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Autore: Papillon_    12/11/2014    2 recensioni
“Promettimi che qualunque cosa accada, Blaine, qualunque, un pezzetto del tuo cuore rimarrà comunque mio. Anche piccolo, anche insignificante; tu promettimi che lo lascerai per me. A me basterà. Sarà la cosa più bella del mondo, e potrò dire che mi hai amato. Senza paure e per sempre.”
“...Te lo prometto, Kurt.”
.
Blaine è convinto di aver perso Kurt per sempre e adesso è completamente solo, in un mondo fatto di paura e di virus e di morte. Ma un giorno ogni cosa cambia - e Blaine scoprirà l'importanza delle seconde opportunità, ed avrà l'occasione di ricominciare tutto da capo.
[Crossover Glee/In the flesh; Klaine AU]
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

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Kurt era in bagno quel mattino, e stava cercando di indossare la lenti a contatto blu senza guardarsi allo specchio. Era un po' una punizione per sé stesso, insomma, aveva fatto tutta la vita a rimirare il suo riflesso e adesso non riusciva nemmeno ad avvicinarsi. Non ne trovava il coraggio, perché aveva paura di scoprire cosa avrebbe potuto vedere.

Non era capace di mettersi le lenti, e a un certo punto cominciò a pensare di essere negato. Dio, una volta anche Blaine aveva provato a mettersele viola – perché è una festa di Halloween, Kurt, tutti sono pazzi per una notte – ma alla fine aveva miseramente fallito, e uscito sempre con quegli occhioni grandi color nocciola che rapivano tutto - le luci, il buio, le paure. Il cuore di Kurt, in primo luogo, anni prima. Ed era ancora suo. Il cuore di Kurt Hummel era ancora e completamente di Blaine Anderson.

La lente gli scivolò dalle dita almeno tre volte di fila, e finalmente alla quarta Brittany entrò nel bagno e gli chiese se aveva bisogno di aiuto.

“Kurt, non riuscirai mai a metterti le lenti se non ti guardi allo specchio.”, lo rimproverò, buttando via la lente che Kurt aveva tra le dita e prendendone una nuova. Lo afferrò per le spalle e lo trascinò davanti allo specchio, Kurt che si rifiutava di aprire gli occhi.

Avanti, Kurt”, sussurrò lei vicino al suo orecchio. “Sai che puoi farcela.”

Kurt non era sicuro. Non era sicuro più di niente ormai, non del cielo e delle nuvole e delle cose belle. Sapeva cosa avrebbe visto se avesse alzato le palpebre, e la verità e che non sentiva tutto quel coraggio nelle vene. Forse non c'era mai stato. D'altronde era Blaine ad aver portato quella parola nella sua vita tanto tempo prima – Coraggio – e da quando Blaine non c'era più forse Kurt aveva smesso di averne. Forse non ne valeva più la pena.

Alla fine aprì gli occhi, e la prima cosa che vide fu il suo viso pallido, una cicatrice lungo un sopracciglio, e infine quei perfetti cerchi bianchi attorno alla pupilla.

E fu come tornare indietro.

 

Blaine stava cantando - come sempre quand'erano in macchina - e Kurt non lo aveva mai amato così tanto. Cioè, era buffo e ridicolo e altro ancora, però era sempre Blaine, il suo Blaine, lo stesso Blaine che lo aveva preso per mano subito dopo averlo conosciuto, quello che aveva cambiato scuola per restare insieme all'amore della sua vita, quello che si era precipitato a New York due giorni dopo che Kurt aveva avuto la febbre, l'anno in cui si erano separati perché Kurt era al college e Blaine all'ultimo anno. Lo stesso Blaine che gli aveva chiesto di sposarlo a diciotto anni e che si emozionava come un bambino quando Kurt usciva dal bagno e gli ripeteva le parole della proposta – perché te lo meriti, perché mi hai fatto piangere, perché non c'è nessuno come te, Blaine Devon Anderson.

Stava cercando di tenerlo su di morale perché era molto tardi; erano andati a trovare Burt e Carole per pranzo ed erano stati insieme a loro tutto il pomeriggio, ma prima di cena erano dovuti scappare perché non era sicuro viaggiare di notte. Avevano avuto diversi imprevisti – le solite cose che capitano quando hai fretta, qualcuno guida piano prima di te e trovi un incidente e devono sempre esserci chilometri di coda – e Kurt a un certo punto aveva cominciato ad agitarsi sul sedile. Giravano brutte storie su quello che poteva capitare di notte. Aveva sentito dire che i non-morti vagavano senza meta e potevi imbatterti in uno di loro, e quel punto combatterli sarebbe stato impossibile.

E così, Blaine cantava. Sapeva che Kurt si calmava quando ascoltava la sua voce, per cui non si fermava un attimo. Per lo più erano vecchie canzoni, le canzoni che avevano conosciuto da adolescenti e con le quali si erano innamorati; a volte quelle nuove che Blaine amava comunque. Altre volte gli afferrava la mano e gli diceva “Sta andando tutto bene.” e Kurt gli sorrideva di rimando, semplicemente perché gli credeva.

Arrivarono ad un incrocio, e Blaine fu costretto a fermarsi perché c'era rosso. Ne approfittò per sporgersi e un rubare un bacio sulla guancia di Kurt.

Cerca di calmarti, piccolo.”, gli disse dolcemente. “Siamo quasi a casa.”

Girano delle voci, Blaine.”

Quali voci?”

Che non bisognerebbe girare di notte. Credo...credo di aver paura.”

Non ne sono mai stati avvistati da queste parti, amore.”, sussurrò Blaine, accarezzandogli un polso. “Andrà tutto bene.”, ripetè forse per l'ennesima volta. Lo diceva sempre con meno convinzione, come se piano piano le parole di Kurt fossero riuscite a scavare qualcosa dentro il suo petto. Kurt si sporse e afferrò piano la sua giacca per baciarlo, baciarlo piano e a fondo e lentamente, e avrebbe voluto dirgli di non aver paura, ma non ne trovava il coraggio, non quando era il primo ad essere spaventato.

Poi scattò il verde, e Kurt fece in tempo a malapena a girarsi, prima di cominciare ad urlare.

Perché qualcosa sbattè contro il parabrezza della macchina, e Kurt fu divorato dalla paura.

Non era qualcosa, era qualcuno. Uno di loro. La prima cosa che Kurt vide furono i suoi occhi: erano bianchi, di un colore vivido ma spento al contempo, la pupilla annerita proprio nel mezzo. La bocca e denti digrignati e sporchi di sangue, mentre guardava proprio nella sua direzione.

Chiamò il nome di Blaine diverse volte, e a volte invece urlò e basta, cose senza senso, cose senza nome e senza significato, mentre il cadavere non faceva altro che guardarlo e ringhiare e...cos'erano quei suoni? Non era qualcosa di vivo. Venivano dal profondo della sua gola, e smossero qualcosa dentro il corpo di Kurt. Dio, quello era più di aver paura.

