Prigionieri
Il dolore che
provai in quel momento fu tremendo.
Vedere Ganryu in
quelle condizioni fu un atto crudele e privo di umanità,
quella non
era morte ma solo un'aberrazione. Distolsi lo sguardo e cercai di
restare calma e lucida, bisognava uscire da quella situazione. Provai
a parlare a Jin, provai a riportargli alla mente i suoi veri
obiettivi risalenti al terzo torneo del pugno di ferro ma parve tutto
inutile. Ottenni solo un sonoro schiaffone in viso. La guancia si
arrossò e iniziò a pizzicare ma era nulla
paragonato a ciò che
stava passando Ganryu.
Sentii Steve che
cercava di rincuorarmi, seduto a pochi centimetri da me. La sua voce
mi sembrò così lontana, come in un sogno, la
paura stava prendendo
il sopravvento. Nonostante mi disse di stare calma, che sarebbe
andato tutto bene, per me era come se non ci fosse. Erano illusioni
ed entrambi lo sapevamo bene.
Chiusi gli occhi e
l'unica cosa che riuscii a dire, in un sussurro quasi soffocato, fu
una preghiera agli spiriti dei miei antenati, pregavo loro di darmi
la forza necessaria per uscire da quell'incubo.
In un lasso di
tempo che parve infinito, mentre Ganryu sbraitava e si agitava
affamato di vita e legato alla quella sedia, alcuni uomini della
G-Force entrarono nel laboratorio dove eravamo stati portati contro
la nostra volontà e uno di loro iniziò a parlare
in giapponese.
Non
compresi nulla di ciò che si dissero ma Jin evitò
di continuare
quella tortura e ordinò alle guardie di portarci via. Io e
Steve
camminammo a lungo, l'uno accanto all'altra, in quel corridoio
anonimo la cui destinazione era ignota. Ammanettati nel silenzio
rotto solo dal rumore di passi, arrivammo in un'altra stanza adibita
a prigione. Grosse celle, con vetrate antiproiettile
come pareti erano poste in due file parallele ai lati della stanza.
Ci tolsero le
manette solo dopo essersi assicurati che non potevamo fuggire e ci
rinchiusero. Istintivamente ci abbracciammo e Steve mi chiese scusa.
Si accusava di essere il colpevole per ciò che ci stava
capitando ma
non era così, io stessa avevo intenzione di fermare la
Zaibatsu a
partire dalla G-Corp. e di certo l'avrei fatto con o senza di lui. La
cosa parve consolarlo un po'.
Una voce dalla
cella posta di fronte a noi attirò la mia attenzione.
Chiamò il mio
nome e mi parve fin troppo familiare. Mi avvicinai al vetro freddo e
appoggiai entrambi i palmi delle mani, il mio respiro lasciò
un
alone di condensa. Dovevo avere un'espressione da ebete quando
riconobbi il viso del mio ex fidanzato.
Hwoarang entrò
nella mia vita tempo prima, al termine del terzo torneo del pugno di
ferro, ci innamorammo ed eravamo felici ma la sua ossessione di dover
diventare sempre più forte in vista di un nuovo scontro con
Jin
Kazama l'aveva isolato, allontanandolo da tutti, me compresa. Il
nostro rapporto si ruppe e prendemmo strade diverse, non mi sarei mai
immaginarta di trovarlo in un simile guaio, anche se in fondo non ne
rimasi del tutto sorpresa.
Riuscii solo a
pronunciare il suo nome sottovoce e lo fissai a lungo finchè
fu lui
a sorridermi e a parlare per primo. Mi salutò dolcemente,
com'era
abituato a fare e mi chiese se stessi bene.
Con lui in cella
c'erano altri due uomini, tutti ex combattenti dei vari tornei
indetti dalla Mishima. Bryan Fury, massiccio, con i capelli grigi,
una cicatrice sull'occhio sinistro e un tatuaggio sul collo. Sguardo
inquietante e lineamenti duri; e Raven, afro-canadese con i capelli
tinti e una cicatrice a forma di x in pieno volto, coperta in parte
dagli occhiali da sole. Li conoscevo entrambi per la pessima
reputazione che si lasciavano alle spalle.
Mi spostai
leggermente cercando di vedere meglio Hwoarang e gli chiesi per quale
motivo fosse finito lì. Mi disse che dopo aver avuto un
incidente in
moto, causato proprio da Devil Jin, passò un po' di mesi in
ospedale
e appena guarito, pregò il suo maestro di allenarlo
più duramente
affinché potesse combattere contro il suo avversario ancora
una
volta.
Quella storia si
ripeteva sempre, l'avevo sentita fin troppe volte ed era per questo
che tra di noi era finita. Scossi la testa ripensandoci. Razza di
idiota.
Per farla breve,
Hwoarang tornò a cercare Jin per vendicarsi ma si
ritrovò davanti a
qualcosa di grosso che non seppe gestire. Il reale motivo per cui
finì in prigione e non venne usato come cavia per il virus G
rimane
ancora adesso ignota ma il mio sospetto principale è sempre
stato il
rapporto di rispetto che legava Hwoarang e Jin e che solo due fieri
guerrieri sapevano comprendere. Chissà, forse l'ultimo
barlume di
umanità di Jin che tentava di rimanere aggrappato alla
realtà a
tutti i costi.
In ogni caso,
tutti noi eravamo lì per motivi diversi che si andavano ad
intrecciare in un unico obiettivo, fermare Jin Kazama.