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Autore: Non ti scordar di me    05/11/2014    7 recensioni
Può un amore fraterno trasformarsi in altro? In passione? In un’ossessione? In amore?
Damon dopo vent’anni d’assenza ritorna a casa dal padre, dal fratello Stefan e dalla piccola Elena che ormai non è più tanto piccola.
Elena lo odia, lo odia per i suoi modi di fare, lo odia per essere il fratello peggiore al mondo e lo odia perché prova per lui un’attrazione illecita.
E se Damon si stesse spacciando per qualcun altro? Elena è invaghita di un misterioso ragazzo di cui non sa neanche com’è il volto e s’incontra con lui ogni giorno alla biblioteca del college. E se i due, in realtà, fossero la stessa persona?
I due sono veramente fratelli? O sotto si cela un segreto più grande?
Dalla storia:
Le sue labbra erano troppo soffici. Era sbagliato. Noi eravamo sbagliati, quella situazione era sbagliata. I loro sentimenti erano sbagliati.
Si era innamorata di suo fratello. Può una vittima innamorarsi del suo aguzzino? Può una persona innamorarsi di un ricordo? Può una sorella innamorarsi di suo fratello?
“Siamo sbagliati…” Sussurrai.
“Siamo le persone sbagliate al momento sbagliato, eppure non mi sono mai sentito meglio con un’altra persona e in un altro momento.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo venti.
Congratulations Damon!

Il mal di testa pungente, dovuto a quanto avevo bevuto la sera precedente, non mi aveva abbandonato un solo momento. Eravamo rientrati piuttosto tardi, mamma dormiva profondamente e non l’avevamo svegliata. Lo stomaco era sotto sopra, ero in camera di Damon sotto le coperte e provavo a prendere sonno. Guardai il cellulare, le 3.21 della mattina. Ero in quel letto da una mezz’oretta ma no riuscivo a prendere sonno. Non perché mi fosse passato il sonno, ma perché il mal di testa e la nausea non mi abbandonavano.

Il corvino, invece, ronfava profondamente.
Come faceva? Aveva ingurgitato tante di quelle schifezze che io a quest’ora sarei già in iperventilazione. La tequila faceva a cazzotti con la pizza che avevo mangiato più o meno sei ore fa. E non sarebbe finita bene per me.
Mi tolsi di dosso le coperte e corsi verso il bagno. Ringrazia il cielo che il bagno era di fronte la camera di Damon e che la camera di mamma era in fondo al corridoio. Volevo evitarmi la ramanzina sul ‘io ti avevo detto che non erano raccomandabili’.

Accesi la luce e mi china sul wc. Vomitai quasi l’anima. Lo stomaco mi faceva sempre più male e il cerchio alla testa si stava intensificando. Non poteva andare peggio di così.
Scaricai e mi alzai da terra. Avevo due occhiaie spaventose e i capelli lisci come spaghetti erano sparati all’aria alla bene e meglio. Ero un orrore.
Aprii l’acqua e mi sciacquai la bocca che sapeva ancora di tequila e qualche altro alcool. E pensare che mi ero ripromessa di non fare cazzate nel periodo in cui sarei andata a Londra. Chiusi l’acqua e trascinai stancamente i piedi verso la camera di Damon.

Non feci neanche in tempo a rimettermi a letto che una fitta mi travolse. A gattoni raggiunsi nuovamente il bagno. Probabilmente avrei passato lì quella nottata e di sicuro per un bel po’ di tempo non avrei mai più voluto vedere un solo goccio d’alcool.
Ad un certo punto sentii due mani poggiarsi sulle spalle. Mamma?

«Perché non mi hai svegliato?» Sospirai. Era solamente Damon con una voce impastata dal sonno e gli occhi ancora socchiusi. Era in boxer e a malapena si reggeva in piedi. Perché lo trovavo estremamente sexy anche dopo un post sbronza, mentre io sembravo una gatta uscita da un combattimento all’ultimo sangue?

«Eri…» Non riuscii neanche a finire che mi chinai sul water continuando a vomitare schifezze. Damon non disse niente, chiuse la porta e si sedette vicino alla vasca guardandomi assorto. Ero una visione così bella persino mentre vomitavo?
Scaricai nuovamente e mi poggiai al muro vicino al wc, in caso dovessi vomitare nuovamente.

«Dicevi?» M’incoraggiò sorridendo. Ero sobrio, o almeno di sicuro lo era più di me che in quel momento non riuscivo a vedere altro se non il mio vomito.
«Eri così immerso nel sonno che non ti ho voluto svegliare…» Gli dissi usando un pezzo di carta igienica per pulirmi gli angoli della bocca.
Le mattonelle del pavimento erano fredde e scomode, però mi sentii stranamente meglio. Il mal di testa sembrava essersi attutito, mentre il mal di stomaco persisteva sempre più forte.

«E’ la seconda volta che ho a che fare con un’Elena ubriaca.» Mi fece notare. Sorrisi lentamente e mi appoggiai al lavandino. Volevo alzarmi e se possibile riposare un paio di ore, ma era tutto più difficile con la vista annebbiata e lo stomaco sotto sopra.
«Nuove esperienze, no? Damon Salvatore prova a tenere a bada una ragazza completamente sbronza…» Feci ironia, appoggiandomi sulle gambe e guardandolo di traverso.

