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Autore: bulmasanzo    17/11/2014    2 recensioni
Questo è ciò che succede se in una notte d'estate una fanwriter decide di non seguire più la trama.
Extra de: La 'meravigliosa' avventura.
Raccolta di one shot, tutte rigorosamente prive di un finale.
Possibilità di nonsense e di cross over.
Genere: Commedia, Fluff, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Daisy, Luigi, Mario, Peach, Rosalinda
Note: Cross-over, Nonsense, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"Dove ti porto, amico?" chiede oziosamente il tassista studiando il passeggero attraverso lo specchietto retrovisore.
È diventata questa una frase meccanica, che dice a tutti con le dovute varianti.

Ha un buon occhio, il bravo toad, dopo anni di servizio sa giudicare e valutare il modo più appropriato in cui rivolgersi ai suoi clienti, spesso dopo un'unica, semplice occhiata.
Se, per esempio, avesse notato che si tratta di un signore per bene o di una donna di classe, certamente avrebbe utilizzato una forma più alta di cortesia, ma quello che è salito ha l'aria umile, sembra proprio un tipo semplice, alla mano, che non bada troppo alle formalità, per questo non si è preoccupato di offenderlo chiamandolo 'amico'.
E inoltre ha anche qualcosa di tremendamente familiare.
"Mi porti alle basi stellari, per piacere." richiede educatamente l'uomo, nella sua voce traspare chiaramente la stanchezza.
"Ci vorrà un po' di tempo per arrivarci e credo che ti costerà, amico." osserva il toad. Continua a fissarlo come se ci fosse qualcosa che gli sfugge "Ma non ti ho già visto da qualche parte?“
Mario ignora deliberatamente la domanda "Ho cento monete con me, bastano?“
"Se bastano?" fa l'altro sorridendo suo malgrado di stupore e mettendo in moto e facendo partire il tassametro "Ci potresti comprare un fungo 1up, addirittura."
"Bene." sospira e cerca di mettersi comodo. Ha un leggero mal di schiena, non si è fermato un secondo da quando ha accompagnato la principessa Peach a casa e ha proprio voglia di arrivare al più presto.
È stato già nel posto suddetto, è stato da lì che era arrivato, dal villaggio dei Goomba. Poi avevano proseguito in autobus fino al castello. Un viaggio penoso, tutto il tempo in piedi a soffocare nel puzzo di ascelle sudate, una brutta strada per nulla adatta a una principessa, che ha preferito non ripetere nemmeno ora che è da solo.
Era stato Goombario a parlargli di quel posto.

"È praticamente come una stazione, anche se non ci sono treni" aveva trillato con quella sua voce giovane da scricciolo, impregnata di un entusiasmo esagerato, tutto infantile "È una grossa sala a forma di stella gigante, si raggiunge il punto di snodo centrale e si sceglie tra le cinque possibili destinazioni."
Quando ci si erano trovati e l'aveva vista ne era rimasto molto incuriosito.
Non era esattamente come diceva il piccolo, in realtà la stella era interna alla sala, tracciata sul pavimento lucido, e rappresentava un vero e proprio percorso.
A ognuna delle punte era posta una grossa piattaforma rotonda, ed era salendovi sopra che si poteva partire, lo si faceva letteralmente spiccando il volo e una volta a mezz'aria si veniva teletrasportati via in un lampo.
Tutte queste piattaforme erano collegate al centro, che rappresentava la postazione di arrivo.
Quando erano partiti, Mario aveva visto che ce n'era una che era diversa dalle altre quattro.
Diversa non in modo prettamente visibile, ma aveva qualcosa di indefinitamente strano, che le altre quattro non avevano.

