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Autore: hiromi_chan    28/11/2014    9 recensioni
“Non temere, piccoletto,” disse Arthur, accarezzando distrattamente l'uovo adagiato sulle sue gambe. “Non permetterò mai che mammina ti metta nome Norberto, fosse anche l'ultima cosa che faccio.”
Merlin alzò un sopracciglio, fulminandolo con un'occhiataccia. “Mammina?”
“Non posso farla mica io la donna, ti pare?” disse il Grifondoro, oltraggiato.
Merlin si strizzò il ponte del naso tra le dita.
E il preside pretendeva anche che lui salvasse l'osso del collo di quell'individuo.

HP!AU in sei capitoli.
[Prima classificata al contest "AU- Wherever we are" indetto da Emmastarr sul forum di EFP.]
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Merthur a Hogwarts'
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II. Terzo anno – L'uovo e il Grifone

 

 

 

Merlin teneva gli occhi puntati sui propri pollici che vorticavano inseguendosi senza fine. Arthur se ne stava sulla sedia accanto alla sua, tutto impettito come una specie di signorino nobile.

Non era mai stato chiamato nell'ufficio del preside; era uno studente tranquillo, Merlin. Certo, non si era fatto mancare la sua buona dose di esplorazioni notturne proibite in giro per i corridoi, ma non aveva colpa se Hogwarts era un posto tanto interessante. E poi, non l'avevano mai beccato.

Alzò il naso per aria, osservando la conformazione dello studio; l'ambiente era stato incantato per sembrare un antro dal soffitto infinito – o forse era veramente tale, non si poteva mai sapere.

I mobili erano pochi e spartani (due sedie, una scrivania al momento priva di un occupante, degli scaffali colmi di libri) ed erano impregnati di un forte odore di muffa e zolfo. Si sentiva il ticchettare ritmico di un orologio, ma Merlin, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a individuare dove fosse posto.

“Valiant ti avrebbe sbriciolato, sai,” disse Arthur, rompendo il silenzio. “Ti avrebbe fatto a pezzi, se non fossi intervenuto io.”

Il Serpeverde si ripropose di non rivolgergli la parola. Per sottolineare le sue intenzioni, si voltò dall'altra parte.

Un altro minuto passò, allungandosi nello spazio teso tra loro.

“Ti scaldi tanto, per essere uno che manda messaggi d'amo-”

Al diavolo. “Non ci provare neanche,” disse Merlin, volgendosi verso Arthur. “Il biglietto non era da parte mia, comunque.”

Il biondo allargò appena gli occhi, poi si mosse contro lo scomodo schienale di legno duro della sedia. “Oh. Allora sentiamo chi è che me lo manda.”

Merlin tornò a guardare ostinatamente dritto davanti a sé. Non avrebbe tradito in quel modo Gwen; di sicuro sarebbe stata super imbarazzata se Arthur fosse venuto a sapere dei suoi sentimenti in quel modo.

“Ok,” disse il Grifondoro. “Quindi hai fatto tutto questo per qualcun altro, qualcuno che stai proteggendo anche a costo di rimetterci la faccia... sempre che non sia tutta una bufala.”

“Che intendi dire?” scattò Merlin, mandando di nuovo all'aria la promessa di farsi scivolare addosso ciò che blaterava Pendragon.

“Perché, forse me lo diresti, se il messaggio fosse stato veramente da parte tua?” disse, retorico. Lo sguardo gli cadde sulla sciarpa di Merlin, il verde e argento della sua Casa che spiccavano nella semioscurità dell'ufficio. “Le Serpi mentono sempre.”

Merlin lo fissò, allibito.

Stava scherzando. Non diceva sul serio.

“I Serpeverde,” spiegò Pendragon, articolando le parole molto lentamente, “sono esperti in tranelli e sotterfugi. Per raggiungere i loro scopi non esitano a giocare sporco, no? Potresti aver benissimo architettato tutto per non so quale oscura ragione.”

Ok, faceva sul serio. Era veramente un asino. “Che sciocchezze stai dicendo? Sei una testa di fagiolo!”

Arthur si esaminò con interesse le unghie. “Quell'insulto non significa niente. Inoltre, andiamo, si sa che i Mangiamorte erano Serpeverde,” disse, piatto, come se quel punto giustificasse la sua tesi sull'inaffidabilità di Merlin.

