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Autore: _Heartland_    05/11/2014    4 recensioni
{ | PostMockingjay! | Everthorne ( Gale + Katniss ) | Galecentric! | }
Tutti sappiamo cosa è accaduto dopo la Rivolta, o almeno, una minima parte. Spesso, noi Everthorne shipper, ci rassegniamo a scrivere di questa coppia che gli altri definiscono improbabile che dopo anni riesce comunque a tornare unita, oppure proviamo ad immaginare come si sia sentito il nostro Hawthorne durante i giochi di Katniss. Insomma, ci interroghiamo sul presente e sul futuro.
Ma vi siete mai chiesti come vivevano Katniss e Gale prima? Vi siete mai chiesti quali avventure, belle o brutte, vivessero nei boschi? Vi siete mai chiesti, quando nelle fanfiction si parla dei ricordi di Gale, di quali ricordi effettivamente si tratta?
No, si suppone di no. E anche se fosse, qui troverete le risposte alle vostre domande. Una storia in cui Gale, in ritorno verso casa, ripercorre ad ogni capitolo un ricordo di lui e Katniss nei boschi.
Un insieme dei momenti più belli della nostra coppia preferita, accompagnati talvolta da qualche canzone o una bella poesia, che ci fanno capire perché loro due, effettivamente, sono poi questa coppia così speciale.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Hawthorne, Gale Hawthorne, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Nur Erinnerungen.



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O.1 | Capitolo primo 


Quando la gente mi chiede cosa vuol dire amare, abbasso gli occhi per paura di ricordare.

——— J. Morrison
 
 
« Avanti, Gale, che c’è che non va? » la ragazza fece il broncio, piegando il labbro inferiore in avanti e sbattendo dolcemente – o così almeno lei credeva – le ciglia.
Il ragazzo la guardò di sfuggita, con una smorfia sul volto. La odiava. Odiava quella sua dannata espressione, quella sua voce troppo acuta, quella sua bellezza troppo artificiale.
La odiava perché neanche lei era riuscita a fargli dimenticare Katniss.
« Nulla, Artemis. Semplicemente nulla. » rispose Gale in tono piatto, perché era vero. Era questo che gli era rimasto. Il nulla più totale.
« Sembri così triste… » constatò la mora, accennando un sorriso che lei avrebbe voluto anche solo lontanamente far assomigliare all’attraente. « Potrei rallegrarti un po’ io… » annunciò poi, lasciando scorrere le sue unghie laccate di un rosso scarlatto lungo il collo del ragazzo.
Immancabilmente, quel colore gli fece tornare vivida nella mente l’immagine del sangue. Quante volte lo aveva visto? Su di lui, sugli abitanti del Distretto 12, in guerra, negli Hunger Games. Sulla sua Catnip, e anche fin troppe volte.
Il ragazzo si allontanò con un strattone, rifiutandola. Artemis rimase con le parole a mezz’aria, troppo incredula per far uscire un qualunque altro verso dalla bocca.
« Non guardarmi così. » riprese a parlare Gale. « Va’ via. Sparisci!»
Un impeto di rabbia si impossessò di lui, al riaffiorare dei ricordi. La rabbia stessa ne era un altro, dato che lo aveva movimentato così tante volte durante la rivolta. Faceva così male rivivere tutto centinaia di volte, ogni volta che un qualunque oggetto o gesto gli facesse tornare in mente la sua vita precedente. Ormai, trovava riferimenti ovunque. O forse, invece, era lui a cercarli.
L’espressione della ragazza traspariva delusione, immensa delusione. « Stai dicendo… » un singhiozzo le bloccò la frase a metà strada, scuotendola violentemente. « Stai dicendo che è finita? »
Gale si morse il labbro inferiore, mentre un barlume di divertimento gli attraversava gli occhi.
« Sto dicendo che non è mai iniziata. » annunciò infine il ventiduenne, guardandola negli occhi azzurri. Lui odiava gli occhi azzurri.
« Non fissarmi così! » sbraitò la ragazza, in preda a violenti scossoni. « Basta! »
Era troppo debole, non andava bene per lui. No, non andava affatto bene. « L’unica cosa che sto guardando sono i tuoi occhi. » rispose pacato Gale. « E sono esattamente come i suoi. »
Uguali a quelli di Peeta. Uguali a quelli della persona che gli aveva portato via la sua Catnip.
Artemis non resse più la situazione. Le pareva di poter crollare da un momento all’altro, travolta da una verità falsa che si era lentamente costruita attorno.
Allora era tutto vero. Le voci che dicevano che il cuore di Gale battesse ancora per lei erano dannatamente vere.
La ventunenne sbattè un piede a terra, frustrata, poi corse via. Corse via da lui, come ogni altra ragazza con cui l’Hawthorne aveva provato a dimenticare.
Gale, dal canto suo, abbassò lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore. Questo ora aveva iniziato a tremare immancabilmente, mentre i sensi di colpa lo assalivano ancora una volta.
Ora lo aveva capito. Non sarebbe mai riuscito a dimenticare Katniss, e non avrebbe mai potuto affrontarla. Era costretto a vivere così, condannato in un mondo crudele e cercando di cullarsi nei propri sogni, in una realtà parallela dove la sua felicità continuava ad esistere.
 
