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Autore: SusanTheGentle    17/11/2014    5 recensioni
Questa storia fa parte della serie "CHRONICLES OF QUEEN"

Il loro sogno si è avverato.
Tornati a Narnia, Caspian e Susan si apprestano ad iniziare una nuova vita insieme: una famiglia, tanti amici, e due splendidi figli da amare e proteggere da ogni cosa.
Ma quando la felicità e la pace sembrano regnare sovrane, qualcosa accade...
"E' solo un attimo, al sorgere e al tramontar del sole, attimo in cui riescono a malapena a sfiorarsi....
Sempre insieme, eternamente divisi"

SEGUITO DI "Queen of my Heart", ispirato al libro de "La sedia d'agento" e al film "Ladyhawke".
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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IN FONDO LA MAPPA DI NARNIA


28. La Festa d’Autunno
 
Vivere per l’unico che amo
Amare come nessuno ha mai amato
Dare senza chiedere nulla in cambio…
 
 
 
Il suono dei liuti e dei fiati invase l’intero castello di Harfang. Dalle cucine alle torri si udiva il dolce suono degli strumenti prediletti dai Giganti.
“Ascolta: i musici si stanno scaldando” disse Shanna, affacciata insieme a Edmund a una delle grandi finestre di un corridoio, dalle quali si poteva ammirare il viale principale illuminato da centinaia di torce. Le ultime carrozze varcarono il portone in quel momento.
Era arrivata moltissima gente strana ad Harfang, quel giorno: dalle Montagne di Ghiaccio, lassù dove viveva anche Babbo Natale, erano scesi altri Giganti, enormi colossi dalla pelle grigio blu e i capelli bianchi come neve: una popolazione barbara ma saggia; poi era stato il turno di un gruppo di Nani Neri, con le loro massicce e basse cavalcature, i mantelli imbottiti e l’aria arcigna; ancora, Gnomi delle Nevi, più alti dei Nani ma più bassi degli uomini, di corporatura smilza e il portamento leggiadro; infine, era giunta da chissà dove una carovana di creature dall’aspetto indefinibile, gli sguardi tristi, la pelle giallastra o verdognola, capeggiati da una grande carrozza bianca e con decine di servitori al seguito.
“Ma dove si è cacciata mia sorella Susan?” fece Edmund, pensieroso.
“Arriverà, non preoccuparti” rispose Shanna. “La Festa d’Autunno inizia tra due ore, avrà tutto il tempo per prepararsi. Forse voleva restare un po’ sola con Caspian”
“Sì, può darsi…Shanna?”
“Sì?”
Edmund cincischiò per alcuni secondi con la tasca interna del suo farsetto. “Ho una cosa per te”
Il giovane estrasse un sacchettino di velluto e lo porse alla fanciulla.
Lei lo aprì ed emise un’esclamazione di meraviglia. “Com’è bello!”
“Ti piace davvero?”
La Stella annuì, osservando per alcuni istanti il fermaglio di cristallo a forma di stella alpina e poi abbracciando forte il ragazzo.
“Lo terrò con molta cura”
“Mettilo stasera” disse lui, felice ma un poco impacciato.
“Certo, lo metterò di sicuro! Anzi, voglio provarlo subito. Vieni con me!”
Shanna lo prese per mano e lo trascinò fino alla sua stanza.
Edmund la seguì accanto alla specchiera, osservando con interesse i movimenti delle mani esili che appuntavano il gioiello tra i capelli dorati.
“Come mi sta?” chiese lei.
“Sei incantevole”
Shanna arrossì violentemente. Non credeva si sarebbe mai abituata a quegli slanci di sincerità.
“Grazie” mormorò in un soffio.
“No, sul serio. Ogni volta mi stupisco di quanto sei bella”
Shanna fece una risatina, posandogli un leggero bacio sulle labbra. “Spero non sia l’unica cosa in cui ti ho stupito”
“No, certo”. Lui si fermò e la prese per la vita, baciandola di nuovo. “E’ con questi che mi stupisci di più. Mi fai sentire bene”
Lei si beò del suo sguardo innamorato...di lei. Edmund era davvero innamorato di lei. Era ancora così strano pensarlo…
“Una cosa che mi stupisce molto, è come sai sempre capire di cosa ho bisogno e quando” confessò il ragazzo.
“E’ perché ti amo, Edmund” disse lei, facendogli una carezza sul petto. “Quasi non me ne rendo conto, però hai ragione: quando sei da qualche parte, io ti trovo senza che tu mi dica dove sei perché…ti sento”
Lui le rivolse uno sguardo interrogativo e forse un po’ imbarazzato.
“E’ un po’ difficile da spiegare” continuò la Stella. “Vedi, quando ho cercato Harfang con la mia magia, ho dovuto concentrarmi intensamente per vederla. Al contrario, se conosco bene un luogo o una persona, la cosa mi viene molto più facile. Ma se tu ti trovassi molto, molto lontano da me, non dovrei concentrarmi affatto: ti troverei in un battibaleno, perché sei parte di me”
Edmund le passò una mano tra i capelli, attento a non disfare l’acconciatura. “Dici cose bellissime. Io non so esprimere così bene quello che sento”
“Non è vero” Shanna si allungò di nuovo verso di lui, arrivando alle sue labbra. “Le parole non ti servono. Tu mi parli con l’anima, mio Re”
Edmund la strinse forte, schiudendo impaziente la bocca di lei con la propria, sentendola fremere sotto quel nuovo e più intenso bacio. Le braccia di lei gli circondarono il collo, le sue mani si strinsero tra i suoi capelli, e quel corpo esile sembrò divenire un tutt’uno con il suo.
Edmund non era un grande esperto in certe cose, ma sentiva che lei sarebbe stata perfetta per lui. Perfetta in ogni senso.
“Riusciresti a trovarmi se mi nascondessi?” mormorò sulle sue labbra, lo sguardo furbo.
Shanna riaprì gli occhi e fece un sorriso. “Certo”
“Mi vedresti con il pensiero?”
“No. Te l’ho detto: ti sentirei, il che è diverso”
“Allora, mostramelo”
Il ragazzo si separò da lei, lasciandola stupita e un po’ confusa.
“Faremo tardissimo!”
“C’è ancora tempo! Avanti!”
Shanna lo fissò stupita. “Vuoi giocare a nascondino?”
“Una cosa del genere” rispose lui, indietreggiando di qualche passo. “Voglio vedere se è vero: se riesci a trovarmi senza pensarmi”
“Ma…”
Edmund corse via, voltandosi un ultima volta quando arrivò all’angolo del corridoio “Dammi qualche minuto di vantaggio, d’accordo?”
Shanna scosse il capo, ridendo, osservandolo sparire. Poco dopo, si avviò giù per le scale, penando che a Ed era sfuggito un particolare fondamentale in tutto questo…
Mentre correva per i corridoi, pensò che era da tanto che non si sentiva così...anzi, forse non si era mai sentita così: viva e libera.
Nonostante la difficile missione che si trovavano ad affrontare, a differenza del passato, riusciva a vivere quella situazione con uno spirito più positivo. Suo padre Ramandu le aveva detto che sarebbe divenuta più forte, che avrebbe presto imparato ad usare i suoi poteri in maniera più completa. E Shanna attribuiva il merito di questa forza a Edmund. Averlo vicino diminuiva notevolmente la sua ansietà e le donava sicurezza. Ogni giorno ringraziava Aslan per aver messo quel ragazzo sulla sua strada…
