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Autore: diejungs    16/11/2014    2 recensioni
"La perspettiva di vita, il punto e l’angolo esatto dal quale si può apprezzare la freschezza, gli avvenimenti e dettagli di una mattina, possono cambiare a seconda di quanto tempo Do Kyungsoo possa dimenticarsi che è un nuovo giorno e che deve alzarsi dal suo letto."
(Kaisoo)
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: D.O., D.O., Kai, Kai
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Parte 2

 
 
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Kyungsoo si è abituato a vedere il tempo al mattino, nuvolosità e piogge costantemente presenti; ma quando il cattivo tempo si presenta i giorni mercoledì o venerdì; quando lasciano la classe presto, lascia l’ombrello nella sua stanza intenzionalmente, perché in questo modo Jongin lo accompagnerà fino la porta di casa sua. Kyungsoo aprirebbe di più gli occhi nel vedere cadere la pioggia, allora Jongin gli chiederebbe se ha lasciato di nuovo il suo ombrello a casa e lui solamente annuirebbe stringendo le labbra. Jongin sempre gli direbbe di non preoccuparsi mettendo la sua mano sulla sua testa e lasciandola scivolare lentamente sulla sua guancia con un sorriso non del tutto completo, il quale farebbe accelerare il suo polso. Jongin aprirebbe l’ombrello all’uscire da scuola, mantenendo vicino Kyungsoo per lasciarlo ben protetto dalle gocce d’acqua. Allora, nell’arrivare alla sua destinazione, Kyungsoo gli chiederebbe se vuole prendere una tazza di cioccolata calda o qualcosa del genere prima che se ne vada a casa. La risposta cambierebbe a seconda di quanto scuro è fuori; se la luce è color piombo chiaro, Jongin accetterebbe e passerebbe un’ora in più a casa di Kyungsoo. Se la luce è color piombo scuro, Jongin avrebbe dovuto rifiutare l’invito ma promettendo che la prossima volta sì sarebbe rimasto, e dopo, all’arrivare nella sua propria casa, avrebbe inviato un messaggio a Kyungsoo con qualcuna di quelle domande senza senso che sempre gli faceva.
 
Era bello, quello, che Kyungsoo lasciasse l’ombrello intenzionalmente quei giorni per sentire Jongin più vicino. Jongin, comunque, ha sempre saputo che Kyungsoo non lo dimenticava, perché il ragazzo non dimenticava un solo dettaglio delle cose di cui parlavano.
 
Ma Kyungsoo, prima di dormire, lascierebbe sempre scappare una lacrima sentendosi idiota, senza poter obbligarsi ad accettare che Jongin aveva una ragazza, e che l’ultima volta che gli aveva chiesto da quanto tempo uscivano, i mesi erano aumentati ad otto.
                          
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I pomeriggi grigi diventano più frequenti, e l’ombra di Kyungsoo s’incolla a lui come un buio senza fine, senza arrivare a contagiare Jongin, ma sì facendogli sperimentare alcuni sintomi lievi. Come meno sorrisi, per esempio.
Osserva speso la copia della lista che Jongin ha fatto per lui, nel caso se scopri che puoi fare altre cose o sentire qualcosa in più, scrivilo subito.
 
Ma quel pomeriggio in particolare di venerdì; non fatto per godere ma per stare in un comodo letto bevendo qualcosa di caldo, il camminare verso l’ingresso della scuola, sotto l’ombrello di Jongin e sentendo il tocco disordinato delle loro braccia ad ogni passo che fanno, si sente meglio, senza il bisogno di quel letto e quella tazza fumante.
 