Blaine non esitò un attimo di più e mise in moto la macchina, investendo di fatto il corpo che li aveva aggrediti. Kurt si era fatto piccolo sul sedile e continuava a piagnucolare, e gridò di nuovo quando guardò dietro di sé e vide il cadavere disteso a terra.

Poi pianse.

Pianse fino a quasi perdere i sensi, pianse fino a sentire male al petto, finchè due braccia calde lo avvolsero con premura.

Solo allora Kurt si rese conto che Blaine si era fermato.

Shhh. E' tutto finito, sei al sicuro adesso.”

B-Blaine d-dobbiamo tornare a-a casa c-cosa diamine stai f-facendo?”

Shhh, non me ne vado finchè non stai meglio. Non mi muoverò di qui finchè mio marito non smetterà di piangere.”

E Kurt si aggrappò a Blaine con tutte le sue forze. Era caldo, caldo e avvolgente e sicuro e aveva un profumo così buono, che sapeva di casa e sicurezza. Sentì le sue labbra tra i capelli e le sue mani sulla pelle, e piano piano, lentamente, il respiro di Kurt tornò ad essere regolare.

Lo abbiamo ucciso.”

L'ho investito io. Tu non c'entri niente.”

Una pausa, e Kurt produsse un piccolo singhiozzo.

Ho avuto così tanta paura, Blaine.”

Lo so, mi dispiace. Mi dispiace così tanto, piccolo”, sussurrò Blaine, baciandogli piano i capelli. “Ma siamo qui per proteggerci a vicenda, no? Non permetto a nessuno di farti del male.”

Kurt alzò la testa e baciò piano un punto impreciso del mento di Blaine, e poi indugiò sulle sue labbra, un bacio che sembrava più un sospiro.

Non lasciarmi”, sussurrò lì, sulla sua bocca. “Ti prego Blaine, non lasciarmi mai.

 

E Kurt rivide tutto, ogni piccolo particolare di quella scena in quel suo riflesso nello specchio, e per quel motivo gridò. Gridò così forte da spaventare Brittany, poi si portò le mani ai capelli e cominciò a tirare, a tirare forte; e voleva solo che tutto quel dolore smettesse. Davvero, non voleva altro.

Non sapeva come ci era arrivato, ma a un certo punto trovò il coraggio di aprire gli occhi e si rese conto che si era rannicchiato in un angolino del bagno. Le sue guance erano umide, i capelli facevano male per quanto gli avesse tirati, e Brittany era seduta di fronte a lui con le lacrime gli occhi.

“...starai meglio.”, gli sussurrava, senza neanche toccarlo. “Dio Kurt, ti prometto che starai meglio.”

 

***

 

Blaine stava preparando la valigia. Era un sabato mattina ed aveva quasi finito, quando suo padre entrò dopo aver bussato alla porta con due singole nocche.

“Non capisco perché tu voglia andartene, Blaine.”

Blaine chiuse la valigia e fece un bel respiro, ma non si voltò a guardare suo padre.

“Ho bisogno di...di respirare un po', credo.”

Nessuno parlò per diversi minuti, dopo Blaine sentì una mano tiepida sulla propria spalla.

“Hai preso la decisione giusta riguardo a Kurt, Blaine. Non pentirtene.”

Blaine sentì una stretta al cuore e e desiderò scomparire. “...Lo so.”

“Però so anche che deve essere stato difficile, quindi sì. Credo che ti farà bene andare via per un po'.”

Blaine annuì al nulla, poi si abbassò per raccogliere la valigia.

“Dove andrai?”

Come faccio a guardarti negli occhi e dirti che sto tornando nel mio vecchio appartamento con la persona che amo senza scoppiare a piangere?

“Sto ancora cercando.”, sussurrò Blaine.

“Uhm, fammi sapere quando ti sarai sistemato.”

E Blaine a quel punto pensò che non ci fosse più niente da dire. Scese le scale con la valigia in mano e la caricò in macchina, e presto fu raggiunto da Cooper, che lo abbracciò – un gesto così diverso da quello di suo padre, che si era limitato a dargli una pacca sulla spalla.

“Non una parola con papà.”, sussurrò Blaine.

“Blainey, ti prego. Non sono stupido.”, lo rimproverò Cooper, alzando un sopracciglio. Poi gli diede un pugnetto amichevole sulla guancia, un gesto che aveva imparato a fare fin da piccolo.

“Per qualsiasi cosa sono qui, Blaine.”

“Lo so.”

“Sei sicuro di quello che stai facendo?”

“Sì, Coop.”

“Ti...ti distruggerà, lo sai?”

“...lo so. Non m'importa.”

Cooper sospirò. “Okay. Chiamami quando ti sarai sistemato.”, gli disse, poi gli sorrise, un sorriso ampio e fraterno. “Andrà tutto bene, fratellino. Non siete fatti per perdervi.”

Blaine annuì e si infilò in macchina, accendendo il motore subito dopo.

“Pensi che potrò farcela, Coop?”

“Penso che l'unica cosa che possa farcela sia il vostro amore, Blaine.”, ammise Cooper. “Non mi è mai capitato di vedere nulla di più forte o reale.”

Blaine si morse il labbro inferiore, ma alla fine trovò la forza di sorridere. “Ti voglio bene, Coop.”

“Anch'io, fratellino”, mormorò Cooper, sentendo il proprio cuore stringersi. “Anch'io.”

 

***

 

Blaine semplicemente non capiva, e stava impazzendo. Era un'intera settimana che Kurt lo evitava – Non mi sento bene Blaine, scusami oppure frasi senza senso come Non toccarmi non sono dell'umore o ancora Ti prego non rendere tutto più difficile – e adesso erano in cucina, Kurt stava lavando i piatti e Blaine lo osservava con gli occhi grandi di un cucciolo ferito, una persona che non capiva perché fossero arrivati a quel punto, non quando tra di loro era sempre andato tutto bene. I movimenti di Kurt erano duri e maniacali, e Blaine non lo aveva mai visto così, mai, nemmeno quando si erano lasciati quell'anno a New York o quando Kurt aveva perso Finn.

Così, senza dire nulla prima, Blaine semplicemente esplose.

Mi stai facendo male, Kurt.”

Perché Blaine accumulava, e accumulava, e accumulava ancora; cercava di farcela ed essere forte per le persone che amava ma anche lui aveva un limite, un punto di rottura che quando veniva raggiunto lo costringeva a scoppiare, a mostrare tutte le paure e le incrinature. Di fronte a lui Kurt si immobilizzò di colpo, ogni nervo teso e in ascolto, però non si voltò.

Tu non- non mi parli, non mi fai avvicinare, non so cosa ti passa per la testa. Mi stai facendo male- mi distrugge tutto questo. Parlarmi; parlami, amore mio, cosa ti costa? Sono qui, non lo vedi? Sono sempre stato qui-”

E a quel punto un piatto cadde per terra e si ruppe in mille minuscoli pezzettini, Kurt si appoggiò al bancone con entrambe le mani per non lasciarsi scivolare, ogni forza che abbandonava il suo corpo.

