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Autore: SusanTheGentle    05/11/2014    6 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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IN FONDO LA MAPPA DI NARNIA


 
27. Il sogno di Jill

Lasciami cantare e ballare sotto il cielo
Ho così tanto amore da dare
Da dare...
Voglio una possibilità di vivere
 
 
Caspian guarì nel giro di un giorno.
A differenza delle tetre previsioni di Pozzanghera, il quale sosteneva che il Re fosse stato avvelenato, l’indigestione si rivelò solo un’indigestione.
Il Liberatore rassicurò gli amici – i quali si erano fatto influenzare dal Paludrone – dicendo loro che non era certo così che ci si sentiva sotto gli effetti di un avvelenamento. Lo sapeva per esperienza personale.
Era però vero che qualcosa di strano in fatto di cibo c’era…
Titania e Mastodonte continuavano a ripetere quando magri apparissero i ragazzi umani, ordinando ai camerieri che fossero loro servite doppie porzioni a colazione, pranzo e cena, più l’ora del thè.
Ma non era possibile riuscire a mangiare tutta quella roba! Così, la compagnia di Narnia si ritrovò costretta ad attuare un piccolo piano per disfarsi del cibo che abbondava: le ampie gonne delle ragazze e i mantelli dei ragazzi, erano un ottimo nascondiglio per le vivande di troppo, le quali, durante il pomeriggio, si premuravano di distribuire di nascosto agli animali del castello: cani, cavalli, capre, galline ecc…In questo modo, non andava sprecato niente e i Giganti non subivano offesa.
I giorni che precedettero la Festa d’Autunno trascorsero tranquilli e in un certo modo sereni, grazie alla bella notizia di una nuova vita in arrivo. Titania andò in brodo di giuggiole al pensiero di un bambino che cresceva tra le mura del suo palazzo: adorava i ‘cuccioli’, così li chiamava. Lei e Mastodonte avevano cinque figli, ma non aveva mai veduto coi suoi occhi un neonato umano.
“Sarà così piccolo che dovrò mettere gli occhiali per vederlo!”
La Regina dei Giganti si comportava come se la compagnia di Narnia dovesse rimanere a vivere ad Harfang per sempre, o almeno per lungo, lunghissimo tempo. I narniani tentarono di spiegarle che, presto – appena dopo la Festa d’Autunno – sarebbero ripartiti per il loro viaggio.
Titania insisté ancora e ancora sul fatto di non volerli lasciare andare finché non fosse svernato, ma Caspian la convinse a non insistere: dovevano ripartire, non c’era altra scelta.
Titania, che odiava essere contraddetta sopra ogni cosa, minacciò di erompere in una scenata isterica come farebbe una bambina viziata alla quale si è sottratto il suo giocattolo preferito.
Ma Caspian la sistemò con una semplice affermazione:
“E’ il volere di Aslan”
Titania sospirò rassegnata. “Quando è così...Uff, e va bene, ma solo dopo la Festa! Magari tornerete a trovarci in futuro!”
Caspian tentennò. “Oh…certo, signora, tenteremo”
Oppure no…
Ma durante quei pochi giorni che precedettero la data del primo dicembre, la compagnia di Narnia non perse di certo tempo a trastullarsi nel non far niente.
Continuarono ad allenarsi con le Spade (soprattutto Jill e Susan, che erano le meno brave) e a cercare indizi sull’Antica Città dei Giganti. Grazie alle informazioni che raccolsero sia tra i libri della biblioteca, sia tra la gente del castello, giunsero alla conclusione più logica: secondo la leggenda, le vecchie civiltà del Selvaggio Nord erano scomparse sottoterra, a causa di una valanga, la più spaventosamente impressionante che si possa immaginare.
Come avevano già affermato Titania e Mastodonte, fu opera di Aslan.
Con il suo ruggito, il Grande Leone aveva ordinato alla Natura di seppellire palazzi, mura, persone...tutto quanto, ponendo il suo retto giudizio sulla vecchia, empia popolazione dei Giganti: malvagi come la Strega Bianca, seminatori di panico e morte tra le altre creature, impenitenti rinnegatori del loro Creatore e dell’allora Re di Narnia, Castor il Mitico, così chiamato per i numerosi miti e le leggente nati dopo il suo regno; tra i quali, appunto, quello dell’Antica Città sepolta sui monti.
Ma i ragazzi sapevano bene che, quando si trattava di Aslan, di leggendario c’era assai poco.
“E’ una cosa terribile a pensarci seriamente” disse Emeth a Lucy. “Grandiosa, forse, per noi che conosciamo Aslan, ma…davvero terribile”
“Non è facile per Lui, sai?” disse la Valorosa, chiudendo uno dei tanti libri che avevano sfogliato.
Lei e il soldato erano soli in quel momento. Lucy lo aveva invitato in camera sua per bere l’ultima tazza di cioccolata prima di andare a dormire. Peter, Ed e Caspian – da bravi fratelli maggiori – non avrebbero approvato, ma lei desiderava stare un po’ sola con Emeth. Avevano avuto così poco tempo durante il viaggio…
Bastava solo non farsi scoprire.
“Aslan non punisce le persone per divertimento, né tantomeno per provare la sua potenza” continuò la Valorosa. “Ricordo, ai tempi dell’Epoca d’Oro, una battaglia contro il primo Rabadash: Aslan gli diede tre possibilità per pentirsi delle parole offensive che pronunciò contro i narniani, ma egli non volle ascoltarlo e allora lo punì”
Emeth si mosse nervosamente sul divano. “E che cosa accadde?”
Lucy sorrise. “Lo tramutò in un asino. E da quel momento, il principe Rabadash I non poté mai più lasciare il palazzo di Tashbaan, o avrebbe preso quelle ridicole sembianze”
Emeth rimase in silenzio per alcuni istanti, poi anche lui sorrise. “Sì, ora ricordo! Me lo raccontasti: fu chiamato Rabadash il Ridicolo proprio per questo”