Il corvino alzò gli occhi al cielo e si alzò lentamente. O forse mi sembrava tutto più lento?
«Tra i due dovresti essere tu quella responsabile, giusto?» Mi chiese, avvicinandosi lentamente a me. Io quella responsabile? Scherzavamo?
«Faccio con te gare clandestine, a Mystic Falls mi vedono come un’assassina, vado da un cazzo di psicologo, la mia famiglia sta andando a rotoli…Ti sembro una ragazza responsabile, casa e chiesa?» La sbronza mi rendeva più intraprendente del solito e mi faceva dire tante stupidaggini una dopo l’altra.
Damon strabuzzò leggermente gli occhi.

«Mh…Credo ti sia dimenticata un altro tuo piccolo problema.» Mi corresse. Un altro? Non ne avevo già abbastanza? Gli feci cenno di continuare. «Ho sentito che ti piace molto sniffare? Preferisci droghe leggere o pesanti?» Mi chiese divertito. Strabuzzai gli occhi.
E questa stupidaggine da dove l’aveva presa? Avevo fatto tante stupidaggini – lo ammettevo – ma non avevo mai fatto uso di sostanze del genere.

«Uhm, gira voce che sono una drogata? Bene. Qualcos’altro da aggiungere ai miei problemi.» Ammiccai leggermente. Il corvino mi squadrava attentamente.
Ero così brilla da non ricordare che io stessa avevo messo in giro quella voce? Tutta colpa di Caroline e di MaxField. E anche colpa di Ian. Se non fosse stato lì a quella seduta, forse non avrei raccontato quella balla. Un momento…Damon come faceva a sapere della mia bugia?

«Seriamente, ora. Mi spieghi perché non me l’hai detto.» Aveva una voce profonda e se non fossi completamente andata forse avrei provato un po’ di timore.
«E tu? Da chi l’hai saputo?» Gli chiesi. Sembrò pensarci su qualche istante.
«Dalla Barbie.» Ora capivo perché Caroline era sempre sulle difensive e metteva sempre in mezzo Damon ai suoi discorsi.

«Si chiama Caroline.» Gli ricordai. Non avrebbe mai imparato il suo nome? Era snervante sentire quell’odioso sopranome. E soprattutto era snervante sentirlo pronunciare da lui.
«Non cambiare argomento.» Mi disse.
Roteai gli occhi al cielo. Se non avessi un mal di testa così forte, mi sarei inventata una buona scusa sulla mia indipendenza…Ma ora mi guardavo e mi rendevo conto di com’ero ridicola. Persino da ubriaca dovevo mentirgli?

«Vedi, non volendo ammettere di essere dipendente da te ho inventato la cazzata del secolo. Ovvero che sono dipendente da una droga.»Scoppiai in un risolino. Mi alzai da terro velocemente, forse troppo velocemente.
La stanza iniziò a girare troppo velocemente per me, vedevo tre Damon muoversi…Un momento tre Damon? Damon era solo uno, o sbaglio?

«Elena, cos’hai?» Mi chiese. La sua voce mi sembrava lontana, quasi fosse un lontano eco. Mi sentivo lontana. Ero lì, in bagno ma la mia testa era lontana. Dovevo prendere un’aspirina o qualcosa del genere.
«Sto…Sto bene…Credo solo di dover…» Non riuscii neanche a finire la frase che aprii nuovamente la tavolette del wc e vomitai ancora e ancora. Non c’era sensazione peggiore di quella, sentivo tutto quello che avevo ingerito uscire fuori di me con troppa irruenza.
Mi specchiai e guardai il mio colorito. Ero cadaverica, una visione raccapricciante. Dietro di me, c’era Damon che osservava attentamente i miei movimenti. La stanza, però, riprese a girare e rimanere in piedi era qualcosa di troppo difficile.

Mi lasciai cadere nelle braccia di Damon quasi a peso morto. Volevo solo dormire, ma questo mal di stomaco non mi faceva chiudere occhio.
«Meglio per te che non vomiti nel mio letto.» Sbottò divertito. Scaricò nuovamente, spense la luce e chiuse la porta alle sue spalle. Lentamente si avviò verso la camera che chiuse accuratamente.

«Dovevo impedirti di bere tanto.» Sembrava che stesse parlando più con sé stesso che con me. Io annuii ancora con la testa su di giri e mi tolsi di dosso le coperte. In quella stanza faceva troppo caldo, ma addosso sentivo una sensazione di freddezza fastidiosa.
Non volevo neanche immaginare la mia situazione quella mattina. Vidi l’ora al cellulare. Si erano fatte le 4 del mattino, potevo concedermi ancora qualche ora di meritato sonno. Damon, invece, non si rimise a letto. Era seduto sulla sedia vicino alla scrivania e abbozzava qualcosa su un pezzo di foglio, probabilmente finiva di scrivere qualcosa…A pensarci bene anche ieri pomeriggio stava scrivendo qualcosa.

Aveva l’espressione concentrata, ma era stanco. Il mio sguardo vagò su tutte quell’incisioni, ne erano molte. Cosa indicavano?
«A cosa corrispondono tutte queste linee?» Gli chiesi giusto per fare un po’ di conversazione. Damon posò la penna e rivolse un’occhiata malinconica a quei segni che probabilmente aveva per lui un significato.