“Voldemort era servito anche da alcuni appartenenti ad altre Case,” rispose lui. Non gli piaceva affatto la piega che stava prendendo la conversazione. “E poi non tutti i Serpeverde erano Mangiamorte.”

“La maggior parte sì, però,” replicò l'altro.

“Non posso credere che stiamo facendo sul serio questo discorso,” disse Merlin, schiaffandosi le mani in faccia. La gente sapeva essere davvero ottusa.

“E io non posso credere che ci sia ancora chi dimentica gli atti di codardia dei Serpeverde durante la guerra di Hogwarts.”

“Che ne sai cos'è successo allora? Tu c'eri?” disse, un po' troppo forte. Il cuore gli rimbombava nelle orecchie. Odiava sentirsi così impotente di fronte a chi si ostinava a non voler capire.

“Non c'ero, ma ho studiato la storia-”

“Che vuoi saperne della storia magica, sei... sei un Babbano!”

Arthur alzò un sopracciglio. Un sorriso ferocemente soddisfatto si impossessò della sua faccia mentre lui ricadeva sullo schienale e Merlin pensò che quel sorriso, su di Arthur, fosse sbagliato. “Ah, ecco la Serpe. Iniziavo a chiedermi quando sarebbe venuta fuori.”

Merlin perse un respiro. Con orrore si rese conto che un senso di inquietudine gli aveva chiuso la gola – come un animale che si muoveva nella notte, che si arrampicava per le tue caviglie e poi saliva su, su, fino a strozzarti lentamente. “Sei tu che mi hai provocato,” disse, e la voce gli cedette. “Se non ci fossero persone come te... semp-sempre pronte a giudicarci, a guardarci dall'alto in basso... a considerarci cattivi e marci solo in base alla Casa a cui apparteniamo, a crederci dei mostri...”

A quel punto non sapeva più con esattezza di cosa stesse parlando, ma di colpo il ricordo del discorso del Cappello pulsava in lui come una ferita fresca, invadendogli i pensieri.

Anche Arthur parve sbigottito dalla sua reazione. “Non era... non intendevo dire questo,” farfugliò, burbero.

“A me pare proprio di sì,” esalò Merlin, sentendosi molto stupido per aver permesso che Pendragon lo ferisse in quel modo.

Gli occhi gli pizzicavano e respirare era più difficile; che stava succedendo?

Fortunatamente, la porta dello studio si aprì, salvandolo.

Il preside Kilgharrah entrò, le sue forme spigolose che si stagliavano tra le ombre come quelle di un vecchio drago.

“Ecco i giovani Emrys e Pendragon,” disse, tagliente e cavernoso. “Vedo che stavate approfondendo la vostra amicizia. Vi ho interrotto sul più bello?”

Arthur alzò le mani in un gesto di resa esasperata e Merlin tirò su col naso. Il preside sapeva essere proprio impossibile; a scuola tutti erano convinti che si divertisse un mondo a prendere in giro e mettere in difficoltà gli allievi.

“Mi dispiace solo di non aver assistito allo spettacolino che avete allestito a Pozioni,” disse, suonando sinceramente deliziato mentre si accomodava sulla poltrona rosso scuro dietro la scrivania. “Erano secoli che non mi facevo una bella risata insieme al professor Muirden. Dunque, cosa pensate di fare, adesso?”

Merlin buttò fuori una grossa quantità d'aria dalle narici. Una punizione era l'ultima cosa di cui aveva bisogno. Pareva che nel campo d'allevamento in Romania non accettassero i candidati che avevano anche la più piccola macchia nel loro curriculum...

“Si potrebbe evitare, per piacere, di far coincidere la punizione con gli allenamenti di Quidditch?” disse Arthur.

Al Serpeverde, nonostante tutto, venne quasi da ridere; non avrebbe mai creduto possibile sentirlo parlare in tono così sommesso!

“Premesso che farti saltare gli allenamenti sarebbe il primo provvedimento, in caso di punizione,” iniziò il preside, “non vi ho certo convocato per mettervi a spolverare le fialette del professor Muirden o per farvi dar da mangiare a quei suoi insetti che tiene nell'armadietto.”

I due ragazzi rizzarono la schiena, sorpresi.