-***-
 
« Soldato Hawthorne. »
Gale alzò lo sguardo dalla propria colazione, incontrando gli occhi della Paylor. Per un attimo il ragazzo rischiò di strozzarsi, poi riuscì a mandare giù il boccone, chiedendosi per quale motivo lei fosse lì. « Sì? » domandò poi, osservandola.
« Volevo chiederle un enorme favore. » la donna si sedette al tavolo, davanti a lui. Come al solito, la sua voce era autoritaria. « Si tratta di un favore che probabilmente le costerà tutto l’orgoglio che ha sempre covato. »
Gale inarcò un sopracciglio. Cosa diamine stava intendendo? Ormai non aveva più nulla da perdere, tanto valeva andare avanti. « Ovvero? »
« Il Distretto è in fase di ristrutturazione. Ci servono uomini forti per dare una mano e rendere i lavori più veloci. Uomini che si sappiano orientare, lì dentro. »
Il sangue parve raggelarsi nelle vene del ventiduenne. No, non poteva trattarsi di quel Distretto. Non poteva.
« Il Distretto 12, soldato Hawthorne. Accetta di volerci andare? » specificò la Paylor, come se Gale non avesse capito.
Gli si formò un groppo in gola. Il dolore al petto tornò a farsi sentire, irradiandosi per tutto il corpo. Parve ostruirgli tutte le arterie, i polmoni, il cuore. Parve aver ingoiato tutte le molecole d’ossigeno, impedendogli di respirare. E per un attimo Gale si perse nei ricordi, dapprima negli occhi della sua Catnip e nelle battute di caccia dai momenti felici, poi negli Hunger Games, in Capitol City che fremeva per la nuova coppia formata da Katniss e Peeta, e la guerra. Quella dannatissima guerra. I suoi occhi ripercorsero lentamente i medici che correvano verso i bambini. Rivedevano una Katniss ormai al culmine delle forze che si sbracciava per sua sorella e Prim, la paperella, che per una frazione di secondo si girava verso di lei. E poi le bombe scattarono, mentre la tredicenne moriva con il nome di sua sorella sulle labbra.
Gale sapeva com’era andata perché la Coin stessa gli aveva fatto vedere la registrazione dell’accaduto. La stessa che lo aveva incastrato, che aveva mosso in Katniss un sentimento per lui che l’Hawthorne credeva non sarebbe mai riuscito a rimpiazzare: l’odio.
No, Gale ne era certo, non ce l’avrebbe fatta ancora una volta nel 12. Eppure, lo sapeva per esperienza, il dolore era meglio del vuoto assoluto. Gli permetteva pur sempre di provare qualcosa.
« Accetto. » confermò infine il ragazzo con voce risoluta, liberandosi da quella prigionia di ricordi, mentre la Paylor annuiva soddisfatta.
« Stanno perfezionando ulteriormente i treni, causando però, per adesso, un rallentamento della velocità, per cui ci vorranno undici giorni esatti per arrivare al Distretto. Al dodicesimo dovrebbe trovarsi lì. Partirà il pomeriggio stesso. »
Gale annuì, ingoiando il groppo in gola che gli aveva ostruito per così tanto tempo il respiro.
Era pronto per partire. Era fremente d’impazienza ora, ed era dannatamente pronto.
 