«Rappresentano il passare dei giorni da tot giorni a questa parte.» Disse piano, sbadigliando. Era stanco, perché non si stendeva qui con me?
«Perché non ti riposi con me?» Chiesi con un filo di voce, girando la testa verso di lui. Lo stomaco andava meglio del previsto, ma sentivo il bisogno di vomitare e rigettare via tutte le schifezze che avevo ingerito.

«Devo assicurarmi che tu stia bene. Se hai una ricaduta e hai bisogno del mio aiuto, ma sto dormendo? Tranquilla, quando vivevo qui mi sbronzavo peggio di te ora…So cosa si prova, nessuno c’era eppure avevo bisogno di qualcuno.» Mi disse abbozzando un sorrisetto. Sbattei più volte le palpebre, era possibile? Stava veramente parlando Damon Salvatore? Il ragazzo egoista che un tempo ci provava con sua sorella? Non era possibile.
Ora sembrava…Sembrava più umano. Più incline ai problemi degli altri, prima era quasi un pezzo di ghiaccio. In quegli occhi azzurri vedevi solo il vuoto e l’oblio, vedevi la confusione e l’incertezza per qualcosa…Ma non vedevi nemmeno un briciolo di compassione. Ai primi tempi avevo quasi paura che fosse apatico, ma non lo era. Era solamente chiuso, molto chiuso in sé stesso per una ragione a me ancora oscura.

«Non distruggermi.» Ripetei ancora. Non sapevo perché, ma sentivo il bisogno di ripeterglielo ancora. Avevo il presentimento che mi stesse nascondendo qualcosa e non credo esistesse sensazione peggiore di quella.
«Ci proverò.» Mi sorrise per poi darmi le spalle e continuare a scrivere qualcosa su un pezzo di carta. Non capivo cosa significava quel ci proverò. O era sì o era no. Non poteva esistere un ci proverò.

«Perché non mi assicuri che non mi distruggerai?» Gli chiesi con un filo di voce, le palpebre si stavano facendo pesanti e avevo un sonno pazzesco.
Non chiusi gli occhi fino a quando non incontrai gli occhi di Damon.
«Perché quando scoprirai la verità mi odierai.» Sussurrò. «Ma sono troppo egoista per dirti di stare lontana da me.» Caddi completamente nel sonno più profondo, mentre quelle parole si facevano troppo lontane.
 

Venni svegliata da un fastidioso rumore che mi perforava i timpani. Aprii gli occhi e mi resi conto che era semplicemente la suoneria del mio cellulare, perché mi sembrava così forte? Mi stava mandando in pappa il cervello, completamente stufa e con un cerchio alla testa peggiore di quello che avevo questa notte risposi alla chiamata.

«Pronto?» Mugolai. Massaggiavo la testa col pollice e l’indice, sperando che in qualche modo il mal di testa potesse attutirsi.
- Brutta stronza non mi fai neanche una chiamata! – Mi urlò una voce troppo familiare. Mio Dio, mi ero dimenticata di Caroline! Le avevo detto della mia partenza, tra tutti forse lei era quella che aveva reagito meglio.
«Dove cazzo vai?» Mi urlò. Eravamo sedute in un bar e la guardavo divertita. Sganciare la bomba era stata l’idea più stupida che potessi prendere in quel momento, ma non avevo altre idee.

«Londra, Europa.» Le dissi bevendo un sorso di caffè. Care strabuzzò gli occhi e sgranò la bocca. Certo che nessuno si aspettava questa decisione!
«Lo so…ma…Insomma…Londra…Elena, dimmi che non te ne vai con Damon.» Dopo tanti tentativi era riuscita finalmente a dire una sola frase di senso compiuto. Sorrisi contenta. Oh, Damon non se ne sarebbe andato.
«Sono pochi giorni con Damon e mamma a Londra. Ritorneremo.» A quelle parole i suoi occhi si allargarono maggiormente. Ops, non le avevo detto che il corvino non si trasferiva lì? Già, non le avevo detto di aver origliato la parte sbagliata della conversazione tra i due.

«Questa mi è nuova.» Mi disse Caroline guardandomi di sottecchi.
«Oh, andiamo è anche un’ottima opportunità per visitare Londra! Non era un tuo sogno vederla?» Le chiesi sfottendola. I suoi occhi si assottigliarono e le sue labbra si piegarono in una smorfia di disapprovazione.

«Appunto! Il mio sogno.» Mi guardò con un debole sorriso che poi si ampliò sempre più. «Fai tante foto, okay?» Continuò addolcendosi.

«Potresti non urlare?» Le chiesi con la voce ancora impastata dal sonno. Avevo la testa che scoppiava e gli occhi erano gonfi. I capelli sparati all’aria e il sole m’infastidiva. Aveva una nausea pazzesca e di sicuro da un momento all’altro sarei dovuta andare in bagno.
Non avevo mai sentito sensazioni peggiori di queste.

- Non urlare? Sei partita da tre giorni e non mi chiami una volta. Domani già riparti! – Sbottò inacidita al telefono. Certo che non saremo andate lontano così. Il mal di testa peggiorava ogni parola che mi diceva e non accennava a migliorare il suo tono di voce assordante.

