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Autore: proudtobea_fangirl    03/11/2014    7 recensioni
Sono passati ormai sei anni dalla fine della guerra contro Sebastian e gli Ottenebrati, e gli Shadowhunters di New York sono tornati alla loro vita precedente. Ma ricordi oscuri riemergono dal passato, una "vecchia conoscenza" (non Sebastian) si farà presto viva, muovendo i fili e tramando nell'ombra per sconvolgere nuovamente la vita dei nostri eroi...
Fanfiction ambientata dopo CoHF.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Izzy Lightwood, Jace Lightwood, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Shadowhunters ~ Past, Present and Future'
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POV: Maryse ~ 14 Luglio 2014, ore 8:15

Mi avvicino a Clary, titubante. Devo chiederle una cosa, ehm... alquanto imbarazzante. «Buongiorno cara. Ecco, tu hai questo straordinario potere di creare nuove rune e... michiedevosepotessicrearneunaperme.»
Lei aggrotta le sopracciglia. «Ehm, mi chiedevo se potessi crearne una per me.»
«Ma certo Maryse! Sarà un po’ difficile crearla a comando, ma non ti preoccupare, ci riuscirò! Bene, a cosa dovrebbe servirti?»


Adesso arriva la parte complessa.

«Sì, ehm, come sai io e Robert abbiamo divorziato sei anni fa, e di conseguenza non ho più nessuno con cui... ehm... sfogarmi...»
Sul viso di Clary compare l'ombra di un sorriso. «Quello che stai cercando di dirmi è che sei in astinenza da sesso?»
Ah, ha capito. Tiro un sospiro di sollievo. «Sì, e, se dovessi, come dire, trovare un compagno, o solo qualcuno con cui passare una magnifica notte, mi servirebbe... protezione...»
«Ma Maryse, esistono tantissimi altri metodi, ad esempio il banalissimo preservativo, oppure, a lungo termine, la spirale intrauterina, l'impianto sottocutaneo, le pillole...»
«Ma sono metodi mondani...»
«Vabbe’, ho capito. Non ti assicuro niente, che sia chiaro... vedrò di mettermi all'opera il prima possibile.»
Ringrazio Clary e mi dileguo il più in fretta possibile, ma non abbastanza velocemente da non sentirla scoppiare a ridere.



POV: Clary

Rido a più non posso, talmente tanto che mi lacrimano gli occhi e devo tenermi la pancia. Questa Simon la deve sapere, assolutamente.
Prendo lo stilo e, proprio mentre sto per ripassare la runa che ci permette di comunicare, l’orologio batte le nove di mattina. Ad Alicante sono le quindici, è probabile che Simon sia ancora a scuola, meglio provare a contattarlo più tardi.

Sempre ridendo sotto i baffi, mi dirigo verso la palestra dove mi aspetta Jace per continuare l'allenamento.
Mi ha concesso cinque minuti di pausa; a lui ho detto che avevo fame e dovevo fare uno snack, ma non è questo il motivo. Da stamattina ho un po’ di nausea; domani dovrebbe venirmi il ciclo, quindi penso sia questa la causa.

Però, che strano, non ho mai sofferto di sindrome premestruale...

Apro la pesante porta a battenti della palestra; Jace è esattamente nella stessa posizione in cui l'ho lasciato, con la spada in una mano e un pugnale nell'altra. Sospiro e riprendo ad allenarmi.


POV: Simon ~ Alicante, a causa del fuso orario ore 15:20


Il professore di matematica non si è presentato e il preside ci ha rimandati a casa un’ora prima del previsto.
Fortunatamente ho le chiavi, non credo che Isabelle ci sia. Deve sbrigare alcune “commissioni” per conto della madre, ovvero spiare Robert.

Ah, Maryse, non ti dai mai pace...

Non faccio in tempo a varcare l’uscio che Isabelle corre alla porta ad abbracciarmi. «Ciao Simon, bentornato!»
Come mai è così contenta? Avrà scoperto qualche dettaglio interessante su Robert da raccontare alla madre? Oppure oggi c'è la sfilata di Vivienne Westwood?

