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Autore: The Ghostface    08/11/2014    1 recensioni
Sono passati tredici anni…tredici lunghissimi anni da quando Ghostface è stato rinchiuso nel Tartaro.
Di lui non resta che un vago ricordo, voci, leggende urbane…tutto sbiadito dal tempo…dalla magia…
Sulla Terra le cose sono cambiate, nonostante il tempo trascorso i Titans sono rimasti uniti…e con un membro in più, un vecchio rivale pentito…
Alcuni si sono sposati, alcuni hanno avuto dei figli…alcuni nascondo terribili segreti nel profondo del loro animo che mai mai e poi mai dovranno essere svelati.
Il ritorno in circolazione di un noto avversario da un occhio solo terrà alta la guardia dei nostri eroi.
Ma quello che tutti loro non sanno…e che sono finiti tutti nel mirino dell’ormai leggendario…Ghostface.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Ghostface, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rigor Mortis'
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CAPITOLO 3
 
-Questa cena era buona buonissima, papà!- esclamò il piccolo Rick appena finito di spazzolare via il suo gelato dalla tazza.
In realtà con un padre vegano e la madre incapace di usare i fornelli la buona cucina non era molto conosciuta a casa Logan.
Ma i due gemelli non avevano mai mangiato altro, al contrario di April alla quale venivano sempre dei crampi allo stomaco quando assaggiava i piatti di suo padre dopo un week-end passato in compagnia dello zio Big Cyb…e dei suoi hamburger.
La serata trascorse veloce e tranquilla nella bella casetta vicino al mare.
Grazie al cielo trasmettevano la maratona di Adventure Time, così per una volta Rick, Ruby… e BB sarebbero rimasti buoni e tranquilli davanti alla tv.
Approfittando della quiete, Corvina da brava madre impicciona lasciò perdere il libro che stava leggendo, percorse il corridoio senza accendere le luci fluttuando fino alla porta della cameretta della figlia maggiore, silenziosa si accostò alla porta della camera di April, all’interno c’era solo il silenzio…e l’incessante battere delle dita su una tastiera.
-So che non dovrei farlo…- si disse tra sé e sé la maga –Ma lo faccio lo stesso-
Entrando furtivamente nella parete attraversò il muro con la testa sbucando alle spalle di sua figlia seduta davanti al pc, impegnata in un botta e risposta con Bruce.
Dalla sua angolazione Corvina poteva comodamente sbirciare le e-mail che sua figlia si scambiava col pargolo dei suoi più cari amici.
 
B «Davvero sei riuscita a prendere otto in matematica? Come troch-bal hai fatto?»
A «Ho studiato una volta tanto»
B «See te che studi… come ci sei riuscita realmente?»
A «Ok, lo ammetto. Ho imbrogliato. È stato facile, mi sono scritta tutte le varie formule e avevo pure la calcolatrice, poi ho creato un’ illusione ottica alla prof e alla classe di me che “lavoravo onestamente” e il gioco è fatto! Una classe di bambaccioni!»
B «Se tua madre lo scopre di apre dal naso all’ombelico poi si fa un mantello nuovo tessendo i tuoi intestini e solo dopo si prende la briga di ucciderti…quanto mi dai per il mio silenzio?»
A «Bruce, Bruce, Bruce…questo lo farà a te TUA madre se venisse a sapere che ti sei dimenticato di dare da mangiare a Silkie lo scorso anno e che non era scappato…»
B «X’hal! Non oseresti!»
A«Posso contare sul tuo silenzio?»
B «Come al solito.
Piuttosto come procede il tuo “progetto Midnight”?»
A « È quasi finito e io sono così eccitata! Nessuno ne sa niente a parte te e la zia Iella, che mi ha aiutato a costruire l’occorrente…soprattutto mia madre deve restarne all’oscuro, vedrai alla prima occasione il mondo conoscerà…»
 
-Presa!-
Corvina trattenne a stento un grido di sorpresa che avrebbe rivelato ad April la sua presenza.
Fulminea si ritrasse dalla camera di April tornando nel corridoio, dove BB la guardava con aria di falso rimprovero.
Poco prima il mutaforma era passato per di lì notando le pallide e invitanti gambe della moglie sporgere dalla parete, un pizzico sulla chiappa si era dimostrato inevitabile.
Adesso la guardava negli occhi, e la maga, rossa in viso per essere stata colta con le mani nel sacco era come paralizzata.
-Corvina…- iniziò lui ma subito venne interrotto.
