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Autore: Non ti scordar di me    19/11/2014    12 recensioni
Può un amore fraterno trasformarsi in altro? In passione? In un’ossessione? In amore?
Damon dopo vent’anni d’assenza ritorna a casa dal padre, dal fratello Stefan e dalla piccola Elena che ormai non è più tanto piccola.
Elena lo odia, lo odia per i suoi modi di fare, lo odia per essere il fratello peggiore al mondo e lo odia perché prova per lui un’attrazione illecita.
E se Damon si stesse spacciando per qualcun altro? Elena è invaghita di un misterioso ragazzo di cui non sa neanche com’è il volto e s’incontra con lui ogni giorno alla biblioteca del college. E se i due, in realtà, fossero la stessa persona?
I due sono veramente fratelli? O sotto si cela un segreto più grande?
Dalla storia:
Le sue labbra erano troppo soffici. Era sbagliato. Noi eravamo sbagliati, quella situazione era sbagliata. I loro sentimenti erano sbagliati.
Si era innamorata di suo fratello. Può una vittima innamorarsi del suo aguzzino? Può una persona innamorarsi di un ricordo? Può una sorella innamorarsi di suo fratello?
“Siamo sbagliati…” Sussurrai.
“Siamo le persone sbagliate al momento sbagliato, eppure non mi sono mai sentito meglio con un’altra persona e in un altro momento.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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https://www.youtube.com/watch?v=h0q9ZfM-4rU
Trailer. Vi prego di vederlo, copiate l’URL su google e guardatelo. Spero vi piaccia. Buona lettura, ci sentiamo sotto xoxo
 
 
Capitolo ventidue.
Goodbye, Damon!
 
La vita cambiava velocemente. Troppo velocemente. Si passava da un momento in cui odiavi con te stesso qualcuno al momento in cui ti rendevi conto di come quel qualcuno potesse completarti. Mi ero resa conto di quanto cattiva potessi essere stata con Damon e sapevo che in questo momento lui aveva tutte le ragioni del mondo per non volermi più parlare.
L’avevo sconvolto. Quasi lasciato senza parole. Anzi mi aveva tolto completamente le parole di bocca. Quello che mi aveva detto era la cosa più brutta che potesse dirmi e mai mi sarei aspettata da lui quelle parole così amare e così vere al contempo.

Sai meglio di me, l’ascendente disgustosamente positivo che hai su di me…Ora stai usando quest’ascendente contro di me. Grazie Elena, grazie per avermi distrutto. Spero che tu sia contenta. Quelle parole mi vorticavano in mente da una settimana.
Ero consapevole dell’ascendente che avevo su di lui, ma non avrei mai voluto utilizzarlo contro di lui. A dir la verità, io non avevo proprio utilizzato il mio ascendente su di lui per distruggerlo…Semplicemente, la notizia che gli avevo dato lo aveva distrutto.
Era arrivato il momento della verità. Ero dietro la porta della cucina e tenevo stretta tra le mani la lettera. Era troppo importante e ancora non credevo che a breve avrei realizzato il mio sogno. Era Domenica e stranamente Damon era ritornato a casa per il weekend.
Quale occasione migliore per non parlare a tutta la famiglia e rivelar loro la mia fantastica notizia? Forse, un normale pranzo di famiglia non era una cattiva idea per rivelare quella bomba ad orologeria che stava per scoppiare da un momento all’altro…Peccato che non avevo valutato l’elemento negativo della situazione: Damon, sentimenti, situazioni equivoche.

Ecco, quello sì che era un problema.
Ero arrabbiata con Damon, anzi più che altro ero arrabbiata con me stessa. Mi ero data la zappa su piedi da sola innamorandomi di lui, ma in quel momento l’unica soluzione per guarire da questa strana situazione era quella.
Entrai in cucina e la situazione era sempre la solita. Tesa. Tesa più che mai. Stefan ed io ormai non ci parlavamo più, ancora non potevo credere di come fosse riuscito a mentirmi per così tanto tempo e soprattutto non riuscivo a credere che si fosse approfittato così di Caroline – anche se lei era del tutto consenziente – e non avevo ancora elaborato il fatto che Caroline avesse fatto un patto con Damon.

Lei non raccontava niente a nessuno di quei sentimenti, lui non rivelava a quattro venti e a me la sua situazione scomoda con Stef.
«Perché cinque coperti?» Chiesi. Eravamo quattro, perché cinque? Stefan incrociò le braccia al petto, mentre Damon alzò gli occhi al cielo e iniziò ad imprecare sotto voce. No, basta con i segreti. Vi prego, non ce la facevo più. Già mantenere il mio di segreto non era il massimo, dover cercar invece di scoprire altri segreti era ancora peggio.