Lucy annuì. “Esatto. Lo vedi? Aslan non sempre punisce così severamente. Molte volte deve farlo quando non ha altra scelta, quando un popolo è perduto. Io credo che abbia sofferto terribilmente nel vedere tutta quella gente morire”
“Allora perché non ha agito diversamente?”
Lucy scosse il capo. “Non possiamo comprende le sue decisioni, non fino in fondo. Non sono in grado di spiegartelo, ma lo comprendo. Un Re deve fare scelte difficili per salvaguardare il bene del suo popolo”
La ragazza si fece tristissima ma, dopo un attimo, i suoi occhi tornarono a splendere.
“I Giganti non ascoltarono, ed erano decisamente più pericolosi di Rabadash Il Ridicolo. Ma, a chi ascolta, Aslan offre la possibilità – tante possibilità – di rimediare, di tornare indietro di un passo e correggersi, perché sa che nessuna creatura è perfetta, poiché, a causa della disobbedienza dei primi uomini, tutti abbiamo ereditato l’imperfezione. Aslan e suo padre amano così tanto le loro creature che ci hanno dato l’opportunità di conoscerli e amarli, per avere la salvezza e un giorno entrare nelle Terre di Aslan”
Emeth la guardava ammirato.
“Amo sentirti parlare di questo: della speranza, della grande fede che nutri. Sei fantastica, Lucy”
Le fece una carezza sul viso e lei gli prese la mano, fermandola sulla propria guancia.
“Sono imperfetta anch’io”
“Per me non lo sei”
Lucy si sporse un poco in avanti e gli diede un tenero bacio. “Tu credi in quello che dico, non è vero, Emeth?”
Lui esitò un istante. “Vuoi la verità? Per molto tempo ti ho ascoltata senza credere. All’inizio, quando ti ho conosciuta, non ci riuscivo. Sono stato cresciuto in un altro tipo di fede e, certe volte, mi è ancora difficile non ragionare come un uomo del Deserto. Se mi avessi fatto questa domanda qualche anno fa, ti avrei risposto che mi sembrava assurdo che ‘un leone’ potesse spazzare via un intero regno. Inizialmente, pensavo anche che non fosse vero che Aslan amasse tanto i suoi Figli, dal momento che non esita a punirli. Ma ora ho capito che, per quanto soffra nel farlo, un padre deve fare anche questo: punire, a volte severamente, come hai detto anche tu”
Lo sguardo di Emeth si perse tra le fiamme che ardevano nel camino e Lucy capì che stava pensando ad Aréf tarkaan.
La Valorosa gli strinse di più la mano, spingendolo a voltarsi.
“Ho riflettuto parecchio sulla tua proposta di venire a Calormen” disse poi, seria.
Il soldato si fece leggermente nervoso. “E che cosa hai deciso?”
Lei si morse il labbro inferiore, nervosa per quel che stava per dire. “Tu sei stato sincero con me e io devo esserlo con te: lasciare Narnia mi spaventa e mi rattrista. Non so se vorrò vivere a Calormen per sempre, ma…”
“Non dovremo viverci, se non vuoi”
“Se sarà per breve tempo, va bene. Verrò.”
Emeth si spostò un poco per esserle di fronte “Se vuoi pensarci ancora…”
Lei scosse il capo. “No. Il Deserto è casa tua, come Narnia è la mia. Non posso essere egoista e pensare solo a me stessa: anche per te non è stato facile lasciare il tuo popolo, ma lo hai fatto; e anche per me non sarà facile, ma lo farò: verrò con te dalla tua famiglia. Per tutto il tempo che vorrai”
Emeth l’abbracciò all’improvviso, stupendola. Certi slanci non erano da lui.
Non che non le dimostrasse che l’amava, ma era sempre così controllato nei gesti e nelle dolci attenzioni che le dedicava…
Non era sempre stato così, per questo Lucy si era preoccupata un poco credendo che lui la stesse tenendo ‘a distanza’, inizialmente senza capirne il motivo. Poi, aveva compreso: Emeth si frenava, quando era con lei. Quando erano soli.
Era accaduto varie volte da quando si trovavano ad Harfang: quando si salutavano prima di andare a dormire, a volte lei gli chiedeva di trattenersi per qualche altro minuto. Alla fine, era lui a darle per primo la buonanotte, ma Lucy sapeva che se gli avesse chiesto di rimanere, lui non avrebbe esitato a dirle sì.
Ed Emeth non aveva mai insistito solo perché mostrava per lei un profondo rispetto e perché l’amava.
Lucy, a sua volta, non gli aveva ancora chiesto di restare per colpa di quell’ imbarazzo che avrebbe smesso di provare nell’istante in cui si fosse resa conto che, a sua volta, nel profondo, desiderava le stesse cose che desiderava lui.
Forse, il giorno in cui non avrebbe più abbassato gli occhi dopo un bacio troppo insistente, o non lo avesse dolcemente respinto con il silenzio e uno sguardo, allora lui…
Lui cosa?
Lucy si separò dall’abbraccio, arrossendo violentemente, lasciandolo un poco disorientato. Essergli così vicino mentre pensava a…certe cose…Non le aveva mai pensate, Lucy, mai.
Ed Emeth non le era d’aiuto. La guardava in quel modo che…come adesso…
“Lucy”
Lui mormorò il suo nome, senza ragione, accarezzandole il bel viso, avvicinandosi di più per sforare quelle dolci labbra.
Tutti la consideravano ancora una bambina, ma non lo era. La sua Valorosa Regina era una donna, giovane, ma pur sempre donna, meravigliosa e desiderabile come niente al mondo. Eppure, lui non si arrischiava ad andare oltre con lei, anche se lo avrebbe voluto.
Non era facile frenarsi, soprattutto quando le stava così vicino e sentiva il suo profumo, il suono lieve del suo respiro.
Mentre vagavano tra le montagne, gli era capitato di restare sveglio ore, la notte, a guardarla, a chiedersi come sarebbe stato poter toccare quella pelle morbida. Emeth le aveva sempre dormito accanto, ma era stata Lucy a chiedergli di farlo, lui non aveva osato mai, per timore che lei pensasse male e finisse per ritenerlo un individuo poco onorevole.