-Lo so, lo so…devo lasciare un po’ di privacy a nostra figlia…solo che lei è così piccola e cresce così in fretta, è appena entrata nell’adolescenza e Azar solo sa come ne verrà fuori…è in quest’età che c’è più bisogno dei genitori…-
-Noo…a quest’età le ragazze vogliono fare le loro esperienze, affrontare il loro problemi, stare in compagnia delle loro amiche e alla larga dai genitori…e iniziare a frequentare qualche bel ragazzo.
Guarda noi, nessuno dei Titans ha mai avuto vicino i genitori durante l’adolescenza eppure…
Non devi stargli così addosso, amore.
Cosa credi che faccia lì dentro tutte quelle ore? Che metta le sue foto nuda su internet? Vuole solo parlare in privato coi suoi coetanei, lasciala respirare- replicò BB.
-Innanzi tutto tu sei l’ultimo che deve permettersi di parlare di foto di donne nude su internet…quando hai caricato on-line per sbaglio la mia foto erotica che doveva essere un regalo per te e te SOLO, ci sono voluti dei mesi perché Cyborg criptasse tutte quelle esistenti in rete…- lo ammonì la strega ben memore del brutto ricordo.
-E poi…io la vedo scivolare via… mi ricordo quand’era piccola tra le mie braccia, quando a cinque anni la portavo al parco…siamo sempre andate d’amore e d’accordo…ora invece discutiamo in continuazione… non voglio che il nostro rapporto si rovini…-
BB l’abbracciò teneramente.
-Su, su…ha 13 anni ormai sta iniziando a essere autonoma. Se le stai col fiato sul collo non migliori le cose.
E poi ti ho colta in flagrante questo vuol dire cinque dollari nel barattolo delle penitenze ora… e una notte focosa con me per espiare le tue colpe più tardi…- sorrise baciandola dolce e passionale.
Corvina non era mai sazia di quei baci, più ne aveva più ne desiderava, gli cinse il collo con le braccia ricambiando in pieno l’ardore di BB, circondandogli la vita con le gambe mentre lui la sosteneva con le braccia forti.
Le bocche si separano e si ricongiunsero una dozzina di volte nell’ombra del corridoio, lui la sbattè dolcemente ma con desiderio contro il muro comunicante con la stanza di April, affondando le dita nel fondoschiena sodo di Corvina, senza smettere di sondare la bocca di lei con la sua lingua, insinuandola sempre più a fondo in lei.
-Ma che schifo!- esclamò April aprendo la porta e interrompendo bruscamente i suoi genitori.
Le luci si accesero di colpo.
-Non vi azzardate a farlo davanti alla mia porta! Trovatevi una camera!- sbuffò infastidita, erano stati proprio i rumori soffusi degli amanti ad attirarla nel corridoio.
Imbarazzati ma divertiti i due si scambiarono un ultimo bacio veloce prima che BB rimettesse a terra Corvina.
-Ok, scusa…è tardi meglio che andiamo a mettere a nanna i tuoi fratelli…- bofonchiò BB passandosi una mano tra i capelli.
-Giusto. E appunto perché è tardi ti concedo un’altra mezz’ora in piedi poi fili a letto anche tu- aggiunse Corvina lisciandosi i suoi di capelli corti, viola e scompigliati.
-E voi quando ci filate a letto?? – replicò la ragazzina maliziosa.
-Sapete, non si sa mai che salti fuori l’uomo nero da sotto il letto e dovessi venire a dormire nel lettone con voi… - aggiunse sghignazzando.
-Va bene, hai vinto- rispose BB –Ancora un’ora e mezza da sveglia e tu resti comoda comoda sotto le lenzuola TUTTA la notte, ci stai?- sorrise allungando un biglietto da dieci dollari alla figlia che lo prese passandoselo sotto il naso.
-Io e tua madre abbiamo certi argomenti di cui trattare…-
-Tutto sommato è da quando avevo quattro anni che non ho più notizie dell’uomo nero…si sarà trasferito.
È un piacere fare affari con te.
Goditi la tua fidanzata…- disse beffarda prima di rientrare nella sua stanza lasciando i due soli in corridoio.
-Allora…prima portiamo a letto Rick e Ruby e poi pensiamo a noi?-  riprese il mutaforma accarezzando le spalle della moglie.
-Ma guarda te che sbruffoncella ho cresciuto…- sorrise tra sé e sé Corvina persa tra i suoi pensieri.
-Comunque, sì BB. Stanotte devo farmi perdonare una birbonata…-
I due si avviarono verso il soggiorno dove mamma Tv stava diseducando i Gemelli con quel cartone demenziale.