Un'aura mistica e misteriosa. Una vibrazione, qualcosa che a guardarla ti lasciava inquieto, trasmettendoti ansia.
Guardandola, Mario si era sentito corrodere da una ferocissima curiosità, voleva a ogni costo sapere dove lo avrebbe condotto se vi fosse salito.
"C'è sempre una posizione che porta all'esterno, non verso uno dei mondi che sono contenuti nel Regno dei Funghi, ma al di là." aveva detto Goombario, senza tuttavia dare a questa informazione l'importanza che avrebbe dovuto meritarsi.
L'effetto era stato contrario, la voglia di conoscenza di Mario si era scissa e moltiplicata come un'ameba.
Adesso sta tornando alle basi stellari apposta per salire deliberatamente su quella piattaforma e saziarla.
"Quello da dove cavolo è sbucato?!" grida improvvisamente il tassista strombazzando con il clacson "Togliti dai piedi, sei fuori di testa?“
Mario trasecola mentre un rumore stridente di freni dilania le sue povere orecchie come un'odiosa forchetta che striscia sulla superficie liscia e lucida di un piatto di porcellana.
Il micete innocente, spaventato, confuso, si ritrova a dover girare tutto lo sterzo verso sinistra per evitare quel pazzo che se ne sta immobile nel bel mezzo della strada. Provare a fermarsi quando l'auto è lanciata a questa velocità infatti non potrebbe mai bastare. E sì, stava andando fortino, ma fino a un attimo fa la via era libera.
La figura è ferma, eppure diventa sempre più grande ed è sempre frontale, con quel suo ghigno da diavolo koopa che si allarga sempre di più sul muso, è come se seguisse la deviazione del taxi e gli venisse incontro.

Come se volesse farsi investire.
Ma è un'illusione, deve essere un'illusione. Perché è impossibile muoversi in questo modo, così in fretta, così fluidamente, giusto?
A meno che non sia proprio finito contro il parabrezza.
Le ruote slittano, per un momento sembrano sollevarsi dell'asfalto e girare a vuoto, a ritmo del rombo troppo accelerato del motore.
L'aria, dentro e fuori, si riempie di tossico fumo di scarico.
Sia Mario, sia il tassista non riescono a impedirsi di mettersi a gridare per lo spavento ed entrambe le loro bocche si riempiono di quel fumo nero, dunque si ritrovano a tossire convulsamente con gli occhi che quasi sporgono fuori dalle orbite e guidare un mezzo che sta finendo fuori rotta con la visuale ostruita mentre si è scossi da una tosse incontrollata è veramente complicato.
Mario si protende in avanti alzandosi dal sedile posteriore, afferra la leva del freno a mano e la tira con tutte le forze.
Gli sembra che si stacchi e che gli rimanga in mano, poi la gravità si sposta tutta da un lato e lui finisce addosso al conducente.
Il taxi s'è bello che capottato, la sua folle corsa s'è conclusa.
Nell'urto, il finestrino di sinistra va in mille pezzi che investono i due malcapitati conficcandosi nelle loro membra.
In un istinto di protezione altrui, Mario abbraccia il boleto che nonostante tutto sta continuando a strillare in maniera isterica.
Lo copre come può e si prende addosso le schegge di vetro più grosse.
Stringe gli occhi come se questo lo aiutasse a sopportare quel dolore acuto.

Prende poi dei respiri profondi per calmarsi, non riesce a credere a quello che è appena successo.
È come se fosse stato punito per non essere riuscito a immaginare che qualcosa sarebbe potuto andare storto. Un pensiero agghiacciante che non dovrebbe appartenergli.
Smarrito e dolorante, si arrampica in verticale tenendo l'altro per il ventre.
Fa uno sforzo erculeo per aprire lo sportello di destra, non è affatto facile uscire da lì, visto che è così pesante e continua a ricadergli addosso minacciando di schiacciarli, ma è l'unica via di fuga possibile.
In qualche modo riesce a tirarsene fuori.

Si accorge che sta agendo praticamente sotto choc.

Meglio così, se solo pensasse si accorgerebbe di quanto il mondo in cui si trova, che può sembrare così magico e fantastico per chi non lo conosce o lo vede solo da fuori, sappia rivelarsi anche pieno di orrori e mostri.

