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Autore: BebaTaylor    25/11/2014    2 recensioni
Lauren ha perso il fidanzato Sean poco prima di Natale ed è distrutta ma ha Jason — migliore amico di entrambi — che fa di tutto per farla sorridere, che però non è felice del fatto che Lauren abbia riallacciato i rapporti con Dean, il nipote della vicina di casa. E Lauren si troverà a scegliere: Jason e il suo amore, la sua dolcezza, la sua reverenza o Dean e la passione bruciante che prova per lui?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Burn

It doesn't take much to learn
when the bridges that you burn
It doesn't take much to cry
when you're living in a lie
And deceiving that someone who cares
If I could turn back the time
I would put you first in my life
[Don't say is too late — Westlife —]


2.


«Quindi... sei decisa.» esclamò Jason.
«Sì.» disse Lauren, «Sono decisa.» aggiunse e riempì il suo bicchiere di acqua. Erano al ristorante dove andavano quasi tutti i giorni durante la pausa pranzo.
«E dopo aver cenato... dove andate?» chiese il ragazzo, seduto di fronte a lei.
Lauren sorseggiò lentamente l'acqua. «Non lo so.» mentì, in realtà sapeva benissimo dove sarebbero andati dopo aver mangiato la pizza, Dean gliela aveva detto il giorno prima ma, per qualche motivo che non sapeva nemmeno lei, aveva deciso, su due piedi, di mentire a Jason.
«Ah, quindi non lo sai?» fece lui, quasi deluso.
«Perché ti interessa saperlo?» fece lei, «Cos'è vuoi controllarmi? Vuoi accertarti che Dean non mi offra come pegno in un qualche strano rituale satanico?» scherzò.
Jason sorrise. «No! No!» replicò, «Ero solo curioso, ecco.» borbottò.
Lauren sorrise, «Tu sei sempre curioso.» ridacchiò, «Sei peggio di una vecchia pettegola!»
Jason avvampò, «Non è vero!» squittì, «Non sono così curioso!»
«Bhe, sono tre giorni che continui a chiedermi se so dove vado, cosa fa mia madre quando esce con Drew, e se ho sentito di quello, se ho sentito di quell'altro...» disse Lauren nascondendo il sorriso dietro il tovagliolo rosa, «Tu non sei curioso...» esclamò, «Sei direttamente pettegolo!» ridacchiò.
Jason scosse la testa e afferrò il coltello, «Vedila come vuoi, Lau.» disse, «Ma io continuo a dirti che non sono curioso.» esclamò, «Ma dimmi... cosa indosserai domani sera?»
Lauren rise e scosse la testa, «E poi non sei curioso...» mormorò, «Non so cosa metterò domani.» rispose, «Un paio di jeans e un maglioncino, credo.» disse, «È una cena informale, non il ballo delle debuttanti.»
«Tu non hai debuttato.» le fece notare Jason.
Lauren alzò gli occhi al cielo e sospirò, «Era solo per fare un esempio.» disse. «Sai, ogni tanto sembri un po' scemo, lo sai?» esclamò, «Hai dormito abbastanza, questa notte? Lo sai che se non dormi almeno sei ore e mezzo poi sei tutto sfasato.»
«Sì, ho dormito sette ore.» replicò lui con la bocca piena. «Sei tu che mi fai dire queste cose.» borbottò.
Lauren sorrise. «Sei molto...» si fermò, indecisa su quale parola usare, «Sei molto... buffo, quando fai certe facce.» disse infine e quasi si morse la lingua quando si accorse che stava per dire "carino" al posto di "buffo". Guardò Jason che stava mangiando, ignaro del suo tentennamento. Fissò i capelli neri del suo amico, la frangia che scendeva in ciocche spettinate ad arte sulla fronte, mettendo in risalto gli occhi verdi. Sì, Jason era carino, anzi, molto più che carino, era davvero bello. Ma a lei non importava, aveva giurato a se stessa che non si sarebbe più innamorata, il suo cuore sarebbe appartenuto per sempre al suo amato Sean; Jason era solo... il suo migliore amico e basta.