«Oh, Elena…Volevo appunto parlarti di questo…» Disse papà. Notai anche che era più in tiro del solito. Io indossava la maglietta del pigiama, dei normali leghins e ai piedi le mie caldissime pantofole. Lui invece era tirato a lucido, un bel pantalone scuro abbinato ad una camicia bianca e i capelli con la piega più sistemata del solito.

«Già anch’io ho una grande notizia…» Continuai guardandolo negli occhi, sperando che capisse alla svelta a cosa volevo andare a parare.
«Giuseppe, sono tornata…Ho chiuso la…» Una donna dal grande sorriso fece il suo ingresso in cucina. Teneva in una mano le chiavi di casa e nell’altra un cappottino nero. I capelli neri e lisci  erano raccolti in’ordinata crocchia, vestita elegantemente in un tailleur bordò e poche rughe d’espressione a coprirle il volto.

Chi era quella donna?
«Sono Jo. Tu devi essere Elena, giusto?» Mi chiese gentile e cordiale. Mi girai verso i miei due fratelli che mi guardarono senza dire una
parola e alzarono le spalle.

«Chi sei?» Le chiesi un po’ acida. Vidi gli occhi di papà sgranarsi. Convinta di averla indisposta nei miei confronti sforzai un sorriso.

«Vedo che non vi ha ancora parlato di me.» Disse mantenendo in volto quel sorriso così…così tutto. Troppo insopportabile. Aveva più o meno l’età di papà, niente a che vedere con mamma che aveva parecchi anni in meno di papà.
«Per questo ho organizzato questo pranzetto.» Intervenne papà. Assottigliai gli occhi e iniziai a fare due più due. Pranzo elegante, famiglia al completo e un coperto in più. Significava una sola cosa: discorsetto noioso sulla vita e poi piazzare in casa quella donna come nuova fidanzata di papà.

«Bene. Mi accomodo.» Dissi sedendomi accanto a Stefan di fronte a Damon. Jo – visibilmente a disagio – era alla destra del capotavola. Papà iniziò a servire la pasta, ma prima di metterne un po’ nel mio piatto mi fece un sorriso.
«Elena che ne pensi di cambiarti?» Mi chiese. Dovevo cambiarmi? E per che cosa? Fare colpo sulla nuova fidanzata di papà? Oh, no grazie. Potevo farne a meno.

Stavo per rispondergli di sicuro in modo sgarbato, ma Jo intervenne prontamente.
«Non fare così, lasciala stare. E’ casa sua dopotutto?» M’illuminai alle sue parole. Già aveva acquistato qualche punto in più. Tenevo stretta tra le mani la lettera e non la lasciai un minuto.
Iniziammo a mangiare in silenzio, o almeno io mangiavo in silenzio, mentre Jo e papà si comportavano come due piccioncini, neanche avessero ancora sedici anni.

«Mh…Posso dire una cosa?» Chiesi, interrompendo i loro discorsi alquanto noiosi per me. Tutti si girarono verso di me, persino Damon che fin’ora era stato il più disinteressato al pranzo mi guardò incuriosito.
Mostrai a tutti la lettera, ma non capirono. Ad eccezione di papà, che praticamente sapeva tutto ed era rimasto entusiasta della mia idea.

«Oh, hai ricevuto la risposta!» Mi disse contento, stringendo la mano di Jo che si limitò a farmi un sorriso. Damon e Stefan invece sembrarono non capire. Presi un sospiro. O ora o mai più.
«Aprila, no?» Mi chiese Damon ignaro di quello che quella busta poteva contenere. Deglutii e con le mani che tremavano aprii la busta. Spiegazzai meglio la lettera e lessi tutt’un fiato ciò che c’era scritto.

«Sì, cazzo!» Urlai contenta alzandomi da sedere troppo contenta per rimanere calma. Persino papà si lasciò andare ad una sana risata e ad un lungo sospiro.
«C’è l’ho fatta!» Dissi a papà che mi guardava con gli occhi ricolmi di orgoglio. Era fiero di me e probabilmente mamma avrebbe iniziato a festeggiare non appena le avrei raccontato quella notiziona.

«Cosa sapete voi che io e lui non sappiamo?» Chiese Damon indicando anche Stefan con un cenno disgustato. Quei due avevano una situazione ancora più disastrosa della mia col corvino.
Ecco, ora dovevo dire la verità. La verità. Oh, non avevo il coraggio di far accettare a me stessa la verità, figuriamoci a dirla a qualcuno!

«Ho fatto domanda per…» Mi bloccai provando a rimanere calma. «…l’University College of London.» Lo stupore che si dipinse sul volto dei due era impagabile, ma mai e poi mai mi sarei dimenticata lo sguardo ferito di Damon.