Emeth aveva ormai venticinque anni, era un uomo, non più il sedicenne che Lucy aveva incontrato sul Veliero dell’Alba. Era probabile che lei non si rendesse conto di quanto tempo fosse realmente trascorso, che lo considerasse ancora quel ragazzo. Per questo, forse, non poteva immaginare che lui voleva...di più.
Li avevano separati solo tre anni, una volta. Ora, il divario era quasi di dieci.
Ma cosa poteva contare il tempo se l’amava?
Anche sua madre e suo padre avevano molti anni di differenza, eppure…
Emeth si allontanò da lei, fissandola negli occhi, il suo volto tra le mani.
“Ti amo come non ho mai amato nulla in vita mia”
Lei liberò un sorriso, uno di quelli che lo facevano impazzire.
Ancora rossa in viso, la ragazza lo baciò di nuovo, mormorando sulle sue labbra.
“Quando tutto tornerà alla normalità, chiederò ad Aslan il permesso di restare, almeno un poco. Il tempo per venire con te”
“No, io voglio che resti per sempre”
Lei riaprì gli occhi, solo un istante, prima di essere catturata di nuovo da labbra di lui, dalle sue braccia che la stringevano tanto forte da non permetterle quasi di muoversi. Sentì una mano del giovane scendere dalle spalle ai fianchi, stringerla di più. Cercò di scostarsi un poco, con gentilezza, ma accadde qualcosa: non seppe come, perse l’equilibrio e cadde all’indietro. Aprì gli occhi quando percepì le labbra di Emeth allontanarsi dalle sue. Li spalancò, quasi impaurita, quando capì di essere distesa sotto di lui.
Il soldato la guardava come fosse la cosa più bella al mondo, con i capelli sparsi sul divano, il viso acceso d’emozione.
“Sei bellissima, Lucy”
Emeth non si fermò a pensare e la baciò di nuovo e subito.
Interrompere le loro carezze non gli sarebbe costato il minimo sforzo, ma lei gli stava permettendo di andare oltre, appena un po’. Lui lo capì dal modo in cui sospirò, nel modo in cui intrecciò le dita tra i suoi capelli.
Lucy provò uno strano brivido in tutto il corpo, una sensazione già sperimentata ma poco familiare, e per questo preoccupante. Sentiva che avrebbe potuto lasciarsi andare, ma…
La mano di Emeth iniziò a tracciare languide carezze sul suo fianco, sulle costole, e poi più in alto.
“Fermati, ti prego” sussurrò improvvisamente all’orecchio di lui.
Non dovette insistere: il giovane si scostò immediatamente, quel poco che gli permise di guardarla, ma sempre rimanendole sdraiato accanto.
Emeth avrebbe dovuto sentirsi almeno un poco offeso per il rifiuto, ma non avrebbe potuto. Non vedendo la paura in quegli occhi color del mare.
Le fece una carezza sul viso, che la calmò subito.
“Ti amo, Lu”
La fanciulla allungò le braccia e lo strinse in un abbraccio tenero. “Lo so. Anch’io, ma….non sono pronta”
Lucy affondò il volto nella spalla di lui per la vergogna, sentendolo sorridere.
“Ehi…”. Emeth le fece scostare il viso, mettendole le mani dietro la schiena per sollevarla a sedere.
“Sei arrabbiato?”
“No. Un po’ deluso, forse”. Le sorrise, sistemandole i capelli leggermente arruffati. “Tu sei dolce e innocente e io non voglio far nulla per ferirti. Però, Lu, io vorrei che tu capissi una cosa: non sono più un ragazzino. Non puoi chiedermi sempre di rimanere con te e pretendere che io non...perda il controllo, qualche volta”. Fece scorrere lo sguardo su di lei. “Forse, non dovresti più invitarmi in camera tua, non quando sei sola”
“Ma…”
“So che tu non te ne rendi conto, però io ti guardo e…ti desidero”
Lucy distolse lo sguardo, pudica. “Non dirmi queste cose”
“Non c’è nulla di male nel parlarne”
“Tu non provi vergogna?”
“No”
Lucy fece un sospiro e tornò a guardarlo. “Scusami. Mi rendo conto di non essere come tu vorresti, di essere ancora troppo infantile, mentre tu sei un uomo, adesso. Sei cambiato da quando ti ho conosciuto e… non fraintendere” si affrettò ad aggiungere, vedendo che lui stava per protestare. “Tu hai…esigenze diverse dalle mie, lo so. Vorresti qualcosa di cui io ho ancora paura. Ti prego, però, non pensare che io non ti ami abbastanza!”
Emeth le prese le mani e le baciò dolcemente. “Mai”
“Vorrei sentirmi pronta, ma non ci riesco”
“Aspetterò”
Lucy intrecciò le dita a quelle di lui, tormentandosi il labbro inferiore mentre una domanda faceva lo stesso con la sua mente.
“Emeth, dimmi la verità” balbettò, gli occhi fissi sulle loro mani. “Sei stato via molto tempo da Narnia, ti saranno successe senz’altro molte cose, avrai incontrato tantissima gente e molte ragazze che…forse tu hai… come posso dire…”
“No”
Lei alzò di scatto la testa, stupita e felice.
“Se vuoi sapere se ho già conosciuto una donna in quel senso, la risposta è no. Io voglio aspettare te”
“Oh, Emeth, io…”
Lui la prese tra le braccia, baciandole il capo.
Lucy si appoggiò alla sua spalla. “Sono proprio una ragazzina”
“E’ questo che adoro di te. E’ quello che ho sempre adorato: la tua ingenuità. Tu sei pura, innocente, ed è per questo che sei la preferita di Aslan. Potrei essere geloso…”
Lucy rise, cacciando via la tensione e la vergogna. “Sei geloso di chiunque”
“Puoi dirlo forte”
“Non dovrai mai esserlo, te l’ho già detto mille volte. Quando immagino il mio futuro, è te che vedo, Emeth, nessun altro”
Lui la tenne stretta ancora qualche istante, poi le prese ancora il viso tra le mani e la baciò una volta a fior di labbra.
Quella fu la sua buonanotte.
Emeth lasciò la stanza della Valorosa poco dopo.
Ma entrambi, quella notte, non riuscirono a dormire sereni.
  