Kyungsoo sorride un po’ per sé stesso, cercando di scuotere quella sensazione che lo sta tormentando fin dall’inizio dell’inverno, e sta per aprire la sua bocca per chiedere a Jongin se gli piacerebbe rimanere a casa sua durante il fine settimana quando il più alto si ferma bruscamente. Kyungsoo l’osserva stranito, e vede come gli occhi di Jongin si aprono un po’ di più e c’è un’espressione completamente nuova dipinta in lui. Irriconoscibile.
Kyungsoo segue lo sguardo di Jongin e si trova con la figura di una ragazza in piedi dietro l’ingresso, con un cappotto chiaro sotto un ombrello azzurro e fissando Jongin reciprocamente. La ragazza alza il suo braccio e lo agita sorridente, e anche Jongin sorride.
 
Kyungsoo non aveva mai immaginato che il sorriso di Jongin potesse provocargli tanto dolore.
 
Jongin avanza verso la ragazza con lunghi passi e Kyungsoo non si muove, perché Jongin non si è neanche voltato verso di lui, lasciandolo dietro, senza parole, senza un sorriso, senza un qualcosa in balia dell’acqua cadendo dal cielo. Sente le poche gocce di pioggia schiantarsi contro le sue guance, testa, spalle, ma nel suo interno sta bruciando. La nuvola lo prende, avvolge, e avvolge, e Jongin prende la mano di quella ragazza e l’abbraccia con delicatezza.
 
Kyungsoo china la sua testa e cammina verso l’ingresso, desiderando non essersi mai alzato quel giorno perché Jongin glielo aveva chiesto e lui non essere mai arrivato a pensare ad alzarsi, come prima, come faceva, com’era abituato.
 
Nell’attraversare l’ingresso, senza avere il coraggio di vedere il viso di quella ragazza od a Jongin, una mano prende il suo braccio e sa perfettamente per la sua dimensione a chi appartiene, ma non si ferma, non è nei suoi piani né passa per la sua testa, quindi solo tira dal suo braccio e prosegue avanti. Sente il suo nome essere chiamato una volta, con divertimento che è acutamente finto e sospetta a dolore; e Kyungsoo si chiede se Jongin capisce che non c’è niente per cui fingere quando le tue viscere si muovono dentro di te così bruscamente. La seconda volta che viene chiamato il tono smette di essere finto, persino qualcosa stranito, ma lascia la voce dietro facendo passi più veloci, e più. Più. Guarda il suolo con tracce d’umidità, la forza della pioggia aumenta, sente il suo proprio respiro rompersi.
 
La terza volta che sente il suo nome è un urlo disperato, un’allerta, accompagnato dal suono di un clacson e da quello delle ruote scivolando sull’asfalto e una pausa di tempo.
 
La quarta vola che Kyungsoo sente la voce di Jongin, è piena di panico e tremante.
                                                       
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Sveglia al sentire passi ed un po’ di trambusto, ma non apre gli occhi, le sue palpebre sembrano pesargli ed il suo corpo sembra dolente. Non è sul suo letto, è su uno più duro, freddo. Ricapitola i fatti e sente voglia di piangere, piangere dopo due settimane di essersi contenuto, auto convincendosi che le sue paure non erano ben fondate. Che Jongin avrebbe potuto lasciare la sua ragazza quando volesse, che quello non importava se continuava a sorridergli ed ad essere suo amico. Accecandosi con quello che voleva succedesse, non con quello che in realtà succedeva.
 
Si sente persino un po’ tradito, ma con sé stesso, per i suoi pensieri idioti. Può essere che non ha mai smesso di essere una macchia dopo tutto.
 
È tormentante il colpo di realtà che arriva a Kyungsoo, ma sa di meritarselo, per non ascoltarsi quando si avvertiva di non abituarsi a Jongin, né lasciarsi prendere per quella inebriante sensazione che gli causava.
Jongin non ha bisogno di lui, ma Kyungsoo sì.
 
Immergendosi nei suoi pensieri, non si sforza a negare l’innegabile, è innamorato. Non sapeva se interpretarlo così, prima, o forse non aveva il sufficiente coraggio per accettarlo.
 