Si voltò, e solo poi scoppiò a piangere.

Blaine invece non riusciva a muoversi. Non capiva, non voleva capire, si rifiutava, così rimaneva lì, fermo a fissare suo marito che si sgretolava davanti ai suoi occhi.

Fu Kurt a muoversi. Con passi piccoli e concentrati raggiunse Blaine e si aggrappò al suo corpo come se da quel gesto dipendesse tutto, ogni piccola azione che aveva fatto nella sua vita.

Sono malato, Blaine.”, sussurrò Kurt lì, immerso nella sua spalla, piccolo e fragile e scoperto come una ferita pulsante. “Sto per morire.”

 

***

 

Il loro vecchio appartamento aveva ancora un vago profumo dell'ammorbidente che Kurt era solito usare per i vestiti. Erano passati più di due anni, ormai, ma Blaine avrebbe riconosciuto quell'odore ovunque.

Poggiò le valige in camera e sistemò un po' dei suoi vestiti nell'armadio. Fu più difficile farlo con quelli di Kurt. Blaine li aveva conservati tutti, e anche se si sentiva un po' ridicolo a riguardo, ammetteva di averli portati a lavare almeno una volta ogni tre mesi, in modo che rimanessero puliti e sistemati come piacevano a Kurt.

Una persona non dovrebbe mai perdere la propria metà, o l'anima gemella, o qualsiasi nome nel corso del tempo e degli anni venga dato loro. C'è un motivo se troviamo qualcuno, e quel motivo è che non possiamo vivere senza. Blaine non riusciva a vivere senza Kurt, ed era uno dei motivi per cui adesso aveva preso la scelta di ricominciare da capo, sebbene da un punto di partenza completamente diverso. Non era più due adolescenti alla Dalton, per prima cosa; non era timidi e inesperti e alle prese con la prima cotta. Erano adulti e spezzati in mille modi diversi, e Blaine era perfettamente consapevole che quello che stavano per fare li avrebbe distrutti.

Ma non c'era modo di lasciare Kurt di nuovo. Blaine non poteva a farlo, andava contro ogni logica, contro i suoi istinti e sentimenti e animo.

Erano sempre stati KurteBlaine. Anche al liceo, in mezzo a mille coppie che si lasciavano perché stanche o perché si tradivano in continuazione, loro due avevano resistito ed erano rimasti insieme a combattere contro tutto e tutti. Poi si erano lasciati quando Kurt era andato a New York – per una cavolata, qualche frase gettata lì come Non so se siamo pronti per farla funzionare Blaine, forse non siamo abbastanza maturi o Tu non hai abbastanza fiducia in quello che ci lega, Kurt - e quello era stato il periodo più brutto della loro vita. Fingevano di non amarsi più alleviare il dolore, ma non appena si sentivano per telefono o si vedevano durante qualche occasione speciale sentivano il bisogno di toccarsi, respirarsi e viversi, come se non avessero scelta. E poi un giorno Kurt era tornato in Ohio, quel sorriso accennato e quel corpo stupendo, e in qualche modo si erano parlati e avevano deciso di ricominciare. E, sempre quei giorni, Blaine aveva raccolto il coraggio e gli aveva chiesto di sposarlo - credo che la mia anima sapesse qualcosa di cui la mia mente e il mio corpo non erano ancora a conoscenza; sapeva che le nostre mani erano fatte per stringersi l'un l'altra, senza paure e per sempre. Nei mesi successivi Kurt era tornato a New York, ma questa volta l'avevano fatta funzionare, perché erano abbastanza maturi e perché credevano in ciò che li legava.

Quando anche Blaine era arrivato a New York dopo il diploma erano cominciati altri problemi. Le storie sulla libertà, i paletti, Blaine che era troppo legato e non lo lasciava respirare, Kurt che qualche volta sembrava freddo perché cercava solo di proteggersi – e inevitabilmente, si erano lasciati di nuovo. Un disastro, lo avevano definito i loro amici. Niente più sogni e progetti su una vita insieme, niente sorrisi rubati dai baci la mattina, niente più KurteBlaine. Ma se c'era una cosa che entrambi ormai avevano capito, era che erano bravissimi a trovarsi sempre, durante il tragitto. Dopo mille ostacoli e mille problemi e urla e insulti, Kurt rimaneva innamorato di Blaine come quel primo giorno in cui lo aveva fermato sulle scale della Dalton, e Blaine era sempre lì, pronto a tendere la mano per raccogliere la sua e trascinarlo lontano, nel mondo che si meritavano. Fu Kurt a proporsi la seconda volta, e Blaine disse di sì. Si sposarono un anno dopo, a New York, circondati da sorrisi e dai famigliari e la gioia di essere finalmente qualcosa anche per la legge oltre che per loro stessi.

E poi, come da copione, tutto si era spento.

 

***

 

Deve esserci una cura.”

Signor Anderson, le garantisco che stiamo facendo il possibile per rallentare il processo, ma no. Non esiste una cura per Kurt.”

L'ufficio di quel medico era troppo bianco troppo stretto troppo buio troppo tutto e Blaine e Kurt si tenevano per mano, Kurt bianco come il latte – più del solito, e quello faceva male – e Blaine tremava di rabbia, perché se doveva finire non poteva farlo così, non così, non senza che lui provasse a combattere.

Qualsiasi cosa. Sono disposto a fare qualsiasi cosa.”

Blaine...”

Purtroppo non è neanche una questione di denaro. Il farmaco che stiamo provando su Kurt sta funzionando, ma è una cosa...temporanea.”

Quanti anni ci restano?”

Blaine, piccolo, lascia stare-”

“Quanti anni?”, ringhiò Blaine, e il medico di fronte a loro rabbrividì.

Non più di qualche mese, signor Anderson.”

A casa Blaine si era tolto la giacca e l'aveva appoggiata sulla sedia con una calma così maniacale che aveva spaventato Kurt, e solo dopo si era lasciato andare. Solo dopo era scivolato sul pavimento e si era raggomitolato tutto e aveva cominciato a piangere, piangere davvero, come mai aveva fatto prima.

Kurt si era inginocchiato accanto a lui e aveva lasciato che il suo corpo adagiasse alla sua schiena, e poi lo aveva stretto con le braccia, proprio come se solo con quel gesto il corpo di Blaine avesse potuto rimanere intatto e non cadere in mille pezzi.

Mi dispiace, Kurt.”, singhiozzava Blaine, e ogni parola faceva male quanto una lama affilata. “Mi dispiace di non essere abbastanza forte da salvarti.”

 

***

 

Quando scoppiò l'epidemia, o l'apocalisse, o qualsiasi altro nome venisse attribuito a quella cosa, Blaine ancora non lo aveva ben capito, lui e Kurt erano tornati in Ohio per stare più vicino possibile ai loro famigliari. New York era diventata un disastro; trafficata da milioni e milioni di squadre mediche e forze dell'ordine arrivate per sistemare quel disastro – e così avevano scelto di allontanarsi, accontentandosi di una vita più piccola, più normale, per quanto ormai contasse il concetto di normalità.