✫✫✫

Lauren sospirò davanti all'armadio con le ante aperte, indecisa con cosa abbinare i jeans neri. Li guardò, stesi sul letto. Erano un modello skinny, le fasciavano le gambe magra, mettendole in risalto. I brillanti incollati lungo le cuciture delle tasche anteriori e il ghirigoro pieno di curve sulla coscia destra spezzavano il nero della stoffa.
Afferrò un maglioncino lungo oltre la metà della coscia, era di un bel colore, fra il bluastro e il grigio, ma indossarlo con i jeans sarebbe stato un pessimo abbinamento: i brillantini non si sarebbero visti, e quei jeans gli piacevano proprio per quel motivo. Come le piaceva il maglioncino, che aveva una morbida cintura che si allacciava sui fianchi. Sospirò di nuovo e il suo sguardo passò dal maglioncino ai jeans. Posò il maglioncino sul letto, accanto ai jeans, afferrò il bracciale che aveva lasciato sul comodino e diede le spalle al letto, fissò il monile nella sua mano sinistra, prese un respiro profondo e lo lanciò dietro di sé, dato che lei era incapace di decidere, lo avrebbe fatto il fato al suo posto. Sentì il leggero tonfo del braccialetto che cadeva su qualcosa di morbido, si girò e fissò per qualche secondo il posto in cui era caduto, poi si girò, chiuse le ante dell'armadio e si spostò verso il comò, aprì il primo cassetto e frugò fra i vari indumenti, alla ricerca di quel paio di leggins che aveva comprato insieme al maglioncino.
Quaranta minuti dopo era in bagno, con indosso la tuta — non voleva rischiare di sporcarsi con il trucco i vestiti puliti —, controllò il minuscolo display della piastra che aveva comperato la settimana prima e iniziò a lisciarsi i capelli che avevano, secondo lei, il brutto vizio di arricciarsi sulle punte.
Sorrise e canticchiò il motivetto della pubblicità che sua madre stava guardando e sentì che si stava rilassando, anche se sapeva che sarebbe rimasta rigida tutta la sera. No, rigida non era la parala esatta ma non ne trovava una più adatta e "non rilassata" le suonava male.
Dopo altri trenta minuti finì di lisciare i capelli che ricadevano biondi e lunghi — arrivavano oltre la sua vita —, mise via la piastra e afferrò la bustina con i trucchi che metteva sempre nel primo cassetto del mobile del lavandino. Velocemente si truccò — nulla di troppo appariscente — e, quando richiuse il mascara, guardò l'ora sul suo cellulare, erano le nove meno un quarto. Lauren era in perfetto orario, doveva solo vestirsi, indossare i suoi braccialetti — regali si Sean — l'orologio che le aveva regalato suo padre quando si era laureata, doveva mettersi le scarpe, prendere la borsa, il regalo, controllare di essere a posto e uscire.
Alle nove meno cinque era già pronta, afferrò il regalo per Dean e uscì dalla sua stanza, «Mamma... io vado.» disse baciando la guancia della donna.
«Divertiti.»
Lauren le sorrise, sapendo che non si sarebbe divertita completamente, forse rilassata sì, ma divertita no. Mentre scendeva le scale esterne sperò di divertirsi.
«Ehi, Lauren.» la salutò Dean mentre chiudeva il cancello dietro di sé.
«Ciao, Dean.» sorrise lei, «Mmh... ecco il tuo regalo.» borbottò imbarazzata e porse al ragazzo il grosso pacco.
«Oh, non dovevi, Lauren.» disse e prese il regalo, «Dai, vieni.» le disse. Lauren lo seguì all'interno del giardino di Elaine.
«Elaine non c'è?» domandò, «Sta bene? È da ieri pomeriggio che non la vedo.» chiese guardando le finestre buie della casa, invece, le finestre della taverna in fondo al giardino erano illuminane e dalla porta aperta proveniva una musica da discoteca.
«La nonna sta bene.» rispose lui, «È andata alle terme con una sua amica, è partita stamattina.»
Lauren annuì anche se Dean non poteva vederla; i due entrarono nella taverna, il cui grande tavolone era già addobbato con una tovaglia a scacchi bianchi e blu. «Ciao, Georgia.» salutò Lauren e sorrise alla ragazza di Dean.
«Ciao!» esclamò l'altra sorridendo allegramente, gli orecchini pendenti che scintillavano sotto alla luce del lampadario, «Dammi la giacca che l'appendo.» le disse.
Lauren annuì, posò la borsetta sul ripiano del mobile e si tolse la giacca, Georgia l'appese all'interno di un piccolo armadio che Lauren non aveva visto quando era entrata; si sedette sul piccolo divanetto di fronte al caminetto acceso, anche se era quasi la fine di marzo faceva ancora fresco. «In quanti siamo?» domandò fissando il tavolo da dodici persone, su cui erano posati alcuni bicchieri di plastica — da dov'era non riusciva a contarli tutti — e intravide delle posate.
«In sette.» rispose Dean mettendo un pezzo di legno nella bocca del camino, «Compresi noi tre.» si girò verso di lei e le sorrise, «Tom, Jeffrey, Charlie e Hannah dovrebbero arrivare fra poco.»
«Se guida Tom potrebbero tardare.» disse Georgia, «Ha la pessima abitudine di perdersi sempre e la ancora più pessima abitudine di non dare ascolto a chi sa la strada, che sia una persona o un navigatore satellitare!»
Lauren ridacchiò, «Conosco il genere.» disse, «Anche mio padre è così.» esclamò, «L'anno scorso ha spento il navigatore perché secondo lui gli stava dando la strada sbagliata... peccato che lui stava per entrare in un senso unico!»
Dean rise e si spostò dal camino quando il suo cellulare squillò. «Bhe... o Tom ha trovato la strada o non guidava lui.» disse e uscì dalla taverna.
Lauren guardò la porta chiudersi e fissò Georgia che stava sistemando le posate. «Ti aiuto.» disse dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio.»
«Non è necessario.» sorrise l'altra, «Ormai ho finito.» disse posando le ultime due posate. «Però potresti prendere da bere.» aggiunse, «In quel mobile dietro di te c'è un frigorifero, ci sono alcune bottiglie.»
Lauren annuì e si girò, aprì l'anta del mobiletto di legno chiaro, afferrò una bottiglia di Coca-Cola, una di aranciata, una di acqua naturale e una di acqua frizzate, mano a mano che le prendeva le posava sul tavolo, dove Georgia le sistemava.
«Ti sta suonando il cellulare.» disse Georgia mentre Lauren chiudeva il frigorifero.
Lei la ringraziò e prese il cellulare dalla borsa, era un SMS di Jason: "Va tutto bene? Stai bene? Posso venirti a prendere, basta che mi chiami!"; Lauren alzò gli occhi al cielo e digitò la risposta: "Sto bene, non preoccuparti! Fra poco mangiamo, stai tranquillo. Ciao!", aveva appena inviato il messaggio quando la porta si aprì ed entrò Dean con le pizze in mano.
«Guidava Jeffrey, per questo sono quasi puntuali.» scherzò il festeggiato, «E sono arrivate anche le pizze!» disse posando sul tavolo i cartoni, poi, mentre Georgia indicava l'armadio, Dean presentò Lauren agli altri e finalmente poterono sedersi a tavola.
Dean si mise a capotavola, Georgia alla sua destra e Lauren — un'imbarazzata Lauren — alla sua sinistra.
«Quattro formaggi e salmone? Che cosa... strana.» commentò Tom, seduto accanto a Lauren.
«A me piace.» si difese lei.
«Oh, a me piace la pizza con le patatine.» disse il ragazzo e sorrise.
Sorrise anche Lauren e si rilassò.