«Te ne vai?» Soffiò lentamente Damon con gli occhi aperti. Sbiancai. Sospettavo che avesse una reazione del genere, ma che mantenesse così a freno la voglia di spaccare tutto non lo immaginavo proprio.
«Il mio volo parte tra una settimana…Il tempo di...» Non feci in tempo a completare la frase, Damon si alzò con un gesto secco dalla sedia facendola cadere a terra con un tonfo. Mi venne la pelle d’oca.
«Buon pranzo.» Disse semplicemente uscendo dalla sala da pranzo diretto chissà dove. Sentii lo sbattere della porta. E capii quanto idiota potessi essere stata.

Ora sì che l’avevo perso.

Credo che in quel momento lui mi abbia odiato. Mi abbia odiato come non aveva mai fatto in vita sua e faceva bene. Meritavo tutto il suo odio e la repulsione, ma volevo andare a Londra e più di tutto volevo guarire. Volevo guarire da questo strano sentimento che…che non era lecito. E forse andare via dal luogo che aveva causato tutto questo poteva aiutarmi.

«Damon?» Lo chiamai ancora. Non potevo rimanere lì ancora per molto. Mi rimanevano solo quattro ore per convincerlo ad uscire dalla stanza per salutarmi…O per parlare. Almeno un’ultima volta prima di partire.
Avevo già provato a parlargli ma non era stata una grande idea. L’unica cosa che avevo ottenuto erano solo parole scottanti che avevano ferito più del previsto.

«Mi odia…» Sussurrai più a me stesse che agli altri. E ora? Cosa potevo fare? Sapevo che quella notizia lo aveva schoccato e lasciato senza parole, però volevo parlargli. Strano…Fino a pochi giorni fa avrei dato tutto per non incontrarlo, tuttavia in un momento delicato come questo  non potevo ignorare per sempre la realtà.

«E’ solo scosso…Lui era venuto qui per te, per risolvere le vostre tensioni…E ora sei tu che te ne vai. Sbollirà la rabbia.» Provò a consolarmi papà, eppure le sue parole non mi rassicurarono per niente. Stefan forse mi poteva perdonare, perchè così si sarebbe comportato un fratello…Con Damon, invece, era tutta un’altra storia. Non c’era proprio un termine di paragone. L’amore di Stefan per me non aveva niente a che vedere con quello di Damon.

Tra me e Damon c’era passione, ossessione perversa e malsana e soprattutto…c’era amore, troppo amore che uccideva e annientava le persone fino al midollo.
«No. Non puoi capire. Mi odia, mi odierà…Vado, vado a parlargli…» Dissi frettolosamente alzandomi da tavola e sfilandomi le pantofole. Non avevo neanche tempo di vestirmi, afferrai degli stivali, li chiusi velocemente e afferrai una giacca di pelle per coprire la maglia del pigiama.

«Elena, non puoi andartene così! Nel bel mezzo del pranzo! Ritorna qui!» La voce di papà m’impedì di uscire dalla porta. Questa volta non l’avrei avuta vinta, ne ero certa.
«Lasciala andare, papà. Lei riuscirà a gestire al meglio la rabbia di Damon in questo momento.» Gli consigliò Stefan. Demordeva ancora, ma persino Jo gli sussurrò qualcosa nell’orecchio e si rilassò lentamente.

«Chiarisci con Damon.» Disse papà seriamente. Sospirai e mi chiusi la macchina alle spalle.
Aprii la portiera della macchina di papà e infilai le chiavi nella toppa. Mi allacciai la cintura e iniziai a respirare profondamente. Non poteva succedermi niente, era giorno pieno ed era quasi impossibile non vedere un animale sbucare nelle vicinanze.
Feci retromarcia e iniziai a gironzolare per Mystic Falls sperando con tutto il cuore che non si fosse allontanato troppo da lì. Sospirai pesantemente e iniziai a riflettere. Dove poteva andare Damon in un momento del genere?

Ci sono, pensai facendo immediatamente retromarcia e avviandomi verso il boschetto. Mi ricordavo più o meno qual era la strada. Presi lentamente il sentiero ed era piuttosto illuminato, perciò non dovevo essere troppa tesa. Non c’era alcun pericolo.
Parcheggiai la macchina non appena vidi la Camaro di Damon azzurra metallizzata situata vicino un albero. Sapevo che lui era lì.
La vecchia fattoria Salvatore, mi aveva portato lì la sera del doppio appuntamento con Caroline ed Enzo. Sorrisi a quel ricordo e a
piccoli passi mi avvicinai alla sua macchina. Damon non era nella sua macchina. Continuai a camminare e lo vidi. Steso a terra che
fissava il vuoto.


Mi avvicinai lentamente, causando un piccolo fruscio che udì sicuramente. Damon, però, non si girò: mi ignorò completamente e continuò a fissare il cielo.
«Che vuoi?» Mi chiese, non degnandomi di uno sguardo. Mi sedetti accanto a lui e mi stesi anch’io. Il suo corpo s’irrigidì, la mascella si strinse e serrò i pugni.