-Lo sapevi che TUA figlia ha imbrogliato nel compito di matematica?- disse Corvina al marito.
-MIA figlia?! Lascia che ti spieghi una cosa…- ribattè quello scherzoso.
 
-Oh! No…ti prego…aspetta…Robin, non è il caso…- mormorò Stella Rubia tra i gemiti di piacere.
-Invece è perfetto…da quanto tempo volevo rifarlo sul letto dove abbiamo fatto l’amore per la prima volta…- rispose quello ansimando animalesco, baciandole con passione il collo inarcato all’indietro.
-Ma…m-ma potrebbero sentirci…- fece Stella ormai incapace di sottrarsi al tanto desiderato amplesso erotico.
-Cyborg è Iella sono fuori città…- la rassicurò il ragazzo risalendole le lunghe gambe color pesca fino ai glutei prosperi.
-Bruce è appena due camere più in là…- continuò l’aliena incerta lasciandosi toccare nell’intimità dalle labbra del suo amante.
-I videogiochi lo terranno occupato tutta la notte…io ti desidero Stella, ti amo come il primo giorno…- le accarezzò con ardore i seni, la cui pelle era tutta un fremito d’eccitazione.
-Awww…sììì-
Nudi, l’uno sull’altra intenti a consumare il loro amore focoso e prepotente Robin e Stella Rubia non si accorsero di un’ombra che solcò la loro finestra.
Per pochi attimi soltanto una figura nera munita di ampie ali era guizzata fulminea davanti alla vetrata della camera che dava sul lido illuminato della città.
Poco dopo, sul tetto della Torre un vecchio longilineo dalla pelle cadaverica e dal volto scavato, i cui occhi erano coperti da due lenti scure come la sua anima si stava liberando dal deltaplano con cui era atterrato sul terrazzo.
Ammantato di un vestito scuro, con tanto di soprabito svolazzante anch’esso nero, coi guanti su entrambe le mani e i lunghi capelli raccolti in una coda dietro la nuca, Ghostface scrutò rapidamente il tetto da dietro le immancabili lenti affumicate.
Non scattò nessun’allarme.
Lo sapeva.
Aveva monitorato per settimane la T-Tower e la casa di Corvina, studiando le abitudini dei loro inquilini, apprendendo i cambiamenti e l’atteggiamento dei “nuovi arrivati”.
E aveva notato che per connettere la playstation a Scimmie Battagliere 7 era necessario disconnettere tutti i sistemi di sicurezza.
E l’occasione di approfittare di ciò gli si era presentata quando Bruce aveva scelto proprio quel gioco per passare la serata, una serata in cui Robin e Stella erano troppo “impegnati” per accorgersi di qualcosa.
Portava due pistole, identiche alle sue vecchie, ma senza caricatori, così come aveva con sé la perfetta riproduzione delle sue spade, ma erano solo dei falsi.
E uno come Ghostface non poteva accontentarsi di imitazioni…lui andava solo sull’originale.
Era venuto alla Torre per una precisa ragione, rimpossessarsi dei suoi “vecchi amici” ma senza allertare i Titans di un suo eventuale ritorno.
Tutto doveva restare nel silenzio.
Si sarebbe fatto sentire, oh certo che l’avrebbe fatto. Ma al momento opportuno, quando sarebbe stato pronto, a farsi scoprire ora non ci guadagnava nulla.
Calandosi dalla parte opposta della camera dove Stella e Robin consumavano il loro desiderio, Ghostface incise un cerchio del diametro poco più largo di una trentina di centimetri nella vetrata con un taglia-vetro.
Senza fare il minimo rumore trasse sul tetto il pezzo di vetro tagliato e scivolò all’interno fluido e snodato passando per la piccola apertura dando prova di grandi doti ginniche e contorsioniste nonostante l’età.
Si trovava nella vecchia stanza di Terra.
Chi fosse questa ragazza lui non lo sapeva…ma aveva avuto modo d’informarsi.
Ricordava bene dove fosse situata la sala dei trofei dalla sua ultima irruzione alla Torre, quattordici anni prima.
Pregò perché non avessero rimodernato l’ambiente durante la sua assenza.
Tuttavia per accedere alla sala dei trofei aveva bisogno di una mano.
Letteralmente…
 
Bruce non seppe neppure cosa l’aveva colpito.
Troppo preso dal rumoroso gioco aveva lasciato che Ghostface gli strisciasse felino, indisturbato alle spalle, immobile dietro di lui.
Da quella posizione il vecchio aveva messo fuorigioco il giovane mezzosangue tamaraniano con sole due dita.