Passò accanto alla grande sala dei ricevimenti, davanti alla quale si stavano riunendo i primi ospiti: le porte erano spalancate e mostravano decine di alti candelabri posti sui due lati del salone, i lunghi tavoli apparecchiati, la predella per le danze…
Shanna non si fermò e proseguì con passo sicuro verso una piccola scala che portava di sotto, verso le cucine. I servitori si indignarono parecchio nel vederla laggiù, ma lei non prestò loro molta attenzione: si scusò per l’intrusione e proseguì versa un’altra porta, in fondo alla stanza, entrando in quella che doveva essere la dispensa.
“Ti ho trovato” disse ad alta voce.
Da un mucchio di sacchi di farina accatastati uno sull’altro, spuntò la testa di Edmund.
“Non è giusto! Come hai fatto?”
Lei gli si avvicinò ridendo e lo abbracciò. “Mi hai chiesto di trovati senza pensarti, ma non hai capito una cosa: non ne ho bisogno. Non devo pensarti, perché sei nel mio cuore e io sento il tuo. E’ in questo modo che riesco a vederti. Lo capisci, ora?”
“Credo…di sì” balbettò il ragazzo, osservandola quasi frastornato. “Se scappassi via, non avrei scampo, allora?”
Lei aggrottò la fronte. “Dove dovresti andare?”
“Non si sa mai…se incontrassi una bella straniera…”
“Quanto sei stupido!” sbottò Shanna, incrociando le braccia al petto e voltandogli le spalle.
“Scherzo, scherzo!” si affrettò a dire lui, prendendola per le spalle, baciandola sulle labbra ma senza ottenere risposta.
Shanna seguitava a fissarlo, torva. “Posso diventare pericolosa, sai? Il mio potere è anche offensivo se voglio”
Edmund la prese tra le braccia. “No, non lo faresti”
“Sì, lo farei”
Lui le prese il mento tra due dita. “Non ti credo. Sei troppo dolce e buona, ed è per questo che mi sono innamorato di te: non sei un’isterica musona”
Lo sguardo di lei si addolcì e la battuta la fece sorridere. “E tu sei…”
“Cosa?” soffiò lui sul suo viso.
Shanna chiuse gli occhi. “Niente…”
Il bacio non si fece aspettare, dolce e languido, decisamente intimo. Non importava a nessuno dei due di poter essere visti. L’uno si specchiava negli occhi dell’altro e contava solo questo: guadarsi tra un bacio e l’altro, stringersi, stringersi forte e baciarsi ancora come se le loro labbra non dovessero più disgiungersi.
Shanna sentì la testa vorticare e socchiuse gli occhi, allontanandosi un poco da lui, giusto il tempo di riprendere fiato, per poi lasciarsi prendere di nuovo le labbra da quelle di Edmund.
“Oh, che vergogna!” disse all’improvviso una voce a loro ben nota.
“Pozzanghera, accidenti a te!” esclamò il Giusto, sussultando per lo spavento.
Il Paludrone, le mani a coprire gli occhi, sbirciò i due giovani attraverso le lunghe dita di rana. Il suo viso era diventato rosso…anzi, violetto, visto che il rossore, in contrasto alla sua pelle verdognola, prendeva una sfumatura lilla scuro.
“Non volevo disturbare ma ho sentito dei rumori nella dispensa…non sapevo foste qui, amici” si scusò Pozzanghera.
“E tu, invece, che fai in cucina?” chiese Edmund.
Il Paludrone sospirò teatralmente. “Ahimè, la Regina Titania non vuole né me né il povero Ombroso tra i piedi. Le facciamo impressione, così ha detto”
“Non siete stati invitati alla Festa?” chiese Shanna.
“Eh no, purtroppo. E per non farci restare chiusi in camera come reietti, ci ha assegnato l’incarico di assaggiatori”
“Assaggiatori?”
“Sì. Solo che Ombroso mi ha piantato in asso ed è andato a cercare la Regina Susan, mentre io sono rimasto qui, ad attendere che il prossimo boccone mi avveleni. Perché capiterà, non temete: quando in una reggia eleggono un assaggiatore, è perché qualche ospite sta cercando di attentare alla vita del Sovrano”
“Anche a Cair Paravel avevamo un assaggiatore, ma non perché temessimo che qualcuno ci avvelenasse” disse Edmund con un vago cipiglio.
“Narnia è Narnia, Maestà. Harfang è Harfang. Orsù, il dovere mi chiama...”
Shanna e Edmund seguirono il Paludrone fuori dalla dispensa. Pozzanghera si mise in un angolo dove era situato un lungo tavolo di legno, sul quale erano posati gli antipasti: vari stuzzichini, tartine di ogni genere, torte salate e via dicendo.
“Sono già pieno” fece Pozzanghera, tenendosi una mano sulla pancia, “e se penso che devono venire ancora tutti i primi, i secondi, il dolce la frutta…”
“Possiamo aiutarti noi” disse Edmund con l’acquolina in bocca. “Questa roba ha un aspetto decisamente invitante”
“Sei sicuro che possiamo? Sono per la cena di stasera” chiese Shanna.
“Perché non dovremmo?” fece il ragazzo, alzando le spalle. “Prendine una anche tu”
La Stella prese la tartina che lui le porse, addentandola con gusto. Era ripiena di un pasticcio di carne che non aveva mai assaggiato prima.
“E’ buono…ma che cos’è?”
“Carne di cervo, milady” disse una voce.
Ad un tratto, un’ombra gigantesca – è proprio il caso di dirlo – sovrastò i tre amici.
Edmund, Shanna e Pozzanghera si volsero lentamente, non capendo perché tutti i camerieri li guardassero così insistentemente, con sulle labbra uno strano sorrisetto.
“Carne di c-cervo?”
“Sì, carina” rispose un altro Gigante. “E dovevate sentire come strillava, il poveretto: ‘No, no, non uccidetemi, la mia carne non è buona!’. Ah ah ah! Proprio un gran bugiardo, non trovate?”
I tre amici emisero un urlo, lasciando cadere a terra le tartine.
Edmund sentì lo stomaco rivoltarsi. “Abbiamo...mangiato…la carne di un…animale parlante”
“E’ Aslan che ci punisce!” esclamò Pozzanghera.
Shanna si coprì gli occhi con le mani, disgustata, poi si sentì afferrare un polso e gridò di nuovo.
“Che state facendo? Ehi!” esclamò Edmund, quando il Gigante più vicino si caricò la fanciulla sulle spalle.
“E’ ora di mettervi a nanna, bambini” cantilenò la cuoca. “E’ un peccato, sì, ma d’altra parte…”
Edmund si portò istintivamente la mano al fianco, dimentico di non avere con sé la spada. Imprecò tra i denti, lottando per divincolarsi dalla presa di un altro Gigante. Un terzo afferrò Pozzanghera per il bavero della camicia.
I due ragazzi e il Paludrone vennero legati insieme e gettati dentro uno sgabuzzino buio. Poco dopo, udirono il crepitare delle braci del forno che venivano attizzate, e la cuoca dire: “Sarà proprio un bel pranzetto…”.
“Oh no!” tremò Pozzanghera. “Vi prego, ditemi che non è come penso…”
 
