Confessions
Afraid to admit that
it`s over,
we`ve gone our own way
and now it`s lost forever,
now there`s nothing left
to say
(Don’t say, JB)
“Quindi ci vieni?”
“No, Cam io… ho
da fare”
“E cosa de-, oh, sei con Nick, vero?”
“Cosa?”,
ma non è necessario che dica altro, l’ottava stridula della sua voce l’ha già
smascherata.
“Divertitevi, salutamelo” e attacca
ridacchiando.
Chris sbuffa e stringe la gambe, lui la
guarda sorridendo sornione, la chitarra sulle ginocchia.
“Ti saluta Cam”
dice in tono lamentoso, mentre il sorriso di Nick si allarga. Le porge la
chitarra: lei si limita a guardarla triste e mormorare “non so dove mettere le
mani”.
Nick gattona fin dietro le sue spalle,
con le ginocchia punte dalla roccia e qualche smorfia di dolore malcelata. Le
prende le dita sottili e le sistema sulle corde, con estrema lentezza e
precisione mentre lei deglutisce, con lo sguardo sulle loro mani sovrapposte.
“Tocca solo quelle che ti ho fatto
vedere, ok?”.
Una melodia sgraziata, senza tempo. Il
ragazzo si sposta, le siede vicino e corregge la postura e la posizione della
dita, perché il suono esca più pulito. Le sfiora la pelle con la punta dei
polpastrelli. Nick c’è, lo avverti, ma con discrezione, come sempre, come il
vento di inizio primavera che scuote la chioma degli alberi sopra le loro
teste, li nella radura che Chris gli ha mostrato qualche mese fa e in cui,
inutile dirlo, si sono incontrati spesso, più o meno inconsapevolmente.
Chris prova e riprova a suonare quello
che le ha mostrato, ma sembrava cosi maledettamente facile per lui. Sbuffa e
batte il palmo della mano sulla cassa, poi sbuffa di nuovo e ricomincia e Nick
le dice che stavolta era molto meglio.
“Nick, piove”.
“Non ci provare. Andava quasi bene, dai
ancora una volta”.
Un’altra goccia cade sul manico e scivola
fino alle corde. “No, Nick, davvero. Piove”.
E non fanno nemmeno in tempo ad alzarsi e
recuperare il quaderno che viene giù il diluvio e s’inzuppano tutti.
“Corri” gli dice e si accorge solo dopo,
quando si separano per montare su due cavalli diversi, che lo ha preso per
mano.
“Christina!”
Linda le corre incontro appena varca la
porta di casa. Tra le braccia regge un grosso asciugamano e l’avvolge per bene,
scostandole i capelli dalla fronte.
“Oh, Nick, aspetta, vado a prenderne uno
anche per te”.
“Mi dispiace per la chitarra” gli dice
Chris, osservando l’oggetto grondante alle sue spalle, poggiato al muro.
“Scherzi? E’ rovinata, valeva centinaia
di dollari!”
La ragazza scosta lo sguardo dalla
chitarra a Nick, con gli occhi spalancati. “Nick, mi dispiace, io-“
Lui ride di fronte alla sua espressione,
ma si interrompe per un brivido di freddo che gli attraversa la schiena sotto
al camicia. Chris si morde le labbra e sguscia fuori dall’asciugamano,
posandoglielo sulle spalle e per farlo deve sporgersi sulle punte.
“Ma tu-“, “Stai gelando” lo interrompe,
giungendo i due lembi di stoffa sul petto ampio di Nick, mentre il viso del
ragazzo è cosi vicino che il suo respiro le si infrange sulla guancia.
“Eccomi! Scusate, quelle grandi erano di
sopra”.
Linda compare sul piano con un altro telo
di spugna bianca e fa per porgerlo a Nick che però è già al riparo. E mentre le
sue sopracciglia si curvano perplesse, Nick allunga la mano e afferra
l’asciugamano. Con uno scossone lo apre e lo poggia sulle spalle di Chris,
avvolgendola mentre le sussura “anche tu”.