 
Le gocce di pioggia tamburellavano insistenti sui vetri delle finestre, ritmicamente. Sembrava quasi che qualcuno bussasse sulla superficie.
Jill si girò nel letto e aprì gli occhi, convinta che fosse proprio così. Si alzò a sedere, scostandosi i capelli biondi dal viso assonnato. Incurvò le sopracciglia, perplessa.
Davvero pareva che ci fosse qualcuno fuori, e che stesse chiedendo di entrare.
Gettò indietro le coperte e si alzò, camminando verso l’enorme finestrone. Sollevò un poco la camicia da notte per salire sulla panchetta imbottita sotto il davanzale, scostò le tende e sbirciò fuori nella notte.
Subito, qualcosa attirò la sua attenzione, tanto da non rendersi conto che la pioggia aveva cessato di cadere, così da permetterle di vedere meglio la vallata sotto il castello.
Laggiù c’era qualcosa che brillava, come fuochi accesi nella notte, luci che formavano parole:
‘SOTTO DI ME’
Che cosa voleva dire?
Incurante del freddo – non lo sentì, ma neanche di questo si accorse – aprì la finestra, sporgendosi per vedere meglio.
E vide.
Un grosso animale splendente se ne stava sulla cima della collina, osservando severamente la ragazza con i grandi occhi dorati.
“Hai dimenticato i segni, Figlia di Eva” disse.
La voce dell’animale rimbombò nella valle e Jill pensò che avrebbe svegliato tutta la città.
“Aslan! Mi dispiace tanto! Io…”
“Ti aiuterò a ricordarli, Figlia, ma solo per questa volta. Se li scorderai ancora, dovrai cavartela da sola”.
Il Leone voltò la testa verso la landa sottostante, dove le grandi lettere infuocate brillavano ancora.
Anche Jill guardò di nuovo in quella direzione, quando un lampo d’oro, guizzante nella notte, le passò davanti agli occhi.
La figura sfavillante del Leone si stagliò contro il cielo nero. Sembrava volare ma in realtà aveva solo spiccato un balzo strabiliante.
“Leggi attentamente, memorizza, e guida i tuoi compagni alla valle degli strani solchi”
Quelle furono le ultime parole che la ragazza udì.
Il Leone e le scritte brillarono insieme, accecandola. Il primo sparì nel nulla con un altro lampo di luce.
Un battito di ciglia e Jill si svegliò, trovandosi a fissare il soffitto della sua camera.
Era giorno pieno.
Il giorno della Festa d’Autunno.
Saltò su dal letto, corse alla finestra, scostò le tende e guardò fuori.
Non che si aspettasse di vedere Aslan, ma non si poteva mai sapere.
Purtroppo però, niente si muoveva laggiù, nella lontana valle desolata che sorgeva ai piedi della città dei Giganti.
Corse subito a raccontare il suo sogno ai compagni, agitata come non mai.
Con una simile rivelazione già di primo mattino, tutta la compagnia di Narnia capì fin da subito che quello non sarebbe stato un giorno tranquillo.
“E’ colpa mia” disse Jill disperata. Il suo sguardo saettava da un compagno all’altro, frenetico, indugiando soprattutto su due persone: la prima era Eustace, la seconda Caspian.
Ma se il primo sembrava avere la minima intenzione di rimproverarla, non si poteva dire lo stesso del secondo.
Caspian se ne stava accanto alla finestra della camera della ragazza, lo sguardo puntato verso l’esterno, il viso serio, le braccia conserte. A differenza degli altri, che avevano posto molte domande sul sogno, lui non aveva ancora aperto bocca.
Jill non era in grado di constatare se fosse arrabbiato o meno.
“Mi dispiace tanto, veramente! Ho smesso di pensare ai segni, tutto quello che volevo era arrivare ad Harfang per avere un letto morbido e del cibo decente. Se li avessi ricordati, invece, mi sarei accorta che la strana collina che abbiamo attraversato la sera in cui siamo arrivati qui, erano le rovine dell’Antica Città dei Giganti”
“La colpa non è solo tua” la rassicurò Eustace, sedendo vicino a lei, posandole una mano sulla spalla.
Lei provò conforto a quel contatto, ma scosse il capo, mortificata. “Ho rischiato di mandare all’aria tutto, facendovi mancare tre dei quattro segni”
“Anche noi volevamo raggiungere Harfang, cosa credi? Eravamo preoccupati per Miriel e Peter, eravamo stanchi, affamati, esausti! Chiunque di noi, trovandosi al tuo posto, probabilmente avrebbe agito come te”
“La colpa maggiore è mia” si fece avanti Pozzanghera. “Io avevo intuito che quella strana collina poteva essere la città abbandonata ma, a mia volta, ero così stanco che ho pensato soltanto a me stesso e al mio stomaco vuoto”
“Anch’io ho la mia parte di colpa” si fece avanti Miriel. “Se non fosse stato per tutte le preoccupazioni che vi ho dato, forse anche tu ti saresti concentrata meglio”
“La verità” disse Shanna, “è che, ad un certo punto, abbiamo iniziato a pensare solo ad arrivare qui, perdendo di vista il vero senso del nostro viaggio”
“E’ vero” assentì Edmund. “Non sentirti in colpa, Jill. Ormai, quello che è stato è stato”
A quelle parole, Peter e Lucy si scambiarono uno sguardo complice: loro fratello aveva usato la stessa frase rivoltagli da Aslan tantissimo tempo prima, quando lo perdonò per il suo tradimento.
“O magari” intervenne Ombroso, “se la signorina Jill non avesse avuto sempre qualcuno a dirle quanti errori stava commettendo…”
Il pipistrello diede un paio di colpi di tosse, scoccando un’occhiata al Re di Narnia.
Nel breve silenzio che seguì, il sospiro di Caspian fu l’unico suono che riempì la stanza.
“Quello che non capisco” disse poi lui, “riguarda le lettere. Mi chiedo come siano completamente sfuggite alla nostra attenzione”
Il Liberatore continuava a guardare la landa innevata, non dando segno di aver udito l’ultimo commento.
“Già” asserì Peter. “Nemmeno io e Miriel ci siamo accorti di niente, quando siamo giunti qui. Ricordo solo che fu molto difficoltoso percorrere l’ultimo tratto. Destriero continuava ad affondare in strani solchi che…Ci sono!”
“Cosa?” esclamarono gli altri in coro.
“Le parole le ha scritte Aslan stanotte?” azzardò Pozzanghera.
Peter scosse il capo. “Andiamo, è facile: le lettere erano già lì. La scritta è sempre stata lì e…sì, forse hai ragione Pozzanghera, potrebbe essere stato Aslan a metterle, ma non stanotte”
“E noi ci siamo passati in mezzo” mormorò Emeth, pensieroso.
“La buca in cui siamo cadute io e Jill!” saltò su Lucy. “Non era una buca ma una delle lettere!”
“Giusto” disse ancora il Re Supremo, iniziando a camminare per la stanza. “Aslan deve aver fatto in modo che tra le rocce e le mura sgretolate si formasse quella scritta. E sapete questo cosa significa?”
“Che dobbiamo cercare sotto le rovine”
“Esatto, Ed!”
Tutti si alzarono, chi dal letto, chi dal divano, e raggiunsero il balcone.
Sotto di loro, appariva la collina piatta che avevano faticosamente attraversato. Guardandola meglio, si notava benissimo che non era una collina come le altre, ed ora che ne avevano preso coscienza, si dissero di essere stati veramente sciocchi a non notare che avesse qualcosa di strano. La neve la ricopriva quasi tutta. Si vedevano chiaramente spuntare dal terreno quelle che avevano scambiato per rocce e massi, ma che in realtà erano i resti di mura, colonne e tetti. La salita che avevano percorso, non era altro che un’antica scalinata che procedeva verso sud, formando poi la strada lastricata che la Signora dalla Veste Verde aveva loro consigliato di seguire per giungere a destinazione. Molto probabilmente, quello era il sentiero che i Giganti antichi avevano piastrellato per segnare la via che andava e veniva dalle montagne alla Brughiera, così da non perdersi tra i boschi innevati.
“Non dovevamo smettere di seguirla” commentò Caspian, quando furono rientrati in camera. “Ad un certo punto l’abbiamo persa di vista, e invece di cercare di ritrovarla ce ne siamo dimenticati. Se non l’avessimo fatto, se non ci fossimo messi a litigare per cose inutili, forse saremmo anche arrivati prima ad Harfang, chi lo sa. Una cosa è certa: Jill non è la sola a doversi prendere la colpa, nè a rimproverarsi per i suoi errori”
La ragazza e il Re si fissarono un momento. Lui le sorrise. Lei ricambiò.
“Bene, e ora che facciamo?” chiese Ombroso.
“Prima di tutto” rispose Edmund, “dovremo capire come fare ad arrivare sotto la città”
“Potremmo tornare al punto in cui io e Jill siamo cadute dentro quell’apertura” suggerì Lucy.
“Sì, potremmo”
“Io ricordo che laggiù c’era una specie di galleria” disse Emeth. “Forse, se la seguissimo…”
“Un momento solo” li interruppe Pozzanghera. “Sono d’accordo sul fare già un piano per muoverci, signori, ma dimenticate la parte più importante”
“Ovvero?” chiese Miriel.
“Ovvero, milady, lasciare Harfang. Non penserete mica che i Giganti ci lascino andare così, vero?”
“Questo si che è un problema!” fece Eustace, passandosi una mano sulla fronte.
“E se raccontassimo tutto al Re Mastodonte e alla Regina Titania?” propose Shanna. “Lei sembra molto ben disposta nei nostri confronti”
Caspian le lanciò un’occhiata non troppo convinta. “Se oggi vuoi prendere il thé con lei, accomodati”
“Ehm...no, grazie”
“Io proporrei di aspettare domani” disse Lucy. “Sarebbe meglio che non sospettino nulla, sapete quanto la Regina è contraria al fatto che ce ne andiamo, e se insistiamo ancora su questo potremmo irritarla. Presenzieremo alla Festa d’Autunno, stasera, così li faremo contenti. E domani, in tutta calma, gli diremo che dobbiamo per forza andarcene”
“E se volesse che restassimo ancora?” domandò Emeth, scettico. “I festeggiamenti durano una settimana”
“Dovremo insistere, non abbiamo scelta”