Mi libero dall’abbraccio e poso la borsa – pesante cinque chili – sul tavolino di fronte al divano. «Simon, ho una cosa che credo ti aiuterà a ricordare.»

Un crocifisso? Io sono – o meglio, ero – ebreo, che cosa avrei dovuto farci con un crocifisso?

Poi, di colpo, si accende un interruttore nel mio cervello. I ricordi arrivano a ondate, vengo travolto da una valanga di suoni, rumori, pensieri e sensazioni.

Sangue. Sento in bocca il sapore di sangue.

Mi lecco il labbro: non me lo sono morso.

Nel ricordo mi trovo qui, a Idris, sulla soglia di una casa. Un ragazzo riccioluto, a piedi nudi, è di fronte a me.

Sento la mia voce dire: «Perché ce la metti tutta?» Ho in mano una bottiglia, che avvicino alle labbra per bere un sorso del liquido rosso presente al suo interno. Sangue.
Perché sto bevendo del sangue?

Il Simon del ricordo continua a parlare: «Per farti odiare? O solo perché tu odi me?»
Credo che il destinatario del messaggio sia il tizio dai capelli ricci.

Segue un lungo silenzio, poi riprendo la parola: «Tu non mi odi. Tu sei geloso
E mi viene sbattuta la porta in faccia.

Percepisco una presenza vicino a me. Clary. La riconosco dagli inconfondibili capelli rossi.

La scena cambia: sono... davanti alla casa in cui mi trovo ora? La casa dei Lightwood? No, al tempo era la casa dell'Inquisitore.
Sono palesemente ubriaco. Come faccio ad esserlo, se non ho bevuto niente di alcolico?
Mi schianto contro il cancello, producendo un fastidioso frastuono metallico. «Isabelle!» grido, alzando la testa verso l'alto, «Isabeelle!!!»
Poi, d'un tratto, come attraverso una foschia, vedo Robert Lightwood estrarre dalla giacca un crocifisso e puntarlo nella mia direzione; e, in seguito, la mia mano che sfila la croce dalla sua, dicendo: «Religione sbagliata.»

Tutti i pezzi del puzzle tornano al loro posto.

Il crocifisso. Il sangue. Il ragazzo pallido. Raphael, ecco come si chiamava. Vaghi frammenti di pensieri: una ragazza bionda riversa in una pozza di sangue, affiancata da un giovane muscoloso con degli strani tatuaggi sulle braccia.

Le mie labbra – no, le mie zanne – sul collo di Isabelle.

Un hotel di New York, il Dumort.

Sono stato un vampiro, nella mia vita "precedente".

E Isabelle era la mia fidanzata.

Il ricordo svanisce così com’era arrivato, velocemente e senza preavviso. Cado sulle ginocchia e mi prendo la testa fra le mani: adesso arriva la parte peggiore.

L'attacco di panico.

Il mio corpo è scosso da un lieve e costante tremore; il cuore accelera, scalpita, sembra che voglia uscirmi dal petto. Mi porto le mani alla gola, assalito da una bruttissima sensazione di soffocamento, per poi spostarle sulla fronte, imperlata di sudore.

Per fortuna, tutto passa dopo qualche minuto.

Respiro forte: fino ad ora non ho mai ricordato così tante cose in una volta sola.
E la consapevolezza di aver fatto del male a qualcuno è quella peggiore.

Isabelle corre a prendere lo stilo e manda un messaggio di fuoco, non so a chi sia diretto. «Simon... cos’hai ricordato?»
«Isabelle, io... ero un vampiro. E noi due stavamo insieme. Avevamo DTR, ed eravamo fidanzati. Cavolo, ricordo tutto. O almeno quasi tutto.».
Mi piego in due, trafitto da un dolore lancinante alla testa. Poggio le mani sulle tempie: pulsano.

Il telefono di Isabelle squilla, e devo tapparmi le orecchie, sento tutti i suoni amplificati.