In Ohio c'erano ancora pochissimi casi di infetti, e i pochi che c'erano venivano tenuti nascosti, le prove misteriosamente sparite o cancellate da chi di competenza. Ma Kurt era sempre stato curioso, sempre, e aveva cominciato a fare delle ricerche, scoprendo che ciò che era successo era molto più grande di quello che in realtà veniva spiegato loro.

Non capirono mai perché avvenne. Un giorno prima vivi la tua vita, quella semplice particella di un universo che dovrebbe bastarti e renderti felice, e il giorno dopo ti svegli in un mondo che non è più il tuo, un mondo in cui ci sono mostri pronti a divorarti. Un esperimento sbagliato, un virus nato per caso in un laboratorio, una vera e propria apocalisse. Non era compito della popolazione sapere quelle cose. Chi voleva rimaneva nell'ignoranza, altri potevano arruolarsi nell'esercito che nacque per combattere quegli esseri, l'HVF.

Blaine e Kurt tentarono di vivere una vita staccata da quel mondo, per quanto fosse possibile. Blaine impartiva lezioni di piano il pomeriggio e la mattina insegnava in una scuola elementare; Kurt aveva trovato posto fisso in una piccola botique di alta moda. Erano felici, lo erano davvero, e la notte si stringevano e parlavano del loro futuro come se fosse una cosa bella, non da dare per scontata.

E poi un giorno Kurt aveva detto quelle parole tra le lacrime, che stava per morire, e il mondo di Blaine aveva smesso di girare.

 

***

 

Kurt era sul letto d'ospedale con gli occhietti piccoli e stanchi, la sua mano fredda in quella di Blaine che invece era troppo grande e troppo calda. Non lo aveva mai lasciato. Era lì da tra giorni, ormai, che si rifiutava di lasciare il letto di suo marito anche solo per bere qualcosa. Certo, alla fine lo faceva, come accettava i vestiti di ricambio che gli portava Carole e si lavava con degli spruzzi d'acqua del lavandino che c'era lì, nella camera di Kurt. Ma poi tornava sempre su quella dannata sedia per stargli vicino.

Devi lasciarmi andare, Blaine.”, sussurrò Kurt, ed era così stanco, così alla deriva in quel momento. Blaine non si accorse nemmeno di ciò che aveva fatto il suo cuore, perché il suo corpo era al di là di ogni cosa. Vedeva solo Kurt, solo Kurt, non poteva perdersi nemmeno un attimo dei suoi ultimi momenti.

Non ci riesco.”

Sì che ci riesci.”

No, io- mi vedi? Non sono niente senza di te, io...non- non lasciarmi. Trova il modo di combattere, Kurt, ti prego, non puoi lasciarmi.”

Non sono abbastanza forte questa volta, Blaine.”

E a quel punto Blaine era scoppiato a piangere, si era portato la mano di Kurt sulle labbra e aveva cominciato a baciare ogni singola nocca.

Non posso vivere senza di te. Io ti appartengo, Kurt- mi dici come faccio a vivere in un mondo dove tu non ci sei? Non sono stato costruito per stare senza di te. Non ce la faccio, non posso.”

Puoi.”, sorrise flebilmente Kurt. “Promettimi che ci proverai. Ad essere felice di nuovo.”

Non ci riesco.”, gli disse di rimando Blaine. “Scusami, ma non ci riesco.”

Rimasero lì, a tremare e piangere insieme, poi Blaine a un certo punto si arrampicò sul letto per stringere forte il corpo di Kurt e immergere la testa nel suo petto.

Non potrò più toccarti, o ascoltare la tua voce, o cantare insieme a te. Ridere quando mi prendi in giro, o baciarti per farti smettere di parlare quando sei arrabbiato. Non potrò tenerti per mano, fare l'amore con te in un milione di modi di versi, e guardarti dopo e ricominciare ad amarti tutto da capo. Non avrò più niente, Kurt, perché tu sei il mio tutto. Q-questo...questo è peggio di morire, Kurt. E' lacerante.”

Kurt lo strinse forte, e più forte ancora, desiderando di poterselo imprimere sulla pelle.

Non odiarmi, Blaine.”, sussurrò. “Non odiarmi perché io ti amo, e ti chiedo scusa. Mi dispiace così tanto, così tanto, non lo potrai mai sapere.”

Si addormentarono piangendo, l'uno tra le braccia dell'altro, Blaine che sussurrava in continuazione il nome di Kurt sia nei momenti in cui sognava che in quelli in cui era in uno stato tra il sonno e la veglia.

Non poteva sapere che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe chiamato il suo nome.

 

***

 

Kurt era seduto di fronte a un'enorme finestra che dava su una distesa di cemento, lì al centro di cura. Presto sarebbe dovuto andare a prepararsi perché Blaine sarebbe arrivato quel giorno.

Era stranamente calmo, e non riusciva a capire perché. Forse perché a conti fatti quella notte non aveva dormito, e magari era stanco. Forse perché sentiva i nervi a fior di pelle ma in qualche modo riusciva a controllare comunque quello che provava. Il suo cervello gli mandava in continuazione immagini di Blaine che sarebbe arrivato, eppure il suo cuore non rispondeva.

Forse perché non si sarebbe reso conto di niente finchè lui non fosse stato proprio lì di fronte, fisicamente, vero e reale e tutto troppo.

Qualcuno si sedette accanto a lui, ma Kurt non guardò immediatamente chi era. Rimase a fissare il panorama di fronte a lui.

“Dunque”, esordì lei – era una ragazza, decisamente, Kurt vedeva i suoi capelli con la coda dell'occhio. “Stai partendo!”

E a quel punto Kurt si voltò. “Sì, Amy. Sto partendo.”

Conosceva Amy da quando era entrato in terapia. Era una ragazza burbera che lo conosceva a fondo, e quello che più si avvicinava ad un'amica per lui, in quel momento della sua vita. Aveva gli occhi enormi e i capelli scuri, e si rifiutava categoricamente di mettersi qualsiasi tipo di coprente per nascondere ciò che era diventata. Non voleva nemmeno mettersi le lenti a contatto, e in un certo senso Kurt l'ammirava per quello. Per lei quella nuova vita era più un miracolo che una maledizione.

“Chi ti sta aspettando a casa?”, chiese lei, il tono allegro e un sorriso enorme stampato in faccia.

“Mio marito, Amy.”

“Che scocciatura, credevo di essere io la tua fidanzata.”, disse lei, dandogli una pacca sulla spalla con la propria e facendolo ridere. “Come si chiama questo marito?”

“Blaine.”, sussurrò Kurt, assaporando il suono di quel nome. “Il suo nome è Blaine.”

“Non ho mai sentito questo nome. E' carino.”, acconsentì lei, ridacchiando subito dopo. “E scommetto che anche lui deve essere carino.”