Cose mai viste che in qualche modo, per quanto terribili, conservavano una dimensione onirica.
Adesso è capitato qualcosa di così spaventosamente normale e quotidiano come un incidente stradale che sembra di essere di nuovo tornati nel mondo reale.
Mentre Mario lo mette a terra, il povero autista continua a farfugliare a bassa voce frasi sconnesse, troppo sconvolto per collegarle in un discorso che abbia un senso. "Dal nulla... Da dove... Addosso a noi... Come facevo a... È venuto proprio... Mai mi era capitato... In anni di carriera... Povero il mio taxi... "
Poi, dal suo vocio confuso emerge una domanda chiara, lucida, anzi tre: "L'ho preso? L'ho messo sotto? L'ho ammazzato?"
Trema, chiaramente ha paura di sentirsi rispondere positivamente.
Mario guarda il parabrezza sui cui è sicuro che l'investito sia ancora attaccato. Come potrebbe non esserci? Forse è a braccia aperte, forse ha il ventre molle dei koopa sfondato, forse è in un lago di sangue... visioni orribili si affacciano sul fondo dell'abisso della coscienza, ma non c'è nulla.
Nemmeno un'ombra.
La lancetta dell'irrazionalità esce dal quadrante, il mondo incomincia a vorticare e un'ala nera opprimente cala sugli occhi di Mario, il quale non si rende conto di svenire, ma si accorge perfettamente che le ginocchia non lo reggono più e che la vista gli si appanna.
Pensa che sia a causa di un miscuglio tra la stanchezza in crescita, il terrore provato, il dolore fisico che gli insinua nella testa il sospetto di essersi rotto qualche osso nell'impatto e il sollievo per essere sopravvissuto all'incidente.
Il deliquio però non è tale da mandarlo in coma, rimane cosciente, bloccato in quella via di mezzo tra il sonno e la veglia, sente le manine del funghetto che lo scuotono e la sua voce, sgraziata come quella di tutti i toad, che lo chiama.
"Amico, amico, svegliati, siamo in pericolo! Dobbiamo toglierci di mezzo! "
Ma non riesce a rispondergli né a registrare il significato di quello che dice.

Il fianco lo sente tremendamente umido e dolorante, se non si è rotto un'anca, almeno qualche punto se lo dovrà far dare, pensa.
Poi sente lo stesso toad dare in un agghiacciante grido e non capisce se sia di paura o di dolore.
Sente qualcuno incombere su di lui e le urla diventano singhiozzi.
"Non è possibile che io abbia affrontato re Bowser Koopa e che debba morire adesso per uno stupido incidente con la macchina!" pensa all'improvviso Mario e l'intensità di questo pensiero è tale da svegliarlo completamente.
Apre gli occhi e vede un koopa praticamente obeso e con le braccia muscolose troppo lunghe per il suo corpo che troneggia sopra l'infinitesimamente piccolo a confronto toad. Questi è in lacrime, il Boom Boom lo minaccia con una specie di boomerang appuntito come una mannaia.
Il fungo tende le sue mani bianche verso di lui a implorarlo: "Aiutami!“ lo prega.
Mario allora si mette in piedi. Nel farlo, la gamba gli trema violentemente e lui non riesce a reggersi e vi crolla addosso.
Registra mentalmente il sangue che si sta rapprendendo sulla coscia, gli impregna praticamente tutta la gamba sinistra dei pantaloni.
Ahiaiahi, mi sa che qua ci vorranno più di un paio di punti, pensa, e gli viene da mettersi a ridere perché nonostante tutto si sente ridicolo.
Eppure salta addosso all'avversario.
Gli blocca la mano che regge l'arma cercando di fargliela mettere giù.
"Vattene via!" gli intima cercando -fallendo- di fare la voce grossa e di essere credibile anche con quella stupida gamba maciullata.
Boom Boom però è decisamente in forma, non lo si direbbe, dalla sua stazza. Riesce senza difficoltà a liberarsi e in un attimo ribalta la situazione.
Mario si trova a fare una specie di giravolta che lo porta a dargli la schiena, poi viene afferrato saldamente da sotto le ascelle, con le braccia che gli rimangono bloccate in una presa ferrea e i piedi sollevati dal suolo.
La lama della mannaia adesso è rivolta contro la sua gola.
A disagio, agitandosi nella stretta del koopa, pensa che se non fosse ferito né così maledettamente esausto ci riuscirebbe tranquillamente a divincolarsi, e anche a batterlo.
È convinto che il Boom Boom sia stato mandato lì da Bowser. Già, deve avergli ordinato di seguirlo di nascosto e di aspettare il momento in cui sarebbe stato più vulnerabile per ucciderlo e vendicarsi così di avergli portato via la sua bella principessa.
Doveva aspettarselo, dopotutto!
Assiste impotente ad un futile tentativo di ricambiargli l'aiuto a opera del bravo tassista, che si conclude con un bello spintone che lo manda inesorabilmente a terra.
Comincia a sentire la superficie metallica del coltello premergli sul collo. Si fa scappare un gemito.
Se avesse realmente preso un fungo 1up sarebbe al sicuro, pensa.