«Sto smaltendo una sbornia colossale, a breve correrò a vomitare…Puoi abbassare quella cazzo di voce?» Grugnii mettendomi a sedere. Dalle tende filtrava il sole, mi alzai dal letto e le chiusi. Mi sedetti sulla sedia vicino alla scrivania e mi resi conto che quella lettera che Damon stava scrivendo non c’era più.
- Uuu…Fatto le ore piccole con qualcuno? E brava la mia amica, i Londinesi sono dei gran fighi! – Si congratulò. Oh quanto avrei voluto scherzare con lei, ma i sintomi post sbronza si facevano sentire.

«Dovrei farti conoscere Gabriel…Lui sì che è un figo da paura.» Le dissi. A pensarci bene Gabriel la sera precedente non si era fatto vivo. Meglio così, altrimenti come gli spiegavamo che ero diventata improvvisamente da sorella la ragazza di Damon?
- Mm…Comunque le chiamate costano molto, ti ho chiamato solo per dirti che ho chiuso tutto col mio compagno di letto. – Confessò. Finalmente una buona notizia! Aveva chiuso con quello stronzo, ora finalmente potevo chiederle il nome di questo idiota.

«Sono contenta per…» Non finii neanche perché una fitta mi colse alla sprovvista.
- Tutto bene? – Mi chiese con voce preoccupata. Non dovevo preoccuparla, sapevo che lo avrebbe detto a Stefan e quello era il più grande dei miei problemi, perché lo avrebbe riferito a papà e avrei detto addio alla possibilità di ritornare da mamma.

«Sto bene. Ora quando ritornerò faremo un bel party, così ti racconterò Londra nei dettagli okay?» Le chiesi improvvisando un tono scherzoso.
- Non vedo l’ora. A prestissimo, ‘Lena. – Mi salutò chiudendo la chiamata. Vidi anche l’ora. Quanto avevo dormito?! Erano quasi le dodici! Mi alzai da sedere e mi trascinai stancamente verso la cucina.

Mamma mi guardava con un’espressione vagamente divertita, mentre leggeva il quotidiano. Odiavo quello sguardo da ‘io te l’avevo detto’.
Mi sedetti intorno al tavolo e mamma mi porse una tazza con chissà quale intruglio dentro.
«Funzionava con le sbornie quand’ero giovane.» Mi disse sorridendo. La guardai incuriosita. Come sapeva che mi ero ubriacata da far schifo? Lei dormiva.
«Tesoro, non sono nata ieri. Vi ho sentiti rientrare e ti ho anche sentita vomitare l’anima questa notte.» Disse guardandomi. Alzai gli occhi al cielo. Almeno non aveva iniziato con la paternale, a quest’ora se fossi con papà non potevo più uscire di casa per – come minimo – due settimane.

«Almeno Damon è rimasto sobrio.» Commentò divertita. Bevvi un sorso di quell’intruglio. Aveva un sapore orribile.
«Comunque ho fatto un paio di ricerca su quell’Università. Si dovrebbe pagare una retta annuale per poter frequentare quella scuola.» Mi disse sorridendo e porgendomi dei moduli. Li guardai. Non era veramente il momento per pensare a una cosa del genere.
Non avevo proprio, non avevo la voglia e la costanza di ricominciare qui una vita. E cosa ancora più importante: quanto costava questa retta?

«Mamma, non voglio…Non voglio pesare sulla famiglia, la retta costerà una fortuna…» Ouch, un’altra fitta. Bevvi un altro po’ di tisana. Bruciava in gola, ma attutiva tutta quella nausea.
«Potrei chiedere una…una borsa di studio.» Mi disse toccandomi la mano. Scossi la testa e le sorrisi ricambiando la stretta.

«In caso cambiassi idea, tienimi un posto libero in casa okay?» Feci scherzosa. Lei si alzò dalla sedia e posò il quotidiano. In casa c’era uno strano silenzio. Dov’era Damon?

«Mamma, Damon dov’è?» Ero più che convinta di ritrovarlo in stanza con me a dormire  o sveglio intento a fare qualcosa.
«Mi ha detto che andava al cimitero.» Alzò le spalle e annuii poco convinta. Perché doveva andare al cimitero? Mi avviai verso il bagno e mi sfilai velocemente il pigiama che finì sul pavimento seguito a ruota anche dall’intimo.

Una doccia fredda dopo la sbronza aiutava sempre giusto? O almeno lo speravo. L’acqua fredda sembrava migliorare la mia situazione sia mentale che fisica. Avevo i ricordi confusi, tutto era appannato dall’alcool e i dolori di pancia andavano poco meglio.
M’insaponai il corpo e feci due passate di shampoo. Una sola non bastava affatto. La sera precedente avevo sudato come ché. Sciacquai velocemente i capelli e uscii dalla doccia.

Presi il phone e iniziai velocemente ad asciugarli cercando di essere il più veloce possibile, volevo vedere Damon e volevo capire perché fosse andato al cimitero. I nonni da parte materna erano ancora vivi, perciò chi poteva andare a trovare al cimitero?
Avvolta da un accappatoio uscii dal bagno e mi precipitai in camera degli ospiti. Afferrai le prime cose che mi capitarono sotto mano: un leghins nero, una maglia a mezze maniche e una felpa bianca bella calda. Allacciai gli anfibi e legai i capelli in una coda malfatta.