Il preside ridacchiò lisciandosi la barbetta appuntita. “Vi attende un destino più grande. Vi attende una creatura rara come il domani, e lo sta facendo da molto, molto tempo.” Così dicendo fece ruotare la bacchetta in un gesto secco e la scrivania si allargò come una fisarmonica, rivelando uno scompartimento nascosto.

Una teca di vetro nero spuntò su al pari di un fungo, cigolando.

Il preside lanciò un altro incantesimo muto; gli occhi brillarono nel buio di un'inquietante sfumatura dorata e i quattro vetri della teca caddero dolcemente, mostrandone il contenuto: un uovo adagiato su un cuscino ricamato con fili d'oro.

Merlin si sporse in avanti, rapito dalla scena. L'uovo aveva le dimensioni di un grosso gatto appollaiato su se stesso. Il guscio bianco emanava un'aura eterea, quasi fragile e sottile.

D'istinto, si chiese se la creatura che vi dormiva all'interno non avesse freddo.

Si voltò e trovò Arthur sul bordo della sedia, anche lui in piena contemplazione.

“Una profezia viene tramandata da preside a preside sin dai tempi più remoti,” disse Kilgharrah, la voce grave. “La luce del sole si risveglierà dal suo sonno e unirà i due mondi divisi; due anime come una sola, due facce di una stessa medaglia porteranno a noi la luce,” recitò.

“Cosa dovrebbe significare?” balbettò il Grifondoro. Aveva la mascella contratta e una strana ruga gli si era formata in mezzo alle sopracciglia, incupendo tutto il suo viso.

Il preside scoppiò in una risata talmente gutturale e inaspettata che Merlin quasi saltò dalla sedia. “Che voi due, miei giovani amici, farete schiudere l'uovo dal quale nascerà la creatura che unirà due mondi. Ovviamente, nella profezia vengono riportate anche due date di nascita.”

Ovviamente. Le nostre, scommetto,” disse piano Merlin.

Non sapeva cosa pensare. Era come se un dardo gli fosse stato conficcato in mezzo al cervello, scuotendolo fino alla radice. Era strano che, dopotutto, la faccenda non gli sembrasse poi tanto insensata?

Per quanto la parte razionale di lui fosse cosciente dell'assurdità di tutto, dentro di sé Merlin sapeva che prendersi cura di quell'uovo era ciò che aveva sempre desiderato.

“È un uovo di drago,” mormorò senza togliere gli occhi da esso, riconoscendolo per la forma ovale e le sparute macchioline grigie.

“Lo è, e voi ve ne prenderete cura e lo farete schiudere,” sentenziò il preside.

Il Serpeverde si riscosse dal sogno ad occhi aperti ricordando con chi avrebbe dovuto portare a termine l'incarico. Lui e Pendragon incrociarono gli sguardi, la medesima smorfia insofferente sulle facce.

“Andrete d'accordo,” li richiamò il preside, alzando l'indice. Era un ordine, ma Merlin si sforzò di allontanare l'idea che avesse suonato spaventosamente come una predizione. “Non fallirete. Le speranze di molti sono riposte in voi da tanto tempo.”

“Un drago,” sottolineò Arthur, “un maledetto drago. E quando sarà diventato bello grande, cosa? Dovremmo cullarlo tra le braccia mente lui ci divorerà come antipasto?”

Merlin alzò gli occhi al cielo, esasperato. “I draghi si allevano, sai.”

“Sciocchezze.”

“Sciocchezze?! Vallo a dire a-”

Il preside ghignò un'altra risata. “Oh, sì, sarà divertente. Tenete l'uovo con voi; non ci sarà bisogno che ve lo portiate sempre dietro, ma attenti a non lasciarlo incustodito a lungo. I draghi hanno bisogno di calore in ogni forma possibile. Vedete questi vetri neri?” disse, indicando con la punta della bacchetta storta le quattro parti di cui era costituita la teca. “Vetro Lavico dei Troll Australi: il contenitore migliore al mondo per conservare qualcosa al caldo... secondo solo al calore umano, ovviamente.”

Merlin e Arthur si squadrarono ancora, stavolta più incerti.

“Io... il campo di Quidditch. Mi aspettano. Devo andare,” disse Arthur, volgendo uno sguardo interrogativo al preside.

