XI
Non rispondere a quel
telefono
Il turno finisce anche fin troppo presto, grazie alle tante
partenze del giorno e alle mille cose di cui dovevamo occuparci. Per fortuna
direi, visto le stupidaggini della serata prima, era meglio non avere tanto
tempo libero per pensare alle conseguenza di ogni mio gesto.
Ma quello che mi preoccupava di più era proprio il giorno
che stavo vivendo.
Perché? Beh, sicuramente Valerio si sarebbe fatto vivo in un modo o nell’altro,
visto che molto intelligentemente gli avevo dato il mio numero di telefono, e
sicuramente ci sarebbe stata un’altra persona che mi avrebbe chiamato. O forse
no, dipendeva dall’importanza che avrebbe dato a quel borbottio di parole e
frasi sconclusionate che gli avevo rivolto.
Non sarebbe stata una cattiva idea recarmi nel luogo più
remoto della terra, soprattutto dove non c’era campo. Non avevo voglia di
affrontare una discussione, pensate due.
Avevo lasciato Gabriella al piano di sotto, perché mi
sentivo esausta e avevo una dannata voglia di farmi una doccia e di buttarmi
sul letto. Non m’importava della cena; il mio unico obiettivo era quello di
recuperare tutto il sonno perduto. Di certo non avrei trovato Beatrice, anche
se una piccola parte di me ci sperava perché così avrei messo fine a quella
storia mai nata con Valerio. Ero così stanca.
Possibile che desiderassi sempre di scappare da ogni
rapporto? Eppure Valerio era una brava persona e avrei potuto iniziare qualcosa
di importante con lui.
Una vocina nella mia testa mi diceva di smettere di dire
bugie. Non anche a me stessa.
Quando apro la porta, non è la faccia di Beatrice che vedo e
nemmeno quella di Valerio.
Daniele.
“Come hai fatto ad entrare?” esclamo, stizzita. Diamine, io
volevo dormire.
“Anche per me è un piacere rivederti, Roberta.” Si avvicina
e, fingendo di non vedere il mio cipiglio irritato, mi bacia con calma su
entrambe le guance.
“Daniele, che ci fai qui?”
“Ero preoccupato, no? Mi hai chiamato di notte fonda e dato
che avevi evitato di rispondere alle mie chiamate, mi sono precipitato.”
“E il lavoro?” Daniele era un programmatore di computer e
raramente lasciava la sua amata scrivania.
“Sai quante ferie arretrate avevo?” In effetti, era un tipo
che non smetteva mai di lavorare.
“Continuo a non capire… come sapevi dov’era il mio alloggio e
come sei entrato?”
“Dovevi essere completamente ubriaca ieri, e sai benissimo
che non dovresti bere. Comunque, mi aveva dato l’indirizzo una delle tue
amiche, quella con l’accento sardo, mentre ad aprire la porta è stata una
bambolina bionda. Abbiamo cambiato gusti?”
Bene! Devo picchiare ben due persone. Ma nessuno si faceva
gli affari propri?
“Senti…”
“Sembri stanca.” Parole che sono accompagnate da una leggera
carezza sulla mia testa. Adora spettinarmi i capelli, l’ha sempre fatto, sin dai
tempi delle elementari, ora che ci penso. Daniele è l’unica persona che mi è
sempre stato vicino, era lì con me quando la mia vita era cambiata
inevitabilmente, stravolgendola e mostrandomi come, fino ad allora, mi fossi
comportata come una bambina.
La nostra amicizia era iniziata nel cortile di casa mia,
quando avevo preso le sue difese e messo fuori combattimento dei ragazzini più
grandi del mio quartiere. Daniele aveva assunto le sembianze di un uomo solo ai
tempi del liceo, ero sempre stata più alta di lui, o almeno fino al momento in
cui sua madre iniziò a mettere qualcosa di magico nella sua acqua per farlo
allungare in quel modo. Era il mio nano da giardino, e poi puff…
ero io a essere il suo nano!
Comunque, anche da bambina, non amavo vedere quegli
atteggiamenti da bulli e quindi, mi ero subito innalzata a paladina della
giustizia. Era così tenero con quel musetto triste e lo sporco sulle guance che
non potevo restare impassibile. Mi ero fiondata su di loro con la mia
bicicletta rosa shocking e li avevo travolti, salvando così il principe azzurro
dal pericolo.