Gli viene in mente che ha esattamente i soldi che gli occorrerebbero per acquistarne uno e ride nervosamente di un riso amaro.
Sa bene di essere spacciato e gli viene un unico rimpianto, quello di non aver potuto salutare suo fratello prima di andarsene.
Ma il koopa si blocca prima di squarciargli la gola, rimane come pietrificato. Mario sente proprio i suoi muscoli che si irrigidiscono.
La lama si allontana in fretta, Mario non sa se deve esserne sollevato o se aspettarsi qualcosa di peggio.
Accenna un movimento e viene mollato di colpo.
Senza avere il tempo di capire cosa sia successo, cade a terra. Malauguratamente, la gamba straziata gli finisce piegata sotto il corpo e il male che esplode lo prende al cervello, lo lascia senza fiato, gli fa vedere le stelline che gli girano letteralmente intorno alla testa.
"Si può sapere che cosa diavolo è successo?!" vorrebbe urlare stupidamente, ma non ha ancora ritrovato la voce.
Le lacrime son venute fuori da sole, le scaccia via battendo le palpebre e di fronte a lui vede l'ultima delle persone che si aspetterebbe di vedere in un momento simile.
Coglie la sua espressione cortese e genuinamente educata e se ne scopre confortato.
"Ti chiedo di perdonare il Boom Boom, stiamo richiamando tutti i servitori all'ordine, ma ce ne sono ancora molti che non abbiamo raggiunto."
"Sei arrivato appena in tempo" sospira l'idraulico sinceramente sollevato, ma ancora scosso suo malgrado.
Il suddetto koopa si è messo in disparte con la faccia colpevole, tiene la testa bassa come se la sua mamma lo avesse rimproverato dopo averlo sorpreso a rubare la marmellata. Si sottomette passivamente all'autorità del principe.
Ludwig Von Koopa aiuta quindi Mario a rialzarsi prendendolo per mano, senza mostrare emozioni nel compiere questo gesto.
Mario sa più o meno di chi si tratta, lo ha visto sì e no di sfuggita durante la battaglia finale, però non lo aveva considerato un nemico. Anzi lo aveva ammirato. Cercava solo di difendere suo padre, in fondo.
La teoria del complotto contro di lui si sgonfia dunque come un palloncino bucato. Ne sente quasi il sibilo.
"Brutta ferita, quella." osserva il principe pacatamente indicando la sua gamba.