Non mi guardai neanche allo specchio, sapevo di essere inguardabile ma non avevo proprio tempo di truccarmi.
Presi il mio Iphone e mi catapultai verso la porta di casa.
«Dove vai?» Fui bloccata dalla voce di mamma che mi guardava arcigna con uno strofinaccio in mano. Sfoggiai uno dei miei sorrisi falsi migliori e sbattei le ciglia in modo convincente.

«Un giro per Londra, Damon mi ha mandato un messaggio.» La rassicurai. Non mi aveva creduto. Glielo si leggeva in faccia. Lei non era come papà, non cascava alla prima cazzata che dicevo.
«Torna presto.» Mi disse. I miei occhi s’illuminarono. Aveva capito tutto. Sapeva che sarei andata al cimitero ma non m’impedì niente, anzi in un certo senso mi aveva dato il via libera.

Ciò significava che al cimitero c’era qualcuno, qualcuno di cui magari non sapevo neanche l’esistenza.
Uhm…Devo solo chiedere informazioni. Niente di più semplice, no?
 

Rettifico tutto quanto. Non era affatto semplice orientarsi in una città come Londra. Era enorme e la gente in un giorno infrasettimanale non ti degnava di uno sguardo. Solamente un signore mi aveva aiutato ed era persino straniero!
Un italiano mi aveva dato informazioni, anche se sospettavo che in realtà stava cercando di abbordare in modo abbastanza squallido. Per non parlare di come comunicavo, avevo provato con google traduttore, con i gesti…Ma niente!

Alla fine mi ero ridotta a comprare una cartina in uno stupido negozietto! Peggio di una turista. In tutti i casi, prendendo diversi bus ero finalmente riuscita ad arrivare al cimitero.

Era un posto abbastanza inquietante. Immerso in natura, non era neanche pavimentato. Vi era una recinzione a distanziare la natura dal cimitero vero e proprio.
A piccoli passi guardandomi attentamente attorno mi addentrai nel cimitero. C’erano un po’ di persone, ma se non ci fossero state sarebbe stato il luogo perfetto per girare un film horror.

In particolare mi colpì una tomba con un angelo sopra e una bella dedica. C’erano tanti fiori diversi a rendere quell’ambiente lugubre poco più vivo.
Era strano passeggiare in un luogo in cui ti sentivo così estranea. Vedevi la gente che piangeva sulle tombe e bambini piccoli che chiedevano ai loro genitori cos’era successo a quelle persone, mentre io ero lì per cercare mio fratello.
Probabilmente a quest’ora era già ritornato a casa. Mi diedi mentalmente della stupida per cosa stavo facendo. Non mi fidavo a tal punto di Damon da iniziare a pedinarlo? Che razza di ragazza ero? Umh…A pensarci bene non ero la sua ragazza, ma una sottospecie. Sta di fatto che il succo della questione era quello.

Un brutto capogiro mi prese alla sprovvista e fui costretta ad appoggiarmi ad una panchina. Stupida sbornia passata solo per metà.
Da ora in poi non mi sarei mai più ubriacata in quel modo!
«Stai bene?» Mi chiese una voce. Un momento…Dove avevo già sentito quella voce? Aprii gli occhi di scatto e incontrai due occhi verdi foglia che m scrutavano attentamente.

Il ragazzo era vestito in modo impeccabile, un bel jeans, una camicia e delle scarpe eleganti. I capelli ricci ricadevano morbidi e aveva un malinconico sorriso dipinto sul volto.
Gabriel.
Cosa ci faceva lì?

Ringraziai me stessa mentalmente per non aver dato voce ai miei pensieri. Perché una persona doveva andare al cimitero? Probabilmente era venuto a trovare qualcuno.
Gli sorrisi leggermente e mi alzai dalla panchina un po’ barcollante. Gabriel mi fu vicino sorridendomi timidamente.
Stranamente non mi sembrava sempre così timido, o forse mi facevo condizionare troppo velocemente dalle persone?

«Sto benone. Solo un cerchio alla testa.» Gli dissi. In tutti i casi poggiai la mia mano sulla sua spalla, giusto per avere un appiglio più sicuro. Forse a breve sarei finita a terra.

«Come mai sei qui? Non eri dell’America?» Mi chiese con un sorrisetto beffardo. Annuii e nel frattempo provavo ad inventarmi una scusa buona. Di sicuro dirgli ‘sono venuta a pedinare mio fratello di cui sono profondamente innamorata’ non era una delle mie idee migliori.
«Sì…Solo che…Oh, lascia perdere. Tu? Sei con qualcuno, la tua famiglia?» Buttai lì un discorso a casa per depistarlo. Sembrò abboccarci. Sul suo volto si dipinse un’espressione di vero dolore. Ahia, avevo toccato un tasto bollente.
Mi complimentai con me stessa per la mia solita delicatezza. Potevo almeno essere poco più dolce, no? Invece, ero partita in quarta immergendomi in un discorso ancora più complicato.