Quella fu la decisione unanime: aspettare e comportarsi come nulla fosse, rallegrare i Giganti mostrandosi entusiasti di tutto.
Jill, per farsi perdonare ulteriormente nonostante gli amici l’avessero rassicurata più di una volta, fu quella che s’impegnò maggiormente. Si sacrificò e prese il thé con Titania, accusando un finto mal di pancia quando la Regina le servì una seconda razione di tutti i dolci.
“Oh, povera piccina. Non sarai mica malata?”
“No, no, Maestà, è che sono molto golosa e i vostri dolci sono così buoni che non sono riuscita a fermarmi”
La Regina tirò fuori un fazzoletto enorme e si asciugò gli occhi.
“Maestà, perché piangete?”
“Niente, niente. Forse ti ho fatta mangiare troppo, ma sai, sei così magrolina…”
“In realtà, con tutte le buone cose che ci servite ogni giorno, penso di aver messo su qualche chilo”
Il volto della Regina s’illuminò. “Veramente? Oh, bene, bene!”
Quando fu il momento di andarsene, senza farsi notare da nessuno, Jill si fermò un momento ancora fuori dalla stanza.
Origliare non era una bella cosa, ma le servì per udire la voce di Titania divenire nuovamente triste e pronunciare delle strane parole:
“Sono così carine a quell’età” diceva la Regina alle ancelle. “E’ proprio un peccato… Sì, davvero un peccato…”
“Qualcosa bolle in pentola, Scrubb” confessò a Eustace poco dopo.
“Possiamo rinunciare alla Festa e scappare, che ne dici?” suggerì lui.
“Bravo, così li faremo infuriare” commentò Jill.
“Ma adesso che sappiamo di poter raggiungere Rilian e Myra, tu non senti il bisogno di farlo il più presto possibile?”
Jill abbassò la voce, mentre passavano in mezzo a un assortito gruppo di camerieri che trasportavano grandi vassoi di cibo tra le braccia, diretti verso la sala dei banchetti.
L’ora della Festa si avvicinava sempre più
“Sì, anche io vorrei rimettermi in cammino, ma non possiamo, l’abbiamo già detto”
“Mmm…è vero, però…Oh, attenta!”
Un Gigante andò addosso a Jill per errore, facendola inciampare. In verità la sfiorò appena con il gomito, ma lei era tanto più piccola che, se non ci fosse stato Eustace ad afferrarla in tempo, sarebbe certamente caduta con il rischio di farsi male. Il ragazzo tese le braccia e lei si aggrappò a lui.
“Perdonatemi, signorina” si scusò il Gigante.
“Nulla, è tutto a posto”
Il cameriere si inchinò porgendo nuove scuse e poi si allontanò, lasciando Eustace e Jill in preda all’imbarazzo più totale.
Da quando lui le aveva detto ‘mi piaci’, i due amici avevano cambiato atteggiamento l’uno nei confronti dell'altra. Eustace stava attento a tutto ciò che diceva, era premuroso nei gesti e in tante piccole altre cose, dimostrando una gentilezza a lui inusuale. Jill, dal canto suo, arrossiva ogni qualvolta lo guardava senza capirne il motivo, e ancor di più se le capitava di stargli troppo vicino o sfiorarlo appena.
“Hai già scelto il vestito per stasera?” le chiese il ragazzo, lasciandola andare.
“Sì. La Regina Titania ha messo a disposizione di noi ragazze diversi tipi di stoffe. Ce le ha mostraste qualche giorno fa, così che potessimo scegliere quella che ci piaceva di più. I nostri abiti dovrebbero essere pronti per questo pomeriggio”
Eustace annuì. “Si, anche il Re ha fatto la stessa cosa con noi maschi. Anche se sono sicuro che voi donne ci metterete il doppio del tempo per preparavi”
“Bè, è normale voler apparire carine per un evento importante”
Eustace sbuffò. “Che cosa stupida. Non credevo la pensassi così, sai? Ti facevo un tipo meno frivolo, Pole”
“Non è frivolezza. Sono una ragazza anch’io, voglio vestirmi bene. E poi, gli abiti di Narnia sono davvero fantastici, molto più belli di quelli del nostro mondo”
“Ma non ne hai bisogno” mugugnò lui, improvvisamente impacciato. “Voglio dire, tu vai bene così come sei, senza troppi fronzoli addosso”
Lei lo guardò in tralice. “Mi stai dicendo che sono carina, Scrubb?” chiese con un sorrisetto.
Lui incurvò la schiena, abbassando il capo, guardando a terra.
Jill sorrise sotto i baffi, capendo che era un sì.
 