Ha gli artigli curati, nota Mario ricordando in contrasto quelli di Bowser che erano rozzi e aguzzi e selvaggi come quelli di un leone, adatti a ghermire la preda da divorare. Questi invece sembrano spuntati di fresco come quelli di un innocuo gattino domestico, nulla toglie però che possano rivelarsi altrettanto letali se li usasse per attaccare.
"Ci ha provocato un incidente." spiega, sforzandosi di non fissarglieli, accennando al Boom Boom che nasconde la testa dentro al guscio per la vergogna "Si è messo nel mezzo, eravamo convinti di averlo investito. Il taxi è uscito di strada ed è finito sottosopra."
"Vedo." fa l'altro in tono neutro. In mano ha uno scettro, Mario sa che in realtà è una bacchetta magica.
Lo agita discretamente nell'aria e per un secondo sembra la fatina dei desideri formato drago.
Il taxi si raddrizza sulle ruote senza bisogno del carro attrezzi.
Il suo proprietario si avvicina quindi timidamente.
"Mi spiace, spero non sia da buttare. Manda pure il conto del meccanico a noi." gli si rivolge Ludwig guardandolo di sottecchi senza mostrare né pena né disprezzo, porgendogli un cartoncino che forse è un biglietto da visita. Un dannato biglietto da visita!
Poi si volta verso Mario, perdendo subito interesse per il toad. I suoi capelli blu ondeggiano nel movimento, il che ha qualcosa di sensuale.
"Dov'è che stavi andando?"
"Alle basi stellari." risponde lui, sconcertato per ciò a cui ha appena pensato.
Senza una parola di più, Ludwig poggia una mano sulla spalla di Mario e in un istante si teletrasportano via.
In effetti, non se ne accorge nemmeno. Un secondo prima era sulla strada e un attimo dopo è arrivato esattamente alla sua destinazione.
Se ne spaventa, anche se non dovrebbe, dopo tutte le stranezze che si è ritrovato a dover accettare da quando è in questo mondo, riesce ancora a stupirsi.
"A due passi da qui c'è un ospedaletto, io mi farei dare una medicata prima di partire." si congeda il principe.
Ma stavolta Mario non si trattiene, lo richiama: "Perché mi vieni in aiuto?" gli chiede "Io ho sconfitto tuo padre, ho liberato la principessa che aveva catturato, ho contrastato il vostro esercito, ho fomentato la ribellione... "
"Hai salvato la vita al mio fratellino. A Larry."
La gamba fa veramente troppo male, lo rende di cattivo umore, lo fa andare fuori fase, crede di non aver capito bene.
"Sto semplicemente ripagando un favore." continua il Bowserotto semplicemente e pazientemente, come se fosse questa una spiegazione esaustiva universalmente accettabile. Poi sorride, per la prima e ultima volta, e il suo sorriso sarebbe davvero intimidatorio se non fosse per la grossa zanna centrale che gli conferisce un aspetto un po' troppo buffo. Eppure è affascinante. "Dillo al tuo, di fratello, appena lo incontri."
Mario è sconvolto.
Annuisce pesantemente, senza sapere che fare. "Grazie" gli dice, rendendosi conto che non glielo ha detto, anche se in pratica gli deve la vita.
Il giovane Koopa assume per un secondo un'espressione irragionevolmente infastidita. Poi però torna normale.
Scompare e Mario se ne scopre quasi deluso.
Si ricorda soltanto adesso di tutte quelle domande che avrebbe potuto fargli, su Bowser, sul castello, sulle conseguenze della rivolta, ma adesso è tardi per pensarci.
Rammaricandosene, si trascina verso questo ospedale, che risulta facilissimo da trovare, e quando esce di lì sta decisamente meglio, gli hanno dato tre o quattro gocce di una medicina a base -guarda un po'- di estratto di fungo 1up e questo è bastato perché la ferita si richiudesse senza bisogno di punti di sutura.
Inoltre lo ha anche rinvigorito, spazzando via la stanchezza come per magia, restituendogli tutte le energie che aveva perso, è come se si fosse fatto una bella dormita di quattordici ore.
Perfino il ricordo dell'incidente volutamente causato dal nemico è già sbiadito nella memoria, quella roba è da considerarsi proprio un vero portento! Se l'avessero nel mondo reale, l'industria farmaceutica andrebbe al collasso nel giro di pochi mesi.
Adesso Mario è pronto per entrare nella famosa sala, anzi freme per entrarci perché sa già, o almeno si immagina, cosa deve aspettarsi.
Ed ecco il mistico percorso a stella. Vuoto come una palestra nel giorno di Natale.