Lo zampettìo di uno scarafaggio sul pavimento della mia camera – al piano di sopra –, il canto di un uccellino su un albero distante mezzo chilometro, i passi di Isabelle che echeggiano sul parquet della cucina e la sua voce squillante, chiaramente preoccupata.

D’un tratto sento sulla guancia qualcosa di freddo e solido: il suo cellulare. All’altro capo della linea c’è Magnus: «Ehi Simon, lo so che stai da schifo, probabilmente ti sentirai come un calzino rivoltato in lavatrice con la centrifuga a 800 giri, ma devi ascoltarmi. Solo così potrai stare meglio. Okay?» Rispondo affermativamente e Magnus continua, ogni sua parola è come una cannonata: «Alzati lentamente, metti il vivavoce al telefono e manda via Isabelle, devi rimanere da solo.» Obbedisco. «Adesso, gambe divaricate, braccia lungo i fianchi, fai un respiro profondo e chiudi gli occhi. Da questo momento in poi ascolta molto attentamente la mia voce, concentrandoti sul suono delle parole.»

Inizia a declamare una lenta litania, credo sia in... hindi? Ah, ecco, sta recitando dei mantra.

Pian piano mi rilasso e, obbedendo a un istinto sconosciuto, mi siedo a terra con le gambe incrociate, le mani sulle ginocchia, il palmo rivolto verso l'alto, la testa dritta, in perfetta posizione di yoga.

Magnus continua a parlare, oppure sono io? Sì, stiamo recitando un mantra in perfetta sincronia.

La mia mente si svuota. Non sento più la testa che mi scoppia.

Ho assimilato tutti i ricordi.

Ringrazio Magnus, che mi fa promettere di chiamarlo non appena dovessi ricordare di nuovo; la mia mente è al momento instabile. Inoltre si metterà in contatto con il preside dell’Accademia per farmi prendere qualche giorno di “ferie”.

Richiamo Izzy, Magnus mi ha ordinato di farle imparare a memoria i mantra, nel caso lui non fosse raggiungibile.
Lei si mette subito all’opera e, dopo mezz’ora, è già capace di recitarli tutti. «Simon, lo sai cosa significa tutto questo? Che i tuoi ricordi si stanno liberando, stanno fuggendo dalle catene messe da Asmodeo! Per l'Angelo, non sai quanto sono felice!» Le sue labbra si curvano in un sorriso.

Non resisto più: la bacio come se non ci fosse un domani, perché, se c’è una cosa che questa “esperienza” mi ha insegnato, è che bisogna cogliere l'attimo, e soprattutto non guardarsi vivere.



POV: Clary

Fatto, la runa è completata. Ora, però, bisogna provarla... Lancio un'occhiata eloquente a Jace, che sta aiutando Maryse a sparecchiare. Lui coglie al volo la mia muta richiesta e sillaba con le labbra: «Tra dieci minuti in camera mia.»

Dieci minuti dopo, con la runa contraccettiva che brilla sul mio braccio, spaparanzata sul letto, attendo che Jace entri in camera.
Ho indossato il completo intimo viola, quello che Izzy mi ha regalato per il mio compleanno l’anno scorso, rimasto inutilizzato fino ad oggi. Mi chiedo poi che l'ho messo a fare, avrei potuto anche aspettare Jace completamente nuda, così, giusto per vedere la sua faccia appena aperta la porta.

Uff... è già passata mezz’ora e non arriva...

La porta si socchiude lentamente, e finalmente Jace entra in camera. «Scusa» sussurra, «Maryse mi ha trattenuto in cucina più del previsto.»

Non perde altro tempo: mi afferra i fianchi, sollevandomi, e io avvinghio le gambe intorno alla sua vita, cercando contemporaneamente di sfilargli la maglietta.
Jace mi batte sul tempo, liberandosi dalla t-shirt prima che potessi farlo io.

Finiscono a terra anche i suoi jeans, seguiti, in un secondo momento, dagli indumenti intimi di entrambi. In qualche modo mi ritrovo distesa sopra di lui, i miei capelli che sfiorano i suoi addominali scolpiti, degni di Michelangelo.