Dopo aver finito la pizza arrivò il momento di aprire i regali — e Lauren sospirò dal sollievo quando vide di non essere stata l'unica a portare un dono.
Dean aprì per primo il regalo di Charlie e Hannah, un paio di videogames per la Wii, poi fu la volta del regalo di Tom, un altro gioco per la Wii, Lauren pensò che lui e gli altri due si fossero messi d'accordo per non rischiare di avere un doppione.
Dean scartò il regalo di Jeffrey e un sorriso gli illuminò il volto. «Il meccano!» disse, la voce allegra e gli occhi azzurri luminosi, Lauren pensò, mentre fissava la scatola di medie dimensioni, che aveva avuto l'idea giusta nello scegliere i regali.
Poi Dean scartò il regalo di Lauren — che fremeva dall'agitazione — e sorrise ancora di più. «Grazie!» le disse sorridendo, «Come facevi a saperlo?» le chiese.
Lei sorrise e alzò le spalle, «Mi sono ricordata cosa ti aveva regalato tua nonna l'anno scorso.» spiegò, «Me l'aveva fatto vedere prima d'incartarlo.» aggiunse.
Dean annuì, «Oh, sì.» disse, «Aveva nascosto la busta con i soldi dentro la scatola e l'ho trovata dopo due settimane.» ricordò.
Georgia sospirò, «Ragazzi...» disse, «Sapete cosa avete fatto?» domandò fissando i regali sul tavolo, Lauren la fissò, temendo che fosse arrabbiata poi la vide sorridere e capì che quel broncio era finto, «Dean rimarrà a casa senza uscire, passando da un gioco all'altro e nel frattempo costruirà qualcosa!» si lamentò, posò la fronte sul palmo della mano destra sorrise.
«Ma non è vero!» protestò l'interessato, «Non rimarrò in casa tutto il giorno, lo prometto.» disse e baciò la guancia della ragazza.
Lauren li guardò e sorseggiò lo spumante che aveva accompagnato la torta, pensò che i due fossero molto carini, come Charlie e Hannah. Sorrise mentre posava il bicchiere e ringraziò di non essere l'unica sola, "E se Tom e Jeffrey...?" pensò, poi fissò Tom, il quale arrossì nell'essere stato beccato a fissare il seno della ragazza. "No, loro non sono una coppia." pensò ancora.
Mezz'ora dopo Lauren era in auto con Dean e Georgia, diretti alla grande sala giochi a trenta minuti di distanza dalla loro città.
«Ci stai a fare una partita di biliardo?»
Lauren fissò Dean, «Eh, cosa?» borbottò, «Io... non so giocare a biliardo,» ammise.
«Ah, non importa, neppure Hannah sa giocare, troverete qualcos'altro da fare.» disse lui.
«Hannah non gioca perché è una vera schiappa.» ridacchiò Georgia, «Però è davvero abile nel vincere pupazzi!»
Lauren sorrise, «Vorrà dire che la vedrò vincere pupazzi, allora.» disse.
Quando arrivarono alla sala giochi Lauren controllò il suo cellulare, dieci chiamate perse e dodici SMS da parte di Jason. "Dove sei? Va tutto bene?"
"Se non ti diverti ti vengo a prendere!"
"Lau... mi rispondi? Come stai? Va bene?"
"Basta che mi chiami e ti vengo a prendere!"
"Lau... maledizione, vuoi rispondere? Mi sto preoccupando!"
Lauren sospirò e lesse i restanti messaggi, tutti con le stesse domande, decise di chiamare Jason prima che lui chiamasse la polizia, dandola per dispersa o rapita. «Jason!» esclamò quando lui le rispose, «Cosa ti salta in mente?» domandò, «Sto bene, mi diverto.»
«Bhe, non mi rispondevi!» fece l'altro, «Mi stavo preoccupando!»
«Non devi, te l'avevo detto di stare tranquillo.» replicò lei mentre aspettava che arrivassero gli altri quattro, deglutì e si decise a ignorare Dean e Georgia che si stavano baciando a pochi metri da lei.
«Perché non mi hai risposto?» domandò Jason.
Lauren scostò il cellulare dall'orecchio e vide sullo schermo il simbolino che indicava la modalità "Silenziosa", «Ho tolto la suoneria per sbaglio.» rispose, «Dai, Jason... ti preoccupi troppo, non sei mica mio padre!» disse.
Jason sospirò, «Non posso farne a meno.» disse, «Sei insieme a persone che conosci appena!» protestò.
Lauren sbuffò, «Che io conosco appena o che tu non conosci?» domandò, «Dai, Jason, non fare il guastafeste e lascia che mi diverta!» disse, «Okay, devo andare.» esclamò vedendo Tom e gli altri che li stavano raggiungendo «Prometto che quando torno a casa ti chiamo, lo giuro.» disse e riattaccò, infilò il cellulare in borsa ed entrò nella sala giochi con gli altri, decisa a ignorare le preoccupazioni di Jason — anche se doveva ammettere che le facevano piacere — e pensare solo a passare una bella serata.