«Parlarti.» Suonava ridicolo. Io volevo parlargli dopo avergli esplicitamente detto che no lo velevo più vedere? Scoppiò in una piccola risatina e si sistemò i capelli con un gesto annoiato.
«Parlarmi? Seriamente? Oh, grazie ma ho capito tutto.» Sorrise lentamente, mettendosi a sedere. Io non mi mossi da terra, continuai a fissare il cielo limpido.

«Ho capito quanto tu voglia avere una storia normale.» Continuò. Mi sentivo una persona orribile e lo ero.
«Damon…» Sussurrai alzandomi e scrutandolo attentamente negli occhi. Il suo sguardo così limpido non aveva più segreti. Gli occhi erano il riflesso dell’anima e in questo momento vedevo quanto dolore stava attraversando il corvino che provava a celarlo e forse…agli occhi di qualcun altro sarebbero stati dei normali occhi celesti, ma non per me. Perché io vedevo la tristezza e la delusione nei suoi occhi e sapere che quei sentimenti opprimenti glieli avevo causati io peggiorava il peso che mi portavo sul cuore.

«No. Non fare così.» Disse con voce quasi gutturale. Non fare cosa? Lo guardai interrogativa. Io non stavo facendo niente.
«Sai meglio di me, l’ascendente disgustosamente positivo che hai su di me…Ora stai usando quest’ascendente contro di me. Grazie Elena, grazie per avermi distrutto. Spero che tu sia felice.» Senza parole. Ero rimasta senza parole e non c’erano altre parole che potessero farlo sentire meglio, perché non c’era niente che potessi fare per aiutarlo.

«No, no…Io non sto facendo niente, ho semplicemente…» Seguii con lo sguardo tutti i suoi movimenti. Si stava alzando? Smisi di parlare e mi alzai dall’erba e iniziai ad urlagli contro cercando di attirare la sua attenzione. Perché non mi voleva ascoltare?

«Non mi lasciare qui!» Niente. «Ascoltami. Voglio parlarti!» Continuava a camminare, ignorandomi completamente e facendo finta che io non esista.
«Damon! Non me ne frega un cazzo se non vuoi ascoltarmi! Me ne vado, sì, ma lo faccio per i miei sogni, per me…E per te! Lo faccio per TE!» Si fermò e si girò verso di me con gli occhi iniettati di pura rabbia. Mi fissava lentamente, mi venne la pelle d’oca vedendo tutta l’ira che cercava di contenere.

«Lo fai per me? Lo fai per TE. Ti giuro, in questo momento, potrei essere segregato a kilometri di distanza da te ma MAI e poi MAI dimenticherò me, te e i miei sentimenti.» Urlò facendo retromarcia e raggiungendomi lentamente. Gli occhi azzurri erano spalancati e avevo la netta sensazione che a breve avrebbe perso completamente la calma.

«E secondo te, è questo che voglio?» Gli urlai provando a sovrastare la sua voce,  ma fu tutto inutile. Se possibile s’innervosì ancora di più. La vena sul suo collo pulsava fortemente e mi strinse per i polsi avvicinando il mio volto al suo. I respiri accelerati si fusero così come i miei occhi si persero in quegli occhi color lapislazzuli.

«Sì. Tu vuoi dimenticare ME e i TUOI sentimenti SBAGLIATI. E io mi chiedo PERCHE’. Perché vuoi buttare all’aria quello che senti?» Già. Perché volevo dimenticarlo? Non c’era un vero e proprio motivo. Perché io non volevo dimenticarlo, dovevo e basta. Dovevo dimenticarlo, altrimenti non sarei mai riuscita ad andare avanti.

«Non voglio chiaro? Devo. Devo e basta. Devo dimenticarti perché siamo fratelli. Siamo fratelli, chiaro? E non posso farci niente!» Gli urlai. I suoi occhi persero lentamente il solito luccichio e si spensero lentamente, facendomi sentire ancora più idiota ed inutile.
«Hai fatto la tua scelta. Stammi bene. Buon viaggio, Elena!» Commentò pacato, mi lasciò un semplice bacio sulla guancia e a passo lento se ne andò.
Rimasi lì immobile cercando di elaborare quanto avevo sentito. Realizzai quanto accaduto solo quando sentii il rumore della sua Camaro sfrecciare via dalla foresta.

Bussai nuovamente alla porta di camera sua, ma nessuno mi aprì o rispose. Mi bastava solo un cenno, un qualcosa, un saluto. Volevo solamente salutarlo e basta. Nient’altro. Ma lui non voleva saperne di me, così come io non dovrei più volerne sapere di lui.