Le guance di Chris si tingono di rosso e
rapidamente si nasconde in cucina con la scusa del te. Nick la guarda sparire
oltre la porta, poi scuote la testa e strofina l'asciugamano sulle guance.
Linda é li che
lo osserva, pensierosa.
"Tutto bene?" le chiede, gli
occhi che sondano il suo viso.
"Certo", lei sorride e si
appoggia con le spalle al muro. Nick le passa accanto, diretto in cucina, ma
Linda ha le spalle fragili e non ce la fa.
"Nick?"
Lui si volta. "Hai tempo per un
caffe uno di questi pomeriggi?"
Sorride, "Per te anche due".
Due giorni dopo, Nick si gira la tazza
tra le mani, pensieroso. Non è certo di aver capito tutto.
"Ne sei sicura?"
"No. Si. Sono sicura che il mio nome
é Linda, che non comprerò mai una macchina gialla,
che spendo troppo in rossetti e che non riuscirò mai a sfornare una torta senza
bruciarla. Per il resto, nutro profondi dubbi”.
Nick si morde le labbra. "D'accordo.
Chiederò ad un'amica che lavora li e ti farò sapere. Chris che ha detto?"
Linda abbassa lo sguardo, gioca con le
dita magre attorno alla zuccheriera.
"Non glielo hai detto?"
"Non ancora. Ti prego, non..."
"No, devi farlo tu", la
rassicura anticipandola e accoglie il suo sorriso riconoscente, accarezzandole
il dorso della mano sul tavolo.
"Sono sicuro che capirà".
Lei annuisce e fissa il bordo della tazza
di ceramica bianca. "Si, lo farà. Quando si sarà calmata. Starà bene,
soprattutto se le stai vicino. Ho visto il mondo in cui la guardi, Nick."
Lo guarda sorridendo, come qualcuno che già sa. Ancora una volta, lui ringrazia
di non essere in grado di arrossire. Ma ha una questione più urgente da
affrontare.
“Ascolta, Linda, io voglio davvero
aiutarti, ma c’è una cosa di cui devo parlarti, a questo proposito, e devi
promettermi che non ne farai parola con nessuno”.
Lei annuisce, seria e si prepara ad
ascoltare. Nick fa un respiro profondo e le racconta la verità.
“Grazie, Stella. A presto”. Nick attacca
e passeggia con le mani in tasca e il cuore un po’ più pesante. Il primo
pensiero che ha è quello di rifugiarsi assieme a Chris sui massi in riva al
laghetto. Dimenticarsi di quest’assurda conversazione, del tono grave di Linda
e sentire soltanto il vento che gli sferza sul viso, a cavallo – Christina si è
rivelata una buona insegnante, oltre che un’amica -. Vorrebbe ascoltare la voce
allegra di Chris con gli occhi chiusi, sapendo di averla accanto, questo lo
rassicurerebbe. Potrebbe raccontarle ancora del sole e del caldo di Los Angeles
e magari sbilanciarsi un po’ di più e parlarle dei concerti, della sensazione
di stare li ad un passo da un mare di gente, di sentirsi grande, invincibile e
magari fare a gara a chi ha viaggiato di più. Ma si rende conto che quello è
l’ultimo posto in cui vorrebbe essere perché non gli piace mentire – omettere,
non mentire – sulla sua identità, non a Chris, e adesso c’è anche questa storia
di sua sorella, che lei ancora non sa. Linda ha ascoltato con attenzione la sua
confessione e le sue scuse e gli ha promesso il silenzio, in cambio del suo. E
se il silenzio pesa, ora capisce cos’è quel dolore all’altezza del cuore.