✫✫✫

Jason sbuffò e gettò il cellulare sul letto; voleva bene a Lauren e non poteva fare a meno di preoccuparsi per lei, dopotutto era una cosa che aveva sempre fatto, fin da quando si erano conosciuti, era una cosa che gli veniva naturale, voleva proteggerla, preservarla da qualsiasi cattiveria, farla felice. Sospirò e fissò la foto davanti a sé, quella che ritraeva lui e Lauren alla festa del diploma. Era stato un bel periodo quell'estate prima dell'università, ricordò. Loro due che andavano in giro, spesso senza una meta, con il solo scopo di divertirsi, conoscere nuove persone, esplorare nuovi luoghi e rilassarsi.
Poi era iniziata l'università e avevano conosciuto Sean e da lì tutto era cambiato. Lauren non era più solo sua, ma si era ritrovato a dividerla con Sean. Ricordò il momento esatto in cui aveva spinto la sua migliore amica fra le braccia di Sean che nel frattempo era diventato un suo caro amico. E ricordò l'attimo seguente, quando Lauren e Sean si era baciati e lui si era dato dello stupido perché, in fondo, non era quella che avrebbe voluto lui; voleva Lauren tutta per sé, e la voleva ancora ma sapeva che non poteva averla perché lei era ancora innamorata di Sean, anche se lui era morto da qualche mese.
Sospirò ancora, sentendosi male per Sean e Lauren, per lui, per Lauren che gli aveva risposto con voce allegra... lei si stava divertendo anche senza di lui e questo lo faceva sentire inutile. Era lui quello che doveva renderla felice, era lui quello che doveva riportare il sorriso sulle sue labbra, non altre persone. Lo aveva promesso a Sean — ed era stato felice di fare quella promessa — e lo aveva giurato a se stesso: "Io renderò felice Lauren."; ma non stava succedendo. Lei era felice a causa di un altro, Dean.
Mormorò quel nome con fare sprezzante e si alzò da divano sul quale era seduto e andò a prendersi una bottiglia di birra dal frigo — per la preoccupazione per Lauren aveva deciso di non uscire con Stuart, Deacon e gli altri. Se Dean non avesse avuto quella brillante idea di invitare Lauren al suo compleanno — si disse che l'aveva fatto perché, sicuramente, provava pena per Lauren, altrimenti non l'avrebbe mai fatto, ne era certo — in quel momento, probabilmente, lui e Lauren sarebbero stati da qualche parte a sorseggiare birra e a fare commenti sulle altre persone presenti. Invece Lauren era con Dean e i suoi amici, chissà dove a fare chissà cosa. Era geloso, terribilmente geloso e sapeva di non poterci farci nulla. Non sapeva dove fosse Lauren — lei non gliela aveva detto — altrimenti sarebbe uscito e sarebbe corso da lei ad accertarsi che stesse bene sul serio; perché era sicuro che Lauren non stesse bene, dopotutto era lontana da lui.
"Non essere idiota! Lauren sta benissimo anche senza di te!"
Jason ignorò quella vocina dentro di lui, non era possibile che Lauren stesse bene anche senza di lui, e lo sapeva, lo sentiva bene, dentro di lui. "Ho fatto una promessa a Sean." pensò, "E ho tutta l'intenzione di mantenerla."

✫✫✫

Lauren rientrò silenziosamente in casa che ormai erano quasi le due e mezzo del mattino. Guardò nella stanza dove dormiva sua madre e si accorse che non si era svegliata ma era una cosa normale dato che la donna aveva il sonno pesante. Andò in camera sua, posò i pupazzi che aveva vinto e la borsetta sulla poltroncina e andò in bagno a struccarsi il viso. Un quarto d'ora dopo era nel letto, i lunghi capelli biondi legati in una treccia, e aveva indosso il suo pigiama verde smeraldo.
Compose il numero di Jason e lui rispose subito, come se avesse avuto il cellulare in mano. «Ehi, Jason!» disse.
«Lauren!» esclamò lui, «Finalmente! Ti sei addormentata e ti sei ricordata adesso di chiamarmi?»
«No, veramente sono tornata cinque minuti fa.»
«Ah.» fece Jason, «Cosa?» strillò quando capì bene quelle parole.
«Bhe, sono quasi le due e venticinque... non è tardissimo!» disse lei e sospirò, «Insomma certe volte tu mi hai fatto tornare che era ormai l'alba... quindi cosa cambia?»
«Niente.» mugugnò Jason, «Ma dimmi... dove siete andati di bello? Ti sei divertita?»
Lauren ridacchiò. «Siamo andati alla sala giochi.»
«Alla sala giochi?» domandò Jason. «Perché?»
«Perché è divertente!» rispose lei. «Ho guardato gli altri che giocavano a biliardo, insieme ad Hannah abbiamo fatto a gara a chi vinceva più pupazzi, abbiamo fatto un paio di partite a bowling e sono arrivata terza, certo, ho solo due punti in più di Dean che è arrivato quarto ma, ehi, sono sempre terza! E poi ci siamo sfidati a vari videogames e poi....»
«Ho capito, ho capito.» disse Jason, interrompendo Lauren, «Ti sei divertita.» commentò.
«Sì, molto.» sbadigliò Lauren e posò la testa sul cuscino.
«Passo a prenderti alle nove... no, alle dieci, per fare colazione» propose Jason e fece uno sbadiglio.
«Sì, va benissimo.» biascicò Lauren, «Adesso imposto la sveglia.» disse sentendo la stanchezza invaderla. «Buona notte.»
«Buona notte, Lau.»
Lauren chiuse la chiamata, impostò la sveglia alle nove e un quarto per sicurezza —tanto poi sarebbe suonata ogni cinque minuti, fino a quando sua madre non le avrebbe urlato di svegliarsi e spegnere quel dannato aggeggio —, posò il cellulare su comodino, accanto alla foto di Sean, chiuse gli occhi e si addormentò.