Egli fece un cenno d'assenso, allungando il braccio verso la porta. Senza pensarci due volte, Arthur uscì, mordendosi il labbro. Uno spiraglio di luce entrò, illuminando l'uovo come un riflettore, ma il battito di ciglia successivo era già sparito insieme al Grifondoro.

“L'ha visto?” disse Merlin, indicando dietro di sé. “Se n'è andato scaricandomi l'uovo. A quest'ora nemmeno ci sono, gli allenamenti di Quidditch, pensa che non lo sappia? Cioè, mi piacerebbe non saperlo, ma Will non fa che riempirmi la testa di chiacchiere, visto che vorrebbe entrare in squadra come portiere. Alle prime selezioni non è passato, ok, però spera di farcela per il ripescaggio del mese prossimo, quindi... ehm...”

Il preside, apparentemente deliziato dal suo disagio, ascoltò con interesse quel discorsino. Poi, quando le chiacchiere causate dal nervosismo scemarono, unì tra loro i palmi rugosi delle mani. “Devi sapere che, nonostante Arthur sia ancora giovane, tutta la sua Casa lo considera una sorta di capitano in seconda,” disse, come se Merlin non avesse detto nulla. “Alcuni della squadra di Grifondoro si ritrovano sempre al campo prima degli allenamenti per studiare gli schemi di gioco. Arthur, ovviamente, è uno di essi.”

Merlin fece un “mmh” poco convinto; non gli importava un fico secco del Quidditch e non credeva che ci volesse chissà quale sforzo mentale per star dietro a una squadra di scimmie su di giri ansiose di colpirsi con un Bolide.

Il preside parve leggergli nel pensiero. “Non c'è solo questo; un numero impressionante di persone ripone molte aspettative di vario genere nel giovane Pendragon.”

“Non sarà meglio, allora, togliergli almeno il compito di baby-sitter? Così saremmo tutti più tranquilli,” fece presente il Serpeverde.

“Pazienza, Merlin,” rispose il preside, una nota stranamente bonaria nella voce. “Ricorda che la profezia parla di due anime. Il vostro destino è congiunto.”

E alla parola destino, a Merlin venne in mente quella volta in cui il professor Tristan, spettegolando con la professoressa Isolde, si era lasciato sfuggire quanto al preside piacesse parlare per enigmi e quanto fosse fissato con il fato. Ai tempi aveva origliato quella conversazione insieme a Gwen e ne aveva riso.

La sua opinione sulle profezie e su tutto ciò che riguardava la Divinazione anche solo alla lontana non era molto cambiata, da allora.

“Dovrai aiutarlo,” insistette il preside. “Tu gli sarai più vicino di chiunque altro, potrai proteggerlo da chi vorrà fargli del male. Non si può certo crescere un uovo con un compagno morto, non credi?”

Un inatteso brivido attraversò il mago, correndo lungo tutta la sua spina dorsale. “Morto?” boccheggiò, confuso.

Come avevano fatto a passare dal farneticare sulle profezie all'annunciare la morte di Arthur?

Il preside sospirò stancamente e in quel momento sembrò molto vecchio e molto, molto irritato. “Uther Pendragon è il Primo Ministro più problematico che ci sia mai capitato tra le mani,” disse. “Il Ministro della Magia richiese addirittura il mio intervento quando prendemmo contatto con lui la prima volta. Non volle credere alla nostra esistenza con una determinazione piuttosto invidiabile. Murò addirittura il camino per non permetterci di accedere al suo ufficio. Per convincerlo dovemmo arrivare a smaterializzarci portandocelo dietro dall'Africa al Canada. Che uomo assurdo,” disse con aperto astio.

“Saprai che tuttora è rimasto ostile, nei limiti di quanto gli è consentito, a intrattenere relazioni con il Ministero della Magia,” continuò. “A molti la cosa non è sfuggita. Ci sono delle cellule, dei gruppi sovversivi... chi lo sa cosa potrebbero arrivare a fare per colpire Pendragon...”

Una luce sinistra gli illuminò lo sguardo cattivo; Merlin seppe che avrebbe fatto bene a temere quell'espressione, anche se non se ne sentiva affatto minacciato in prima persona.

Allo stesso tempo seppe che il preside, come al solito, era a conoscenza di molte più cose di quante non fosse disposto a rivelare.