 
 
~·~
 
 
 
Le frecce sibilarono nell’aria in fischi minacciosi.
Tutto si svolse nell’arco di pochi secondi: il lupo spiccò un balzo all’indietro, non abbastanza rapido. Non era possibile evitarle, erano troppe.
Udendo il guaito dell’animale, Lord Ravenlock liberò un sorriso soddisfatto. Era fatta! Il Re non avrebbe potuto sopravvivere con tutte quelle ferite.
Ma quanto si sbagliava…
Il primo dardo prese il lupo di striscio, sul fianco, ma fu l’unico.
Una raffica di neve e vento si sollevò senza preavviso dal terreno, un vortice simile a una muraglia protettiva che si frappose tra il lupo e i suoi nemici, fermando le frecce, spezzandole come ramoscelli secchi. I soldati emisero urla spaventate nel momento in cui videro i dardi cadere a terra uno ad uno, prima di aver raggiunto l’animale.
“Caricate! Tirate di nuovo!” ordinò Lord Ravenlock.
Gli uomini eseguirono, tutti tranne il cacciatore, il quale si gettò in ginocchio coprendosi il volto con le mani, intonando una nenia nell’antico dialetto di Calormen: una preghiera agli dei di risparmiarlo.
Non esistevano dei, pover uomo, esisteva un solo e unico Dio, e il cacciatore vide il suo volto formarsi nella raffica di vento.
Il ruggito esplose come la detonazione di un colpo di cannone, che parve scuotere per intero i Monti del Nord. Poi, il turbine si tramutò in una vera e propria tromba d’aria, la quale si sollevò al di sopra dall’altezza degli alberi, per poi ridiscendere e abbattersi sugli uomini di Ravenlock con una velocità e una forza devastanti. I soldati vennero sbalzati via e sepolti dalla neve. Il vortice risparmiò però Ravenlock e il cacciatore.
“Che Tash ci salvi!” gridò quest’ultimo.
Ravenlock lo trasse in piedi di peso, afferrandolo per gli abiti. “Uccidi quella bestiaccia, o ti ci spedisco io da Tash!”
“Non vi muovete!” gridò una voce femminile.
Ravenlock la riconobbe all’istante, così come la freccia ornata da una piuma rossa che si conficcò nel terreno ai loro piedi. Alzò lo sguardo e la vide: i capelli castani che si agitavano intorno al viso, l’arco teso.
“Siete fuori forma, mia Regina?” chiese beffardo.
Susan caricò un nuovo colpo, parandosi davanti al lupo. “Il mio era solo un avvertimento”
“E’ una ferita di striscio, Maestà” disse Ombroso, planando sul terreno insieme a Shira, esaminando il taglio trasversale sul costato del lupo.
“Lo affido a te, Ombroso, non mi deludere”
“Mai, mia adorabile signora!”
Susan gli sorrise grata. “Shira, averti Peter e gli altri, di corsa!”
“Subito!”
Lord Ravenlock afferrò la balestra del cacciatore, il quale sembrava troppo scosso per potersi muovere, cercando di colpire il falchetto.
Susan glielo impedì prontamente, trafiggendolo a una spalla.
Ravenlock emise un grido strozzato, facendo cadere l’arma a terra. “Senza i vostri amici non siete niente”
“Nemmeno voi senza i vostri uomini” replicò lei.
Ravenlock si strappò la freccia dalla spalla, alzando la spada con l’altro braccio. “Per mia fortuna, ho imparato a maneggiarla con entrambe le mani”
“Buon per voi” commentò la Dolce, caricando il terzo colpo, mollando la corda senza indugio.
Ravenlock lo schivò di pochissimo, avventandosi su di lei.
Susan ripose l’arco dentro la faretra, dietro la schiena, sapendo che non le sarebbe stato d’aiuto in un incontro corpo a corpo. Invece, sguainò la Spada di Mavramorn, che brillò di un’intensa luce azzurra, creando un alone luminoso attorno a lei e al Lord.
Egli sferrò un colpo e lei lo parò, sentendo la vibrazione della lama, causata dall’impatto, propagarsi all’interno delle braccia. Susan rispose con un rovescio, mirando alla testa, ma Ravenlock lo parò senza particolare sforzo.
“Avete imparato la scherma, mi congratulo” la canzonò.
“Non mi faccio trovare impreparata”
La Dolce cercò di combattere al meglio delle proprie capacità, ma Ravenlock era un uomo fatto, robusto e capace, mentre lei era una principiante.
La Regina tentò di ricordare gli insegnamenti di Peter, di Emeth e di Eustace, i trucchi di Edmund e, soprattutto, tutte le lezioni che aveva preso assieme a Caspian.
Quelle lezioni si erano spesso trasformate in piccole lotte, dove lei insisteva sul che lui pretendesse troppo, e Caspian che replicava invece che era lei ad avere troppa poca fiducia e troppa poca pazienza.
“Tu sei convinta di non farcela, per questo non ce la fai”
Ancora una volta, era una questione di fede, dunque…
Strinse entrambe le mani sull’elsa del suo talismano, parando un altro colpo micidiale che la costrinse a piegarsi quasi in ginocchio. Ravenlock fece pressione con la propria spada su quella di lei, e la spinse giù, sulla neve.
Susan era sempre stata onesta nei combattimenti, ma quella volta si concesse una scorrettezza: assestò un calcio al basso ventre dell’uomo, facendolo piegare in due per il dolore, così che riuscì a spostarsi e rimettersi in piedi.
Ravenlock le dava le spalle.
“Colpite, mia Regina, adesso!” incitò Ombroso.
Susan volse una rapida occhiata nella direzione del pipistrello, mentre Ravenlock si rialzava e tornava all’attacco.
“Ombroso, dietro di te!” lo avvertì, parando l’ennesimo fendente.
Ombroso riuscì a scostarsi prima che il cacciatore lo colpisse con l’ascia che teneva in mano. Sbatté le ali, facendo una giravolta in aria, scendendo in picchiata addosso al suo aggressore, il quale tentò di colpirlo ancora e ancora. Il cacciatore ottenne di ferirgli un’ala, ma bastò per far perdere all’animale il vantaggio del volo. Ombroso tentò di difendersi con denti e unghie, ma l’uomo lo colpì con un calcio che lo stordì. Il povero pipistrello si ritrovò schiacciato sul terreno dallo stivale del brigante.
“Ombroso, no!” gridò Susan.