“Perchè?”, chiese Kurt una sfumatura di divertimento nella voce.

“Ma perché solo una persona bella può stare con uno come te, scocchino!”, lo rimproverò lei, pizzicandogli il braccio. Kurt fece una smorfia – non perché provava dolore, ma più che altro come riflesso di ciò che sentiva una volta.

“Quindi va così.”, mormorò lei poco dopo. “Tu te ne vai a vivere la tua bella favola e mi lasci qui da sola.”

“Non credo sia esattamente una favola, Amy”

“Oh, smettila.”, grugnì lei. “Deve amarti molto se è disposto a venire qui. A ricominciare. Non lo fanno tutti, sciocchino.”

“Lui è diverso.”, ammise Kurt. “Ma potrebbe cambiare idea.”

“Non avrebbe accettato. Perché avrebbe accettato?”

“Senso del dovere? Gli facevo pena?”

“Oh, stronzate.”, disse Amy. A volte la sua schiettezza aveva la capacità di spaventare Kurt. “Il senso del dovere non porta una persona qui. Siamo un completo disastro, Kurt, in caso non te ne fossi accorto.”

Kurt ridacchiò piano, un suono che ricordava il tintinnio di un campanellino che si muoveva per il vento.

“Per cosa sei morto, Kurt?”

Kurt trasalì. “Cancro.”

“Uhm. Mi dispiace. Ha fatto tanto male?”

“Un po'. Morire in generale non è piacevole, Amy.”

Lei ridacchiò. “Ne so qualcosa.”

“E tu?”, domandò Kurt in un soffio, sperando di non ferirla.

Lei rimase in silenzio per un tempo che parve infinito. “Sai, Kurt, io non ho nessuno che sia disposto a venire a prendermi.”, disse con voce di vetro. “Tu sei molto fortunato.”

Kurt sentì qualcosa di estremamente doloroso contorcersi al livello dello stomaco, e smise di respirare quando Amy arrotolò le maniche della sua maglia per fargli vedere un taglio netto e profondo al livello dei due polsi.

“Torna a vivere, Kurt.”, sussurrò lei, guardandolo negli occhi. “Non importa quanto sia doloroso, ma fallo. Dimentica la paura e vivi, vivi per ciò che non sei riuscito a fare nella tua scorsa vita, per Blaine, e anche un po' per me se ne hai voglia. Alcuni non possono perché sono bloccati qui. Sono bloccati nel passato.”

passò un po' di tempo, qualche secondo in cui Kurt cercò di ritrovare le parole. “Perchè, Amy?”, chiese dopo Kurt, facendo un cenno con il capo verso i tagli.

“Non credevo di avere più niente per cui vivere.”

“Non è vero, sbagliavi. C'è sempre qualcosa per cui vivere.”

“Allora vedi di non fare il mio stesso errore, sciocchino.”, disse lei di rimando, appoggiando la testa alla sua spalla. “Il vostro dev'essere stato un amore molto forte.”

Kurt prese un profondo respiro. “Lo è stato.”, ammise piano. E Kurt si augurava con tutto il cuore che potesse continuare ad esserlo.

 

***

 

Il centro di terapia era a mezz'ora di strada di dove Blaine aveva l'appartamento. Non appena arrivò imboccò una strada sterrata, venne indirizzato da un giovane uomo verso un enorme parcheggio. Poi semplicemente scese, e in mano portava una rosa rossa.

L'ospedale aveva le pareti bianche, troppo bianche per i gusti di Blaine. Lui era tutto vita e luce e colori. Ricordava ancora il giorno in cui lui e Kurt avevano scelto l'appartamento e lui aveva preteso di pitturare le pareti di un colore vivo, come il giallo o l'arancione, il colore del tramonto.

Venne accolto da un'infermiera coi capelli biondi e il sorriso sincero e disteso. Disse lui di chiamarsi Brittany, e lo accompagnò lungo un corridoio che sembrava infinito.

Lei continuava a parlare, ma Blaine era davvero troppo agitato per rispondere. O per pensare anche solo di ascoltare. Non aveva la minima idea di quello che sarebbe successo dopo, di come avrebbe dovuto salutare Kurt, di quello che si sarebbero detti. Stava cercando in tutti i modi di mantenere una facciata composta, ma dentro stava morendo di curiosità e felicità e paura insieme, ed era un miscuglio di sensazioni che lo spaventavano. Voleva dimostrarsi forte per Kurt. Voleva fargli capire che era lì perché lo aveva scelto, non perché era stato costretto da uno strano senso del dovere.

Era lì perché sotto la pelle, pulsante come un cuore, il suo amore batteva ancora come il primo giorno. E qualsiasi creatura sarebbe uscita, lui l'avrebbe amata comunque, perché sarebbe stato Kurt. Il suo nobile, dolce, forte, coraggioso e immacolato Kurt.

“...e le consiglio di prepararsi, come le ho accennato al telefono. Signor Anderson, mi...mi sta ascoltando?”

Blaine cercò di destarsi. “Sì, uhm...la prego di perdonarmi.”

Brittany sorrise, un sorriso ampio e di comprensione. “Ha portato una rosa. E' un gesto bellissimo.”

Blaine si sentì un po' meglio dopo che Brittany disse quelle parole. “Lui ama le rose.”

“Credo che me lo abbia detto. Kurt...uhm, lui parla moltissimo di te. Se posso permettermi di darti del tu.”

“Oh, c-certo.”, balbettò Blaine, sfoderando il sorriso più da lui che riuscisse a trovare. Poi il suo cuore perse un battito. “...davvero lo fa?”

“In continuazione.”, mormorò Brittany, aprendo una porta e imboccando un altro corridoio. “Ci piace pensare che tu sia stato il motivo per cui Kurt è guarito. Alcuni erano spinti dai propri figli, altri da motivi futili, altri ancora non ce l'hanno mai fatta.”, ammise Brittany. Arrivarono a un piccolo bancone da cui Brittany recuperò alcuni fogli. “Per Kurt c'è sempre stato solo un nome. Il tuo.”

Blaine si leccò le labbra distrattamente, pensando che fosse impossibile quello che Brittany stesse dicendo. Blaine non era una persona fatta per i miracoli. Kurt non credeva e Blaine non era mai stato praticante, per cui non avevano mai avuto qualcosa in cui sperare, oltre che in loro stessi.

“...è felice che io sia qui?”, sussurrò Blaine, e non seppe nemmeno perché lo stava chiedendo. Forse perché aveva bisogno di conferme, forse perché aveva bisogno di qualsiasi cosa fosse in grado di tenerlo attaccato alla vita, al terreno, a Kurt e alla vita che avevano avuto.

“Credo che avrai modo di saperlo presto, Blaine.”, disse caldamente Brittany. Gli porse dei fogli che Blaine firmò in fretta, la penna che scivolava perché aveva le mani sudate, e questa volta lasciò che le parole di Brittany penetrassero a fondo.