La matita solca l’ennesima linea sul
foglio, poi rotola di lato e finisce tra le pieghe del libro di demografia,
Chris si scosta i capelli dal viso e ricontrolla le cifre. Di nuovo, c’è
qualcosa che non quadra. Il cellulare comincia a vibrare, sgusciando via dalla
borsa aperta e termina la sua corsa sul letto. Al quinto squillo, circa,
risponde seccata senza staccare gli occhi dal foglio.
“Si?”
“Chris”
“Cam, spero tu
stia passando le pene dell’inferno per aver interrotto una sessione di studio
intenso di tipo – guarda l’orologio al polso - mezzora”.
“Più o meno”, l’altra tira su col naso e
Chris si mette dritta sulla sedia, sull’attenti.
“Stai piangendo?”
“Puoi venire per favore?”, ma lei è già
in piedi, con le chiavi in mano e la giacca di jeans sul braccio. “Dove sei?”
Chris guida con gli occhi puntati sulla
strada senza essere però concentrata. Ogni tanto frena di botta ed è costretta
a mormorare delle scuse ai pedoni sulle strisce. Quando riparte, guarda il sole
scomparire dietro i palazzi e nel riflesso del finestrino vede le mani di Camille contorcersi dal nervosismo.
Cam tiene la borsa sulle ginocchia strette,
le spalle ricurve per il freddo e un sorriso abbozzato – rassegnato – sulle
labbra socchiuse.
“Mi accompagni al concerto del gruppo
indie, domenica pomeriggio? Dovevo andarci con Sam, ma…” la voce sfuma in un
sussurro incerto, nonostante Cam fosse partita con
entusiasmo.
“Allo stronzo è passata la voglia”.
L’amica sospira, “Chris, non dire cosi.
E’ stata colpa mia” e prima che l’altra possa ribattere – si è già voltata con
le sopracciglia inarcate e un “stronzate” incastrato tra i denti – aggiunge
“dovresti accostare. Ho bisogno di raccontarti una cosa ma non so bene come la
prenderai per cui non voglio rischiare di finire contro un autobus, ok?”
Christina trova posto nel parcheggio del
loro vecchio liceo e spegne i motori. L’edificio giallo chiaro è accerchiato da
barre di metallo verde e qualche lampione acceso, a cui sono legati motorini
sgangherati e qualche bici arrugginita, ma regna il silenzio, dentro e fuori
l’abitacolo, e se Cam non sospirasse muovendosi
nervosamente sul sediolino, avrebbe potuto anche scordarsi della sua presenza.
La bionda guarda oltre il parabrezza
quando parla “Hai presente la festa di Jess, a capodanno?”. L’altra annuisce.
“Tra me e Sam è finita poco dopo”.
Chris si volta con uno sguardo confuso, Cam sorride timidamente al vetro al ricordo di quella sera
e “ho baciato Joe Jonas quella sera. E non riesco più
a togliermelo dalla testa” dice, poi scrutando nei suoi occhi, in cerca di quella
delusione che prova per se stessa. La prima cosa a cui Chris pensa è Linda, poi c’è un po’ di risentimento
perché la festa era almeno tre mesi e mezzo prima e Cam
non le ha detto niente, poi soltanto confusione.
“E’ successo altre volte?”.
Camille comincia a singhiozzare rumorosamente,
coprendosi il viso con le mani e Chris si sporge istintivamente per
abbracciarla, poi si ritrae, nella testa risente Linda piangere allo stesso
modo ed è proprio un bel casino.
Non ho
molto da dire perché dubito che ci sia qualcuno che segue questa storia con
interesse e me ne assumo completamente la responsabilità, per l’originalità
della narrazione e per gli aggiornamenti sempre più radi. Chiedo perdono per il
tempo speso!
Ad ogni
modo so che c’è qualcuno che nonostante il disastro che sono legge e questo mi
rende immensamente felice quindi, tu, lettore, cosa aspetti? Fammi sapere se
questa storia è ancora di tuo gradimento, sei hai consigli o critiche da
avanzare. Ti ringrazio.