Un attimo dopo, mentre il cacciatore alzava l’ascia sopra la testa, pronto a menare il colpo mortale, il lupo gli balzò addosso, azzannandolo al collo.
La lotta durò poco: l’uomo perse la presa sulla scure, cadde, si dimenò, si rialzò, ricadde, rotolò insieme al lupo sul terreno, tentando di toglierselo di dosso con scarsi risultati.
Caspian non mollò la presa finché l’altro non fu immobile.
Nel frattempo, Susan stava perdendo concentrazione, preoccupata per la sorte dei suoi compagni, continuando a voltarsi verso di loro.
Gridò quando Ravenlock la ferì al braccio.
“Ora siamo pari” disse lui.
Susan ignorò il dolore e non si arrese.
Finora si era solo difesa. Bene, era giunto il momento di attaccare.
Fu questa determinazione a far brillare la lama di Mavramorn ad ogni nuovo colpo. Un lampo blu intenso scaturì da essa, rendendo il talismano più leggero di quel che fosse mai stato. Le pareva quasi di non avere nulla in mano e, al contempo, di stringere tra le dita una potenza enorme, che la inondava, quasi la schiacciava, urlante, chiedente libertà.
Susan si concentrò più su quella forza che sul combattimento, passando in vantaggio senza rendersene conto, stupendosene lei stessa. Non le sembrava di stare combattendo meglio di prima, però, improvvisamente, Ravenlock ansimava e indietreggiava, quasi che ogni colpo lo privasse del vigore.
E più lui colpiva e il suo viso si imperlava di sudore, più lei si riempì di energia.
Ravenlock iniziò ad agitare lo spadone come un forsennato, a gridare, attaccando e parando. L’arma di lei era così sottile e all’apparenza fragile… come poteva non essersi ancora spezzata sotto i suoi colpi?
Poco dopo, la spada gli volò via di mano. Incredulo, fissò il viso della Regina, la spada blu puntata contro il suo collo.
“Ammazza questo lurido verme o te ne pentirai” gridava la mente di Susan.
“Pietà! Pietà!” implorò Ravenlock, in ginocchio davanti a lei.
La mano della ragazza tremò appena nell’indecisione.
“Maestà, vi scongiuro! In nome del Grande Leone invoco il vostro perdono!”. Egli si aggrappò alla sua veste. “Siete sempre stata dolce e buona, siatelo anche con me!”
“Ditemi dove sono i miei figli e forse risparmierò la vostra indegna vita” disse lei, sapendo di avere poco tempo per decidere.
Ravenlock sollevò il capo. “Non so dove sono, non l’ho mai saputo. Ma Lord Erton sì, e stasera è là, ad Harfang, insieme al principe Rabadash”
“Questo lo so già” ribatté freddamente la Regina.
“Allora vedete che non sto mentendo!”
“Mia signora, non ascoltatelo!” la pregò Ombroso.
“Dice il vero, Ombroso, hai sentito anche tu cosa ha detto Shira”
“Sì ma non potete perdonarlo! Non fidatevi!”
Combattuta tra l’odio e la coscienza, Susan non poté non far prevalere la seconda. Abbassò lentamente la lama, facendo un passo indietro.
“Portatemi da Lord Erton”
Ravenlock storse il viso in un ghigno. “Nemmeno per sogno, cagna narniana!”
Il Lord la tirò per la veste e la costrinse a terra. Afferrò un pugnale dallo stivale e fece per colpirla, ma Susan alzò la Spada di Mavramorn e lo trafisse da parte a parte.
Ravenlock rantolò, allontanandosi da lei, alzando le mani sulla ferita. Si accasciò a terra e sputò sangue dalla bocca, poi rimase immobile, gli occhi fissi nel nulla.
Susan si mise a sedere, ansimando, stringendo l’elsa della sua Spada, osservando la macchia di sangue allargarsi sul terreno, sporcare la neve immacolata.
Solo allora il vento si placò.
L’uggiolio sommesso del lupo la riscosse. La Regina si alzò in piedi, andando incontro all’animale zoppicante. Si gettò di nuovo in ginocchio e lo strinse con tutte le sue forze, convulsamente, passandogli frenetica le mani su tutto il corpo.
Lui strofinò il muso contro il suo viso per tranquillizzarla.
Come sempre, non avevano bisogno di parole per dire ciò che desideravano, erano sufficienti pochi sguardi.
Rimasero a lungo uniti.
Poi, Susan sollevò il capo. “Ombroso, come stai?”
“Un po’ acciaccato, Maestà. Le ali sono il mio punto debole”.
Il pipistrello zampettò accanto a lei e al lupo, notando subito la macchia di sangue che le macchiava la manica dell’abito.
“Maestà, siete ferita!”
“Non è nulla” replicò Susan, stringendo anche lui nell’abbraccio.
Ombroso arrossì e balbettò parole incomprensibili.
“Il Re mi ha salvato la vita, ha ucciso quel cacciatore” riuscì solo a dire.
Susan gli fece una carezza sul capo. “Lo so. Anche tu lo hai difeso”
Ombroso annuì, esitò e poi disse:  “Maestà, Lord Ravenlock è …”
Lei volse lo sguardo sul suo corpo senza vita. “Sì, Ombroso”
“Avete fatto bene ad ucciderlo!”
Susan spostò lo sguardo sul lupo. “Ora sappiamo chi ha messo le trappole: sono stati loro, ne sono sicura”
“Ci hanno inseguiti fin da quando eravamo nella Brughiera di Ettins, senza dubbio” disse ancora il pipistrello.
Susan annuì, passando la mano sulla ferita di Caspian. “Guarirai, non è grave ma dobbiamo curarla” gli mormorò. “Ombroso, anche tu hai bisogno di una medicazione”
“E voi pure, mia adorabile signora. Non pensate solo agli altri, pensate anche a voi sessa”
La Regina si alzò, rinfoderando la Spada di Mavramorn. “Non credo di averne il tempo. Se veramente Lord Erton sa qualcosa, devo trovarlo immediatamente e scoprire dove sono i miei bambini”
“Quindi presterete ascolto alla profezia di Cornelius?”
“Non ho altra scelta, non c’è più tempo: Narnia sta morendo, dobbiamo salvarla”
Detto ciò, Susan guardò alle spalle dei due animali, dritto avanti a sé, dove là, nella valle, il Leone la ossarvava con fierezza, ritto sulle quattro zampe.
“Andiamo” disse la Dolce, voltandosi e guidando i due compagni su per la salita che portava al castello di Harfang.
 