«No, da solo. Sono venuto a trovare mia sorella.» Schiusi la bocca sentendo il discorso farsi ancora più pesante di come potevo immaginarmi. Aveva perso una sorella? Ouch, certo non potevo essere più indelicata.
Rafforzai la presa sulla sua spalla come a trasmettergli il mio dispiacere.

«Mi spiace molto.» Dissi sforzando un semplice sorriso. Anche se da sorridere c’era veramente poco. Nell’anticamera del mio cervello mi sfiorò l’idea di chiedergli se avesse incontrato Damon, ma mi resi conto che in quel momento non era il massimo metterlo in mezzo.
Così mi limitai a stringerlo in un abbraccio.

«Sarà stato difficile sopportare la sua perdita.» Gli dissi sorridendo amaramente. Lui ricambiò l’abbraccio incerto.
«Molto. Anche Damon non la prese bene, non so se ha superato il trauma…» Commentò stringendomi. Damon aveva preso molto male la perdita della sorella di Gabe? Perché? Sciolsi l’abbraccio e lo guardai leggermente stralunata.

«L’hai per caso incontrato?» Chiesi ingenuamente. Lui annuì. «Io dovrei raggiungerlo…Potresti…Potresti dirmi dove l’hai visto?» Gli chiesi cercando di non dare a vedere com’ero rimasta turbata da quella notizia.
«Cammina dritto fino alla fine del viale. Dietro la lapide c’è una scultura di un angelo morto in un groviglio di rose.» Avevo i brividi e per un momento pensai di chiedergli il perché di quella strana scultura e non una più semplice e comune.

«La riconoscerai di sicuro.» Mi disse. Ovvio, come facevo a non accorgermi di una lapide del genere.
«Quella K sta per il suo nome, vero?» Gli chiesi dopo aver fatto pochi passi in avanti. Annuì e mi salutò con un ceno del capo.
Sospirai e iniziai a percorrere il viale. Non c’erano tracce di sculture così inquietati, c’erano solo di begli angeli che spiccavano il volo o lapidi abbastanza semplici ornate di bei fiori.

Forse Gabriel mi aveva dato delle informazioni sbagliate. Man mano che percorrevo il viale vedevo le lapidi farsi sempre di meno. Perché avevano deciso di mettere là da sola quella ragazza?
Il terreno era incolto, spiccava solamente un grande albero da cui s’intravedeva una strana scultura. Un ragazzo era in piedi alla tomba.
Damon era di spalle. Avrei riconosciuto ovunque quel taglio di capelli. Perché era così provato per la sorella di Gabriel? Per Matt, fu tanto solo convincerlo a
venire al funerale.

Mi avvicinai a piccoli passi, avevo quasi paura ad avvicinarmi. Quel piccolo angolo era così intimo. Sembrava qualcosa a parte in quel grande e spoglio cimitero.
Ero vicina e iniziai a focalizzare meglio l’intera scena. La lapide era piuttosto piccola rispetto alle altre, mentre la scultura dell’angelo soffocato dalle spine era enorme, raggiungeva quasi l’altezza di Damon.
L’occhio cadde anche sul nome della ragazza. Ebbi un vero colpo al cuore.
Katherine Pierce. 1994-2012.
Un angelo soffocato dalle spine di una rosa.

La foto ritraeva una ragazza dai capelli biondo cenere legati in una treccia accurata, gli occhi color lapislazzuli dalle piccole pagliuzze dorate e una bocca contratta in un timido sorriso.
Forse in quel momento mi resi conto cosa volesse significare sentirsi completamente distrutti. Perché ora iniziava a ritornare tutto.

«Da-Damon…» A malapena avevo la voce per parlargli. Si girò verso di me e sgranò gli occhi celesti. Perché ora mi sembravano diversi? Mi sembravano più veri, meno falsi…Quella strana sensazione che avevo, quel biglietto…I racconti nella libreria.
Il nome coincideva. Eppure mi sentivo ridicola e stanca. Troppo stanca.

«Elena, Elena cosa ci fai qui?» Mi chiese avvicinandosi a me. Mi prese la mano ma ritrassi la mano quasi col cuore in gola.

«Cosa…Io…Non lo so…Voglio solo sapere perché. Perché, Damon? Ti prego, dimmi solo il perché.» Avevo la voce incrinata e gli occhi lucidi. Era un’impresa difficile vedermi piangere. Togliendo le situazioni gravi e shoccanti, come il funerale di Matt…Non avevo mai pianto, non per una bugia che poteva sembrare sciocca ma che lasciava senza fiato.

Mi aveva mentito per mesi. Mi aveva raccontato balle su balle. Storie inventate. Tutto senza un motivo…Senza una ovvia ragione.
«Perché cosa? Spiegati.» Mi disse. Faceva ancora il finto tonto? Sperava di continuare con le bugie per molto? Quando mi avrebbe rivelato quanto egoista era stato?

Ora iniziavamo a tornare anche le sue parole. Ritornava tutto, nei minimi dettagli. Tutto quanto prendeva posto nell’immenso puzzle di bugie che avevo sotto i miei occhi.
Sapeva che mi avrebbe fatto a pezzi una volta saputa tutta questa verità. E la cosa che faceva più male era un’altra: capire che una persona a cui stavi affidando il tuo cuore – per non dire di averlo già affidato – lo aveva distrutto con estrema facilità.