✫✫✫

Jason fissò Lauren che usciva da casa, la faccia stanca e il passo lento. «Buongiorno.» la salutò quando lei salì in auto. «Hai l'aria stanca.» commentò, «Avete... fatto baldoria, ieri sera?» domandò, una punta di cattiveria nella voce e se ne pentì immediatamente ma Lauren sembrò non farci caso.
«No, niente baldoria.» disse lei, «Sono solo un po' stanca.» esclamò e sorrise.
Jason annuì e partì. «Allora... ti sei divertita?» domandò mentre si fermò allo stop in fondo alla strada.
«Sì.» disse lei, «Mi pare di avertelo detto quando ti ho chiamato.» esclamò, «È stato... davvero divertente, fare qualcosa di diverso.»
«Vuoi dirmi che non ti diverti quando siamo insieme?» domandò Jason, sconvolto dal pensiero che Lauren potesse divertirsi anche senza di lei; ed era un pensiero orribile, per lui.
«Certo che mi diverto con te!» esclamò lei, «È solo che... noi facciamo sempre le stesse cose, ecco.» Jason annuì e strinse il volante; anche se Lauren gli aveva appena detto che insieme a lui si divertiva non era del tutto contento; a lui era bastato che Lauren si fosse divertita con qualcun altro che non fosse lui. Sospirò e svoltò a destra, per poi fermarsi dopo un centinaio di metri per posteggiare.
«Perché hai quel muso lungo?» chiese Lauren.
Jason la fissò, sapendo che non poteva dire la verità, ossia che era geloso di lei e che non sopportava che lei uscisse con altre persone, lei lo avrebbe preso per pazzo e non gli avrebbe più parlato ed era quello lui non voleva. «Sono solo stanco.» rispose, «Non sei la sola che esce.» sorrise.
Anche Lauren sorrise, «Oh, bene.» disse, «Dai, andiamo a fare colazione che sto morendo di fame!»

Jason fece un respiro profondo e osservò Lauren che rientrava in casa. Non aveva fatto altro che raccontargli quello che aveva fatto la sera prima e lui a un certo punto aveva avuto l'intenzione di gridarle di tacere, di stare zitta e di non raccontargli più nulla su quella sera così divertente che aveva trascorso con Dean, Georgia e gli altri ma non l'aveva fatto perché sapeva che Lauren si sarebbe arrabbiata e avrebbero litigato un'altra volta e lui non voleva litigare con lei, gli si spezzava sempre il cuore quando succedeva.
Inspirò a fondo e fissò la casa, la porta-finestra del salotto aperta per far cambiare l'aria. Udì il mormorio della televisione e sospirò, poi fissò la casa di Elaine, la macchina di Dean era ancora lì.
Lui era ancora lì. Anche se sapeva che lui aveva la ragazza non poteva fare a meno di immaginare che Dean e Lauren potessero vedersi e che lei non gli dicesse nulla; gli mancò il fiato per un'istante a quel pensiero, al pensiero — orribile — che Lauren potesse, in un certo senso, tradirlo.
Sospirò, di nuovo, e pensò, di nuovo, che lui non sopportava, anzi odiava* Dean perché gli stava portando via la sua Lauren.

✫✫✫

Lauren sorrise e spostò il mouse, cliccò su “disconetti” e fissò la schermata del computer cambiare, diventando di un azzurro tenute, con il logo della clinica in alto a destra e una casella al centro dello schermo, in cui inserire nome e password. Il suo turno era appena finito, doveva solo svuotare il cestino dei numerini, prendere la sua bottiglia di succo alla mela e lasciare spazio a Casey, la collega del turno del pomeriggio.
Sorseggiò il succo, svuotò il piccolo cestino di vimini e lo rimise a posto.
«Signorina... devo prenotare una visita.»
Lauren fissò l'anziana donna davanti a sé, «Deve andare allo sportello accanto, io sono chiusa.» disse indicando la luce spenta.
«Ma nell'altra fila bisogna prendere il numero.» protestò la donna. «E io non ce l'ho.»
Lauren sorrise ancora, «Anche qui bisogna usare il numerino, signora.» disse, «In tutti gli sportelli della clinica si prende il numero, ci si mette in fila e si aspetta il proprio turno.» sorrise ancora.
«Ma io ho sono anziana!» squittì la donna, «Devo avere la precedenza!»
«La precedenza ce l'hanno solo le donne incinte e gli invalidi.» disse Lauren e il sorriso sparì dal suo volto, come la sua pazienza. «Io ho finito il mio turno.» esclamò, «Se ha qualcosa da ridire vada all'ufficio reclami.» si alzò in piedi, strinse la sua bottiglia, prese il borsellino con le monetine e la chiave dell'armadietto e si allontanò.
Ogni giorno c'era sempre qualcuno che si lamentava perché non aveva visto il proprio numero sul grande display e così aveva perso il turno, gente come quell'anziana, che pretendeva di passare avanti solo perché era, appunto, anziana, gente che pretendeva che i risultati degli esami fossero pronti già il giorno dopo, persone che si lamentavano dell'appuntamento alle nove del mattino, per lamentarsi ancora di più quando all'appuntamento all'ora che gli andava bene a loro era dopo più di un mese...
Sospirò di nuovo e incrociò Casey a cui descrisse cosa era accaduto un paio di minuti prima, Casey sbuffò e alzò gli occhi al cielo, “Stupidi vecchi.” borbottò mentre si allontanava.
Lauren la fissò trattenendo un sorriso. Casey aveva quasi cinquantasette anni e odiava tutti i “vecchi.”
Lauren si tolse in fretta il camice bianco, indossò la giacca di jeans, si controllò nello specchietto che aveva appeso all'anta dell'armadietto e si disfò la coda, pettinò i capelli con le dita, afferrò la borsa, chiuse l'armadietto e uscì dalla clinica, per dirigersi da suo padre — quel mercoledì era uno di quei giorni in cui lavora quattro ore invece di otto, così ne avrebbe approfittato per andare a pranzo con suo padre e Isobel, la compagna di lui. Di solito s'incontrava con Jason, ma un paio di settimane prima avevano di nuovo litigato perché lei era andata via un fine settimana con sua madre e Drew. E Jason si era arrabbiato perché non usciva con lui. Lauren si era chiesta più volte perché facesse così, prima la spronava ad uscire, poi, se lo faceva ma andava via con qualcuno che non era lui, Jason si arrabbiava e le urlava contro.
Entrò in auto e guardò il cellulare per la prima volta da quella mattina, ancora nessun segno di vita da parte del suo migliore amico; fece una smorfia e sospirò. “Ehi, Jason che fine hai fatto? Ci sei stasera per due chiacchiere?” digitò e inviò il messaggio, gettò il cellulare sul sedile del passeggero e partì.