 
 
~·~
 
 
 
 
C’era un gran trambusto nelle stanze della Signora dalla Veste Verde, laggiù, nel Mondodisotto.
Era tempo di partire per la città dei Giganti e Jadis stava dando disposizioni per caricare sulle grandi carrozze i suoi bagagli, quelli dei principi, della loro governante e di qualche altro servitore.
“Attenti con quello, contiene un oggetto molto prezioso” disse austera, mentre quattro bizzarre creature sollevavano una grande cassa contenente la preziosissima Sedia d’Argento.
Doveva assolutamente portarla con sé, non c’era altra scelta, anche se aveva paura di danneggiarla.
“Attenti! Attenti!” esclamò di nuovo. “Myra, per tutte le ombre! Vuoi smetterla di correre qua e là?”
“Perdonatemi, madre”
Da quando si era svegliata, la principessa non aveva fatto altro che trotterellare allegramente per il cupo castello, andando e venendo dalle stanze della madre adottiva, ridendo e danzando alla prospettiva del meraviglioso ricevimento cui avrebbe preso parte quella sera stessa. Myra non pensava molto al suo imminente fidanzamento, la sua mente era troppo occupata a vagare sulle bellezze che avrebbe visto nel Mondodisopra, sulla gente che finalmente avrebbe potuto vedere con i suoi occhi. Al palazzo di Harfang, oltre ai Giganti, dovevano essere state invitate moltissime altre persone di chissà quanti paesi diversi.
Myra e Rilian avevano studiato le razze assieme al loro maestro e a Lady Lora. Inoltre, anche se non ricordavano bene, i fratelli sapevano di aver vissuto a contatto con creature diverse dagli uomini.
“Ci saranno anche dei Nani come il maestro, madre? E gli Gnomi? E i Fauni? I Centauri possono vivere sulle montagne, madre?”
“Smetti di scocciarmi, cara, ora non ho tempo di risponderti” la rimproverò la Signora, spingendola fuori dai propri alloggi. “Va a giocare nella tua stanza e sbrigati a cambiarti, o ti lascerò qui!”
Myra mise il broncio. “Anche Rilian non è ancora pronto!”
“Allora digli di correre ad indossare i suoi abiti da viaggio. Tra mezz’ora partiamo”
La bambina emise un gridolino d’emozione e corse via, ignorando l’irritazione sul volto di Jadis.
Per giungere ad Harfang, anche questa volta, la Strega si sarebbe avvalorata della straordinaria velocità dei Cavalli di Fuoco. Avrebbe così coperto la distanza tra il suo Regno e le Terre del Nord in qualche ora, invece che giorni. Sarebbero arrivati alla città dei Giganti entro le prime ore del pomeriggio, avrebbero riposato un poco e poi, prima del banchetto, lei e Mastodonte sarebbero andati ad accogliere il principe Rabadash.
Il Re Mastodonte e la Regina Titania erano stati davvero gentili a trasformare la Festa in una cerimonia di fidanzamento, quell’anno. Non erano a conoscenza della sua vera identità, ovviamente, nessuno tranne lo stesso Rabadash, Tisroc e Lord Erton sapevano chi era in realtà, altrimenti, dubitava che i due Giganti avrebbero accettato di ospitarla.
Tutto doveva avvenire in modo molto semplice, per non spaventare Myra. Un minimo errore da parte sua o del principe del Sud, poteva mandare tutto all’aria.
Nessuno avrebbe potuto impedirle di portare a termine i suoi piani, questa volta. E se tutto andava come programmato, tra quattro anni al massimo, avrebbe seduto finalmente su uno dei quattro troni d’oro come Regina del mondo: Jadis di Charn, la Dama Bianca, la Sovrana della Neve e del Ghiaccio.
Di nuovo signora di Cair Paravel.
Di nuovo Regina di Narnia e Imperatrice delle Isole Solitarie, come prima dell’arrivo dei Pevensie. Allora, ma solo allora, avrebbe fatto cadere la maschera di Signora dalla Veste Verde.
Oltre al raggiungimento dei suoi scopi, però, Jadis aveva un desiderio per quella serata: sperava che la compagnia di Narnia avesse raggiunto Harfang, e che Caspian e Susan fossero là a vedere i loro figli in mano sua.
I Sovrani di Narnia le avevano sempre tolto tutto, ed era ora che capissero che anche lei poteva fare lo stesso: poteva prendere le loro vite, le loro certezze, e farne ciò che voleva. Si augurava anche – perché no? – che Rabadash avesse la possibilità di incontrare il Liberatore e la Dolce. Né l’uno né gli altri sapevano della reciproca presenza, e anche se Caspian fosse apparso in forma di lupo...bè, ci sarebbe stato da divertirsi.
E, cosa ancor più divertente, nessuno dei narniani l’avrebbe riconosciuta.
In ogni caso, non avrebbero potuto nulla contro di lei. I Giganti avrebbero fatto di loro un sol boccone prima che si aprissero le danze.  
 