«Perché? Perché mi hai distrutto ora? Perché hai fatto passare quasi tre mesi? Perché fingerti un’altra persona? Perché…Perché tutto.» Avevo la pelle d’oca anche se avevo addosso una felpa in pile. Sentivo il freddo nella pelle e sentivo il cuore cadere giù pezzo dopo pezzo.
«Era iniziato come un gioco…Non avrei…» Quelle parole fecero male. Fecero troppo male. Sentirsi dire ‘era iniziato come un gioco’ ti faceva capire quanto inutile fossi nella vita di quella persona.

«Un gioco? Sono solo un gioco? Mi fa piacere…» La mia voce era un debole sussurro.
«No, no, non hai capito. Era tutto un gioco, non pensavo di continuare la falsa per molto. Ti avevo visto in biblioteca e mi avevi solo affascinato…» Cercò di spiegare.

«Ti avevo affascinato? Perché fare il finto tonto su tutto? Perché raccontarmi di Katherine, volevi essere consolato? Te la ricordo? Oh mio Dio, tutte le belle parole sull’anti conformismo...Le belle parole…» Ritornava anche quella strana statua e quella frase sulla lapide. Un angelo soffocato dalle spine di una rosa. Dovrebbe significare una ragazza distrutta dalle sue stesse mani, si era uccisa con le sue stesse mani. Soffocata dalla più bella delle rose: soffocata dal significato della vita.

La vita era un circolo che doveva concludersi in un solo modo: la morte. Non accettava questo piccolo particolare e sentirsi oppressa dalla paura di poter morire da un momento all’altro l’aveva fatta andare via, letteralmente.
Aveva paura di perdere lentamente la vita, ma si era fregata con le sue stesse mani.

«Sei…Non hai idea di cosa ho provato quando ti ho vista, per un momento ti ho vista così gracile che mi hai riportato lei nella mente, ma MAI Elena, MAI ho pensato di sostituirti con lei.» Strano, questa era l’idea che mi stavo facendo.
In un certo senso, io e Katherine eravamo molto simili. Troppo simili. Eravamo due persone fragili in un certo senso. Lei era più fragile di me, molto più fragile all’esterno. Eppure anche se era così debole era resistita diciotto anni con la sua terribile fobia.

Non volevo immaginare un solo giorno nella sua vita. Completamente oppressa dalla società e dalla paura di morire. Che vita aveva vissuto? Vita per modo di dire, non aveva ancora iniziato a vivere. Non del tutto, almeno.
E io…Io forse sembravo il suo opposto. Più schietta, più aggressiva. Forse Damon poteva giustificarsi dicendo che in realtà io e Katherine eravamo due persone
completamente diverse, ma in fondo eravamo fatte della stessa pasta.

Entrambe strane e diverse. Diverse in senso positivo. Almeno per me. Per me l’essere diversa non era una colpa, per lei sì. Per questo io resistevo in una società fatta di sorrisi falsi e di modelle dal corpo perfetto, lei no. Non aveva resistito. E non sarebbe resistito ancora per molto.
Io, invece, prima resistevo. Ora mi sentivo fatta a pezzi. Sentirsi il suo rimpiazzo era una cosa inquietante. MaxField aveva ragione.
Ora ritornavano le parole di Damon. Avevo paura di perdere anche te. Era da lì che mi ero accorta che in lui c’era qualcosa che non andava. C’era qualcosa che tra noi non andava, non andava perché non aveva abbassato ancora del tutto la guardia. Era qui che aveva sbagliato.

«Ian mi aveva…Anzi, tu mi avevi detto di sentirti in colpa per la sua morte perché si è svolta sotto i tuoi occhi, giusto?» Annuì con gli occhi sbarrati e i muscoli del corpo tesi. «Dimmi ora, come ti senti ora che hai visto sotto i tuoi occhi la mia distruzione? Dimmelo su.» Lo incoraggiai.
Non era lui che mi aveva distrutta, non era lui che non doveva distruggermi…Ero io che non dovevo autodistruggermi. Mi stavo distruggendo, fin da quando l’avevo conosciuto.

Fin da quando l’avevo visto la prima volta, quel giorno di Gennaio, dovevo stare attenta. Non dovevo permettere di fregarmi da sola.
Essermi innamorata di lui mi aveva portato a quella situazione pietosa. Mi aveva portato a vivere in quella situazione rovinosa che toglieva il fiato, come quelle rose toglievano la vita a quell’angelo.

«Mi sento una merda. Ma sono fatto così, sono egoista. Faccio l’egoista con tutti, ho fatto l’egoista anche con te. E mi sento uno schifo. E’ questo che vuoi sentire?» Disse avvicinandosi pericolosamente al mio volto. Erano esattamente queste le parole che volevo sentire, ma il vuoto che avvertivo all’altezza del petto era sempre più forte.

Mi sentivo una stupida, mi sentivo ridicola. Avevo fatto tanto per non cedere a Damon, per non lasciarmi tentare…E ora tutto quello in cui speravo si era dissolto come un castello di carte.