 
 
~·~

 
 
Il Re Mastodonte attraversò tutto tronfio l’ampia sala dei ricevimenti, salutando gli ospiti, stringendo loro le mani, quando il suo sguardo cadde su quattro figure in particolare: Peter, Miriel, Lucy e Emeth avevano appena fatto il loro ingresso.
“Vostre Maestà, finalmente!” esclamò allargando le braccione. “Dove sono i vostri congiunti? La Festa d’Autunno inizia tra meno di quarantacinque minuti”
Peter – Miriel al suo fianco che gli dava da braccetto – s’inchinò rispettosamente. “Maestà, sono sicuro che mia sorella Susan e le altre fanciulle stiano ultimando di prepararsi, per questo anche gli altri cavalieri stanno tardando”
“Ah, capisco…Mmm…però, Sire, non potreste andarli tutti a chiamare, e avvertirli che io e Titania vi aspettiamo nella sala delle armature?
I ragazzi si scambiarono sguardi interrogativi.
“Perché dovremo andare nella sala delle armature, se è lecito chiedere?” domandò Lucy.
“Perché dovrete fare un’entrata trionfale, siete i miei ospiti d’onore!” spiegò con entusiasmo Mastodonte. “Dovrete solo attendere là finché io e Titania non vi annunceremo; ciò avverrà quando questa sala sarà gremita di tutti i miei ospiti. Allora, manderò due guardie per avvertirvi, e voi, i vostri fratelli e i vostri amici, verrete accolti in pompa magna! Fatemi fare bella figura, siate buoni!”
I ragazzi si scambiarono un’altra occhiata.
“E sia” disse infine il Re Supremo.
Mastodonte batté le manone. “Molto bene!” poi fece un cenno a un servitore di avvicinarsi e gli disse di condurre i due ragazzi nella sala delle armature.
Ma quando i quattro furono abbastanza lontani, mormorò tra sé: “E’ stato un piacere conoscervi, Sovrani di Narnia…”
Sistemandosi l'ampia gorgiera, si guardò poi attorno in cerca di sua moglie.
“La Regina Titania non è ancora arrivata?” chiese a un’altra cameriera.
“No, Maestà”
“Oh bella! Ho appena visto tra la folla la Dama Verde con i suoi bambini e lei non è qui con me ad accoglierla…Oh, eccovi, mia carissima Signora dalla Veste Verde!”
“Re Mastodonte” disse con voce affettata una bellissima donna, alta e regale, la pelle bianchissima, i capelli biondi e un abito tempestato di smeraldi.
Ella porse le mani, che parevano piccolissime a confronto a quelle di Mastodonte, il quale ne baciò i dorsi.
“Siete sempre più bella, mia cara amica, e meno male che non c’è mia moglie a sentirmi, così posso farvi tutti i complimenti che voglio…Sapete, Sospetto sia gelosa di voi”
La Signora dalla Veste Verde si coprì la bocca con il ventaglio e rise. “Sciocchezze! Piuttosto, posso presentarvi i miei figli?”
Mastodonte piegò la schiena, per stringere la mano del bambino e baciare quella della bambina accanto alla Signora.
Rilian e Myra trattennero il fiato fiato alla vista del Re dei Giganti.
Quando la carrozza aveva lasciato la galleria sotterranea e si era affacciata sul Mondodisopra, i due fratellini erano rimasti letteralmente senza parole di fronte all’imponenza del castello di Harfang, ritto sulla cima del suo monte impervio. Avevano tempestato la Signora dalla veste Verde di un’infinità di domande, ed ella, molto pazientemente ma senza tradire una punta di insofferenza, aveva spiegato loro tutto ciò che avevano voluto sapere.
I due bambini avrebbero preferito scorrazzare per il castello piuttosto che rimanere chiusi nella loro stanza, ma la Signora era stata categorica. Lady Lora, seguendo le sue istruzioni, aveva fatto riposare i bambini, li aveva lavati e cambiati, aveva preso il thè con loro e chiacchierato a lungo. Poi, un paio d’ore prima dell’inizio del ricevimento, li aveva vestiti con abiti adatti ad un principe e una principessa.
Rilian portava un paio di calzoni neri, come gli stivali, una giacca ricamata che secondo lui era veramente ridicola, perché troppo sfarzosa. Sulle spalle aveva un mantello blu.
Myra invece, era fasciata in un abito color pesca, regalatole tempo addietro dalla sua madre adottiva. Si sentiva una vera signora, con l’ampia gonna a balze, il fiocco che le cingeva la vita, i mezzi guanti di pizzo bianco, il ciondolo e gli orecchini dorati, la coroncina tra i bei capelli castani, arricciati per l’occasione.
“Sono tanti anni che attendo di conoscervi, principe Rilian e principessa Myra” disse Mastodonte “La vostra mamma mi raccontò, tempo fa, che eravate malati e non potevate uscire dal suo castello”
“Non siamo malati, Maestà” disse subito Rilian, che non aveva peli sulla lingua. “Ci trasformeremmo in due creature diaboliche se la Signora non ci sottoponesse tutti i giorni a un incantesimo, per questo non possiamo lasciare il nostro palazzo, dobbiamo…”
“Via, via Rilian, che chiacchierone che sei” disse Jadis.
“Non fa niente, non fa niente” assicurò Mastodonte.
E mentre il Re dei Giganti scambiava due parole anche con Myra, la Strega si chinò verso il principe. “Rilian, caro, ti ho ripetuto molte volte che vorrei mi chiamassi madre davanti ai miei amici, e non sempre ‘signora’ ”