 
~·~
 
 
 
 
Il tramonto era prossimo.
Caspian si congedò dai compagni, augurandogli di godersi la Festa il più possibile ma di tenere gli occhi aperti: la prudenza non era mai troppa.
“Ci dispiace molto che tu non possa venirci” disse Jill, ancora un poco impacciata nel rivolgersi a lui dopo giorni che non si parlavano, soprattutto dopo il brutto litigio che avevano avuto.
“Ti avrebbe fatto bene svagarti un pò”
Caspian le sorrise. “Non sono dell’umore per festeggiare nulla, ma grazie del pensiero”
Il Liberatore uscì nel cortile est, dove soffiava un vento gelido di bufera. Nel pomeriggio aveva piovuto parecchio, ma ora, piccoli fiocchi di neve danzavano attorno al suo viso, posandosi tra i suoi capelli. Egli non se ne curò: tra poco si sarebbe trasformato e la neve non gli avrebbe dato così tanto fastidio.
Entrò nella stalla, dove enormi cavalcature sbuffavano inquiete per l’arrivo della tempesta. Tra di loro c’era Destriero e, posato sul suo dorso, il falco.
Caspian si avvicinò loro. Fece una carezza sul muso del cavallo, poi sul collo morbido dell’uccello.
“Sei arrivata, finalmente” le disse, posando sulla staccionata uno splendido vestito blu notte, ricamato finemente. “Questo è il tuo abito. Sarai splendida, stasera. Vorrei poterti vedere”
Il falco strofinò la testa contro la sua mano.
“Ero in pensiero, non ti ho vista per tutto il giorno, dove sei stata?”
Il Re fece per prenderla sul braccio ma lei si divincolò, volando dentro il box di Destriero.
Caspian guardò attentamente tra il mucchio di paglia. Un attimo dopo fece scattare il gancio che teneva chiuso il cancelletto, entrando e inginocchiandosi a terra.
“Shira!”.
Il falchetto bianco e nero, raggomitolato su sé stesso, aprì gli occhietti stanchi. “Maestà, come sono contenta di vedervi!”
Caspian la prese tra le braccia, infilandola sotto il mantello per scaldarla.
“Ecco perché” mormorò, lanciando uno sguardo a Susan. “Sapevi che stava arrivando e sai andata ad aiutarla”
Il falco emise un verso, muovendo la testa come a dire sì.
“La Regina Susan mi ha tenuta al caldo per tutto il giorno, insieme a Destriero. Ho fatto un lunghissimo viaggio per raggiungervi, ed ero così stanca e avevo tanto freddo che non sono riuscita a non addormentarmi, perdonatemi. Ora sto molto meglio”
“Ti porto da Shanna” fece lui, alzandosi.
“No, no, Maestà, non c’è tempo! Devo dirvi una cosa importantissima!”
Caspian osservò le ombre allungarsi. “Ti ascolto, ma fai in fretta”
“L’ultima volta che ci siamo visti, mi avete chiesto di spiare Rabadash per voi, Sire, e l’ho fatto. Quello che dovete sapere è che sta arrivando qui ad Harfang, è partito qualche giorno fa”
Il volto del Re si trasformò in una maschera di odio. “Sa dove siamo”
“Non ne sono del tutto sicura, sinceramente. Non sembrava voler venire qui per voi, Maestà. Ha portato con sé bauli e servitori, come se stesse per intraprendere un viaggio di piacere”
Caspian sospirò a denti stretti. “Lo sapevo che non potevamo fidarci dei Giganti. Scommetto che Re Mastodonte centra qualcosa”
“Non lo so ma, in ogni caso, voi non dovete farvi vedere!”
Il Liberatore la guardò stupito. “Se è lui a venirmi incontro, credi che potrei farmi scappare l’occasione di ammazzarlo?”
“No, Sire, vi supplico! Sapete, ho riflettuto molto su ciò che disse Cornelius e credo che dobbiate dagli ascolto” Shira arruffò le penne in un gesto d’irritazione. “Non sto dicendo che lo perdono per avervi tradito ma, se è stato Aslan a parlargli, dovreste prestare ascolto. Non fatevi vedere da Rabadash! Non fatevi trovare!”
“Mi troverà comunque o…troverà lei”
Shira e Caspian si volsero in direzione del falco, che ascoltava attentamente ogni parola e sembrava capire la gravità del discorso.
“Shira, devi avvertire immediatamente Susan appena si sarà trasformata”
“Assolutamente!”
“E dopo che l’avrai fatto con lei, andrai dagli altri. Ti prego… ti prego!, tienila lontana da lui!”
La voce del Liberatore era collera e preoccupazione.
“Lo prometto Maestà, farò tutto il possibile. Ma c’è un’altra cosa...”
“Non ho più tempo, Shira. Dirai il resto a Susan”
Caspian mise il falchetto a terra e sparì svelto fuori dalla stalla. L’altra lo richiamò indietro ma lui non ritornò.
Poi, Shira udì un fruscio alle proprie spalle, Destriero nitrire piano, come in segno di saluto. Allora si voltò e vide Susan in forma di donna, che la guardava stupita ma consapevole allo stesso tempo.