Avanzando con un lieve zoppichio, prova una fortissima sensazione di deja-vú.
Però non è come l'altra volta, stavolta quella sensazione di attrazione irresistibile che aveva già provato non c'è.
Si posiziona al centro e si domanda quale sia la piattaforma giusta, quella che sembrava chiamarlo e a cui non aveva potuto rispondere.
Stare ad aspettare che l'ispirazione gli cada dal cielo lo spazientisce, corre a mettersi in tutte una dopo l'altra per vedere se sente qualcosa, ma non funziona.
Ricordo che le piattaforme sono tutte identiche, sarebbe più facile distinguerle se ci fosse sopra qualche simbolo identificativo, bisogna star bene attenti quando si sceglie. Goombario, nella sua aria innocente, resa ancora più spiritosa e tenera dai dentoni quadrati che gli spuntano dal labbro, l'aveva scelta a colpo sicuro, chissà come aveva fatto.
Non c'è nessuno a cui domandare.
Mario si siede sul bordo dell'ultima che ha provato e appoggia la testa sulle mani tutto sconsolato.
"Dove volevo arrivare, in fondo?“ si domanda a voce alta.
"Dalla tua sposa, idiota, le hai promesso che ci saresti andato, ti hanno quasi ammazzato, lei ti aspetta e adesso che sei a un passo da lei cosa fai, ti perdi? Ti arrendi? Che uomo sei? Datti una mossa!“
Per dare più enfasi alla risposta che si è dato da sé, Mario si molla un sonoro ceffone da solo.
Soddisfatto, fa una smorfia che diventa un sorriso.
Si alza, corre come può alla seconda che ha provato e lascia che si attivi.
"Le proverò una per una finché non troverò quella giusta" decide mentre si solleva da terra.
Sotto le suole delle sue scarpe compaiono delle cosine sbrilluccicose che si infilano dentro i pantaloni e gli fanno il solletico.
Poi una luce abbagliante lo investe.
Mario sa che il teletrasporto è avvenuto e non può fare a meno di notare l'enorme differenza con quello che prima aveva sperimentato insieme a Ludwig.
Si guarda intorno, adesso si è automaticamente spostato al centro.
"Mi sa che non è questo il pianeta di Rosie." mormora deluso osservando le verdi piante rampicanti che ricoprono le pareti della sala.
Sembra di trovarsi in un mitico tempio da secoli dimenticato nel fitto profondo di una giungla il cui possesso sia stato preso dalla flora incontaminata, e dalle scimmie. Nell'aria si sente fin troppo il tanfo di vegetazione marcia.
Seduto a un angolo c'è un tizio mezzo nudo che assomiglia a una specie di piccolo Tarzan, se avesse avuto i capelli di un rosa accesso e dalla pettinatura a schiaffo.
"Ehilà, scusa, puoi dirmi dove mi trovo?" gli chiede, senza spostarsi dal centro, pronto a ripartire subito.
Il ragazzino per tutta risposta lo indica e si mette a ridere molto forte tenendosi la pancia. Poi, senza nessunissima coerenza logica, scoppia in pianto.
Mario lo guarda completamente stupefatto.
Il piccolo punta il dito in alto e Mario prima di guardare quello che gli sta indicando fa in tempo a notare che, nonostante sia senza maglia e indossi solo un paio di striminziti pantaloncini corti verdi, ha un braccialetto dorato al polso. Strano vezzo, anche se non è vistoso.
Vede dunque, nel mezzo dell'intrico contorto dei tralicci, un frutto strano che assomiglia a una zucca blu con la faccia disegnata. No, incisa.
Il ragazzino, pare che sia muto, piega le ginocchia a fa un saltello tendendo in alto le braccia. Apre e chiude le mani come ad afferrare qualcosa di invisibile.
Mario si stupisce di riuscire a interpretare questi segnali.
Gli sta chiedendo di saltare e prendergli la zucca, troppo in alto per lui.
"Va bene." accenna, mentre quello viene colto da un'altra crisi di pianto, seguita immediatamente dopo da una di risate sguaiate.
Non avrebbe motivo di aiutarlo, ma sente di potersi fidare.
Spicca uno dei suoi proverbiali salti e la raccoglie senza problemi.
Viene fuori dalla stella per consegnargliela.
Gli enormi occhi lacrimanti del ragazzo si colmano di gratitudine mentre affossa tutta la faccia dentro la zucca e la morde con avidità.
"Ahhh, grazie mille, straniero! Finalmente sono tornato normale!" esclama con un sorriso che scopre dei denti bianchi stranamente puntuti, ma non minacciosi. La sua voce è calorosa, per quanto possa esserlo a quella giovane età.
"Cosa ti era successo?“ si informa, unicamente per curiosità.