“Sta dicendo che io dovrei anche proteggere Arthur,” chiese conferma, ingoiando a vuoto e indicandosi col pollice. “Proprio io? Ho... ho quattordici anni! Devo studiare e-e ho un uovo di drago, adesso! E poi Arthur è un asino totale, andiamo!”

Il preside lo prese di nuovo in giro con il crepitare della sua risata che, senza pietà, si fece sempre e sempre più insistente.

“Mi dica direttamente chi sospetta che sia che vuole fargli del male, così andrò a dar loro una mano!”

Il preside arcuò un sopracciglio come per dirgli “ma davvero?”. In seguito, agitando di nuovo la bacchetta, procedette a ripristinare la teca protettiva. Le quattro lastre di vetro nero si avvicinarono tra loro intorno all'uovo fino a che non si saldarono. Nei punti di contatto fiorirono delle decorazioni di rame arricciato, seguendo la stessa fantasia del coperchio orientale di quella che era, a tutti gli effetti, la culla del drago.

Alla fine alzò il mento verso il Serpeverde per ordinargli di portarlo via con sé. Lo salutò con uno dei suoi indovinelli perentori ed enigmatici:

“Una metà non può davvero odiare ciò che la rende completa, Merlin.”

 

 

“Sante fate,” disse Gwen, quando la mattina dopo Merlin le raccontò cos'era successo. Fece cadere la tazza che aveva in mano, anche, inondando di tè il tavolo della colazione.

Reparo,” mormorò svogliatamente lui, agitando la bacchetta verso la tazza che si era sbeccata.

“Grazie – no, aspetta, giurami sulle Sorelle Stravagarie che non mi stai prendendo in giro.”

Il mago tirò via la copertina rosa e azzurra (gliel'aveva cucita ai ferri sua madre quando era nato, ed era la cosa più calda che aveva). Scoprì la culla e la sollevò, piegando la testa verso Gwen.

“Oh, sante fate!” ripetè la strega. “Cioè, non si vede niente, in realtà, perché è tutto nero, ma c'è l'uovo, lì dentro, non è vero? Merlin, ma questo... questo è il tuo sogno che diventa realtà!”

“Se solo non avessi come compagno Arthur Pendragon,” disse laconico lui. “E non fare quella faccia tutta sognante, non è una cosa positiva, per me.”

“Eppure imparerete a volervi bene, lo sento.”

Il rumore di uno stormire d'ali li interruppe, annunciando l'arrivo dei gufi con la posta mattutina. Merlin adagiò di nuovo accanto a sé la teca, sfiorandola distrattamente con il palmo mentre si guardava intorno.

Dove si era cacciato Pendragon? E se non si fosse presentato a colazione per evitare le sue responsabilità?

Non avevano ancora deciso nulla su come procedere con l'uovo, ma dovevano comportarsi in modo civile, se volevano fare quella cosa. Merlin aveva passato quasi l'intera notte in bianco cercando informazioni in più, visto che il preside si era divertito tanto a rimanere criptico.

Si era imbucato di straforo in biblioteca, il che non era una novità; tuttavia, non era nemmeno stato molto semplice ritrovare i libri con le informazioni giuste. Alla fine aveva passato più ore a cercare volumi che a leggere, strofinando spesso le mani contro le pareti della culla.

L'unica cosa interessante che era riuscito a scoprire era che non esisteva un periodo preciso di incubazione e che quindi nessuno avrebbe potuto prevedere quando un uovo di drago si sarebbe schiuso.

Mentre i vari gufi grigi e marroni planavano intorno a loro, Merlin pensò che avrebbe avuto bisogno dell'aiuto di Arthur, se avesse voluto sopravvivere alla prossima sessione di ricerca notturna.

La ciotola di latte e cereali che aveva davanti sembrava perfetta per schiacciarci la faccia dentro, quella mattina.

“Merlin!” si sentì chiamare a un certo punto.

Era Will, che sbraitava dal tavolo di Serpeverde. “... leggere il giornale! C'è-” disse, la frase che veniva distorta dallo stridio dei gufi in partenza e in arrivo.

“Che sta dicendo, Gwen?”

“Non so, non sento bene. Qualcosa sul leggere il giornale?”