«Damon, so che sei lì…» Sussurrai, continuando a battere lentamente le nocche sulla porta. Probabilmente stava dormendo o stava perdendo tempo, ignorandomi.
Aprii la borsa ed estrassi una penna e un piccolo taccuino da cui strappai una pagina.
Aprimi, voglio salutarti. Abbozzai velocemente una scrittura decifrabile e infilai quella paginetta di taccuino sotto la porta. Aspettai pochi secondi, fin quando non sentii un fogliettino sfrecciarmi sotto la mano. Mi aveva risposto!
Non dovresti essere già in un aereo diretta a Londra? La sua scrittura rispetto alla mia era più accurata e ligia. Deglutii. Già, non ero riuscita neanche a dirgli di aver cambiato i programmi.

Se sono ancora qui, vuol dire… Scrissi frettolosamente e lasciando incompleta la frase. Sapevo che stavo facendo la cosa sbagliata e che mi ero ripromessa di non mentire più, ma in quel momento era l’unico modo per farlo uscire dalla stanza.
Cosa? Non era ingenuo, non si lasciava ingannare. Sorrisi pensando al nostro primo incontro, sorrisino di scherno e lingua lunga. Più che un’incontro era stato una specie di scontro. Avevo lanciato un libro all’aria e lui era intervenuto con una battuta squallida, tipica di chi voleva abbordare una ragazza.

Fai due più due. Era ridicolo parlare così con una persona. E ancora più ridicolo era il mio modo di parlare con lui. Una normale ragazza cosa farebbe? Chiederebbe al padre di aiutarla facendo uscire Damon dalla stanza a pedate, mentre io cosa facevo? Il contrario. L’esatto contrario. Avevo suggerito a papà di lasciar sbollire a Damon la rabbia.

Che idea del cazzo!

Rimani a Mystic Falls? Ero tentata di risponde con un semplice sì, anche solo per vederlo e per salutarlo poi immaginavo i suoi occhi spegnersi lentamente non appena gli avrei detto che in realtà avevo solo posticipato il volo. Scossi la testa e mi morsi il labbro.

Non potevo.

Il volo è tra poco. L’ho posticipato. Mi sarei pentita presto di avergli scritto così, ma non volevo mentirgli. Aspettai la sua risposta per circa dieci minuti. A breve me ne sarei dovuta andare via da lì. Cosa potevo fare? Diedi un’occhiata al mio cellulare.

«Elena, i tuoi ultimi bagagli li abbiamo caricati!» Mi urlò papà da giù. Avevo imbarcato la maggior parte dei bagagli, mi alzai da terra ed entrai un’ultima volta nella mia stanza vuota. Era spoglia, non c’era più niente. Ad eccezione dell’enorme letto. Non c’era più un poster, o una lampada.

Presi le ultime cose che avevo lasciato in camera e le infilai in borsa.
Damon non aveva più risposto al mio ultimo messaggio, così strappai un altro foglietto di carta dal taccuino.

Ti amo. Grazie di tutto, Damon. Ripiegai il bigliettino e lo infilai sotto la porta. Presi un sospirone e sentii gli occhi bruciare. Mi ero ripromessa di non piangere. Lui non voleva salutarmi e io dovevo rispettare questa sua scelta, così come lui stava rispettando la mia volontà.  
«Grazie di tutto, Damon…» Sussurrai con voce spezzata.
 


Il viaggio in macchina era stato veramente troppo silenzioso. Nessuno parlava, c’era solo un silenzio teso e cupo. Papà guidava in silenzio ma potevo vedere i suoi occhi celati da una velati da una nota malinconica. Stefan, invece, guardava fisso davanti a sé torturandosi le mani nervoso.

Mi sarebbe mancato, anche, lui. Dopotutto rimaneva sempre mio fratello.
Persino Caroline non era riuscita a conferire un pizzico di allegria in macchina. Ancora non credevo che di lì a poche ore avrei completamente abbandonato il suolo americano per vivere a Londra, da mia madre. L’ultimo dei miei pensieri stava diventando realtà.
L’aeroporto era pieno di persone. Al mio volo ormai mancava meno del previsto. Avevo appena pesato la mia unica valigia – le altre le avevamo imbarcate – e ora l’avevo appena imbarcata.

Papà e Stefan mi sorrideva falsamente, a differenza di Caroline che non faceva niente per nascondere la sua tristezza. Era questo che apprezzavo di lei. Fingersi felici per questa decisone non mi avrebbe fatto partire con un peso in meno sul cuore perché sapevo che sarei mancata a loro e sapevo che loro sarebbero mancati a me.