“Blaine, so che se hai detto di sì vuol dire che sai a che cosa stai andando incontro. Quello che la maggior parte delle persone però si aspetta quando viene qui, è di trovare dei mostri, o persone orribili, qualcuno da cui mantenere le distanze. Non è così.”, disse piano Brittany. “Non sto dicendo che sarà facile, e né che sarà tutto uguale a prima. Diamine, sarà tutto diverso, e non nego che sarà distruttivo, Blaine. Per te, per lui. Per quello che avete – ma quello sarà qualcosa che ricostruirete piano piano e con il tempo. Ma Blaine, se c'è una cosa che non viene detta spesso, è che la persona che stai per incontrare è quella che avevi creduto di perdere. E' surreale, ma è così. Incontrerai Kurt, non un suo involucro o una bambola. Kurt, solo Kurt.

Solo Kurt. Blaine si ripetè quelle parole nella testa per un numero di volte che parve infinito, attaccandosi al loro significato come se ne dipendesse. Presto avrebbe potuto rivedere Kurt. Era surreale, proprio come diceva Brittany, e non si sentiva minimamente pronto per vivere quello che doveva vivere. Però gli piaceva pensare che sarebbe tutto finito una volta che avrebbe ritrovato gli occhi di Kurt – quei suoi occhi che sognava tutte le notti da quando non c'era più.

Blaine annuì, alla fine. Non riuscì a fare molto altro. Firmò qualche altra carta e sorrise a Brittany, un sorriso spento e sospeso, come se fosse il primo di una nuova vita. E poi Brittany lo condusse di fronte ad una stanza con dei vetri, e il cuore di Blaine si fermò nel petto.

“Prima di lasciarti vedere Kurt, c'è una cosa che devi fare.”, sussurrò Brittany. “E' una procedura che seguiamo con tutti, non è niente di allarmante.”, chiarificò, quando vide che Blaine si irrigidiva davanti a lei. “Ti daremo la possibilità di...osservarlo, ecco. Senza che lui lo sappia. Ci sono state delle persone che hanno cambiato idea, dopo aver visto...dopo aver visto com'erano diventati. Abbiamo introdotto questa procedura per evitare che succedesse di nuovo.”

Blaine prese un respiro profondo. Sentiva le lacrime pizzicare agli angoli degli occhi, il respiro bloccato da qualche parte nella gola.

“Loro...loro non lo sanno.” Non era una domanda.

“No. E' meglio così, Blaine.”

“E se...se cambiassi idea-”, sputò fuori Blaine in qualche modo “Cosa...cosa gli direste?”

“Che ci sono state delle complicazioni.”

Blaine sentiva il proprio corpo tremare e aveva questa voglia di correre correre correre e lasciare quel posto per respirare aria fresca, ma quando chiuse gli occhi si rese conto che c'era qualcosa di cui aveva bisogno più dell'aria. Aveva bisogno di vedere Kurt. Anche solo da lontano, sentendo il sangue scorrere veloce e le lacrime scendere. Gli sarebbe bastato.

Sospirò, un suono quasi inesistente. “Voglio vederlo.”, soffiò. “Vi prego, voglio vederlo.”, disse con più fermezza, avvicinandosi al vetro. Brittany gli strinse piano una spalla e poi sparì nel buio del corridoio con una frase biascicata – prenditi tutto il tempo che vuoi – lasciando Blaine da solo.

Poi ci fu un suono metallico – qualcosa che veniva acceso e poi sbloccato immaginò Blaine, ma nella sua testa era tutto così ovattato che non poteva esserne sicuro, semplicemente – e la stanza di fronte a lui si illuminò, mostrando l'interno.

E Blaine lo vide.

Era avvolto dal bianco più totale. Le pareti della stanza erano bianche, come il divano su cui era seduto e anche il camice che indossava, ed era come ammirare qualcosa di segreto e bellissimo, troppo prezioso per essere condiviso con il mondo. Blaine pensava di conoscere il suo corpo abbastanza, ma si rese conto che si sbagliava quando sentì un capogiro avvolgerlo tutto, la testa e il corpo che cominciavano a pulsare come se fossero una ferita scoperta.

Perchè oh mio dio, Kurt era lì. Lì lì lì proprio lì, di fronte a lui, separati solo da uno stupido inutile vetro ed era vivo, vivo e pulsante e si muoveva, c'era, il loro non era più un passato ma un presente ed era tutto così intenso e così troppo che Blaine si sentiva soffocare-

Kurt però non poteva vederlo. Quel vetro doveva essere studiato in modo che solo quelli all'esterno potessero osservare ciò che succedeva all'interno della stanza. E Kurt era lì, semplicemente seduto con quella grazia che lo aveva distinto dal primo momento e che Blaine aveva segretamente ammirato tutta la vita, la testa leggermente testa verso l'alto e gli occhi che scivolavano ovunque, con quella loro solita confusione e concentrazione che aveva Kurt quando c'era qualcosa di nuovo, di sconosciuto e non sicuro. E dio, era reale, stava succedendo veramente, Kurt era vivo e di fronte a lui, ed era diverso.

Diverso in un modo che Blaine non si sarebbe mai aspettato. La sua pelle era ancora pallida, ma sul viso aveva qualcosa di diverso; qualcosa che in qualche modo marcava i suoi lineamenti senza modificarli, qualcosa di duro e scuro, che Blaine non riuscì a riconoscere. I suoi occhi – dio, Kurt, non riuscirò mai a capire di quanti colori siano composti i suoi occhi – non erano più azzurri e verdi e grigio mescolati insieme, ma avevano un unico colore, un blu opaco e liquido che assomigliava a quello degli oceani dopo una tempesta, e quando Blaine lo vide sentì di poter abituarsi facilmente anche a quel colore.

E forse quello fu davvero il momento in cui Blaine si rese conto di quello che stava facendo. Di quello che avrebbe comportato per lui, per loro, come singoli e anche come coppia, quello che praticamente erano da una vita – così tanto che Blaine nemmeno si ricordava come si faceva a stare da soli, senza dita alle quali aggrapparsi o labbra dalle quali accettare vita. E ora poteva ricominciare ogni cosa – potevano farlo, potevano davvero se avessero voluto – eppure aveva paura. Qualcosa di quasi più immenso e pungente della paura, che assomigliava a quello che Blaine aveva provato quando Kurt era morto. Quella sensazione di vuoto e panico e perdita, un buco nero che inghiottiva tutto.

E poi Kurt alzò gli occhi e guardò per un singolo attimo attraverso il vetro, proprio nel punto in cui c'era Blaine, e Blaine scoppiò a piangere. Si aggrappò al vetro di fronte a lui con entrambe le mani, i segni delle dita che si mostravano e che sarebbero rimasti lì per sempre, mentre osservava l'amore della sua vita che non era più un semplice ricordo, ma qualcosa di vero e reale, che si poteva toccare. Pianse fino a non sentire più fiato in corpo, così forte che temeva che Kurt potesse sentirlo. Poi appoggiò la fronte al vetro e dalla sua bocca uscì un singolo soffio.