Facendo pressione sulla giugulare, bloccando il flusso di sangue al cervello ne aveva provocato l’istantaneo intorpidimento, in pochi attimi Bruce era stramazzato al suolo privo di sensi.
Era stato un lavoro pulito, rapido e silenzioso.
Non gli sarebbe rimasto nemmeno il segno, nessuno avrebbe sospettato di nulla.
Ma non era finita qui, Ghostface estrasse una siringa dal lungo ago contenete un misterioso liquido verde acqua.
<Questo mi tornerà utile in caso di emergenza…> pensò iniettandolo nelle vene del ragazzo.
Poi, lo trascinò di peso fino alla stanza dei trofei, era proprio la mano di Bruce quella di cui aveva bisogno.
Una mano riconosciuta dalla serratura tattile della camera blindata.
Appoggiò la mano del ragazzo sulla schermata della serratura, le lettura delle impronte digitali fu immediata…la porta automatica si aprì.
Lasciando il giovane incosciente a terra, Ghostface avanzò furtivo nell’ombra.
Innanzi a lui si trovò una distesa di cimeli conquistati nelle imprese più disparate.
Un telecomando ultra tecnologico di qualche sfigato di serie c.
Pezzi dell’armatura di Adone.
Il comunicatore dell’Hive Five.
Lo zainetto trasformabile di Gizmo.
Le chiavi della macchina di Ding Dong Daddy
Il cappello di Mumbo Jumbo.
Il DNA di Plasmus.
L’hardisk di Megawatt.
Il bastone magico di Mad Mod
I pezzi di ricambio di Fratello Blood.
Una maschera….
Tanti cimeli, tanti trofei…doveva solo trovare i suoi.
E gli fu facile.
Tenute in bella vista, appese al muro dentro una teca, stavano le sue lunghe spade sottili, incrociate tra loro.
Il manico di una ancora annerito dall’incendio che aveva decretato il suo arresto.
Quanto gli erano mancate in quegli anni di prigionia…
Le sue pistole coronavano il quadro artistico al di sopra delle lame.
E al centro…al centro stava la sua maschera.
Il mezzo teschio bianco rudemente inciso sulla maschera di metallo, con dipinto sopra un folle sorriso maligno e raccapricciante, con l’occhio deforme che fissava malevolo il vuoto e i denti di ferro che sporgevano verso il basso.
Non l’aveva mai utilizzata molto, i suoi occhi erano la sua vera maschera, imperscrutabili…tuttavia stavolta gli sarebbe tornata molto utile per i suoi progetti futuri.
Si mosse rapido, agile come l’aria, impercettibile come il pensiero, in meno di cinque minuti tutto era sostituito alla perfezione.
Senza emettere un fiato Ghostface tornò sui suoi passi.
Camuffò abilmente lo svenimento di Bruce simulando un attacco di sonno, col corpo stravaccato sul divano con ancora il joystick in mano.
Si accertò di aver cancellato ogni traccia del suo passaggio e uscì.
Fu fuori in men che non si dica.
Sigillando con cura scultorea l’apertura nella vetrata riattaccando il vetro tagliato col mastice trasparente; era quasi impossibile notare il segno del taglia-vetro senza sapere dove guardare.
-Miei vecchi amici…di nuovo insieme finalmente….- ghignò appena al di sopra della T-Tower saggiando tra le mani l’impugnatura delle katane, bilanciandone il peso, muovendole fulmine, guizzanti come serpi nell’aria, seguendo il movimento del vento.
Ma non c’era tempo per il sentimentalismo.
Avrebbe avuto modo di riavvicinarsi alle sue armi più avanti.
Rinfoderò le spade, assicurò i pistoloni al cinturone e si calò la maschera sul viso.
Ghostface era tornato.
Aveva ancora due commissioni da fare, altre siringhe da iniettare, persone da vedere…e un vecchio amico da incontrare…
Si issò il deltaplano nero sulle spalle prese la rincorsa e saltò volando nel cielo notturno, un cielo buio senza luna.
Un mezzo perfetto il deltaplano.
Silenzioso e discreto.
Non necessitava di radar, di motori rumorosi o complessi congegni d’occultamento.
Solo un corpo ammantato di nero, con ali nere su un cielo nero.
Nero su nero.
Mimetismo perfetto.
Mentre il vento scompigliava i lunghi capelli d’argento raccolti in una coda, Ghostface teneva i freddi occhi di ghiaccio, perennemente celati dalle lenti, puntati sul suo obbiettivo, proprio dove le correnti aeree lo stavano portano.
Il tetto di casa Logan.
  
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