Lacrime si accumulano sotto le sue ciglia chiuse e trova difficoltà nel respirare normalmente, perché la nuvola è umida, schifosa, e s’intrufola in tutti i suoi sensi fino ad arrivare al suo cuore; facendolo diventare  scuro, freddo, allontanando il calore che una volta Jongin aveva accumulato. Ed è lì, in un lettino di chissà quale ospedale, investito e con qualche ossa rotta o un pezzo di pelle strappato, l’anestesia non gli lascia saperlo per ora.
 
È una mezz’ora dopo, quando le lacrime si sono asciugate nella sua guancia e la stanchezza prende parte di lui, che sente una presenza entrare nella stanza e passi attraversando fino dove lui si trova. Dita lunghe accarezzano le sue guance ed il suo labbro inferiore trema perché sa a chi appartengono.
—So che sei sveglio, Soo. —Kyungsoo non apre i suoi occhi. Il suo petto pesa, ed è molto più grande quel dolore che quello che aveva sentito quando riprendeva coscienza nell’ambulanza durante il trasferimento.  —Mi dispiace, veramente mi dispiace. È colpa mia.
La voce di Jongin si rompe, ma Kyungsoo non vuole che il suo amico stia così. Non è come se potesse dimenticarsi di tutto quello che ha fatto Jongin per lui.
 —La colpa non è di nessuno tranne mia. —Mormora, aprendo gli occhi e trovandosi  con un Jongin mancato di sonno e stanco, molto stanco, osservandolo da una sedia insieme al suo lettino.
Nessun sorriso, nessun scintillio nei suoi occhi, non c’è nient’altro che il silenzio ed una nuvola invisibile coprendo entrambi.
 
Jongin accarezza la sua testa lentamente, e non smette di farlo per alcuni minuti inutilizzabili mentre una luce fiocca diventa più scura dietro la finestra.
—Non avrei dovuto lasciarti indietro.
Le sue labbra si uniscono in una linea sottile e Kyungsoo risponde velocemente.
—Va bene, dovevi vedere la tua ragazza e quelle cose. Non è colpa tua, voglio dire, tutti lo farebbero. È normale. Va, bene.
Curioso è che quelle parole siano più per convincere sé stesso che Jongin.
—Non la vedevo da un po’, ma-
—Capisco.
Kyungsoo distoglie lo sguardo che senza volere stava mantenendo, e osserva i dettagli del tetto bianco, senza macchie, con una fila di tubi fluorescenti.
—Quello non mi ha dato il diritto di lasciarti sotto la pioggia, davvero mi dispiace. Sono orribile come amico.
Kyungsoo scuote la testa e chiude i suoi occhi, chiedendosi perché non esiste un modo di bloccare il senso uditivo per misericordia e piacere di ognuno. O qualche modo per smettere di sentire quella mano accarezzando i suoi capelli, potrebbe essere utile pure.
 
—Continueremo ad essere amicI?
—Certo. Va tutto bene, Jongin.
 
 
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Le mattine sono definitivamente gelate, ormai già tutti i curiosi hanno smesso di chiedergli per il gesso sul suo braccio sinistro la settimana precedente. Semplicemente rispondeva con un riassunto brevissimo degli avvenimenti ed aggiungeva un a volte sono troppo sbadato, credo. Ed è ironico che quelle stesse parole gliele abbia dette Jongin in qualche momento. Gli esercizi di matematica sono noiosi, i colori opachi; la sua vita ritorna ad essere un film monotono in bianco e nero.
 
