dio, allora lei ne era convinta il doppio.
  Si erano nascosti per troppo tempo per paura di una persona protetta  solo dalla propria megalomania.
  Kira non aveva scampo.



 
***


 
T
 
 
*THOMAS LYNCH – SCHEDULE*
 
Name: Thomas
Surname: Lynch
Date of Birth: 28 Jan 2015
Place of Birth: Whitechurch, Irland
Age of rescue: 3 years old
Blood Type: 0
Parents or other relatives: deceased
State: orphan, ranked first*
Room: M
Likes: music, movies, sleeping, drawing.
Dislikes: noises, annoying people, loosing.
Favorite food:  anything sweet, chewing gum.
* primo in classifica.


  La vecchia macchina da scrivere, la quale Roger aveva sempre preferito al computer, aveva sbafato solo alcune delle lettere che riempivano quel foglio ingiallito e riposto nello scaffale una decina d’anni prima. Se non si guardava le scritte attentamente, si aveva quasi la sensazione che le poche lettere piene di inchiostro sbafato, se unite avrebbero tracciato un disegno, logico o meno che fosse.
  Ricordava il giorno in cui gli era stato riferito che in un orfanotrofio irlandese poteva esservi un bambino con del potenziale. Era stato un po’ scettico, ma alla fine era andato a controllare di persona; l’esperienza gli aveva insegnato che prima di fare delle supposizioni si farebbe meglio a studiare chi si ha davanti, così da essere certi delle conseguenze delle proprie scelte; certo, più che chiamarla esperienza avrebbe dovuto chiamarlo amico, quale Wammy era.
  Ma per non perdersi in ricordi dolorosi, rimase a fissare la scheda del bambino. Era stato salvato da un incendio quando aveva tre anni. Si era salvato perché il suo lettino era quello più vicino alla finestra della piccola villa di un solo piano, così il vigile del fuoco spaccandola era riuscito a prelevarlo per primo. Non aveva subito danni, né ustioni, né problemi alle vie respiratorie; era rimasto solo con una gran paura del fuoco e il fastidio di essere esposto al caldo, ma a parte quello era sano come un pesce, solo annerito sulle guance paffute e sul nasino piccolo.
  Stessa fortuna era stata purtroppo negata ai suoi genitori, entrambi morti per asfissia (infatti le fiamme non avevano raggiunto la camera da letto dove giaceva anche il lettino a sbarre del piccolo, ma il fumo li aveva soffocati nel sonno). Dopo un breve soggiorno in ospedale per fare controlli e con l’aiuto della polizia e giudici cercare qualcuno che potesse momentaneamente prendersi cura del piccolo Tom, alla fine il bambino era stato infilato nel primo orfanotrofio irlandese che era stato trovato e abbandonato alla vita di ogni orfano.
  A differenza degli altri, però, questo era sempre stato un po’ particolare; il suo linguaggio, sebbene fosse un bimbo spaventato e triste che cercava la sua mamma e il suo papà, era quello di un bambino molto più grande della sua età e alla fine la direttrice dell’orfanotrofio aveva deciso che forse era ora di far incontrare Thomas Lynch ad un uomo che aveva conosciuto tramite un suo vecchio e caro amico.
  Roger era subito rimasto colpito dal piccolo. Non era brillante, si vedeva che si lasciava molto trasportare. Non era un bambino diverso dagli altri, anzi giocava allo stesso modo. Certo, nel sentirlo parlare quasi gli si staccò la mascella, anche la sua conoscenza su cose che di solito a cinque anni non sono interessanti era ammirevole. E per quanto fosse indeciso e titubante, alla fine aveva appurato che  portarlo via da lì sarebbe stato l’unico modo per valutare effettivamente se quel ragazzo fosse adatto alla Wammy’s House oppure no.
  A distanza di una decina d’anni, sorrideva rileggendo la  breve scheda del ragazzo che presto Linda avrebbe dovuto aggiornare.
  Dall’altra parte della scrivania, un quindicenne se ne stava seduto con un ginocchio al petto, l’altra gamba allungata fino a finire col piede sotto il mobile; il piede della gamba stesa tamburellava quasi impaziente a ritmo di musica, l’altra gamba stava stretta al petto del ragazzo, ferma. Con entrambe le braccia, il giovane teneva una sorta di peluche, quello che sembrava un orsacchiotto non proprio bellissimo, leggermente annerito dal tempo.
  I capelli biondi e corti incorniciavano il viso abbastanza pallido del ragazzo e gli occhi azzurri spuntavano sereni da sotto la frangia leggermente mossa. Il naso era appuntito e piccolo, coperto di leggere lentiggini, le labbra carnose ma non esageratamente; avevano l’aria di essere ben idratate e interrompevano la pelle diafana con un colore ben più scuro, un rosa caldo e più forte verso il centro. Di tanto in tanto, queste si piegavano e si aprivano un poco, emettendo il rumore tipico di chi sta masticando- una gomma da masticare, ovviamente. Non viveva senza.