In realtà, nella sua testa si sta imponendo di non chiedergli perché cavolo abbia i capelli rosa.
“Eh, ho mangiato un frutto della risata, sono insidiosi, sai, non si distinguono dalle zucche normali se non stai attento... E poi ho pensato di annullarne il potere mangiando il frutto del pianto, ma mi sa che le cose sono peggiorate. Comunque, io sono Tombi, tu chi diavolo sei e da dove vieni?“ gli tende la mano e gliela stringe, anzi gliela stritola.
"Sono Mario, vengo dal Regno dei Funghi, ma... Ma cercavo di raggiungere.. sai, lo spazio...”
Tombi si mette a ridere di gusto, tanto che Mario pensa sia ancora sotto l'assurdo effetto di quello strano frutto. Ma è solo sinceramente divertito.
"Ah, sì, sì. Non hai preso lo snodo sbagliato, allora, diciamo che ti sei fermato a una tappa intermedia. Non ti preoccupare, capita a chi non è molto esperto, sei arrivato sì fuori, comunque, devi semplicemente continuare da qui..."
"Sai per caso quale sia la piattaforma giusta?“ si affretta Mario.
“Sì, è quella che punta a nord."
Il cervello di Mario ormai è saturo, accetta tutto quello che gli si dice senza che senta più il bisogno di chiedere ulteriormente spiegazioni, di cose incredibili ne ha sentite e sicuramente ne sentirà ancora all'infinito, ma di colpo gli è venuta la premura.
C'è di nuovo quella specie di richiamo, adesso è molto più forte e chiaro, sente di essere vicinissimo ed è impaziente. Gli viene addirittura il prurito.
"Hai una bussola?"
"Non c'è bisogno, è quella." gliela indica.
Mario corre, vola a posizionarsi lassù.
"Grazie per la dritta." boccheggia, ha quasi il fiatone.
Tombi lo guarda sornione, ma senza cattiveria "Caspita, deve essere proprio una gran bella ragazza, se hai tutta questa fretta di raggiungerla." commenta.
Mario sta già sollevandosi in aria. Sente come delle bollicine frizzargli nelle orecchie, c'è qualcosa, non sa cosa, che gli sta dicendo che è sulla strada giusta.
Il sorriso si distende e finalmente il cuore sembra acquietarsi in una meravigliosa sensazione di pace, è quasi arrivato dall'unica donna capace di cambiare la sua vita.
È come un cerchio perfetto che si chiude, ristabilendo l'ordine naturale, trovando un senso al caos.
"Non sai quanto." mormora. Poi la luce lo investe, lo trapassa, lo attraversa.
Al posto di Tombi compare una stellina bianca cicciottella con due occhietti piccolissimi.
Al riconoscerla, Mario sente la commozione minacciare di sopraffarlo, sa di essere a casa.
Allarga felice le braccia "Vieni da papà!" la esorta.
E mentre lo sfavillante Luma risponde con entusiasmo al suo invito, Mario ode il fruscio di una gonna sul pavimento e il lieve rumore di passi prodotto da gambe lunghe e svelte che si avvicinano a lui.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note autrice:
So perfettamente che Tombi in questo capitolo non c'entrava un fico secco, ma ho voluto inserire un piccolo omaggio a un altro videogioco che ho tanto amato quando ero piccola... e poi volevo fare un esperimento di cross-over, in modo da mostrare che il regno dei funghi non è l'unico mondo bizzarro mai concepito... Spero che vi sia piaciuto il quarto capitolo perduto della mia 'meravigliosa' avventura... se non v'è piaciuto, pazienza.
Tombi (c) Whoopee Camp e Sony

  
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