“Kurt.”

Dio, i suoi capelli erano tutti sparati in aria, e Blaine sapeva che si sarebbe odiato se se ne fosse accorto. Probabilmente nemmeno c'era uno specchio in quel posto.

“Kurt.”, ripetè, come se il suo nome fosse una corda alla quale aggrapparsi per non scivolare nell'oblio.

Mi amerai qualunque cosa succeda, Blaine?

E Blaine capì che non aveva scelta, che non l'aveva mai davvero avuta.

Sì sì sì sì certo che ti amerò, ti amerò sempre, qualsiasi cosa succeda, sono qui, sono proprio qui, e adesso stava praticamente singhiozzando e senza rendersene conto si ritrovò per terra, le guance bagnate e la pelle che bruciava, e due braccia calde lo avvolsero prima che tutto diventasse buio e piccolo e inutile.

 

La luce tornò diverso tempo dopo, un tempo indeterminato a cui Blaine non riuscì a dare consistenza. Era ancora disteso a terra, con Brittany accanto che gli accarezzava i riccioli e gli teneva un panno fresco sulla fronte.

“Ehi, Blaine. Occhi aperti. Torna da noi, forza.”, sussurrò, e Blaine si convinse ad ubbidire. Aprì gli occhi definitivamente sentendo la testa pulsare leggermente, e poi con l'aiuto di Brittany si mise a sedere contro la parete.

“Cosa...cosa è successo?”

“Sei svenuto.”, gli disse Brittany senza mezzi termini. “Uhm, è...normale, credo. Alcuni hanno degli attacchi di panico, e quelli sì che sono difficili da gestire.”

“Non ero mai svenuto prima.”

“E' il modo che il tuo corpo ha trovato per gestire il dolore, Blaine.”, gli disse dolcemente lei. “Di fronte a certe cose non abbiamo molta scelta.”

Blaine annuì con lentezza, ricordandosi che era meglio muoversi piano dopo quei momenti. Gli sembrava di aver bevuto troppo. Ricordava i capodanni che lui e Kurt avevano passato a New York: le mattine dopo si sentiva sempre così, intontito, come se la testa pesasse più del corpo.

Brittany lo guardò intensamente negli occhi. “E' il momento, Blaine.”, gli disse, e questa volta non c'era dolcezza nella sua voce. “Devo sapere cosa vuoi fare.”

E Blaine non esitò un attimo.

“Posso vederlo subito?”, sussurrò, cercando di rimettersi in piedi. “O ci sono altre procedure che...”

“Non si torna indietro, Blaine.”, lo interruppe Brittany. “Se accetti di riaverlo nella tua vita...”

“E' questo il punto.”, affermò Blaine senza nemmeno pensarci. “Lui è la mia vita. Non è qualcosa che può cambiare. Credevo di essermene dimenticato, ma guardarlo per un attimo, solo...lo rivoglio indietro.”, sussurrò, con una forza tale da spaventare sé stesso. E questa volta, Brittany non disse nulla. Sparì nuovamente, stavolta per più tempo, e quando tornò non era sola.

C'era Kurt con lei, un borsone sgualcito in mano e gli occhi enormi e spalancati.

 

Kurt aveva desiderato per una vita intera essere più forte. Forte quanto lo era un supereroe, forte come suo padre o come il suo fratellastro. Ma non lo era mai davvero stato. In realtà un pochino sì, dopo aver conosciuto Blaine. Gli piaceva pensare che fosse Blaine la sua forza, quel motivo che gli faceva sperare di andare avanti senza paure – Coraggio – quella ragione che lo spingeva ad andare in giro per i corridoi con la testa alta e un sorriso piccolo.

Ma la verità era che dentro era fragile, fragile come un fiore raccolto, e aveva bisogno di Blaine per essere forte davvero. Per essere sé stesso. Blaine lo aveva salvato dai bulli, Blaine lo aveva protetto, Blaine aveva cambiato scuola per lui per renderlo più forte, Blaine lo guardava negli occhi ogni giorno e gli sussurrava Puoi farcela. Senza Blaine, Kurt era un involucro vuoto.

E per quello, Kurt non sapeva cosa fare in quel momento. Quando si specchiò negli occhi di suo marito – il suo primo amore, l'amore di una vita, di un'intera esistenza – vide che questa volta era Blaine che aveva bisogno di lui, del suo coraggio e della sua forza, e Kurt non aveva niente da donargli, niente che fosse un corpo marcio o un paio di occhi finti. E quello faceva male, male più di dirsi addio e pensare di non vedersi mai più.

Per quel motivo Kurt distolse lo sguardo e smise di guardare Blaine. Il tutto era durato qualche istante, qualche istante in cui Kurt si era perso e ritrovato e innamorato di nuovo – non aveva mai, mai smesso di amare Blaine, ma rivederlo era diverso, rivederlo era tutto – e Blaine era annegato nei suoi occhi e egli aveva chiesto Tirami fuori di qui e Kurt lo aveva guardato di rimando impotente, chiedendogli scusa, perchè non riusciva a lasciarlo andare.

Brittany stava parlando, ma Kurt conosceva Blaine abbastanza da sapere che non stava ascoltando, che stava facendo finta. Sentiva i suoi occhi addosso, bruciavano come un piccolo fuoco ed era certo che se avesse avuto la sua vecchia pelle sarebbe arrossito, ma ora non poteva più. E poi Brittany scomparve per qualche assurdo motivo lasciandoli da soli, e Kurt muoveva le dita a disagio giocherellando con il suo borsone, i suoi occhi puntati sul pavimento.

“Kurt.”

Era un sussurro, nient'altro. Una richiesta di aiuto disperata e costruita con quattro semplici lettere incrinate che riempivano ogni vuoto. Kurt Kurt Kurt Kurt, un suono dolce e spezzato. Kurt aveva dimenticato come Blaine pronunciava il suo nome. Le lettere scivolavano veloci sulla lingua, e poi c'era un piccolo arricciamento sulla “r”, come se non volesse mai lasciarlo andare.

“Kurt.”, ripetè, di nuovo, con più calma e più disperazione, come se fosse sul punto di piangere. “Ti prego, guardami.”

E contro ogni logica, Kurt lo guardò. Lo guardò davvero, stavolta, i suoi occhi caramellati fatti di miele e prati e lacrime non versate e parole non dette e sussurrate e poi gridate; e Blaine sorrideva, un sorriso piccolo e spaventato eppure così puro da sconvolgere Kurt, ed era un po' come venire al mondo.

Blaine.

E non ebbero bisogno di altro. Blaine camminò e il tempo tra di loro sembrò sospeso finchè non aprì le braccia e le avvolse attorno al corpo di Kurt, ed era come se gli stesse spiegando come respirare, come se gli stesse mostrando il segreto più antico del mondo; e poi Blaine inclinò la testa e la immerse nell'incavo del collo di Kurt e Kurt voleva dirgli Stammi lontano, non sono più io, ma invece lo strinse; strinse il suo piccolo corpo e chiuse gli occhi cercando di dimenticare di essere un mostro, di essere morto, di aver abbandonato Blaine.