«Sono orgoglioso di te. Londra era il tuo sogno e pensare che ora…Wow, stai per andare a Londra per realizzare un tuo sogno. Devi essere felice, bambina!» Mi disse papà prendendomi il viso tra le mani. Ero l’unica dei suoi tre figli a lasciarlo, ma Mystic Falls non era più per me.
Cambiare città mi avrebbe fatto bene e studiare medicina a Londra era la cosa migliore che potesse capitarmi.

«Sono felice.» Dissi con la voce spezzata. Volevo veramente essere felice, ma lo sarei stata di più se Damon fosse venuto a salutarmi. Non era uscito da camera sua e la cosa faceva male, molto male.

«E perché questi occhietti così tristi?» Mi guardò indagatore papà. Lui era l’unico ad essere veramente felice per me, forse triste per la partenza…Ma soddisfatto della piaga che la mia vita stava prendendo.
«Non c’è un motivo. Sono solo emozionata…Care sta piangendo, Stefan si sta emozionando e…» Non completai la frase. Non potevo nominare Damon. Perché lui non era qui. Era a casa, probabilmente occupato con qualche ragazza o impegnato col cellulare.

«Damon è peggio di te. Non si è fatto convincere a venire qui, eh?» Mi chiese papà. E come potevo convincerlo? Era quasi impossibile dissuaderlo. Scossi la testa. «Almeno vi siete salutati?» Continuò.

«Sì…L’ho salutato…» Mentii mentre una lacrima solcava la mia guancia. L’abbracciai d’istinto e lui ricambiò la stretta più forte. Le sue braccia circondavano il mio bacino e mi strinse a sé protettivo.

«Elena…» Mi chiamò una sottile voce. Caroline e dietro di lei c’era Stefan. Papà sciolse l’abbraccio e mi sorrise.
«Vado a prendere una bottiglietta d’acqua.» Ci avvertì, frugando nelle sue tasche probabilmente alla ricerca di spiccioli. «Salutatela, ragazzi.» Si rivolse ai due, prima di avviarsi verso il bar dell’aeroporto. La situazione era più statica del previsto. Ci guardavamo negli occhi a disagio, cercando parole che non avremo mai trovato perché non c’erano parole adatte per dire addio a qualcuno.
Sapevo che quello non era un vero e proprio addio, ma di sicuro non li avrei più visti come li vedevo ora. Così lasciai tutto alle spalle le bugie e i segreti e li abbracciai forte stringendoli.

Ormai le lacrime erano partite in quarta e non potevo farci niente. Caroline invece era scoppiata a piangere non appena aveva messo piede nell’aeroporto e Stefan, persino lui, stava versando delle lacrime cercando sempre di contenersi.

«Mi mancherete.» Sussurrai braccata dal loro abbraccio che sapeva tanto di familiarità. Perché erano la mia famiglia e nonostante tutte le bugie che ci eravamo raccontati l’uno con l’altro non potevamo ignorarci per tutta la vita.

«Stai facendo la scelta giusta, ‘Lena.» Mormorò Care con lo sguardo sicuro di sé che stonava con l’aria triste che l’avvolgeva. «Solo…Io…Stef, chiediglielo tu.» Passò la parola al ragazzo che sciolse l’abbraccio e mi guardò come faceva un fratello maggiore con una sorellina.
Perché Damon non mi guardava così? Mi chiesi, mordendomi un labbro e asciugando velocemente un paio di lacrime che erano sfuggite
al mio controllo.

«Damon non verrà lo sai?» Mi toccò il braccio comprensivo. In realtà io ci speravo. Ci speravo fino in fondo.
«Lui…lui non vuole guarire…» Continuò. Neanche io lo voglio. Neanche io volevo guarire, ma dovevo. Dovevo concedermi un’altra possibilità di vivere una vita normale come tutti gli altri.

«In questo momento guarire è l’ultimo dei miei pensieri.»  Dissi sinceramente. «Ora ho solo bisogno di mio fratello Damon e di qualche sua parola. Nient’altro.» Commentai con le lacrime che bruciavano nuovamente e che m’imploravano di lasciarle libere e dare così sfogo a tutta la repulsione e la tristezza che avevo in quel momento e che avevo accumulato in quei mesi.

«Mi mancherai, sorellina.» La mani di Stefan strinsero lentamente il mio corpo, ma quelle mani non erano le sue. E il profumo di dopobarba fresco di pino non potevo scambiarlo con quello di vaniglia, cuoio e tabacco. E i suoi occhi verdi non potevo sostituirli con due pietre lapislazzulo che lasciavano senza fiato.

Semplicemente? Stefan non era Damon.
Sciolsi l’abbraccio e mi catapultai nelle braccia di Caroline.
Rimasi tra le sue braccia più tempo di quanto potessi immaginare. E quando lo sciolsi, iniziai a vedere tutto più lentamente. La via dell’aeroporto mi sembrava lontana e avevo la sensazione di lasciare le cose in sospeso. Non poteva finire così la storia tra me e Damon, senza una chiacchierata o senza un abbraccio.