«Ho preferito mentirti per tenerti vicina. Sapevo che avresti reagito così, ma tu sai come sono…Sai che mi comporto da bastardo e non posso farci niente.» Continuò.
«Il mio primo sbaglio è stato incontrare innamorarmi di te, sei entrato nella mia essenza, nella pelle…Ti sentivo dentro e sentire un pezzo di cuore lacerarsi è la cosa…più straziante che possa provare.» Dissi alzando lo sguardo.

Sembrava così dispiaciuto, allora perché non riuscivo più a guardarlo senza avvertire un fastidioso fuoco bruciare sempre più forte fino ad arrivare al cuore? Cos’era quella sensazione?
«Quel ci proverò, quel ci proverò è stata la cosa più vera che abbia mai detto. Come quel ti amo urlato all’aria. Come quel bacio rubato durante la tua sbornia. Come tutto quello che ho fatto in tua compagnia.» Disse toccandomi il volto col dorso della mano. «Ogni momento, ogni parola, ogni istante mi hai fatto sentire vivo. Vivo dopo due anni a intagliare su un cazzo di muro il contare dei giorni che passavano senza di lei. Ora sto vivendo. Sono un fuoco che brucia indomabile e tu sei l’acqua che mi spegne, che mi controlla.» Lo controllavo?

«Però non mi manovri in senso negativo. Non sei un burattinaio e io non sono un burattino. Mi controlli completamente, mi streghi, mi mandi in confusione, mi lasci senza parole…E non me ne frega un cazzo se ho fatto la stronzata più grande che potessi inventarmi, ti amo. Ti amo. E lo ripeterò fino a quando ne avrò la forza. Il punto è che non ti merito!» Urlò allontanandosi da me e scagliando un pugno all’albero. Il battito del mio cuore iniziò a battere sempre più velocemente. Tutte quelle belle parole, non potevano restituirmi tre mesi vissuti su una stupida menzogna.

«Non merito nessuno. Sono un assassino. Non sono riuscito a salvare Katherine, l’ho vista morire sotto i miei occhi. E ora…Ora nei tuoi occhi, vedo di aver ucciso anche te. Ho ucciso nuovamente la donna che amo!» Aveva ragione. Su tutto. O quasi. Sbagliava su un punto. Un punto fondamentale.

«Non sei tu che hai ucciso me. Sono io che mi sono condannata da sola. Ho segnato la mia condanna il giorno in cui mi sono innamorata di te. Non c’è sensazione peggiore di essere innamorata di TE, DAMON SALVATORE!» Gli urlai. Volevo urlare, spaccare tutto, gridare e piangere.
«Sei distrutta. Un’autodistruzione» Mormorò guardandomi. «E io ancora una volta sono rimasto qui a guardare…» Probabilmente il senso di colpa stava crescendo in lui, sul suo viso vedevo la preoccupazione allargarsi sempre di più. E volevo consolarlo, baciarlo e stringerlo a me…Ma ogni volta che mi avvicinavo pensavo a tutte le bugie che mi aveva raccontato.

Partendo dalla prima volta che incontrai “Ian” fino alla sua chiamata, per non parlare della volta in cui l’avevo incontrato al gruppo di supporto. Questo significava che…che anche Caroline mi aveva mentito. Lei sapeva che Ian non esisteva, si spiegava l’odio sviscerato nei confronti di mio fratello. SI spiegava il mettermi costantemente in guardia da lui.

«Mi hai rotto, Damon.» Dissi con un filo di voce. «Complimenti.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 



Hi girls <3
Se pensate che sono un’illusione rimanete tranquille e non vi agitate, sono veramente io. Forse vi aspettavate il capitolo domani? Oh, ho finito prima del previsto di studiare fisica perciò c’era il computer che mi diceva di postere…Quindi se volete per qualche ragione uccidermi per questo capitolo – se vogliamo definirlo così ^^ - non prendetevela con me ma col computer ^-^
In tutti i casi, grazie per le belle recensione. Grazie in particolare a Katherine23, Smolderina78, NikkiSomerhalder, PrincessOfDarkness90, Skizzino84 e NianDelLove. Siete l’amore, voi con le vostre recensioni! *-*
Grazie alle 45 anime sante che hanno inserito la storia tra le preferite, grazie alle 62 (aumentano ogni volta, aw) che l’hanno inserita nelle seguite e alle 5 che l’hanno inserita nelle ricordate.
Uh, già che ci sono ringrazio i lettori silenziosi, anche se non vi fate sentire so che ci siete :)
Finito il momento dei ringraziamenti, comunico con estrema tristezza (o forse dovrei dire sollievo per voi?) che inizia il conto alla rovescia.
- 2 + l’Epilogo.
Molti di voi vogliono sapere cosa ho pensato, be’ vi lancio una sfida: secondo voi, ora che tra i due si è arrivati a un punto di non ritorno cosa succederà? Ed Elena e Damon sono fratelli?
Spero che la storia non vi abbia deluso e veramente ringrazio ancora tutti quelli che hanno dedicato anche solo due minuti per leggere questa storiella.
Vi amo, a presto. <3
 
Ps. Quasi  dimenticavo…Chi di voi sta ballando la conga con una camicia a quadri, Miss Cuddles e l’Ascendente in mano? Io sì, sto accelerata dalla puntata! DAMON IS BACK! *-*
Non ti scordar di me.
  
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