Il tono di lei fu calmo ma aspro, freddo; e freddo fu anche lo sguardo che le rivolse Rilian.
“Perdonatemi, madre
“Così va meglio…Ora, da bravi, bambini, andate con lady Lora, io devo parlare con Re Mastodonte di una facendo molto importante.
Detto ciò, la Signora si allontanò con il Gigante, parlando fitto fitto.
“Il principe Rabadash è già qui, Sire?” domandò Jadis.
“Certamente, Madama. Come avete chiesto, il fidanzamento verrà annunciato dopo la seconda danza”
“Benissimo…” La Strega Bianca si guardò attorno. “E, in quanto a quei ragazzi…quella compagnia di viaggiatori che incontrai sulle montagne e vi mandai qui…”
“Ah sì! Quale prelibatezza, Madama! Voi sapete sempre come inviarci i doni più succulenti!”
“Ero sicura che vi sarebbero piaciuti”
La Signora e Mastodonte scoppiarono a ridere.
Da lontano, Myra e Rilian li osservavano.
La principessa si voltò verso Lady Lora. “Perché il Re dei Giganti non ha salutato anche te?”
“Tesoro, io non sono che una servitrice”
Gli occhi nocciola della bambina si fecero tristi. “Ma sei come una seconda mamma per noi, non è giusto”
Lora strinse la bambina in un breve abbraccio. “Fate un bel sorriso, principessina. Tra poco incontrerete il vostro futuro sposo: non vorrete che vi veda triste”
Le guance di Myra si accesero di entusiasmo. “Com’è questo principe, Lora? E’ bello? Sa parlare bene? E’ gentile?”
Lora le sistemò un ricciolo. “Il mio parere non conta molto”
“Per me conta moltissimo, invece! Il tuo come quello di Rilian”
“Non lo conosco, principessa, ma sono sicura che vi tratterà bene”
“Sei veramente decisa a fidanzarti, allora”  disse Rilian alla sorella.
“Sì, se a nostra madre fa piacere. Dopotutto, credo sia giusto per una donna”
“Lora non è sposata” ribatté il principe, afferrando una mela dal tavolo lì accanto, dandole un morso.
Lady Lora gliela tolse dalle mani. “Non rovinarti l’appetito. E comunque, avevo un marito una volta”
“Veramente?” fece Myra. “Chi era? Come si chiamava?”
Improvvisamente, lampi di ricordi si affacciarono alla mente di Lora... ma prima che potesse rispondere, qualcuno interruppe la conversazione.
“Perdonerete l’intrusione, ma non ho potuto far a meno di ascoltare le vostre parole, giacché mi trovavo proprio dietro di voi”
I gemelli e Lora si volsero i direzione della voce, osservando con curiosità un uomo dall’abito scuro e il mantello rosso sangue. Il nuovo venuto aveva la pelle di un colore che i bambini non avevano mai visto; i capelli neri come penne di corvo gli sfioravano appena le spalle; la barba era del medesimo colore, così come gli occhi. La postura altera ed elegante mise subito in soggezione tutti e tre.
Ma se Lora si inchinò e Myra ostentò uno sguardo decisamente curioso, Rilian non si fece ingannare: il sorriso dello conosciuto gli parve fasullo, costruito, così come il tono della voce, le parole con cui si rivolse nuovamente loro.
“Mi presento: sono il principe Rabadash XVIII di Calormen, Signore del Mondodisopra. E voi dovete essere…”
“Principe Rabadash!” fece la voce della Signora dalla Veste Verde.
I gemelli e Lora la videro avanzare in quella direzione e porgere la mano all’uomo, che subito la baciò.
“Che gioia rivedervi dopo così tanto tempo, Altezza”
“Il piacere è mio”
“Vi vedo molto in forma”
“Sto bene, Madama, vi ringrazio”
“E vostro padre come sta?”
“Molto bene anche lui, grazie”
Rilian e Myra pensarono la stessa cosa: quell’individuo, sebbene le mostrasse il dovuto rispetto, conversava con loro madre come se la conoscesse da anni.
“Vedo che non siete venuto solo” disse la Signora, allungando di nuovo la mano verso un altro uomo, più vecchio del primo.
“Duca…”
“Signora…”
“Sono lieta della vostra presenza, Lord Erton”
“E’ stato un lunghissimo viaggio, ma ne è valsa la pena” il vecchio fece vagare lo sguardo sui bambini. “E questi nobili fanciulli sono i vostri figli?”
“Non siamo proprio figli suoi” non poté fare a meno di precisare Rilian.
Jadis gli scoccò un’occhiataccia. “Sono i miei figli adottivi, in verità. I miei dolci ed educatissimi bambini”
“Molto piacere, signori del Mondodisopra” salutò Myra con una graziosa riverenza.
Rilian, invece, chinò appena il capo. Quando lo rialzò, il suo sguardo incrociò quello di Rabadash.
La prima volta che aveva visto i figli di Caspian e Susan, Rabadash si trovava affacciato ad una finestra del castello delle Tenebre, e non aveva potuto farsi un’idea precisa di come fossero veramente. Ma adesso che li aveva davanti, poté constatare quanto somigliassero ai loro genitori: Myra era il ritratto di Susan, tranne che per gli occhi, e prometteva di diventare una bellezza. Rilian, invece, era la fotocopia di suo padre, esibiva persino la stessa ostilità di Caspian, sia nella postura che nello sguardo. Ma quegli occhi erano gli stessi di sua madre, di una sfumatura di azzurro limpido, senza screziature di verde o grigio.