  A fare contrasto con la sua pelle diafana, vi era la maglia nera senza stampe o scritte. I pantaloni erano quelli di una tuta, neri con due righe  bianche ai lati di ogni gamba; una semplice tuta da ginnastica, quindi. Non indossava scarpe, bensì calzini bianchi – Roger aveva anche provato a spiegargli che prima o poi se li sarebbe anneriti tutti, ma provate voi a farvi ascoltare da uno che ha perennemente le cuffie nelle orecchie.
  Quando il foglio ingiallito andò a posarsi sulla scrivania, la luce elettrica colpì le lenti degli occhiali di Roger, impedendo a Thomas di vederne gli occhi. – Oggi è il tuo compleanno, lo ricordi, vero?  - aveva chiesto l’uomo con tono dolce ma fermo, scandendo bene le parole per permettere al ragazzo di comprendere cosa stesse dicendo tramite il movimento delle proprie labbra (per via della musica alta non poteva sentirlo).
  Thomas annuì e gonfiò una bolla rosa tra le labbra, facendola esplodere con un morso, poi sorridendo sfilò le cuffie bianche dalle orecchie e spense la musica martellante che fino ad ora gli aveva – probabilmente - trapanato il cervello. 
  – Non scordo il mio compleanno, Roger – aveva risposto con tono sereno, la voce molto più calda di quella che era solo un anno prima. Stava crescendo e anche lui e per Roger era come vedere crescere un figlio. – Ci sono novità? – aggiunse poi; era raro che l’anziano convocasse qualcuno con urgenza senza che questi avesse combinato qualcosa o fosse in pericolo di morte (e anche in quest’ultimo caso, la motivazione doveva essere nettamente collegata al primo esempio).
  L’anziano annuì, portando le mani a chiudersi davanti al viso e abbassando di poco la testa, evitò che la luce colpisse le lenti; allora Thomas poté vedere oltre. – Oggi sono anche vent’anni che Near … sai la storia. – tagliò corto, prendendo un respiro per andare avanti. Thomas rispose con un cenno d’assenso, così che Roger poté continuare.
  Le ciglia lunghe e chiare del giovane si abbassarono una sola volta mentre lo stesso cambiava posizione. Continuò a stringere il peluche tra le braccia, notando solo ora che gli penzolava un occhio di plastica nera. Lo rendeva così carino!, poi invertì le posizioni delle gambe: quella che prima era stesa ora era piegata e viceversa; così era più comodo, sì.
  Roger prese un sospiro, leccandosi le labbra al gusto dolciastro di tè prima di continuare. – Ebbene, con l’aiuto di Linda sono arrivato ad una conclusione. Tu sai bene qual è ormai la situazione; sei quasi adulto e conosci bene i tuoi doveri. Francamente, non so quanto sia giusto aver scelto te per un compito del genere, però sei l’unico abbastanza maturo. E sei sveglio, molto.
  Non voleva suonare rude, ma Thomas era primo in classifica solo perché era molto, molto furbo. Aveva un intuito da far paura, ma era distratto e non studiava; non voleva certo dire che la sua fosse fortuna e che andasse bene e superasse i test solo perché cerchiava a caso le risposte, però il suo quoziente intellettivo non era troppo oltre la media lì tra gli orfani (anche se ovviamente era più alto di quello di un quindicenne normale). – Tutto questo vuol dire, Thomas, che dovrai lasciare l’istituto; non sei costretto, ma spero valuterai con attenzione la mia proposta. Una volta accettato ti cadranno addosso responsabilità a livello mondiale, se pensi di essere in grado di farti carico di una cosa del genere ti prego di accettare, altrimenti non sentirti in colpa- l’uomo riprese fiato con un leggero fischio, lentamente, poi riprese. – Credo sia arrivato per te il momento di seguire le orme di L, riprendere le indagini e fermare Kira. Te la senti?
  Le palpebre ragazzo si allargarono in un momento di sorpresa; aveva sempre saputo che presto sarebbe arrivato quel tipo di proposta; era sveglio e aveva intuito, no? E proprio per questo sapeva le cose prima che accadessero. Ma sentirselo dire davvero lo aveva lasciato un attimo spiazzato, quel tipo di sorpresa che si prova quando si indovina un numero al lotto.
  Rimase però composto, abbracciato al suo morbido peluche che sapeva di gomma da masticare, cose dolci e detersivo.
  Se se la sentiva? Con un ghigno di simpatia, una smorfia quasi dolce, si raddrizzò sulla sedia e sciolse l’abbraccio col peluche, lo sguardo basso a fissare le proprie gambe ora composte.  -Roger.   – aveva risposto freddo, abbassando lo sguardo mentre si alzava in piedi, le braccia lungo i fianchi e il peluche tenuto per un orecchio a ciondolare vicino alla sua gamba, l’occhio pendente dondolava. – Credo sia arrivato per te il momento di capire che io amo le sfide; e di certo non volterò le spalle a questa.



 



Hola uvu innanzi tutto vorrei ringraziare chi ha recensito e messo tra le seguite/ricordate/preferite. Grazie davvero <3 ma invece di nascondervi, preferirei che mi diceste cosa ne pensate via recensione.
Spero che questo capitolo sia meno confusionario del prologo e sia più piacevole da leggere, per ogni richiesta potete contattarmi via MP; per il resto ci stanno le recensioni, grazie<3
A presto~
   
 
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