Ovviamente la principessa, cioè me, finì in punizione per
una settimana. I genitori di quei ragazzini chiamarono infuriati mia madre,
definendomi selvaggia e brutale. Ma se ero una dolce principessa con la bici
rosa? Iniziò così la nostra amicizia, ovvero da quel giorno si attaccò a me
come una gomma da masticare alla suola di una scarpa.
“Lo sono, infatti. Non ho dormito un granché.”
“Facciamo così: ci vediamo stasera, così vado a cercare una
camera d’albergo dove dormire stasera. Va bene?”
“E se usassimo il mio metodo?”
“Ossia?”
“Non vai a dormire in nessuno hotel. Ora mi faccio una
doccia, così non sembra che sia andata in decomposizione e ci riposiamo un paio
di ore. Usciamo per mangiare, ahimè ci tocca, e poi resti da me.”
“Non so…”
“E dai, non ti mangio mica e ci parlo io con il direttore per
spiegare la tua presenza qua! Tanto quello mi adora.”
Non avrei permesso che andasse a spendere soldi quando
potevamo dividere lo stesso letto. Dopotutto l’avevamo sempre fatto! Certo, non
eravamo più due adolescenti, ma non ero neanche una bomba sexy che avrebbe
sedotto il migliore amico di sempre. Ero Roberta e lui, quel bambino con la
faccia sporca di terra.
“Ok. Però dobbiamo parlare e sai benissimo qual è
l’argomento… tua madre è molto preoccupata per te.”
“Ma chi? Quella donna che non mi chiama mai?”
“Smettila. Lei è fatta così! So che è fredda e che non fa mai
capire cosa prova, ma ti vuole bene, e tu dovresti chiamarla.”
Non se ne parla neanche! Dovrebbero essere i genitori a
farlo e dato che nemmeno la mia procreatrice intende sollevare la cornetta per
sapere come sto, perché dovrei farlo io?
“Vado a farmi la doccia.”
“Un giorno smetterai di parlare persino con me, lo so.”
Quanto mi mancava Daniele in versione melodrammatica…
Signore, salvami dal suo perenne vittimismo!
“Santa pazienza.” Che altro posso dirgli? Sono anni che gli
rimprovero di essere una persona che tende a ingigantire il tutto e non mi ha
mai ascoltato. Quindi, Amen, e doccia sia.
Quando esco dal bagno, finalmente con le sembianze di una
donna e non di un cadavere in putrefazione, lo trovo sdraiato sul mio letto.
Completamente addormentato.
Chissà a che ora è partito per essere qua…
Con molta delicatezza, mi sdraio vicino a lui e i miei occhi
osservano il suo profilo prima di chiudersi inesorabilmente. Sento la sua mano
sui miei capelli e sorrido prima di addormentarmi.
“Rob!”
Mmmh. Possibile che non possa dormire in pace?
“Che c’è?” mugugno, senza aprire gli occhi.
“Il tuo telefono ha già squillato per tre volte consecutive.
Non vorrei che qualcuno del lavoro ti stia cercando.”
Mmmh. Scommettiamo che è Valerio? Su, gente, il sondaggio è
aperto!
“Vedi chi è, per favore.”
Lo sento allungarsi verso il mio lato e afferrare il
telefono.
“Valerio. È un tuo collega?”
Una standing ovation, per favore. Perché io ho sempre
ragione.
“Mmmh. Solo uno con cui ho limonato… continuiamo a dormire.”
Rieccolo, per la quarta volta il mio telefono inizia a
squillare.
“Di nuovo lui. Che faccio?”
Ecco io non capisco: ma se il telefono non è il tuo, perché
ti poni tutte queste domande? Al massimo puoi metterlo sotto il cuscino per
evitare di sentire ancora una volta la suoneria, ma basta. Nulla di più.
“Non rispondere a quel telefono.”
“È il titolo di un film che girerai prossimamente? Non è
molto originale!”
Apro gli occhi, ormai completamente sveglia e soprattutto
con i nervi a fior di pelle. Perché Daniele non si faceva gli affari suoi? E
soprattutto Valerio, se non ti rispondo per tre volte, non continuare a farlo.
Odio il mattino. Odio svegliarmi presto e odio gli uomini!
