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Autore: Lily Liddell    11/11/2014    4 recensioni
Post-Mockingjay | Hayffie | Effie's POV {+Evelark}
~
Sequel di Rain.
{Potranno comunque essere lette separatamente.}
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Sono passati due mesi da quando Haymitch, Katniss e Peeta sono tornati al Distretto 12. Effie non se la passa bene, Plutarch le dà una mano ma il suo appartamento è stato distrutto durante i bombardamenti; è ancora psicologicamente sconvolta dall’esperienza in prigione e spera che il tempo guarisca le ferite.
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Capitolo 1:
Io non so più chi o che cosa sono. Al 13 ero una capitolina, alla Capitale sono una ribelle… Fortunatamente, fra le quattro mura di questo appartamento, sono solo Effie.
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Capitolo 18:
Dal momento che Peeta e Katniss hanno deciso di sposarsi pochi giorni prima del compleanno della ragazza, a lui tocca il compito di preparare non una, ma due torte.
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Capitolo 38:
L’odore pungente del detersivo s’infiltra nelle mie narici e non riesco a combattere la nausea.
I fumi profumati che evaporano dai vestiti appena lavati non sono nocivi ma mi vanno direttamente alla testa, causandomi continui capogiri.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Atmosphere'
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Petrichor
3x01 Anno nuovo, vita nuova
 
Otto mesi prima
 
Mi sembra un sogno. Non uno di quelli belli, ma nemmeno un incubo. Solo- mi sembra di star vivendo un’esperienza extracorporea.
I bambini ovviamente non appena hanno ricevuto la notizia, sono voluti partire immediatamente per la Capitale.
Fra poco l’hovercraft atterrerà e la mia testa è ancora confusa. Non so quanto dovrò restare, ma di certo non posso lasciare da soli i miei nipoti adesso.
Allie non si è ancora ripresa, fisicamente sta quasi bene, ha solo qualche difficoltà a camminare e ogni tanto la voce suona ancora un po’ impastata. Sono preoccupata per il trauma psicologico che ha subito, ma il tempo guarirà le ferite. Ne sono sicura.
Fanno atterrare l’hovercraft sul tetto dell’ospedale e Plutarch ci sta già aspettando. Ci accompagna assieme ad un team di medici all’interno della struttura.
Non appena metto piede all’interno di quei corridoi asettici, una sensazione terribile mi stringe lo stomaco in un groviglio di nodi, la nausea è quasi ingestibile. Non è lo stesso ospedale dove fui ricoverata io, ma è praticamente identico.
Tutti gli ospedali sono la stessa cosa.
I medici, avvolti nei loro camici bianchi, m’inquietano. Comincio ad avvertire una stretta al petto e inspiro lentamente. Plutarch deve rendersi conto che c’è qualcosa che non va, perché mi poggia una mano sul braccio e stringe la presa delicatamente. « Tutto bene, Effie? »
Io annuisco, sforzandomi terribilmente di sorridere, combattendo la nausea e la sensazione di soffocamento. « Sì, sono solo un po’ nervosa. »
Devo essere pallida, o verde, perché quando ci fanno sedere in una sala d’attesa praticamente vuota, senza che io chiedessi nulla mi portano un bicchiere con un po’ di acqua e zucchero.
Accetto volentieri, anche se per la prima volta dopo mesi, vorrei avere in borsa i miei calmanti.
Dopo poco meno di dieci minuti, un dottore ci informa che possiamo procedere.
Cercando di distrarmi, mi concentro sui bambini. Lavinia sembra contenta, Anita e Alex sono decisamente più preoccupati, ma stanno affrontando la situazione egregiamente.
Quando finalmente arriviamo davanti alla stanza con la targhetta “Allegra Trinket”, mi sento mancare l’aria.
Stringo i denti, e con un sorriso finto sulle labbra seguo Plutarch in silenzio.
Allie è sveglia, il viso è rilassato e quando ci vede, sulle sue labbra si allarga un sorriso sincero. Sembra stare bene.
Erano anni che non vedevo il suo colore naturale di capelli. Un incantevole biondo cenere che le ho sempre invidiato; solo le punte sono quasi bianche, con un’ombra rosa sbiadita. Si ostinava sempre a tingerli di un fucsia intenso, che diceva far risaltare il verde grigiastro dei suoi occhi.
Lavinia corre ad abbracciarla e dopo un attimo di incertezza, anche Alex e Anita la raggiungono. Sento di nuovo la mano di Plutarch stringersi attorno al mio braccio e mi volto verso di lui; sta sorridendo e automaticamente ricambio il sorriso, cercando di non far cadere la maschera. Dovrei essere più contenta, ma deve esserci qualcosa di sbagliato in me.
Il dottore che ha in cura mia sorella si avvicina a loro quattro e le poggia una mano sulla spalla, rivolgendosi poi a tutti noi. « In tre settimane, quattro al massimo, potremo dimetterla così potrete tornare a casa. »
Casa, è una parola strana. Perché la mia è stata bombardata più due anni fa e l’appartamento in cui vivevo prima di trasferirmi al Distretto 12 non potrà mai ospitarci tutti. La vecchia casa di Peeta sarebbe perfetta, è abbastanza grande per tutti, ma Allie non acconsentirà mai a trasferirsi al 12…