“B-Blaine.”

“Oh, Kurt.”

E le parole erano un concetto troppo grande per essere elaborato in quel momento, per cui c'erano solo i loro nomi, sussurrati e spezzati e lasciati lì tra di loro, mentre Blaine stringeva Kurt come se il suo corpo ne dipendesse, come se i loro cuori fossero diventati uno solo, che pulsava e sanguinava insieme, trascinandoli in un unico dolore. Eppure era bello. A volte era bello il dolore. Come in quel momento.

Blaine sentiva Kurt freddo contro di sé, la sua pelle sapeva di medicinali e aveva finalmente capito cosa aveva il suo volto di diverso. Era coperto di fondotinta. Non che gli importasse, avrebbe scoperto perchè se lo metteva, anche se aveva già un'idea della cosa. Non gli importava davvero, non quando lo sentiva vivo e reale contro il suo corpo. Era sempre Kurt, lo stesso ragazzo fragile che aveva imparato ad amare e ammirare. L'uomo che aveva sposato e baciato fino a sentire male alle labbra. L'uomo al quale aveva promesso il per sempre e che aveva stretto nelle notti in cui piangeva.

Quando si staccarono i loro volti erano vicinissimi, i respiri caldi intrecciati, e Blaine sentì un capogiro perchè non aveva ancora pensato a quell'aspetto, alla vicinanza, al corpo di Kurt sotto le dita, alle sue labbra e al suo respiro. Si era focalizzato sul fatto che sarebbe tornato, ma non su di lui, quello che sarebbe comportato dopo. E ora Kurt era lì, gli occhi lucidi e le labbra che tremavano, e Blaine aveva questa tremenda voglia di baciarlo, ma era certo che non fosse una cosa buona. Voleva aspettare - c'erano così tante cose da dire prima – il suo desiderio poteva benissimo aspettare.

“I-io...credevo di avere così tante cose da dirti.”, sussurrò flebilmente. Respiravano in sincrono, i loro petti che si toccavano.

“Va bene così.”, si limitò a dire Kurt, la voce incrinata e un po' spenta.

“Beh, uhm...ciao.”, disse poi piano Blaine, sorridendo verso la fine. Il suo sorriso fece contorcere qualcosa di enorme nello stomaco di Kurt, e fu costretto a sorridere di rimando.

“Ciao.”

“Non...non piangere.”, gli disse Blaine, ed era una cosa così da lui – in passato glielo aveva detto così tante volte – che Kurt si sentì mancare. Fece pressione sul corpo di Blaine per staccarsi da lui, e alla fine fece un passo indietro.

“Non dovremmo nemmeno. Piangere, intendo. Non è qualcosa che quelli come noi...non dovremmo esserne capaci.”

Blaine lo guardava con occhi enormi, gli occhi di qualcuno che non poteva capire.

“Io però posso.”

“Tu sei speciale. Lo sei sempre stato.”

“Per certe cose vorrei essere come gli altri.”, ammise Kurt. “Come per queste, tipo sentire il dolore.”

“A volte va bene sentire il dolore, Kurt.”

Kurt incrociò le braccia al petto e si morse le labbra.

“Perchè sei qui, Blaine?”, e il suo tono di voce era talmente ferito da sembrare sangue scoperto.

“Non potevo lasciarti andare.”, sussurrò Blaine, e dio, Kurt avrebbe riconosciuto quel broncio anche tra un milione di anni.

“Questo non è uno stupido gioco, Blaine. Un fottuto capriccio. I-io...perchè non mi hai semplicemente lasciato qui? Sarebbe stato più facile, tu saresti stato felice-”

“Non è vero.”, disse semplicemente Blaine, e sorrideva. Incredibilmente e contro ogni logica, sembrava sereno. “Non è vero, e tu lo sai.”

Kurt deglutì, ed era come conficcarsi un pugnale nel cuore. “Sono velenoso. Non...non sono più io, Blaine, e...e ti farò del male. Tanto male. E io non voglio, voglio solo...non lo so. Non lo so, sei qui e mi mancavi così tanto e vorrei solo stringerti ma al contempo sono così arrabbiato perchè tu meriti una vita migliore di quella che stai scegliendo.”

“Sto scegliendo te.”, sussurrò Blaine. “Non c'è vita migliore di questa.”

Kurt stava per ribattere, ma a quel punto rientrò Brittany con una serie di fogli e spiegò a Blaine tutte le tecniche per prendersi cura di Kurt, e Kurt lasciò perdere, facendo finta che la questione fosse morta lì. Mantenne le distanze da Blaine e seguì lui e Brittany fino all'entrata, e qui la salutò, facendosi promettere che si sarebbe presa cura di Amy. Brittany gli disse che tutto sarebbe andato bene, e Kurt annuì abbassando lo sguardo.

E poi Blaine gli prese la mano. Fu un gesto semplice, senza pretese ma da togliere il fiato, perchè la sua mano era bollente. E Kurt si voltò e incontrò i suoi occhi di miele, e un po' della rabbia che aveva dentro si dissolse.

Naturalmente, gli diede anche la rosa rossa.

“Andiamo a casa?”

E Blaine in quel momento era troppo bello, troppo tutto per essere ignorato, o per meritarsi la sua rabbia. Qualcosa nel cuore di Kurt si ruppe e si ritrovò a sorridere, un sorriso piccolo e colpevole.

“Va bene.”, soffiò, acconsentendo in qualche modo a cominciare una tregua con Blaine. “Andiamo a casa.”

.





 

.





 

.

Non so esattamente cosa vi aspettavate dal loro incontro, ma nella mia testa doveva andare così. Spero che non sia troppo poco, perché io non saprei davvero come comportarmi in una situazione del genere. E sinceramente, credo che la situazione descritta sia una delle cose più brutte del mondo.
C'è un appunto abbastanza importante che voglio fare: in questa mia visione, Kurt e Blaine non si sono lasciati perché Blaine l'ha tradito, ma semplicemente per la distanza. Chiedo scusa se da una parte ho modificato una trama, ma nel mio cuore Blaine non potrebbe mai tradire Kurt, quindi in questa storia è andata così. Posso capire se qualcuno non fosse d'accordo con la mia scelta – però andiamo, io davvero non la vedo una cosa da Blaine.
Ci vediamo presto con il capitolo 3, in cui Kurt e Blaine tornano a casa. E' quasi già pronto, quindi non arriverà tardi, promesso!
Un bacio,
 
Je <3
 
Oh, e grazie grazie grazie a tutti coloro che seguono, preferiscono e mi scrivono! Siete un amore, e grazie di avermi dato fiducia anche se non avevate alcuna garanzia. Vi meritate tutti i muffin al cioccolato del mondo! **
   
 
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