-***-
 
Aveva appena finito di preparare le valigie. Gale si fermò, drizzando la schiena, e le osservò per un po’. Erano una valigia e un borsone, e contenevano lo stretto necessario per un paio di mesi. Il ventiduenne aveva già immaginato che ci sarebbe voluto del tempo per ricostruire gran parte del Distretto.
Il ragazzo sospirò, abbandonandosi sul letto. Per un attimo, fece scorrere il suo sguardo attorno a sé stesso, osservando la stanza dove aveva vissuto per circa tre anni. Le pareti erano bianche, prive di significato. Il letto su cui era seduto si trovava nell’angolo, di fronte alla porta. Al lato opposto del muro dove si trovava ora Gale c’era un semplice armadio in legno. Accanto a questo, infine, c’era una piccola scrivania. In un altro angolo erano poggiate alcune armi che il ragazzo si era portato dietro per la propria sicurezza personale, un gesto meccanico, ormai;  e la camera finiva lì. Da una parte, pensava il ragazzo, lo rispecchiava perfettamente, perché anche lei era spoglia, vuota.
L’Hawthorne si alzò, dirigendosi verso la scrivania. Quest’ultima era pulita e ordinata, senza grandi pile di fogli oppure penne e matite sparse ovunque. Gale alzò la lampada che si trovava all’angolo del piano,  frugandovi sotto. Eccola, pensò, mentre le sue dita si chiudevano attorno alla piccola chiave in argento.
Il ragazzo si chinò, seguendo i quattro cassetti che si trovavano nella parte sinistra della scrivania. Usò poi l’aggeggio che aveva appena recuperato per aprire l’ultimo cassetto, e i suoi occhi si immobilizzarono su tre fogli. Ricordava ancora quando li aveva scritti.
Le sue mani tremanti si mossero per prenderli, e Gale li strinse con una presa leggera, come se questi potessero polverizzarsi da un momento all’altro.
Poi il suo sguardo ricadde su un’altra cosa. Una fotografia. Il ragazzo deglutì, scrollandosi per evitare che i ricordi lo sommergessero un’altra volta, prese velocemente anche quella e infilò tutto nella velocità massima all’interno del borsone.
Per un attimo, sentì un’altra ondata di rabbia movimentarlo. Pareva partire dallo stomaco e irradiarsi fino alla gola, e bruciare, bruciare come fuoco. Il ragazzo sferrò un pugno al muro, cercando di placarsi, ma questo non lo aiutò. Allora continuò, un pugno dopo l’altro, seguiti ed accompagnati da urla di puro furore, finchè non senti il sangue bagnargli le nocche. Ma non gli importava, non gli importava. Lacrime salate cominciarono a rigargli le guance, ostruendogli la vista, finchè, lentamente, l’agonia e la depressione non presero il posto della rabbia.
A quel punto Gale si lasciò cadere per l’ennesima volta sul letto, stufo della sua situazione.
La odiava e la amava al tempo stesso.
La odiava perchè non era riuscito a scordarla, a smettere di amarla.
« Dannata te, Katniss. Dannata te. » ripetè, esalando un unico, grande respiro.
 