“Dammelo. E ricordami di cambiare suoneria… me l’ha fatta
odiare! Per una volta tanto che stavo sognando unicorni e fate…”
“Che c’era nell’acqua della doccia?”
Afferro il telefono e pigio quel benedetto tasto verde.
“Pronto!” rispondo con il livello di acidità ormai alle stelle.
“Ehi.”
Cioè, mi rompi le palle e, alla fine, l’unica cosa che ti
viene in mente è quella specie di saluto? E meno male che ti ho dato del tempo
per pensarci, non oso immaginare quando non ne avrai.
“Stavo dormendo, scusa. Dimmi pure.” Calm
down, Roberta. Calm down.
“Ahi, scusa! Sei tornata tardi ieri sera?”
Non ne ho la più pallida idea. Le mie occhiaie mi dicono di
sì, ma dato che ho un vuoto di memoria non posso mettere la mano sul fuoco.
“Sì, infatti! Tua moglie è davvero simpatica, a proposito.”
“Moglie?” Chiede Daniele completamente scandalizzato. “Ti sei
limonato uno sposato?”
Oh, taci! Gli faccio segno di non parlare, non voglio
spiegare la presenza di un uomo in camera mia ad uno con il quale non sono
uscita per più di dieci minuti.
“Ex, Roberta.”
“Sì, sì, ex, come vuoi. Comunque è stata una bella serata.”
“Sì, me l’ha detto anche Beatrice.”
Ah bene, non la sentiva da mesi e tutt’a un tratto l’ha
chiamata! Dovrei essere gelosa, giusto? Quindi perché non lo sono neanche un
po’?
“Ti ha fatto piacere sentirla?” Dio, forse non dovrei fargli
questo genere di domande.
“Sì. Lo sai bene, non era solo mia moglie, ma anche mia
amica.” Vero! Si
conoscono dall’alba dei tempi, un po’ come me e Daniele, solo che il mio amico
non è una bambolina bionda con gli occhi azzurri e le guanciotte
rosa, bensì un bestione di un metro e novanta con la delicatezza di un elefante.
Però ha gli occhi azzurri. Un punto a Daniele!
“Che fai stasera?”
Non si offende se rifiuto un suo invito per la seconda
volta, vero? Vorrei tanto evitare la paternale di Daniele, ma tanto il mio
amico è capace di uscire con noi e di farla anche in sua presenza.
“Devo ridarti buca. È venuto a farmi una visita il mio
migliore amico e, dato che resta pochi giorni, vorrei passare un po’ di tempo
con lui… scusa.”
Con la coda dell’occhio vedo Daniele fare segno di andare
tutti insieme, ma gli basta un mio sguardo per capire di non proseguire. Due
uomini per Roberta, tante grazie, ma no.
“Oh. Domani che turno fai?”
“Mattino, Valerio.”
Con la solita gentilezza a cui mi sono abituata per anni e
anni, Daniele afferra il mio cellulare. “Ciao, sono il suo amico! Aperitivo tra
un’ora?”
Ora lo uccido. O forse, è meglio se mi uccido da sola,
perché non ho completamente voglia di prendere da bere dopo la grande sbornia
della sera prima e neanche di uscire con loro.
Posso rimanere in camera a guardare Peppa Pig?
“Perfetto. A dopo, Valerio. Sì, credo che Roberta lo sappia,
in caso ti chiamiamo. Oh, ti saluta Roberta che è entusiasta e sta già
scegliendo cosa mettersi.”
Datemi un martello o qualsiasi oggetto contundente!
Mi porge il telefono con il suo solito sorrisino da angelo e
le mie mani prudono per la voglia che ho di prenderlo a schiaffi.
“Happy hour, darling. Non sei
contenta? Tu li adori!”
Voglio vedere Peppa Pig!
NdA: Buon lunedì, gente!
Anche questo è un capitolo con poca azione, ma serve per introdurre un
personaggio molto importante: Daniele, ossia il migliore amico di Roberta. Se
il capitolo precedente vi ha delusi e forse anche questo, vorrei dire a mia
difesa che necessito di questi capitoli “tranquilli” per poter andare avanti
con la trama. Io scrivo perché mi piace dare libero sfogo alla mia creatività e
non per la fama o per le recensioni, però vedere così pochi commenti fa sempre
un certo effetto. Non cambierò idea su Roberta perché amo questa storia, quindi
io proseguo con la mia strada… al prossimo lunedì!