Lauren posò il trasportino sul pavimento del salotto e aprì la porticina.
«Tuo padre ha preso troppa roba per un gattino solo.» commentò sua madre, seduta sul divano.
Lauren alzò le spalle e prese il gattino che non accennava ad uscire, «In realtà è una gattina.» disse e sfiorò la testolina della bestiola, toccando il pelo bianco, lungo e morbido, «La chiamerò Duchessa.» sorrise e sistemò la gattina nella sua nuova cuccia rosa. La micina si guardò attorno, confusa, annusò il morbido cuscino poi sbadigliò e si acciambellò. Lauren la fissò sorridendo, pensando che fosse bellissima.
«Dove le mettiamo tutto il resto della roba?» chiese sua madre, «Le ciotole in cucina, la lettiera in bagno, la cuccia può stare lì... ma il resto?» continuò.
Lauren fissò il resto della roba che suo padre le aveva dato insieme a Duchessa: il trasportino, la cuccia, una di quelle casette a più piani, dove la gatta avrebbe potuto arrampicarsi, giocare e farsi le unghie, la lettiera e alcuni sacchi di sabbia, oltre al cibo che sarebbe bastato per un paio di mesi. «Non lo so.» rispose e si alzò in piedi, «Nella sala da pranzo?» propose, «Tanto non la usiamo mai.»
Sua madre annuì e misero tutto a posto, sistemando anche il cibo in un'anta della credenza della sala da pranzo, tranne un sacchetto e un paio di scatolette che finirono in cucina.
Lauren mise il cellulare sotto carica e guardò lo schermo, quasi delusa dal fatto che Jason non le avesse ancora risposto. Tornò in salotto e si sedette sul letto, afferrò il telefono e compose il numero dell'amico.
«Pronto?»
«Ehi, Jason.» esclamò lei, «Hai ricevuto il mio messaggio? Stasera mamma esce con Drew, così possiamo stare qui da me e fare due chiacchiere...»
«Sì, ho ricevuto il tuo messaggio.» disse lui, «Lauren... non so se ci sono, questa sera.»
«Ah no?» fece lei, sentendosi delusa, «Perché?» chiese, «Mi dispiace aver litigato con te.» disse e sospirò, pensando a quanto le mancassero le chiacchierate con il suo migliore amico, era da quando Sean non c'era più che lei e Jason non facevano altro che litigare. «Dai, vieni qui, ho una bella sorpresa per te!»
«Una sorpresa?» esclamò Jason, «Sul serio?» disse.
«Sì!» rispose lei, «Dai, per favore!» mormorò, «È da tanto che non ci facciamo una bella chiacchierata, io e te.» esclamò, «Se vieni dopo cena ci facciamo un gelato.»
«Okay.» disse Jason e Lauren sorrise, «Vengo per le nove, okay?»
«Per le nove va benissimo.» cinguettò lei, «Adesso devo andare, mamma mi chiama.»
«A dopo.» disse lui e riattaccò.
Lauren sistemò il telefono al suo posto e andò a vedere di cosa avesse bisogno sua madre.
Quando tornò in sala, dopo aver aiutato sua madre a dividere due collane che si erano intrecciate fra di loro, trovò Duchessa che gironzolava per il salotto, guardandosi attorno. Appena la vide la gattina andò a nascondersi dietro una delle gambe del tavolino.
«Duchessa...» la chiamò lei, «Piccolina, vieni qui.» disse. La gattina avanzò piano, la codina ritta e annusò le dita di Lauren prima di mordicchiarle piano. Lei ridacchiò e prese la gattina in braccio, facendole delle carezze sulla schiena. Duchessa miagolò e iniziò a fare le fusa spingendo contro il suo petto le piccole zampette; Lauren continuò ad accarezzarla e posò la schiena contro lo schienale del divano.