«I passeggeri del volo delle 5.40 per Londra sono attesi al check in.» La voce metallica interruppe il flusso dei miei pensieri, mi asciugai le lacrime e misi a tracolla la mia borsa.

Perfetto. Ora dovevo imbarcami e dovevo voltare pagina. Niente di più semplice no?
«Credo che…che dobbiamo salutarci…» Dissi. Li avevo già abbracciati, ma volevo salutarli un’ultima volta.

«Chiamami non appena arrivi, okay tesoro?» Si raccomandò papà sorridendomi e dando una pacca sulla spalla a Stefan.
«Mi dispiace di averti…» Non le feci finire neanche il discorso. L’abbracciai e la rassicurai.

«Ti voglio bene, scema.» Le dissi ridendo tra le lacrime. Piangevo, eppure non riuscivo a rimanere seria. Era una situazione così strana, ero contenta di aver chiarito con lei ma non volevo lasciarla.

«Ti voglio bene anch’io, idiota.» Commentò lasciandomi un bacio sulla guancia. «Mi raccomando una sola cosa: occhi aperti. A Londra ci sono bei ragazzi.» Mi fece l’occhiolino e mi sorrise allontanandosi. Mi avviai lentamente verso il check in. Non mi girai e continuai a
camminare dritto verso di me. Se mi fossi girata, avrei cambiato idea vedendo gli occhi dei miei parenti.

«Signorina, la fila inizia lì.» Mi disse un anziano signore sorridendo. Annuii spaesata e mi misi in coda. Controllai nuovamente la mia borsa per sicurezza: niente oggetti metallici, niente oggetti appuntiti o niente di liquido. Avevo con me solo il cellulare e nient’altro.
La fila avanzava lentamente, ma mancavano poche persone. Presi il cellulare per spegnerlo ma un messaggio catturò la mia attenzione.

Non ti imbarcare. Esci da quella dannata fine e dai il tuo addio. Xoxo Care

Cosa significava? Perché non mi dovevo imbarcare? E soprattutto cosa significava quel dai il tuo addio? Chiusi quel messaggio e posai il cellulare in borsa. Quando alzai la testa, mi scontrai con due occhi chiarissimi in lontananza.
Persi un battito. Intorno a me tutto iniziò a muoversi più lentamente, i battiti del mio cuore dapprima regolari iniziarono a diventare sempre più veloci, la mia bocca schiusa era asciutta.

«Signorina, dovete posare qui la vostra borsa. Deve passare per il controllo…» La fastidiosa hostess mi sorrideva gentilmente e mi prese delicatamente le mani, cercando di sfilarmi la borsa dalle mani.

«Oddio. Non può…Scusi, ho dimenticato...Insomma, mi dia la mia borsa.» Dissi seccata, sottraendomi dalla presa gentile della ragazza che mi guardava perplessa.

Uscii il più velocemente possibile dalla fila per il checkin e quando lo vidi tutto sembrò riacquistare colore.
La sua figura imponente scrutava tutti i presenti attentamente. I capelli scuri ricadevano in ciuffi disordinati, il fisico era più slanciato dal suo solito look total black e le mani serrate in due pugni, stringeva così fretta la presa che le nocche delle dita erano bianche.

Damon si concentrava su tutti i presenti e quando incontrò i miei occhi si fermò pochi istanti a guardarmi dalla testa ai piedi, quasi ad accertarsi che quella fossi veramente io.

Iniziai a correre veloce tra la folla che o mi spintonava o mi intimava di stare più attenta. Il corvino, invece, aveva i piedi bloccati e gli occhi fissi su di me. Muoveva solo il suo sguardo in base ai miei movimenti.
Presa da troppe emozioni in quel momento lasciai cadere a terra la borsa e mi buttai tra le braccia di Damon che mi strinsero a sé e mi alzarono delicatamente da terra.

Mi prese il volto e stampò sulle mie labbra un tenero bacio a stampo.
«Sei qui…» Costatai toccandogli il volto. Mi soffermai sui suoi morbidi capelli. Lui era qui in aeroporto, mi aveva raggiunto.
«Sono arrivato in tempo.» Mi disse guardandomi negli occhi.

«Arrivato in tempo per cosa?» Gli chiesi. Ero completamente spossata e non soltanto dalla sorpresa di vederlo qui davanti a me che mi guardava con i suoi occhi blu mare.

«Per questo.» Sussurrò. Le sue labbra furono sulle mie in pochi secondi, la sua lingua s’intrufolò velocemente nella mia. Le mie mani vagarono per la sua schiena e le sue strette al mio bacino mi tenevano a lui in una morsa senza fine.