-***-
 
« Ma non mi dire, » lo apostrofò il biondo, con il solito tono ironico. « Avevo scommesso con Will che non saresti venuto per nulla al mondo! »
Il volto di Gale si tramutò in una smorfia, mentre saliva sul treno assieme al ventiquattrenne. « Molto divertente, Nikolas. » rispose, saltando poi su con un balzo.
Per un attimo, immaginò ancora Katniss. Provò ad immaginare come si fosse sentita, la prima volta che era salita sul treno per Capitol City, anche se avevano preso treni diversi, loro due. Un brivido percorse tutto il suo corpo, scuotendolo così violentemente che Gale decise di lasciar correre l’ipotesi.
« E così alla fine vieni. » ripetè l’altro ragazzo, quello che più si era avvicinato alla figura di amico per Gale, in quegli anni.
« Sono qui, no? » ribattè seccato l’altro, sedendosi sul primo posto che trovò. Lasciò cadere i bagagli accanto a lui, noncurante di tutto e tutti.
« Già. » continuò Nikolas, sedendosi davanti a lui. Si mise nella sua solita posizione, poggiando i gomiti sulle gambe e incrociando le braccia, lo sguardo fisso sull’Hawthorne. « Se mai avremo un giorno libero porterai nei boschi me e Will? Sembra divertente cacciare lì. »
Oh, certo, pensò Gale. E’ divertentissimo andare nei boschi perché la tua famiglia sta per morire di fame e sapendo comunque che è illegale e che, se ti troveranno, ti uccideranno seduta stante. Già, davvero fantastico.
« No. » negò infine il ragazzo, guardandolo dritto negli occhi verde smeraldo. No, non ce l’avrebbe fatta. Ripercorrere quelle strade intarsiate di ricordi avrebbe fatto troppo male, e lui non si sarebbe mostrato debole di fronte ai suoi… amici.
Il treno partì di colpo, ma nessuno ci fece molto caso.
« Come vuoi. » lo tranquillizzò Nikolas, continuando il discorso e alzando le braccia in segno di innocenza. « Sai quando ci assegneranno le camere? » domandò poi, guardandosi intorno.
Altri soldati, ovviamente, erano partiti assieme a loro. Dovevano essere all’incirca una dozzina, se non di meno, ed erano tutti impegnati a ciondolare in giro per il mezzo, senza sapere esattamente cosa fare.
« No. » ripetè Gale, con tono neutrale. « Sinceramente… » si morse la lingua.
« Sinceramente cosa? » ripetè il biondo, curioso.
« Nulla. » Il ventiduenne liquidò la faccenda con un gesto della mano. Poi il moro si alzò, lasciandosi cadere su un’altra poltrona vicino alla finestra.  Poggiò la fronte al finestrino, pensieroso, osservando appena il paesaggio che scorreva sotto di loro.
Pensava a quello che aveva quasi detto a Nikolas, a quello che aveva vietato alla sua bocca di dire. Aveva paura di tornare lì, era vero, ma non c’era altro modo per superarla.
Sinceramente non gli importava nulla delle camere. Voleva solo tornare a casa.

 

I ricordi ci uccidono. Senza memoria, saremmo immortali.
——— G. Bufalino
 


{ Angolo Autrice! }

 
Bene, eccomi con il primo capitolo. Vi avverto che dal prossimo inizierò con i ricordi bellissimi ma strazianti, e, oltre alle solite citazioni, aggiungerò anche una canzone. Poi capirete tutti i dettagli nel capitolo.
Spero di non aver combinato nessun pasticcio. e.e
Ditemi cosa ne pensate, ogni recensione verrà osservata come un piccolo dono degli sponsor! ( Basta che non mi facciate fare la stessa fine di Prim! )
Okay, ho finito, non c'è granchè da dire.

E ricordatevi, inviate le recensioni. Risponderò a tutti!
P.S.

Non me ne potevo dimenticare. e.e

EVER HAWTHORNE!
  
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