Rabadash dovette trattenersi dal digrignare i denti per la rabbia, stringendo i pugni, al pensiero che quei bambini avrebbero potuto essere figli suoi e della Regina Dolce.
La risata di Lord Erton lo riportò alla realtà. 
“Lasciate che vivano la loro età, Madama” stava dicendo il Duca, “Non c’è nulla di male se sono un poco indisciplinati”
“Non lo siamo affatto!” protestò Rilian.
Jadis lo fulminò con l’ennesima occhiata.
A quel punto, Erton disse: “Venite, principe Rilian, vi mostro il castello di Harfang. Sapete, sono venuto qui molte volte e lo conosco bene. Vi andrebbe di vedere le scuderie?”
Rilian fece per protestare, sebbene quell’ultima proposta fu difficile da ignorare.
“Sì, andate” disse Jadis, facnedo un cenno a Lady Lora di portare via il principe. Lora sospinse il bambino per le spalle, gentilmente, seguendo il Duca.
“Devono parlare del fidanzamento di vostra sorella, Altezza” disse Lord Erton. “Non siate ansioso”
“Perché non posso sentire anch’io?”
“Perché no, tesoro” rispose Lora con voce dolce. “Myra ci racconterà tutto più tardi”
I tre si allontanarono in mezzo alla folla. Rilian, continuò a guardarsi alle spalle, vedendo che anche la sorella lo guardava. Lei gli rivolse un sorriso e lo salutò con la mano come a dirgli che si sarebbero visti più tardi.
La principessa distolse lo sguardo dal fratello quando lui scomparì dietro le porte della sala.
“Myra, mia cara” disse la Signora dalla Veste Verde “ora che siamo noi tre soli, possiamo svelare tutti i misteri. So che sai già più di quel che sembra...”
La bambina arrossì.
“No, non importa. Ma alza il viso, tesoro mio, e non vergognarti di guardare colui che diventerà tuo marito”
La principessa obbedì, scoprendosi delusa di quel che provò.
Niente. Assolutamente niente.
Aveva fantasticato così tanto su quel momento, si era aspettata di sentire almeno un po’ di batticuore, come succedeva alle principesse delle favole che Lora le raccontava, le quali si innamoravano dei loro principe al primo sguardo. Invece...
“E’ dunque questo l’uomo che sposerò?”,  si chiese con amarezza. Non che non fosse bello, però…
Si era immaginata un giovane uomo, più giovane di così, non un tipo tanto alto e robusto, con lo sguardo indecifrabile. Lora le aveva detto che sarebbe stato gentile con lei. Poteva crederci?
“Vi lascio soli un momento” disse la Signora dalla Veste Verde, mandandola nel panico.
“Ma madre!”
“Suvvia, tesoro: non avrai paura?” ridacchiò Jadis, scambiandosi un’occhiata d’intesa con Rabadash prima di allontanarsi.
“Vorreste danzare con me, più tardi?” chiese quest’ultimo.
“Io…sì” balbettò la bambina.
“Mi vedete come l’orco cattivo, vero? Ma vostra madre ha ragione: non dovete avere paura di me. Anch’io mi trovo in imbarazzo davanti a voi, principessina”
“Ve-veramente?”
“Sì, è così. La nostra unione sarà di convenienza, niente più che un contratto che vostra madre e mio padre hanno stipulato. Ma i nostri regni hanno entrambi bisogno di essere rafforzati”
Myra storse il naso. “Non ho ben capito…”
Rabadash iniziò a passeggiare con lei per la sala. “Perdonatemi, principessina. Capirete col tempo”
“Immagino di sì…Ma se sposate me, vuol dire che non avete trovato una fidanzata nel vostro paese, giusto?”
“Purtroppo è vero”
“Ma ci saranno tante ragazze più belle e più grandi di me a…”
“Calormen”
“Sì…”
“Non erano idonee al matrimonio”
Myra fece nuovamente un’espressione perplessa. “Che significa?”
“Anche questo lo capirete quando sarete più grande. E comunque, voi siete molto graziosa”
“Ma ho solo otto anni”
“Crescerete”
“Voi quanti anni avete?”
“Tanti più di voi”
“Sì, questo lo vedo, ma quanti?”
Per Tash, ha anche lo stesso modo di parlare di sua madre…pensò Rabadash.
“Trentaquattro”
Myra si astenne da qualsiasi tipo di commento. Per lei che era così piccola, quella era quasi un’età da vecchio.
“Ho moltissime sorelle, sapete?” disse poi Rabadash. “Diverranno anche sorelle vostre, in un certo senso”
Myra sorrise. “Io ho solo Rilian, e lui è un maschio, non fa certi giochi con me. Le vostre sorelle giocano con le case di bambole, vero?”
“Certamente”
“E hanno tutte la pelle strana come la vostra?”
Rabadash rise. “Sì, tutte quante. E’ il sole che ha colorato la nostra pelle, e so che a voi sembra strana”
“Cos’è il sole?” chiese Myra incuriosita.
“Non avete un sole nel Mondodisotto?”
“No, è sempre tanto buio”
“Ebbene, è un astro – una stella – che scalda e illumina il Mondodisopra”
“Quando sono arrivata ad Harfang non ho visto nulla che somigliasse a una stella luminosa. Non so nemmeno se ho mai visto una stella...”
“Non le avete studiate?”
“Sì, però…oh, mi piacerebbe tanto vedere il sole!”
“Un giorno lo vedrete”
Myra si aprì in un sorriso meraviglioso. “Per favore, principe Rabadash, raccontatemi ancora del vostro paese, mi sembra bellissimo! Credete che mia madre mi permetterebbe di venire a visitarlo?”
Rabadash ghignò di soddisfazione: aveva in pungo la principessa.
 