Il sapore delle sue labbra era sempre lo stesso. Il suo dopobarba muschiato e forte non mi infastidiva affatto, anzi mi mandava in estesi.

«Odio dirtelo ma ti amo…Ti amo fino allo stremo delle forze.» Mormorai inspirando il suo buon odore. Cercai di memorizzare ogni suo più piccolo particolare e ogni nostro momento.

«Sono egoista e narcisista, ma non con te. Non voglio essere egoista con te.» Mi disse, si avvicinò nuovamente alle mie labbra e mi baciò. Ma un bacio meno passionale, più dolce…Più calmo e meno urgente. Un bacio diverso, aveva una nota diversa, sapeva di addio.
Approfondimmo il bacio e per poco non sentii il respiro bloccarsi. L’inizio della fine, eravamo l’inizio della fine.

«Addio, Elena.» Commentò con voce gutturale.
Incassai le sue fredde parole e deglutii, sforzando un sorriso che non arrivò mai.
«Addio, Damon.»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Good Evening world! <3
I’M BACK.
- 0.
Già. I capitoli sono effettivamente finiti. E potete meditare vendetta contro di me. Rimane però un piccolo epilogo, e poi potete rintracciarmi e architettare piani malefici per scovarmi ovunque io mi trovi in questo momento.
Ringrazio le 6 magnifiche ragazze, NikkiSomerhalder, Fallen in Love, NianDelLove, PrincessOfDarkness90, Batuffoloventisette e BunnyDelena.
Grazie anche le 48 persone che l’hanno inserita nelle preferite, le 6 che l’hanno inserita nelle ricordate e le 66 che l’hanno inserita nelle seguite.
Allora, la storia è conclusa. Conclusa veramente. -0 + L’Epilogo. Siete tristi come me? AHAHAHAHAH. Okay, no probabilmente starete festeggiando come delle ossesse. XD
Passando al capitolo, anche io odio Elena (sia nella season 6 che negli ultimi miei capitoli) volevo far vedere la decisione un po’ troppo drastica come possa cambiare velocement eperchè quando una persona ce l’hai vicina non ti poni il problema di perderla ma quando capisci che quella persona non sarà più con te al tuo fianco inizi a porti domande e grattacapi. Spero che siate rimaste con la suspense fino alla fine e sono più che certa che vi aspettava un finale del tipo ‘non partire’ e lei innamorata più che mai si lasciava facilmente convincere. Eh no, io sono cattiva e non volevo un finale del genere.
Elena, goodbye! *faccio ciao con la mano* *fate ciao con la mano* *consolo Damon*
La nostra protagonista vola a Londra, sorprese? E pensare che tutte voi pensavate che fosse Damon ad andarsene quando Elena aveva sentito/origliato la sua conversazione con Stefan.
Bhe, cosa ne pensate?
Vi chiedo un favore: non uccidetemi e siate più clementi possibili XD.
Poi…Non ha a che fare col capitolo, ho fatto il trailer! *-----* O meglio, mi sono fatta fare il trailer dalla mia migliore amica, spero vi piaccia. L’avete visto? Se volete lasciare qualche opinione o nella recensioni o nel video le farebbe molto piacere ^^
E infine…Sponsorizzo una mia nuova storia.
Lascio qui un abbozzo di trama, spero che passiate a darle un’occhiata.
Elisabeth Sheila Miller è una normale ragazza che vive una vita normale, fino a quando non arriva Damon Salvatore.
Dopo anni d’assenza, ritorna a Mystic Falls convinto di poter ripristinare i ricordi di Elena con un semplice viaggio nel passato.
Un semplice incantesimo, niente di più semplice no? 
Svolto l’incantesimo qualcosa va storto.
Damon è sparito nel nulla ed Elisabeth con lui.
Dove saranno finiti? Damon riavrà la sua Elena? Elisabeth ritornerà dai suoi genitori?
Dalla storia:
«Siamo ancora a Mystic Falls,no?» Costatai. 
«Non siamo nella tua Mystic Falls. Ma nella Mystic Falls del 2009. Oggi è il giorno in cui i fratelli Salvatore sono tornati a Mystic Falls dopo 171 anni d’assenza.» 
-
«Mamma aveva ragione! Sei solo uno stronzo!» Gli urlai.
«Questo stronzo ti sta aiutando. Chiudi quella bocca se vuoi ritornare a casa integra.»
-
«Fammi capire…Mia madre non sa che sono sua figlia e in questo momento è nel 1994 con te e mio padre versione psicopatico killer?» Gli urlai contro.
-
Damon vorrà ripristinare i ricordi di Elena o qualcuno gli farà cambiare lentamente idea?
Spero mi sosteniate come avete fatto con questa storia <3
Poi…Poi, boh, basta XD
Grazie ancora e ci sentiamo alle recensioni
Non ti scordar di me.
  
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