Presente
 
Un anno nuovo, forse mi porterà fortuna…
Sono passati tre anni dalla guerra e la notte faccio ancora fatica a dormire alcune volte.
L’orologio segna le tre del mattino, ma sento delle voci provenire dal corridoio, quindi accendo la lampada sul comodino e mi alzo lentamente.
Infilo velocemente una vestaglia e delle pantofole, poi mentre la allaccio in vita, mi avvio verso la fonte del rumore.
Le voci provengono dal salotto e quando entro, non posso che restare colpita da quello che vedo: Allie è seduta sul divano e sta ridendo di gusto con un bicchiere vuoto in mano, ma non è sola.
« Johanna! L’hai fatta bere? » Il mio tono accusatorio non sembra nemmeno scalfirla, si limita a stringersi nelle spalle.
« È il primo gennaio, Trinket, cercavo solo di far rilassare un po’ tua sorella, dovresti ringraziarmi. » Dal modo in cui biascica le parole, capisco che è ubriaca anche lei.
Prendendo il bicchiere dalle mani di Allie, mi assicuro che stia bene. « È sotto farmaci, potevi ucciderla. » Sibilo fra i denti, ma ancora una volta Johanna Mason mi rifila uno sguardo indifferente.
« Un bicchiere non farebbe male nemmeno a te, sai? »
Prima che possa ribattere, una voce alle mie spalle mi fa sobbalzare. « Fate più piano, finirete per svegliare Finn. » Annie è in pigiama, in piedi accanto alla porta. « Ma- che succede? » Chiede quando nota la mia espressione.
Indico con un cenno veloce della testa Johanna, portando le mani sui fianchi. « L’ha fatta bere. »
Annie si preoccupa, avvicinandosi a noi velocemente e lanciando uno sguardo di rimprovero a Johanna. « Sta bene? Dobbiamo portarla in ospedale? »
Sono fortunata che Annie è in uno dei suoi periodi sì, altrimenti sarebbe stato tutto più difficile. Scuoto la testa, più tranquilla. « No, non prende nulla da questa mattina. »
Lei annuisce, decisamente sollevata, poi si rivolge a Johanna. « A letto, tutte e due. »
Mentre Annie cerca di convincere l’altra donna ad alzarsi, io aiuto mia sorella a mettersi in piedi. Lei si volta per raggiungere le sue stampelle, ma la fermo. « Ci penso io dopo, adesso andiamo a letto, appoggiati a me. »
Mi allontano con le braccia di Allie al collo, lentamente. Prima di uscire mi volto verso Annie, per ringraziarla con lo sguardo e per darle la buonanotte. Non smetterò mai di ringraziarla per averci ospitati a casa sua, non so dove sarei adesso se non fosse stata così gentile.

Sei mesi prima
 
Mentre spingo la sedia a rotelle di Allie lungo la strada, Anita e Alex camminano avanti a noi, reggendo le loro valige e quella di Lavinia.
Plutarch è al mio fianco, mentre porta le mie e quelle di mia sorella, mentre Lavinia è dietro di noi, con il trasportino di Pumpkin fra le braccia.
L’aria al Distretto 4 è calda e appiccicosa, nonostante ormai sia ottobre e l’estate è passata da un pezzo. Temo che a breve comincerà a piovere e non la smetterà più, data l’umidità.
Allie già si lamenta a causa del tempo. L’unica cosa che posso fare è scuotere la testa e continuare a spingerla. « Hai sentito cosa ti ha detto il dottore, l’aria di mare non può che farti bene. »
Mia sorella cerca di voltarsi verso di me, per rifilarmi un’occhiataccia. « Perché non la finisci di nasconderti dietro le parole del medico e non ammetti che non ce la facevi più a stare in quella casa? Cosa credi, che sia veramente così stupida? »
Non rispondo, perché la risposta probabilmente non le piacerebbe.
« Tua sorella non ha tutti i torti. » S’intromette Plutarch. Evidentemente oggi sono tutti contro di me.
« Te l’ho già detto, Effie. Va bene, non è un problema stare lontani da Capitol City per un po’. » Le parole rassicuranti di Allie, portano un debole sorriso alle mie labbra.
Non so quanto durerà questa sistemazione, ma spero il più a lungo possibile.
Non le ho nemmeno proposto di tornare insieme al Distretto 12, ogni volta che parliamo dei mesi che io e i ragazzi abbiamo trascorso lì, storce sempre il naso.
Sono rimasta in contatto con Haymitch e i ragazzi; Peeta sembrava contento quando ha saputo che sarei andata a stare con Annie e Johanna, Katniss ne è sembrata sorpresa.
La reazione di Haymitch è stata completamente indifferente. So che non l’ha presa bene, ma so anche che non lo ammetterà. Spero solo capisca che in questo momento la mia famiglia ha bisogno di me.
Forse, quando Allie starà bene, potrò tornare al Distretto 12, ma per ora la cosa è fuori discussione.