Kyungsoo ha aggiunto varie cose nella sua lista, ma la nasconde, decidendo di non fargliela vedere di nuovo a Jongin. E così passa il tempo, nel cortile sotto quell’albero che non da più ombra perché non c’è un sole dal quale proteggersi; nella biblioteca vuota e triste; nella mensa movimentata e affollata.
Gradualmente, facendolo impercettibile, Kyungsoo smette di fermarsi ad aspettare a che Jongin sistemi le sue cose o metta apposto i suoi quaderni durante gli intervalli. Non partecipa più facendo domande nel gioco, solo risponde, con monosillabi se possibile; parole semplici e secche. Nei pranzi si concentra di più nelle voci sconosciute invece che in quella gradevole di Jongin. E tutto quello fa male, perché adesso può essere che kyungsoo abbia contaggiato Jongin con la sua nuvola.
 
Fa paricolarmente male che Jongin si sforzi, perché lui già si è arreso, che gli sorrida d’istinto ogni volta che Kyungsoo lo guarda in modi che sono ogni volta più falsi ed obbligati. Ma entrambi fanno finta di niente, come se non lo sapessero.
 
È evidente per Kyungsoo che se le cose continuano in quel modo, Jongin alla fine si allontanerà e lui ritornerà a rimanere da solo. Il problema è che quando succeda, non sarà capace di pensare non è come se non ci fossi già abituato, perché la verità è che lo è
 
Kyungsoo non dimentca più di portare l’ombrello i mercoledì e venerdì.
 
 
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Un pomeriggio tagliente di respiri, forse uno dei più freddi della stagione, con pioggia spessa e freddo intenso, non sa perché ma i desideri di piangere lo prendono dal nulla. Kyungsoo si sbriciola, dolcemente, nei suoi pensieri più bui e si lascia cadere nel vuoto che prima lo tormentava, più profondo, più profondo. Si lascia portare e riposare sulla sua nebbia nera, aspettandolo, e gli piacerebbe farlo completamente se non fosse ancora nella sua ultima lezione.
 
È per quello che al finire, Kyungsoo si alza prima di tutti e cammina verso la porta mentre i suoi compagni mettono a posto le loro cose. Sono passi affrettati che diventano un leggero trottare e finalmente una corsa. La biblioteca è vuota, come sempre, ed al fermarsi tra due scaffali al fondo si lascia cadere per terra, tremando, singhiozzando ed abbracciando sé stesso.
 
Perché non puoi essere felice? Sorridere, godersi perfino i pomeriggi più grigi solamente perché sì. Si dice e dopo incolpa, ritornando a chiedersi cose che non hanno mai avuto risposta. Una persona così non merita respirare tra le altre, e quello, probabilmente, è il primo pensiero squilibrato che kyungsoo ha in più di un anno, amaro e dolce allo stesso tempo.
 
Sul punto di lasciarsi cadere nuovamente, consegnarsi alla solitudine e nessun sorriso, non più Jongin, passi veloci tagliano l’aria ed una voce troppo unica dice il suo nome. La persona passa tra gli scaffali avvicinandosi gradualmente, ma non risponde perché sa che in qualsiasi modo verrà scoperto.
 
 —Kyungsoo —sussurra Jongin con il respiro sostenuto. Il ragazzo non dice niente e solo lo intravede prima che le lacrime cadano completamente.
Jongin si siede al suo fianco sul pavimento e lo abbraccia, impedendogli cadere, sorreggendolo, baciando i suoi capelli e scusandosi. Kyungsoo non sa perché lo fa, perché Jongin ripete mi dispiace come se avesse la colpa di ognuna di quelle lacrime che sorgono e scivolano.
Non capisce perché Jongin accarezza la sua schiena così delicatamente, e lo sostiene con forza finché il pianto non è altro che un singhiozzo leggero, né elabora i ti voglio bene, Soo, né cattura la ragione del cuore accelerato nel petto di Jongin quando posiziona Kyungsoo sulle sue gambe e lo abbraccia come se fosse la cosa più preziosa del mondo.
 