 
 
~·~

 
 
Dopo aver raccontato alla Regina Susan tutte le novità che aveva portato da Narnia, Shira aveva seguito il suo ordine di restarsene buona nella stalla assieme a Destriero, almeno fino a che la Regina era stata raggiunta dal pipistrello Ombroso, il quale le aveva riferito che il Re Caspian era in pericolo, giù nella valle sotto la città.
Non risposta a starsene con le mani in mano (pardon, ali), era scesa nella valle con loro. Tuttavia, all'ordine di Susan di avvertire gli altri sovrani che Lord Ravenlock li aveva raggiunti, era sfrecciata via come un fulmine, verso i piani alti del castello di Harfang, scrutando dai vetri delle finestre l’interno delle stanze, in cerca di un volto amico.
Purtroppo, le raffiche di vento l’avevano costretta ad abbassarsi di quota, rinunciando quasi subito. Forse, non era il modo migliore per individuare i membri della compagnia...
Aveva deciso allora di entrare nel castello: piccola com’era, e con tutta la confusione che c’era quella sera, nessuno l’aveva notata. Se credeva di essere scoperta, prontamente si nascondeva dietro una statua, dentro un’armatura, dietro i candelieri sulle pareti.
La stanchezza del lungo viaggio si fece di nuovo sentire, costringendola a fermarsi diverse volte per riprendere fiato. Ansimante e sempre meno veloce, continuò a cercare finché non stramazzò di nuovo al suolo, esattamente come quand’era arrivata ad Harfang quel mattino. Solo che all’ora c’era stata Susan a soccorrerla, ma ora…
Si trascinò sotto una panca posta a un angolo di un corridoio, respirando velocemente. Rimase lì a lungo, fino a che non udì due voci che le parve di conoscere…
“E’ tardissimo e mia cugina non si vede ancora” fece quella del ragazzo, seccata. “Se tu non sei preoccupata e non vuoi venire a vedere cosa le è successo, fai pure, ma io vado a cercarla”
“Se le fosse successo qualcosa, vuoi che Peter e gli altri non se ne siano accorti?”
“Che ne so? Non trovo da nessuna parte nemmeno loro, sembrano tutti spariti nel nulla!”
Jill si appoggiò a una parete, afferrando l’amico per il mantello. “Fermati un attimo, per piacere”
“Cos’hai?”
“Mi fanno male i piedi” si lamentò la ragazza, sedendo su una delle panche del corridoio, togliendosi una scarpa e massaggiandosi la pianta. “Non sono abituata a portare scarpe con tacco”
“Allora perché le hai messe?”
“Me le ha date la vecchia governante del castello assieme al mio vestito”
Eustace incrociò le braccia e rimase un momento a guardare Jill, la quale sospirò improvvisamente di sollievo.
La ragazza indossava un abito rosa di raso e seta, le spalle leggermente scoperte, un grande fiocco a farfalla sulla schiena, un ciondolo di diamante al collo che ricadeva sulla casta scollatura, una coroncina di fiori su un lato del capo, i capelli biondi più lucidi di quanto fossero mai stati…o forse, era lui che non se n’era mai accorto?
“Non te l’ho ancora detto” balbettò il ragazzo.
“Cosa?”
“Sei molto carina, stasera”
Jill batté le palpebre e sorrise timidamente. “Grazie”
Lui annuì una volta. “Bene. Continuiamo la ricerca?”
“Mi tocca…” mugugnò lei, rimettendosi la scarpa. “Mi verranno i calli, lo so…ehi, ma che cosa c’è qua sotto?!” esclamò poi, saltando su dalla panca.
Shira sentì due braccia umane raccoglierla. Le palpebre pesanti, cercò di mettere a fuoco i due volti che entrarono nel suo campo visivo.
“Shira, siamo noi, apri gli occhi” disse ancora la voce maschile.
“Chi…Lord Eustace…e Jill Pole!”
I due ragazzi osservavano il falchetto con apprensione.
“Cosa diamine ti è successo? E cosa fai qui ad Harfang?” chiese di nuovo lui.
“E’ successo…Oh, prima mi dareste un po’ d’acqua, per piacere? Non ce la faccio più”
Jill e Eustace trasportarono il falchetto giù nelle cucine, credendo di poter chiedere aiuto ai camerieri.
“Bè, che è questa storia? Non c’è nessuno” fece il ragazzo, le mani sui fianchi. “Battono la fiacca in questo castello!”
“Forse sono occupati di sopra con gli antipasti” disse Jill, posando Shira sul tavolo. “Ormai la Festa d’Autunno sarà iniziata. Grazie a te, Scrubb, che mi hai fatto girare a zonzo per il castello, mi perderò la prima danza”
“Piantala con questa storia…”
Eustace prese una ciotola di legno da un ripiano situato accanto al lavandino, riempiendola d’acqua.
Shira vi tuffò dentro il becco, bevendo avidamente.
“Va meglio?”
Il falchetto annuì. “Un istante solo e vi racconterò tutto. Sono così stanca…”
“Vuoi qualcosa da mangiare?” chiese Jill, correndo ad aprire ante e antine di varie credenze, cercando qualcosa che facesse al caso di Shira.
“Non è mica casa tua, Pole, che fai?”
“Insomma, Eustace! Non vedi che deve rimettersi in forze?!” protestò Jill, issandosi su uno sgabello accanto ai fornelli, per riuscire ad afferrare una cesta di pane situata sopra a una credenza.
D’un tratto, però, il suo sguardo cadde su un librone appoggiato a un vaso di terracotta: un libro di ricette, e...
“Eustace!!!” gridò, quasi cadendo dalle sgabello, facendo rovinare a terra la cesta di pane.
“Che cosa c’è? Perché strilli?”
“Vieni…vieni a vedere!”
Il ragazzo prese Shira tra le braccia e si avvicinò all’amica.
Jill, bianca come un fantasma, gl’indicò il libro.
Le parole erano così grandi che non fu difficile leggerle. Eustace passò in rassegna varie ricette – anatra selvatica, piccione, cervo – prima di capire cosa Jill volesse che notasse…
Arrivato alla quarta voce, il libro diceva così:
 
ANIMALE UOMO: questo bipede, elegante nelle fattezze e nel portamento, è considerato una vera prelibatezza. Viene servito durante il banchetto della Festa d’Autunno, dopo le portate a base di pesce e prima dell’arrosto.
Ciascun uomo…
 
Eustace non poté andare oltre, anche se notò chiaramente altre voci sottostanti parlare di Paludroni (le cui carni, secondo il ricettario, non erano adatte al palato dei Giganti perché piene di nervi e sapevano di fango, ma se mitigate…). E poi pipistrelli (che andavano serviti fritti, secondo i Giganti), e ancora falchi e lupi!
“Ora capisco perché volevano ingrassarci!” esalò Jill in un’esclamazione strozzata. “Vogliono…mangiarci!”
“Ottima deduzione, tesorino” fece una voce.
Prima che se ne rendessero conto, anche Eustace, Jill e Shira finirono tra le grinfie dei Giganti.
“Rinchiudeteli insieme agli altri” canticchiò la cuoca. “Siamo in ritardo: è ora di mettere il pentolone sul fuoco”

 
 
 
 
 
Salve cari lettori!
Oggi sono contenta perché ho aggiornato molto prima del solito, e sono anche soddisfatta di come è uscito questo capitolo! E' un po’ lungo, spero non vi abbia annoiato. E lo sarebbe stato ancora di più se fossi riuscita ad inserire tutto quello che volevo ma, come ho già annunciato sulle mie pagine facebook, non ce l’ho fatta. Ad esempio, ci sono un paio di punti che devo ancora sistemare sul racconto Shira, per cui ho preferito rimandarlo. A volte è difficile mettere su carta/pc quello che si ha in mente…
Vi rassicuro su un punto: Fuori uno! Lord Ravenlock è schiattato schiattatisismo! Sotto a chi tocca! xD
NOTA:La ricetta del libro di cucina dei Giganti l'ho presa dall'originale. 
.  
Ringraziamenti:
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Per le recensioni dello scorso capitolo:  LittleWitch, Mai_AiLing, senoritavale, Shadowfax,_joy
 
Angolino delle Anticipazioni:
Non sono in fila, ma ecco cosa succederà: Susan, il lupo e Ombroso tenteranno di liberare i compagni rapiti e pronti per essere cucinati, trovando un aiuto decisamente inaspettato tra le mura del castello…
Ci sarà il tanto atteso incontro tra i gemelli e i loro genitori: preparate i fazzolettini…
La compagnia di Narnia dovrà fuggire dal castello, ma non senza aver portato con sé qualcuno che li guiderà lungo la nuova parte del viaggio…chi?? Eh, non ve lo dico mica...

SPOILERUCCIO: Rabadash e Myra si fidanzeranno!
 
Ora mi defilo, prima che mi tirate addosso i vostri pc…ma prima vi ricordo che, per gli insulti, vi spetto alle mie pag facebookSusan TheGentle Clara e Chronicles of Queen
 
A presto e grazie di cuore a tutti!!!
Susan♥


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