Presente
 
Dopo aver portato Allie a letto, vado a controllare che Annie non stia avendo problemi con Johanna. Quella donna alle volte riesce ad essere insopportabile.
È chiaro che mia sorella non le piace affatto, ma addirittura tentare di avvelenarla… dubito l’abbia fatto con intenzioni cattive, ma un minimo di coscienza ci vorrebbe ogni tanto.
Quando sono certa che Johanna sia nella sua stanza e che Annie sia tornata a dormire, torno nella mia camera e mi infilo di nuovo sotto le coperte, accarezzando pigramente la testa di Pumpkin, appisolato accanto al mio cuscino.
Lui solleva la testa e mi guarda con fare stanco, per poi sbadigliare immediatamente dopo. Comincia a leccarsi una zampa e a pulirsi la testa strofinandosi la zampa appena leccata contro l’orecchio.
Mi incanto a guardarlo, allontanando ogni genere di pensiero per una manciata di minuti, poi un rumore fuori la finestra lo fa distrarre e si alza in piedi, sospettoso.
« Non è niente, torna a dormire. » Cerco di rassicurarlo, lui rimane fermo con le orecchie tese ancora qualche momento, poi si siede e riprende a pulirsi con attenzione.
Lo lascio in pace, stendendomi e mettendomi comoda, quando trovo una posizione soddisfacente, allungo la mano per spegnere la luce.
Poco dopo, Pumpkin si sposta, acciambellandosi sulle mie gambe e cominciando a fare le fusa.
La mia mente vaga, ripensando agli avvenimenti delle ultime settimane. I ragazzi vanno a scuola regolarmente, si trovano bene.
Allie dice che appena sarà completamente autosufficiente torneremo alla Capitale, io non ne sono così convinta. Credo che le faccia bene stare qui, l’aria pulita è rigenerante. Ogni mattina facciamo colazione sulla grossa terrazza di Annie, che affaccia direttamente sul mare.
Se potessi resterei qui per sempre… ma mi manca la mia squadra, mi manca da morire perfino lo starnazzare continuo delle oche di Haymitch; non pensavo che lo avrei mai ammesso, ma è così.
Haymitch… non lo sento da mesi ormai, dopo l’ultima telefonata non ho avuto più il coraggio di chiamarlo.

Quattro mesi prima
 
« Se vuoi che torni, Haymitch, basta chiederlo. » La mia voce è calma mentre reggo la cornetta del telefono e ripeto per l’ennesima volta quella frase.
Quante volte l’ho pronunciata durante le ultime chiamate? Non riesco nemmeno più a contarle e ogni volta, la risposta è sempre la stessa.
Questa volta non è diversa. « Non mi interessa, Trinket. Se vuoi tornare, torna. Se non vuoi tornare, resta dove sei. Ma smettila di telefonare ogni volta solo per lamentarti e piagnucolare. »
« E va bene, allora. Se veramente non ti interessa, tranquillo, non ti importunerò più con le mie telefonate. »
Rimetto la cornetta al suo posto con una forza tale da far tremare il tavolino su cui è poggiato il telefono, poi ho bisogno di respirare piano e di contare fino a dieci.
Come può essere così odioso? Perché non ammettere semplicemente che gli manco? Lo conosco da troppo tempo per dubitare di questo…
Oh, ma manterrò la mia promessa. Se vorrà parlarmi, allora dovrà essere lui a chiamare, altrimenti, può anche restare solo per il resto della sua vita. Non mi interessa…