 
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La situazione si aggiusta un po’ dopo quelle ore dedicate al conforto e scuse. E si ripetè tre volte, quattro, sette durante quel mese prima che tutto tornasse alla normalità; l’avere Jongin mormorando che le cose vanno bene, chiedendogli se gli fa male il corpo o se il suo braccio sta bene. Ricordandogli che non è una macchia, o quel che fosse ripetute volte fino ad assicurarsi che kyungsoo lo capisca ed annuisca con la testa nascosta nel suo collo.
 
Quel mese è di abbracci soffocanti, di dolci carezze sui capelli, di sussurri all’aria o contra orecchie come segreti. È di Kyungsoo rompendosi, innamorandosi di più di Jongin, e due cuori rompendosi silenziosamente nella biblioteca allo stesso ritmo.
 
Ma ancora, non è come se non lo sapessero.
 
 
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—Jongin?
—Hm?
—Quanto-
—Dieci.
 
 
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La sciarpa che è avvolta intorno al collo di Kyungsoo profuma di Jongin. È attraente, e può sentirlo in quell’aura vibrante di sensi perché quel che riguarda Jongin ha sempre quell’effetto su di lui. A volte con forza, altre leggermente, ma in un modo o l’altro arriva a Kyungsoo.
Quella è la ragione per cui abbassa la sua testa per percepire di più il profumo, respirando profondamente mentre Jongin non lo vede e compra i popcorn e bibite.
 
Jongin l’ha invitato al cinema, per celebrare che Kyungsoo ritorni a sorridere. E suona ridicolo a quel punto il fatto che la loro relazione si fosse disordinata per qualcosa che non potrebbe neanche dire cos’è. Le cose sono ritornate alla normalità, in un processo lento e graduale, pieno di rossori e carezze che se qualcuno avrebbe visto, avrebbe dubitato che fossero solo semplici amici.
 
Ma a Kyungsoo va bene quello, l’amicizia di Jongin. I desideri di qualcos’altro saranno sempre lì, tuttavia, ma non c’è niente che possa fare. Solo provare a farlo felice.
 
—Ti è servita la mia sciarpa per il freddo, Soo? —Chiede Jongin nello scoprire Kyungsoo praticamente affondando la sua testa tra le sue spalle finché la sciarpa gli copre persino gli occhi. Il ragazzo salta  e l’osserva con occhi spalancati balbettando un sì, grazie.
Jongin gli passa un bicchiere e Kyungsoo si rende conto che il contenente invece di freddo- come dovrebbe essere la bibita- è tiepido.
—Nonostante sia primavera continua a fare freddo, quindi ho pensato che sarebbe stato meglio qualcosa di caldo. —Dice Jongin al vedere il ragazo col gesso cercando di aprire la bibita goffamente con la bocca per darle uno sguardo dentro. —È cioccolata calda.
Kyungsoo annuisce e sorride, debole, senza lasciar vedere traccia dei suoi denti, ma arrivando ai suoi occhi.
I sorrisi di Kyungsoo ultimamente sono così.
 
Jongin posa il suo braccio sulla schiena di Kyungsoo guidandolo verso la fila, e la sua mano scivola con noncuranza fino alla vita del più basso, suscitando quel sentimento che piace di addormentarsi in Kyungsoo, battito incoerente e calore dolce attraversando il suo corpo.
 
—C-cosa vedremo? —chiede quando Jongin consegna i suoi biglietti ed il giovane con la maglia di dipendente gli indica l’ultima sala sul corridoio destro.
—Ti piacciono i film horror?
—No, —la sua espressione cambia con una velocità incredibile, e Jongin ride perché nessuno avrebbe pensato che Kyungsoo avrebbe avuto simili reazioni al conoscerlo qualche mese fa.
—Bene, perché i biglietti che ho comprato sono per uno d’azione.
Jongin sorride stupidamente e Kyungsoo ruota gli occhi, per finire con un sospiro. —Brillante, Jongin. Quello ha avuto tanto senso come quella volta in cui mi hai detto che ti piaceva far suonare la rotula del tuo ginocchio.
—Hey, quello si aveva senso. —Jongin aggrotta, e Kyungsoo sorpira, di nuovo. —Ma la metà delle cose che faccio non hanno senso.
 