Proprio allora Anacleto, il vecchio gufo di Merlin, atterrò con poca delicatezza sul tavolo, immergendo in una fluida mossa il becco nella ciotola di latte.

“Oh, perfetto,” sospirò lo stregone, accarezzandogli la testa. “Fallo tu per me, vai pure avanti.”

Gli staccò Il Profeta dalla zampetta esattamente nel momento in cui Will gli precipitò addosso da dietro, trafelato, borbottando un “non leggere!”. Ormai però era tardi e Merlin aveva già iniziato a scorrere l'articolo con gli occhi:

 


SCANDOLO TRA I BANCHI DI HOGWARTS:

FAVORITISMI E UOVA DI DRAGO ILLEGALI

 

 

Pare che finalmente la patina plissettata di serenità e buoni sentimenti che circonda la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts si sia infranta, rivelando la triste e oscura verità che c'era sotto.

Che la storia di Hogwarts si fondi su una fitta rete di scandali ben nascosti, i miei lettori ormai lo sanno per merito degli innumerevoli articoli pubblicati su questa testata dalla sottoscritta. Oggi vi esporrò un'altra scomoda verità che, sicuramente, verrà raccontata in modo molto diverso nei resoconti postali inviati dalla scuola agli ignari genitori degli studenti.

Tutto inizia con un uovo di drago, tenuto nascosto di generazione in generazione dagli eminenti presidi di Hogwarts (ebbene sì, perfino quando la rinomata legge proibì l'allevamento di draghi e quindi la detenzione di uova delle suddette creature).

Cosa nasconde questo fantomatico uovo conservato così segretamente? Una creatura pericolosa che va imprigionata e tenuta lontana dagli innocenti? Un altro dei grotteschi segreti che ci trasciniamo dall'epoca del sempre misterioso preside Albus Silente?

Fonti poco attendibili parlano di una profezia sull'unione di due mondi, ma non diamo retta a questi dettagli privi di importanza e concentriamoci sul fatto succoso: a chi credete sia stata affidata la cura dell'uovo del mistero?

Ebbene sì, avete indovinato: il prescelto è nientepopodimeno che Arthur Pendragon, figlio del Primo Ministro Babbano Uther Pendragon. Siamo di fronte all'ennesimo caso di favoritismo molto lontano dalla meritocrazia, cari lettori.

Cosa ha impedito mai a uno dei vostri figli di occupare la carica del giovane Arthur, che ci viene descritto come uno studente assolutamente mediocre? Il suo cognome, ecco cosa. Ci troviamo forse davanti a un'abile mossa politica tesa ad acquietare gli animi? Potrebbe darsi, viste le recenti tensioni sul campo delle relazioni tra comunità magica e Babbana.

Per farsi un'idea di quanto sia critica la situazione generale, basta ricordare la nascita dei Druidi, il gruppo sovversivo contrario alla politica anti-magia portata avanti sottobanco dal Ministro Babbano Pendragon.

Potremmo chiederci se i Druidi hanno torto o ragione, ma che pro farlo in questo trafiletto?

Atteniamoci semplicemente ai fatti, constatando come il notoriamente labile rapporto di Pendragon senior con il figlio stia venendo sfruttato per mera finalità materiale.

E non è tutto. Al povero ragazzo Pendragon pare sia stato affiancato nella cura dell'uovo, per tentare maldestramente di coprire il misfatto, un altro studente.

Questo sconosciuto ragazzino viene descritto da fonti anonime come sospettosamente magro. Chi è mai? Perché i suoi genitori non si sono preoccupati di far crescere un po' di carne sopra quelle ossa? Abbiamo tra le mani l'ennesimo caso di maltrattamenti e denutrizione, ma come non ne vedevamo dall'epoca Potter?

Vi lascio con questi inquietanti quesiti, poiché lo scopo della mia scrittura è sempre stimolare le vostre menti al dubbio nella ricerca della verità.

Non smettete mai di cercare!

Domitilla Skeeter

 

 

 

Merlin, Will e Gwen fissarono la pagina con, rispettivamente, la bocca aperta, l'espressione contrita e gli occhi sgranati.

Quando Merlin alzò la testa, intercettò per primo il viso della bella Nimueh Blacke, che gli rivolse un sorriso molto affascinante.

   
 
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