Presente
 
Mi giro e rigiro fra le coperte, incapace di riprendere sonno.
Dopo un’ora mi arrendo e ammetto a me stessa che questa è una di quelle notti in cui non dormirò affatto.
Cercando di non svegliare Pumpkin, sgattaiolo via dal letto, rimpiangendo immediatamente il calore del piumone.
Indosso di nuovo la vestaglia e lascio la stanza, dirigendomi in cucina.
Inaspettatamente vedo che la luce accesa, e al suo interno – meno inaspettatamente – ci trovo Johanna, intenta a reggersi la testa, seduta al tavolo, di fronte ad un bicchiere d’acqua. O almeno spero sia acqua.
Quando avverte la mia presenza, solleva appena la testa ed emette un lamento incomprensibile. Probabilmente sono già i postumi della sbornia, ben le sta.
« Ti prego, vattene. Non ce la faccio a sentire il suono della tua voce, ho la testa che mi scoppia. »
Sorrido sotto i baffi, facendo il giro del tavolo e aprendo il frigorifero. Tiro fuori la bottiglia del latte e recupero un bicchiere, facendo tintinnare più del dovuto il vetro contro un altro bicchiere.
Johanna si lamenta di nuovo, coprendosi gli occhi. « Trinket… »
« Cosa? » Faccio con fare innocente, sedendomi di fronte a lei e versandomi un bicchiere di latte. « La cucina è un locale condiviso, se ti dà così fastidio la mia presenza, puoi sempre tornare nella tua stanza. »
« Sono troppo stanca per le tue stronzate, e non mi reggo in piedi. Quindi, ti prego, chiudi la bocca e lasciami in pace. »
Porto gli occhi al cielo, scuotendo appena la testa e nascondendo un altro sorriso. Dopo aver bevuto un sorso di latte, poi, sono tentata di poggiarlo sul tavolo facendo altro rumore, ma mi trattengo e lo poggio con delicatezza.
Ormai è calato il silenzio, ma non è un silenzio fastidioso. Sono abituata alla presenza di Johanna, che ormai potrebbe anche essersi addormentata.
Non posso non pensare alle settimane passate in prigione, insieme, quando lei era la mia unica compagnia, ogni tanto con l’aggiunta di Annie, quando era in sé.
Il bicchiere ormai è vuoto, ma io continuo a non avere sonno. Johanna è immobile di fronte a me, ancora con il viso fra le mani. Respira lentamente, non riesco a capire se è sveglia o meno ma comincio ad annoiarmi.
Faccio per aprire la bocca, un po’ di conversazione non può certo farle male, ma m’interrompe prima ancora che possa dire una sola parola. « Non ci provare nemmeno. »
È un avvertimento che dovrebbe somigliare ad una minaccia, ma la voce è impastata dal sonno. Non capisco per quale motivo non va a letto se è così stanca.
Apre gli occhi, poi li richiude e si massaggia le palpebre chiuse. « Incubi. » Mi dice, come se mi avesse letto nel pensiero.
« L’alcool non ti aiuterà a farli passare. » Le rispondo, alzandomi per andare a prendere dell’altro latte.
« No? E cosa mi aiuterebbe? » Si volta, con un sorrisetto fastidioso stampato sulle labbra. « Magari se dividessimo il letto potrei dormire sogni più tranquilli. Haymitch mi ha detto che funziona. »
Senza batter ciglio, mi avvicino a lei e porto gli occhi al cielo. « Ho un bicchiere pieno di latte in mano, non ti conviene fare tanto la spiritosa. »
« Le carte in tavola sono ribaltate, eh? » Sospira, sempre più stanca.
Probabilmente si sta riferendo a quella volta quando, durante una edizione degli Hunger Games, mi rovesciò l’intero contenuto del suo bicchiere in testa, solo perché avevo cercato di essere gentile con lei.
Non lo apprezzò…
Un tempo, probabilmente, quel ricordo mi avrebbe fatta innervosire, adesso non fa altro che suscitare in me una risatina spontanea.
Johanna finalmente si decide ad alzarsi, accettando di buon grado il bicchiere che le sto porgendo, poi si avvia alla porta, ma prima di lasciarmi sola si volta un’ultima volta. « Non so chi fra voi due sia più imbecille. State solo perdendo tempo, e chissà
per quale miracolo ne avete avuto ancora. »
Le perle di saggezza firmate Johanna Mason… con queste parole, lascia la cucina lasciando la porta aperta.
Anche se ci provo, non riesco a non riflettere su quello che ha detto. Potrà anche essere insopportabile, ma la maggior parte delle volte, la ragione è dalla sua.


A/N: Salve di nuovo! Ecco il nuovo capitolo, un po’ in anticipo rispetto a quanto mi immaginassi, ma meglio così. :)
Ho in mente un po’ di cose da far succedere, questo terzo anno non durerà molto in quanto a capitoli, ma sarà abbastanza intenso.
Non vedevo l’ora di arrivarci, finalmente posso lavorare più a fondo con Johanna, Annie e Finn.
Come ho detto in passato, amo alla follia l’idea di un’amicizia fra Effie e Johanna. Se volete, qui c’è una one-shot che approfondisce il rapporto fra loro due, durante la prigionia. La tematica è un po’ dark.
Spero vi sia piaciuto, lasciatemi un commento per farmi sapere, così potrò migliorare sempre di più la mia scrittura.
A presto,

x Lily
   
 
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