Il significato che potevano avere quelle parole rimane girando nella testa di Kyungsoo finché il film comincia a riprodorsi sullo schermo gigante, lasciandosi assorbire dalla trama ed effetti speciali.
 
 
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Era diventato un abito allora andare ogni venerdì al cinema di primavera. La maggior parte delle volte invitava Jongin, ma Kyungsoo quando poteva si affrettava e comprava i bigllietti prima o i popcorn.
 
Al contrario di come succede a quasi tutti –se non a tutte le persone della sua età-, adora vedere come i risparmi nell’ultimo cassetto del suo comodino diminuiscono gradualmente. Ha qualcosa in cui spenderli, ha qualcuno con cui spenderli. E non c’è niente di meglio che uscire dalla sala del cinema, con la scatola di popcorn e bicchieri vuoti, commentando le migliori parti e quant’era emozionante la trama.
—Non ho mai pensato che mi sarebbe potuto piacere così tanto un film.
—Devi aggiungere quello alla lista, ce l’hai la tua qui?
—L’ho lasciata a casa. —Una bugia che non fa male a nessuno, pensa Kyungsoo.
—ah, va bene. Lo aggiungerò dopo in quella che ho io. —E dopo quello, all’uscire dall’edificio, sempre seguiva la seguente domanda di Jongin, la stessa, tutte le volte. Ogni venerdì sera —Vuoi andare a fare un giro prima che ti lasci a casa tua?
Kyungsoo annuisce, ma prima che ti lasci a casa tua questa volta è nuovo. —Bene, ma posso andarmene da solo dopo, non ti preoccupare per quello.
Jongin fa spallucce e camminano per la strada dritta, piena di negozi e luci, bancarelle con vestiti od accessori, o peluches o cibo. —Nonostante quello lo farò, ho detto a tua madre che lo avrei fatto.
—Quando? —Kyungsoo aggrotta la fronte.
—Quando sei salito a prendere qualcosa in camera tua? —dice Jongin con semplicità ed un mezzo sorriso, descrivibile come furbo. —Sai cosa? Ruoti gli occhi molto spesso adesso, Soo. —Kyungsoo cammina più veloce lasciandolo indietro e Jongin ride forte, un suono necessario per avere un bel sogno durante la notte.
 
—Aspetta, bisogna metterlo sulla lista!
 
 
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La perspettiva, il punto e l’angolo esatto dal quale si possa godere della compagnia di una persona al suo fianco, ricordi e sensazioni di un pomeriggio posso cambiare dipendendo da quanto tempo passi prima che Kyungsoo ricordi che Jongin compirà un anno con la sua ragazza.
 
È incredibile il contrasto di averlo in mente con semplicemente dimenticarsi di quello. Potrebbe essere rapito dai sorrisi di Jongin, dai suoi abbracci e carezze occasionali, riempirsi di palpiti nel suo addome e calore sulle sue guance; potrebbe scappare completamente da quella nuvola che lo segue ed essere sostenuto per sempre da Jongin.
 
Ma c’è anche quell’altra parte; nella quale la colpa ed i è sbagliato s’impadroniscono di lui e ripetono meccanicamente nelle sue orecchie da una voce ipotetica, dove la nuvola diventa melmosa e s’incolla alla sua struttura, e la pena lo fa lacrimare sul suo letto, e sente qualcosa che secondo i suoi sintomi si chiama gelosia. Perché sa che i fine settimana in cui Jongin rifiuta andare a casa sua è perché va a trovare la sua ragazza, come è solito scusarsi.
Jongin non gli ha mai detto direttamente che viaggia alla sua vecchia città per vedere la ragazza, ma Kyungsoo lo sa, è abbastanza ovvio.
 