Il lupo scosse il manto nero, camminando svelto per raggiungere gli alberi dietro il cortile. Aveva bisogno di aria fresca dopo tanti giorni chiuso in una stanza. Le mura del castello erano calde e accoglienti, ma lui sentiva il bisogno di vagare per le foreste.
E fu una fortuna che quella sera - dato che era in corso un evento speciale - le grandi porte della città vennero lasciate per metà aperte, in modo da poter accogliere gli ospiti ritardatari che arrivavano da lontano.
Il lupo annusò l’aria, fiutando i mille profumi di quella notte di festa: il cibo, la neve, i cavalli; udiva le voci allegre delle creature che si riunivano nell’immensa sala dei banchetti: umani, giganti, nani, gnomi, e altre di cui non aveva mai sentito l’odore.
Ma, al lupo, quelle cose non interessavano.
Si allontanò, incurante dei fiocchi bianchi che si posavano sul suo dorso inumidendogli il pelo.
Giunse ai piedi della lunga salita che portava al castello, si fermò e guardò il Leone in piedi in mezzo alla landa solitaria.
Il Grande Animale si girò e il lupo lo seguì.
Camminarono insieme, fianco a fianco, silenziosi, entrambi splendidi: l’uno sfavillante come il sole, l’altro nero come le ombre.
Sono qui da qualche parte, vero?
“Si Figlio. Questa sera incontrerai solo uno di loro, ma li ritroverai entrambi, presto”
Sei fiero di me, Padre?
Il Leone lo guardò e parlò solennemente. “Non dubitare mai di questo. Ti ho scelto per una ragione Caspian, non dimenticarlo mai: tu sei stato l’unico e il solo tra il tuo popolo a cercarmi e trovarmi. Per questo ora sei Re”
Sono ancora un Re?
“Quando si è Re o Regine di Narnia, si è sempre Re o Regine”
Il lupo non poteva dirlo con certezza, ma gli parve che il Leone sorridesse.
Poco dopo, Aslan si allontanò da lui, indicando con la grande testa la collina piatta dinnanzi a loro.
“Laggiù c’è la risposta a tutto. Oggi siete stati molto bravi”
Abbiamo perso la strada.
“A tutti capita di perdere la rotta, qualche volta, anche al miglior marinaio. Dovresti saperlo, hai esperienza in questo” ridacchiò piano il Leone. “L’importante, è non dimenticarsi lo scopo per cui si è intrapreso il viaggio”
Il lupo abbassò la testa.
“Tante sono ancora le difficoltà che dovrai affrontare, Re Liberatore, ma sappi che io sono con te. Con tutti voi. Sempre. Ti aspetterò a Narnia, Maestà. Per ora, arrivederci”
E con queste parole, il Leone si allontanò, sparendo nel buio.
Il lupo rimase di nuovo solo, il silenzio attorno a lui. Un silenzio così profondo che il fischio della freccia fu quasi assordante.
Si spostò appena in tempo grazie ai fantastici riflessi di cui disponeva. Si voltò ed iniziò a ringhiare in direzione del drappello di uomini appena spuntato dietro le mura sgretolate dell’Antica Città dei Giganti. Li capeggiava un individuo sudicio, i denti marci e una pelle di lupo sulle spalle.
“L’ho trovato, Lord Ravenlock. Proprio come diceva il principe Rabadash: il lupo dal manto nero”
Un altro uomo, con i capelli grigi, l’aria malconcia e il viso sciupato, spuntò da dietro i suoi soldati, tutti con le balestre e gli archi puntati sull’animale.
“Avrei dovuto immaginare che le mie trappole non avrebbero funzionato con voi, Sire. Siete troppo furbo per farvi metter nel sacco come una semplice bestia muta” commentò Ravenlock con aria malvagia. “Ma adesso, voglio proprio vedere come riuscirete a sfuggirmi”
Il Lord alzò una mano e, quando la riabbassò, un nugolo di frecce partì in direzione del lupo.

 
 
 
 
 
Carissimi lettori, rieccoci finalmente con Night&Day!!!
Vi ho regalato un capitolo diviso in vari pezzi e scommetto di avervi lasciati con un sacco di dubbi, vero? Sapete, mi sono detta: manco da molto e devo farli un po’ spasimare xD Vi avevo avvertiti: alla Festa d’Autunno sarò un po’ cattivella con i nostri eroi…
Spero non vi abbia annoiato il pezzo Lumeth. Volevo inserire anche una Shandmund, che rimando alla prossima volta. Più si va avanti, più sarà difficile dare spazio alle scene love.
Direi che ormai siamo a metà storia. Adesso inizia il pezzo più difficile per me da scrivere. Siate buoni, mi raccomando!!!
 
Ringraziamenti:
Per le preferite:
alebho, Araba Shirel Stark, batte wound, BettyPretty1D007flowers, bibliophile,  Christine Mcranney, english_dancer, Fly_My world, Francy 98, Fra_STSF, , Friends Forever, G4693, Gigiii, Happy_699, HarryPotter11, HikariMoon, Jordan Jordan, LittleWitch, LucyPevensie03, lullabi2000, Mia Morgenstern, Mutny_BorkenDreams, osculummortis, piumetta, Queen Susan 21, Robyn98, senoritavale, Shadowfax, Starlight13, SuperStreghetta, Svea,  SweetSmile, TheWomanInRed, vio_everdeen, Zouzoufan7,_faLL_ _joy, _likeacannonball
 
P
er le ricordate:  anonymously Araba Shirel Stark, Callidus Gaston, Cecimolli, Gigiii, Halfblood_Slytherin, mishy, Queen_Leslie, Starlight13, Zouzoufan7
 

Per le seguite: ale146, Araba Shirel Stark, BettyPretty1D007flowers, blumettina, Callidus Gaston, catherineheatcliff, cat_princesshp, Cecimolli,  ChibyRoby,  cleme_b, ecate_92, fede95, FioreDiMeruna, Fly_My World, Francesca lol, Fra_STSF, Gigiii, GossipGirl88, Halfblood_Slytherin, harukafun, ibelieveandyou, jesuisstupide, JLullaby, Judee, katydragons, lauraymavi, Lucinda Grey, Marie_, Mai_AiLing, mewgiugiu, Mia Morgenstern, niky25, Omega _ex Bolla_ , osculummortis, piumetta, Queen Susan 21, Queen_Leslie, Revan93, senoritavale, Sere Morgan, Shadowdax, vio_everdeen,
Zouzoufan7, _joy, _likeacannonball ,  _LoveNeverDies_ ,_Rippah_ 
 

Per le recensioni dello scorso capitolo:  fiamma di anor, LittleWitch, senoritavale, Shadowfax,_joy

 
Angolino delle anticipazioni:
Quante cosa da fare!!!
Come ho detto sopra, la Shandmund aprirà il 28esimo capitolo, così poi potrò dedicarmi al caos che deve venire:
Shira rivelerà una sconcertante notizia che riguarda Narnia e che metterà tutti in ansia.
I Giganti si riveleranno per quello che sono: delle creature davvero perfide.
Susan vedrà i suoi bambini, ma riuscirà a parlare con loro? E soprattutto, i gemelli la riconosceranno?
Cosa sarà successo a Caspian? Ravenlock e il cacciatore lo avranno colpito?
Riuscirà Jadis a far fidanzare Myra e Rabadash?
La vostra autrice ce la farà a fare tutto e incastrare per bene gli eventi? Spera di sì…xD

 
Vi ricordo, come sempre, che potete trovare gli aggiornamenti di Night&Day, insieme quelli dell’altra mia ff su Ben Barnes “Two Worlds Collide” su entrambi i miei account facebook Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen. Se avete domande sulle storie, scrivetemi pure!
 

E per concludere, un grazie speciale a Nadie che ha terminato di leggere tutta Queen!!!
 
Un bacio e un abbraccio a tutti voi!!! Grazie di cuore che continuate a seguirmi!!!
Susan♥


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