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Autore: KittyPryde    29/10/2008    2 recensioni
Era l’estate del mio decimo compleanno e mia madre mi aveva insegnato da poco ad allacciare da sola l’obi del kimono color pesca che lei e mio fratello mi avevano regalato per partecipare al festival dei fuochi d’artificio di metà agosto.
[Karen Kozuki]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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claimed at mezzadozzinafic

#13 Abbandono - in nomine
#82 Conto alla rovescia
#67 Pistola
#56 Estate - Hanabi
#31 Inferno - Shut the eyes of the dead
#36 Cecità

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Non ricordo quasi nulla del 10 agosto di sette anni fa, quando la Britannia conquistò definitivamente il Giappone occupando Tokyo con il proprio esercito, rivendicandola come una propria colonia e annichilendo la nostra identità, la nostra storia e le nostre radici; ero soltanto una bambina e, come tale, non ero in grado di comprendere quanto gravi fossero gli avvenimenti ingloriosi di quelle giornate o perché mamma stesse piangendo, e restavo aggrappata al braccio secco di mio fratello, scossa da una paura istintiva.
Non ricordo nulla del giorno in cui il Giappone perse la sua indipendenza, ma negli anni a venire, imparando a comprendere sulla mia pelle il significato di parole fino ad allora sconosciute come “Eleven” e “Area 11”, non c’era occasione in cui mia madre mancasse di ricordarmi di come Naoto mi avesse presa in braccio, il giorno della resa, quando gli avevo chiesto come mai avevamo abbassato le tende in pieno giorno e di come mi aveva alzata fino alla finestra, aprendo uno spiraglio sulla strada polverosa del nostro devastato quartiere spiegandomi il significato di tutto quel silenzio e delle tende tirate come un muto, ignorato segno di protesta.

Era l’estate del mio decimo compleanno e mia madre mi aveva insegnato da poco ad allacciare da sola l’obi del kimono color pesca che lei e mio fratello mi avevano regalato per partecipare al festival dei fuochi d’artificio di metà agosto ed io, continuando a non capire del tutto cosa significasse essere diventati una colonia Britanna, mi preoccupai subito delle sorti di quella festa che aspettavo con impazienza da diversi mesi.
« Ma è vero che i fuochi non ci saranno..? »
Naoto, che continuava a tenermi in braccio, insistendo perché guardassi fuori e mi ricordassi sempre di quel momento, sorrise amaramente e mi passò una mano tra i capelli.
«No, Karen, non quest’anno. »
Le sue parole nascondevano già quell’embrionale desiderio di rivalsa che lo avrebbe portato a rivendicare i suoi diritti con la guerriglia e la resistenza, io riuscivo ad essere triste perché, pensavo, avrei dovuto aspettare un altro anno per vedere ancora i fuochi d’artificio sbocciare sul mare buio davanti a Tokyo e che non avrei potuto inaugurare il mio nuovo kimono. Mamma lo nascose in una cassa, assieme a tutte le cose che non voleva far trovare il giorno successivo all’invasione, ci gettò sopra una manciata di palline di naftalina e vedendomi turbata dalla sua espressione grave, si sforzò di sorridermi, assicurando che lo avremmo tirato fuori non appena ce ne fosse stata l’occasione.

Immaginai diverse volte di vederlo sventolare fuori dalla finestra, appeso perché prendesse aria prima della festa; estate dopo estate, ogni anno che passava il mio desiderio restava quello di poter partecipare al festival dei fuochi di metà agosto in un Giappone libero, sempre più consapevole che non si sarebbe potuto realizzare tanto presto, e che il kimono color pesca che avrei tanto desiderato indossare avrebbe fatto in tempo a diventare troppo piccolo per il mio corpo che cresceva.
Per otto anni rimase sepolto sotto le palline di naftalina, mentre il nostro popolo si trovava costretto a dimenticare i disegni stilizzati degli ideogrammi per utilizzare un inglese indigesto, a rinnegare le proprie radici e la propria dignità.

La polvere da sparo ha l’odore dei fuochi d’artificio e le bombe rudimentali costruite da Tamaki hanno gli stessi colori quando esplodono come fiori nel cielo notturno di Tokyo; li guardo con lo stesso incantato entusiasmo di quando, da bambina, ammiravo gli spettacoli pirotecnici di fine estate. Brillano nello stesso modo, e il cielo sembra più pulito quando si spengono in fumo e cenere. Il kimono color pesca è rimasto sepolto sotto le palline di naftalina come una reliquia, l’ultimo ricordo della mia infanzia e del mio paese libero, la fascia rossa che porto sulla fronte è la stessa per la quale è morto mio fratello e le voci che mi parlano sono quelle degli amici di Naoto con i quali sono cresciuta e che ora sono i miei compagni d’armi; l’esplosione si esaurisce nel cielo scuro morendo in una colonna di fumo, la voce di Minami mi raggiunge da dietro le spalle.

« Fanne esplodere un altro, Karen. »

Non rispondo, la mano stretta sul detonatore si muove da sola, un altro fiore si accende nel cielo.


Nota: lo spettacolo a cui fa riferimento la fanfic è il Jingu-Gaien Hanabi festival, uno dei tipici spettacoli annuali di fuochi d’artificio che si tengono nella capitale giapponese in estate.
   
 
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