Jongin non da informazioni, evita, gli toglie importanza; ma Kyungsoo perde il punto di quello, e pressiona, domanda. Lo dica o non a voce alta, l’effetto è lo stesso nonostante tutto.
 
Non è come se fossi così tonto.
 
A volte Kyungsoo ride interiormente per il comportamento di Jongin, ma è una risata amara e piena di sarcasmo, che non ha mai avuto la forza sufficiente per uscire dalla sua bocca. I due sono consapevoli che c’è qualcosa tra loro, perché persino la madre di Kyungsoo si è resa conto che a suo figlio gli piace un uomo. Ma non dice niente; come se il fatto che suo figlio abbia altre preferenze potesse cambiare qualcosa nella sua adorazione per lui. Ridicolo.
 
Anche se c’è un problema, e costantemente Kyungsoo presuppone che il problema sia lui. Ma quando Jongin prende la sua vita, accarezza le sue mani, respira il profumo dei suoi capelli puliti o da baci sulla punta della sua testa, qualcosa gli dice che in realtà non c’è nessun problema.
 
Kyungsoo odia la ragazza di Jongin.
 
 
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L’anno scolastico sta arrivando alla sua fine, ed entrambi pensano e programmano quello che faranno una volta che abbiano finito gli esami. Chanyeol ha chiamato Kyungsoo la sera prima per invitarlo a rimanere nella sua casa a Busan, al contrario di come facevano sempre, giacché era lui quello che solitamente invadeva la sua casa per una settimana e mezza o due. Kyungsoo non rispose, comunque, chiaramente all’invito, dicendo che doveva ancora assicurarsi di avere buoni risultati negli esami prima di pensare ad uscire.
 
Al finire la chiamata si chiese perché aveva mentito in quel modo a Chanyeol.
 
 
                                                              ☁
 
E così arriva quel pomeriggio un po’ –solo un po’- caldo dentro la biblioteca, ad eccezione di due persone. Jongin apre una scatola di quelle specie di biscotti lunghi e magri come rami chiamati pepero o pocky, come sia, il nome cambia dipendendo da se la scatola è giapponese o coreana. Non è un gran tema. Non importa nemmeno tanto quello.
 
Kyungsoo alza la testa dal tavolo a sentire il suono del plastico essendo rotto, ed osserva Jongin scegliere uno qualsiasi e tirarlo fuori. Kyungsoo solo lo guarda, curioso, come Jongin mette un estremo sulla sua bocca, sostenendolo tra i denti e si avvicina a lui. Il ragazzo si allontana immediatamente.
—Apri la bocca —borbotta Jongin con i denti chiusi, mantenendo il biscotto al suo posto. —Solo un morso. —Insistette divertito e si avvicina di più a Kyungsoo che allontana di nuovo la testa. Le sopracciglia di Jongin si aggrottano, —Andiamo, Soo, hai detto che lo avresti mangiato con me.
Jongin prende le sue braccia e stringe un po’ la presa, vietandogli allontanare il suo corpo all’indietro. Kyungsoo scuote la testa.
—M-ma così no.
—Perché no?
—È, è imbarazzante. —Il rosso che scala sul suo collo fino al suo viso è accompagnato da quella sensazione acuta stuzzicando i suoi occhi.
È qualcosa come spaventoso, vede Jongin chinandosi poco a poco con i suoi occhi scuri e profondi, con quel pezzo di pepero tra i suoi denti ed un ghigno indecifrabile. Come facendolo di proposito, ammalando di più il suo cuore.
 
Kyungsoo crede per la prima volta che Jongin è crudele.
 