✫✫✫

Jason posteggiò l'auto e respirò a fondo, imponendosi di calmarsi, pregando il suo cuore di smettere di battere così veloce. Lauren aveva una sorpresa per lui ed era curioso di scoprire cosa fosse; “Fa che sia quello che spero, fa che sia quello che spero. Ti prego, fa che sia quello che spero!” pregò, fece un altro respiro profondo e scese dall'auto e si avviò verso la casa dell'amica.
Sorrise quando Lauren lo accolse in casa, le sembrò bellissima — come sempre, del resto —, con i jeans azzurri, la maglietta blu scuro e i lunghi capelli biondi legati in una coda alta, facendo risaltare gli occhi azzurri.
«Allora... la sorpresa?» domandò.
Lei gli sorrise e lo prese per mano, a Jason si mozzò il fiato in gola a quel contatto, sentiva le dita di Lauren attorno al polso, la pelle di lei contro la sua, il suo profumo...
Si fermò quando entrò nel salotto, «La sorpresa?» chiese.
Lauren sorrise e gli indicò il divano, Jason lo fissò, chiedendosi quale fosse la sorpresa: il divano gli sembrò sempre lo stesso degli ultimi tre anni, poi vide la macchia bianca sullo divano nero. «Un gatto?» esclamò, «La sorpresa è un gatto?»
Lauren sorrise e si sedette sul divano, «Sì.» rispose, «Me l'hanno regalato papà e Isobel. A dire la verità Duchessa è la figlia della gatta del fratello di Isobel... ma adesso lei è la mia micetta!» disse, «Ti piace?»
Jason la fissò, deluso. Mentre si preparava ci aveva sperato, aveva pensato che la sorpresa fosse un'altra, che Lauren gli dicesse quelle due parole che voleva tanto sentirsi dire... invece Lauren sorrideva a una gattina bianca.
«È bellissima.» disse e si sedette accanto a lei e continuò a guardare Lauren che coccolava la gattina come se fosse la cosa più bella e preziosa che avesse. «Allora... come va?» domandò, «Hai rivisto Dean?»
Lauren lo fissò, «Dean?» disse, «Che domande mi fai?»
Lui alzò le spalle, «Bhe, sei uscita con lui...»
«Uscita?» ridacchiò Lauren e mosse le dita davanti al muso del gattino, «Sono solo andata alla sua festa!»
«Bhe, ti ha invitato alla sua festa, per questo ci sei andata.» replicò lui, “Anche se io non volevo.” pensò; anche se erano passati quasi due mesi dal compleanno di Dean, lui era ancora furioso per quella storia.
«È stato gentile ad invitarmi.» disse Lauren, posò il gattino sul pavimento e gli lanciò una piccola pallina di plastica verde.
«E ti ha portato a casa.»
«È stato davvero gentile, quella volta.» disse Lauren e osservò Duchessa giocare con la pallina.
«Bhe, voglio sapere se lo hai rivisto.» esclamò lui, mentre il tarlo della gelosia si faceva strada in lui, perché Lauren non gli rispondeva con un “Sì” o con un “No”?
Lei scrollò le spalle e sorrise guardando Duchessa, «Sì, ho visto Dean un paio di volte...» rispose e Jason si sentì morire, «Ma solo fuori casa, mentre lui andava da Elaine... sai, i soliti convenevoli?» aggiunse, «Ecco, quelle cose lì.»
Jason sorrise, leggermente più sollevato. Lauren non usciva con Dean, lo salutava solamente.
«Perché tutte queste domande?» chiese lei, sorridendo a Jason.
Lui la fissò, poi spostò lo sguardo sulla gattina che rincorreva la pallina per prendere tempo, per decidere cosa dire — ovviamente non poteva dirle la verità —, «Ero solo curioso.» rispose.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, fissando Duchessa. «Mi dispiace per il litigio.» disse Jason rompendo il silenzio, «Non volevo urlarti contro.»
Lauren lo guardò e gli sorrise, «Anche a me è dispiaciuto che abbiamo litigato.» disse, «Però ogni tanto sei davvero impossibile.» gli sorrise.
Jason si limitò ad annuire, felice che lei non fosse più arrabbiata con lui. «Ma quel gelato?» domandò, «Sai, sono venuto qui per questo...» scherzò.
Lauren rise e gli schiaffeggiò la mano, «Ah sì?» fece, «Bhe... adesso ti tocca aspettare!»
Jason la fissò, guardò le sue labbra piegate in un sorriso e si sentì bene perché era merito suo se lei sorrideva; e lui amava farla sorridere. «Uffa.» protestò, «Io voglio il gelato!»
«Sembri un bambino piccolo che fa i capricci!» lo prese in giro lei, «Oh, dorme ancora.» disse osservando Duchessa che si acciambellava nella sua cuccia.
«È piccola, credo che sia normale.» esclamò Jason, «La corsetta dietro la pallina la deve aver stancata.» disse e Lauren annuì, «Ma il mio gelato? Lo voglio!»
Lauren lo fissò, poi sospirò e sorrise, «Ogni tanto sei proprio un bambino!» esclamò e si alzò in piedi, «Va bene, va bene... ti preparo il gelato!»
Jason la osservò andare in cucina e sorrise ancora, felice. Lauren l'aveva perdonato, erano ancora amici e lui non poteva chiedere di meglio. “No, io vorrei di più.” pensò, ma avere l'amicizia di Lauren era meglio che non avere niente. Glielo avrebbe detto, un giorno, che lui l'amava, voleva solo essere sicuro che anche lui l'amasse prima di dire qualsiasi cosa e rovinare tutto.
Il pensiero di perderla era un qualcosa che gli attanagliava lo stomaco e gli toglieva il respiro, facendogli quasi presagire un futuro di solitudine e disperazione senza di lei.

Lauren e Jason erano seduti sul divano e stavano guardando un film a cui lui non stava prestando attenzione, troppo preso dai capelli di lei, li sfiorava, li attorcigliava fra le dita, sentendoli morbidi e setosi. Gli piaceva stare lì, con lei, sul divano, seduti così vicini che poteva sentire il suo profumo e il rumore del suo respiro; fingere di essere una coppia che si rilassava sul divano dopo una giornata di lavoro, immaginare di poterla baciare, stringerla e amarla, solo loro due e basta, senza famigliari, amici o nipoti guasta feste.
Girò piano il viso verso di lei e la osservò guardare il televisore, ignara di quello che gli stava passando per la mente. Sospirò, piano, e fissò anche lui il televisore, non volendo farsi beccare mentre la fissa — temeva di avere l'aria da stupido.
«Se ho la faccia sporca puoi anche dirmelo, eh.»
Jason arrossì, «Non ha la faccia sporca.» disse, «Ti stavo solo... solo... guardando.» borbottò.
Lauren ridacchiò, «Okay.» disse, «Meglio così.» sorrise. «E comunque... perché mi stavi guardando?»
Jason rimase in silenzio, sentendosi completamente stupido. «Ehm... in realtà stavo solo pensando.»
«A cosa?»
Jason fissò Lauren sentendosi stupido. Oltre ad essersi fatto beccare a guardarla, non aveva idea di cosa dire, di cosa inventare. «Ehm...» mormorò, «A nulla di particolare.» disse e si girò verso la televisione. «Ero soprappensiero, tu non c'entri nulla.» mentì.
Lauren sorrise, «Okay.» disse, «Va bene.» esclamò e prese il bicchiere d'acqua dal mobiletto accanto al divano e lo sorseggiò lentamente, «Perché eri un pelino inquietante.»
Jason strinse il pugno attorno al cuscino, l'ultima cosa che voleva era sembrare inquietate agli occhi di Lauren, «Mi dispiace.» disse, «Non era mia intenzione.»
Lauren sorrise e gli prese la mano, gesto che spiazzò quasi del tutto Jason, «Non preoccuparti.» disse.
Jason respirò lentamente e sorrise, felice che Lauren gli sorridesse e gli stringesse la mano.