Faccio scorrere la mano sul suo addome, fermandomi in un punto preciso, dove c’è la runa dell'equilibrio. O, almeno, c’era.
«Jace, hai cancellato per sbaglio la runa aequilibrium?»
«No, perché?»
«Boh, non lo so... io non riesco a vederla. Ah, ecco perché, dev’essere colpa della runa contraccettiva, ha cancellato la Vista.»
«Bando alle ciance, Clary, ho aspettato fin troppo, e tu sai che a me non piace asp...»

Mi avvento su di lui, zittendolo a suon di baci. Lui ricambia appassionatamente, le labbra mi fanno già male, ma non me ne può fregare di meno.
I nostri corpi si muovono sempre più velocemente, accelerando all’unisono con il battito dei nostri cuori, che scalpitano ferocemente, come cavalli imbizzarriti. Ci fermiamo ansimanti e sudati.
Ma Jace non ne ha ancora abbastanza. Mi traccia un sentiero di baci sul collo, che lasciano una scia infuocata sulla pelle, riesco quasi a sentire l’odore del fumo.

Ah, no, è il pollo che Maryse ha messo nel forno. Stanotte ha un “appuntamento al buio” e non conta di tornare in tempo per il pranzo di domani – esagerata...

Oh merda, il pollo. Ecco come si riesce a rovinare un momento perfetto.

Mi avvolgo in una vestaglia e corro verso la cucina per salvare il salvabile, ma ormai è troppo tardi. Quello che prima era un fantastico pollo intero con contorno di patate novelle al forno è ora un ammasso di carne nera e bruciacchiata. Al diavolo, domani si pranza da Taki’s.

Sbadiglio e me ne ritorno in camera. Jace si è addormentato, il viso angelico parzialmente illuminato dalla luce della luna che filtra attraverso le finestre. Gli lascio un biglietto: Amore, mi dispiace che quel dannato forno obsoleto ci abbia interrotti, ma non ti preoccupare, rimedieremo. Io devo tornare a casa, se mia madre non mi trova lì domani mattina... beh, ci vediamo nell'aldilà. Baci, la tua Clary.

Mi rivesto, cercando di non fare il minimo rumore per non svegliarlo. «A domani, mon amour» sussurro, ed esco dalla stanza.


POV: Sconosciuto

Maryse Lightwood – no, Trueblood – entra nel privé.
Quanto è cambiata, sembra dimostrare molto più di quarantaquattro anni.
Del resto, sono passati venti anni dall’ultima volta in cui l’ho vista.

Non dà segno di riconoscermi, eppure c'è stato un tempo in cui eravamo così vicini...

Sa che non sono un semplice mondano, ma è ben lungi dal capire chi, o meglio, che cosa sono veramente. Crede che io sia un umano dotato della Vista.
Mi salta il cuore in gola: è una Shadowhunter, e quindi dovrebbe capire che io sono...
«Maryse Trueblood, piacere.» La sua voce interrompe i miei pensieri. «Tu saresti...?»
«Sono St... Stan. Stan Ward. Il piacere è tutto mio.»
«Io sarei qui per un motivo. E ci stiamo dilungando troppo.» Ferma e decisa, come sempre.
«Allora proporrei di saltare i preliminari e andare subito al punto, giusto?»
«Giusto.»

Ladies and gentlemen, record di parole!!!! 2086!!! Il capitolo più lungo che ho scritto!!!

Bene, andiamo anche noi subito al punto, piaciuto il capitolo? Premetto col dirvi che questo "sconosciuto" non sarà un personaggio "di passaggio", bensì principale, infatti ricoprirà un ruolo molto importante nella vicenda. E Stan Ward è uno pseudonimo. Vi ho anche nascosto tra le righe (letteralmente) un suggerimento per scoprire il suo vero nome... mettetevi d'impegno, è molto semplice e, quando lo capirete, resterete di sasso, ve lo assicuro!

Non credo ci sia qualcos'altro da dire, a parte RECENSITE e VOTATE!!!! Al prossimo capitolo!!!

  
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