—Ma siamo amici, fidati di me.
Jongin fa un movimento veloce e riprova ad avvicinarsi, ma Kyungsoo riesce a mettersi in piedi bruscamente, facendo cadere la sedia sulla quale sedeva con un forte rumore. —N-no! —Le sue ginocchia tremanti, il nervosismo sospeso, una stretta nel suo stomaco. Jongin lo guarda sorpreso e senza espressione alla volta, togliendo il biscotto dalla bocca.
Il più alto si mette in piedi e quando capisce un po’ il volto teso di Kyungsoo sorride. —Complimenti Kyungsoo, puoi esaltarti!
—Tieni per te i tuoi scherzi. —mormora il più basso, evitando trovare i suoi occhi. I suoi pugni chiudendosi, perché proprio adesso non ha voglia di ascoltare le stupidaggini di Jongin.
—O arrabbiarti. —Comclude Jongin, facendo sparire il sorriso dalle sue labbra immediatamente. Nonostante le lacrime si facciano presenti negli occhi di Kyungsoo, ed il corpo tremante sotto le sue mani, Jongin rimette il pepero nella sua bocca. —Solo prova a mordere un po’. Non mi fare costringerti.
Kyungsoo geme incoscientemente sorpreso per il comportamento di Jongin, cui occhi sono più profondi del solito. È fastidio mischiato con insicurità, combinata a sua volta con voler farlo ma sapere che è sbagliato lasciare che Jongin faccia quelle cose con lui perché compirà un anno con la sua ragazza. Ed è sicuro che Jongin sa che è innamorato di lui.
 
La situazione non ha senso. Jongin fa cose senza senso. Kyungsoo non ha mai avuto senso.
 
—No. —Mormora, ma l’altro lo ignora e si avvicina a lui. —N-no. —Nega di nuovo, questa volta insieme alla sua testa, e le mani di Jongin stringono le sue braccia in modo doloroso mentre si china —No! Smettila, Jongin! Non-non dovresti-
—Perché no? Cosa c’è di sbagliato in questo Kyungsoo?! —Lo interrompe bruscamente, e Kyungsoo chiude i suoi occhi quando la voce di Jongin si alza. Le sua mani stringono di più le sue braccia, e chi avrebbe mai pensato che erano le stesse che riuscivano a tranquiizzarlo con carezze. Jongin è infastidito, ed è solo paura e voglia di piangere e sparire quello che rimane in Kyungsoo.
Ma non lo lascia, neanche si allontana. I loro respiri affannosi; quello di Jongin infastidito, probabilmente con lui stesso, per essere un codardo, e quello di Kyungsoo è spezzato dai suoi singhiozzi.
—Hai una ragazza. —Le mani di Jongin cadono ad ogni fianco del suo corpo e si sente vuoto non averle più su di lui, nonostante gli stessero facendo male.
—Non è come se ti bacerei in quel modo.
Kyungsoo lascia scappare una risatina, minima, spezzata. —Hai ragione. Scusa. —Fa un passo indietro e le sue gambe spingono la sedia caduta in cui era seduto in qualche momento.
—Non so come può essere passata un’idea tanto ridicola per la mia testa.
 
E Kyungsoo si gira e se ne va, con la testa abbassata e pulendo le sue lacrime con la manica della sua divisa. Prende il suo zaino bruscamente ed esce dalla biblioteca.


N/T:

Sono risorta!(a qualcuno importava?) Scusate per il ritardo, ma veramente ho avuto un sacco di cose da fare ed è stato impossibile aggiornare la storia. Chiedo umanamente scusa~ Non so quando sarà il prossimo aggiornamento, ma vi prometto che cercherò di fare il possibile per farlo presto. Inoltre con il prossimo si conclude la storia *si strappa i capelli* Allora allora~ A Kyungsoo gli si spezza il cuore e Jongin fa il coglione. E si, anche io odio la ragazza di Jongin u.u Se ci sono errori, volete che gli comunichi qualcosa di carino (o costruttivo) all'autrice, o qualsiasi cosa voi voliate scrivete una recensione. Mi aiutano a proseguire con la traduzione, veramente♥  Se siete giunti fino a questo punto, grazie per aver letto:) Ci si legge alla prossima, bellissimi mortali♥
  
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