✫✫✫

Lauren scavalcò il muretto alto un metro e venti che divideva il suo giardino da quello di Elaine ed entrò in casa sua. «Elaine?» chiamò, «Sono io, Lauren!» disse alzando la voce; dieci minuti prima l'aveva chiamata chiedendole di raggiungerla.
«Sono di sopra.» esclamò la donna.
Lauren arrivò in fondo al corridoio e salì le scale, domandandosi come mai Elaine l'avesse chiamata, sperò che non fosse caduta e che si fosse fatta male. «Cosa stai facendo?» le chiese quando la vide armeggiare con la porta della soffitta.
«Questa piccola... stronza non vuole aprirsi.» rispose mentre cercava di smontare il blocco della serratura. «E le viti sono incastrate.» disse agitando il cacciavite.
Lauren la fissò, chiedendosi se ci fosse qualcosa che non andasse.
«Prova te, magari ci riesci.» continuò l'altra, «Io vado a cercare dell'olio, magari può servire.» disse e le mise in mano il cacciavite.
Lauren fissò l'attrezzo come se non ne avesse mai visto uno; alzò le spalle e provò a svitare le viti.
Mezz'ora dopo, dopo aver usato un prodotto che aiutava a svitare, le due riuscirono ed entrare nella soffitta. «Cosa devi fare?» domandò Lauren.
«Sistemare un po'.» rispose Elaine, «Buttare alcune cose...» disse e sorrise alla giovane vicina, «Solo quelle rovinate però.»
Lauren piegò le labbra in un sorriso e si guardò attorno, la soffitta era divisa in due grandi stanze, il pavimento e le pareti erano semplici gettate di cemento, le travi del soffitto davano un'aria rustica all'ambiente mentre le grande finestre e i lucernari illuminavano ogni cosa. La ragazza seguì Elaine, domandandosi cosa ci fosse in ogni scatola, baule e armadietto; si morse la lingua per non chiedere cosa ci fosse in quell'armadietto, dipinto di un giallo molto tenue,di cui vedeva solo il fianco, e perché avesse un foro rettangolare.
«Oh, il primo cavalluccio a dondolo di Dean.» squittì Elaine e osservò il cavallino a dondolo, sfiorò il muso dipinto di marroncino chiaro e sorrise, «Dean gli ciucciava sempre la coda.» ricordò e Lauren sorrise. Elaine si spostò e andò verso l'armadio che Lauren aveva notato poco prima. Aprì un'antina e Lauren spalancò la bocca dalla sorpresa. Non era un armadio ma una casa delle bambole; una meravigliosa casa anche se incompleta casa delle bambole in stile Vittoriano.
«Che... meraviglia.» sospirò Lauren.
«Ti piace?» domandò Elaine e sorrise, «L'ha costruita mio marito per Jenny.» aggiunse riferendosi a sua nipote, «Solo che Jenny ha cambiato idea dopo un mese, dicendo che era grande per queste cose.»
«Quanti anni aveva?» chiese Lauren e si disse che non si era mai troppo grandi per una cosa del genere.
«Dieci.» rise Elaine, Lauren scosse la testa e afferrò una vecchia maschera di Batman e osservò lo squarcio che la divideva quasi a metà.
«Questa direi che si può buttare.» disse Lauren.
«Oh, direi proprio di sì.» esclamò Elaine e la mise nel sacchetto di plastica.
Le due passarono le tre ore successive a raccogliere roba rotta e rovinata, mentre Elaine raccontava aneddoti della sua famiglia e Lauren li ascoltava volentieri.

✫✫✫

Dean vide Lauren precipitarsi fuori dal cancello e rallentò, osservò la ragazza che raggiungeva il piccolo parcheggio davanti alle due villette. Guardò la ragazza gettarsi sotto un cespuglio, la ciabatta rossa sul marciapiede.
«Lauren...» chiamò una volta sceso dalla macchina, «Stai bene?»
«Ahi!» rispose lei, «Sto bene.» disse, «Sto solo cercando di prendere Duchessa.»
«Duchessa?» fece lui, chiedendosi se la ragazza stesse bene sul serio, l'ultima cosa che voleva era che uscisse di testa. Vide la parte bassa del cespuglio muoversi e un grazioso gattino bianco uscire miagolando, sorrise e lo prese in braccio. «Credo di avere in braccio Duchessa.» disse.
Lauren si alzò in piedi, recuperò la ciabatta e sorrise quando vide la gattina. «Grazie!» disse prendendola in braccio, «Questa birbona è uscita di casa ed è scappata dal cancello.» spiegò.
Dean sorrise, sollevato. «Dovresti mettere una rete.» commentò osservando le sbarre del cancello.
«Più tardi viene mio papà a farlo.» replicò lei solleticando la pancia della gattina.
Dean sorrise e alzò un braccio e tolse una fogliolina dai capelli della ragazza, «Okay.» disse, «Bhe... però la prossima volta non uscire di corsa, se non fossi andato piano ti sarei venuto addosso.»
«Oh.» fece lei, «Scusa, era spaventata per lei.» sorrise e sistemò la gattina contro la spalla.
«Va bene.» disse lui, «È molto... carina.»
«Grazie.» mormorò lei e sorrise.
«Okay, devo andare dalla nonna.» esclamò Dean e spostò lo sguardo da Lauren sentendosi quasi in imbarazzo quando si accorse che la ragazza indossava solo dei calzoncini neri e una canottiera bianca, «Ci vediamo.» borbottò e si allontanò, fermandosi per un istante ad osservare Lauren che sorrideva a Duchessa, un sorriso sincero, senza un'ombra di malinconia. Sorrise anche lui ed entrò in casa di Elaine.




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Avevo detto che avrei postato ogni dieci giorni... e mi sono scordata di aggiornare xD
Scusate!
Spero che mi lascerete un commentino, per favore! *sbatte le ciglia*
Ringrazio chi ha messo la storia in una lista e chi commenterà. Il terzo capitolo arriverà il 2 o il tre dicembre, datemi il tempo di arrivare a metà del quinto capitolo!

   
 
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