Ragazzi… ebbene sì, la notte
delle streghe è tornata, come ogni anno del resto…. E
guarda un po’ mi faccio viva pure io… ihihih…
Vi dico sempre di non disperare, perché tanto prima
o poi ritorno… e forse adesso, se tutto va nella mia vita come
spero, avrò un po’ di tempo da dedicare
alla mia grande passione e a questa mia “creatura” che ormai porto avanti da anni e anni e che
prima o poi terminerò…
Beh, ora basta con le perdite di tempo, vi invito a leggere
e come sempre se potete, a commentare.
Un bacio a tutti miei fedelissimi… siete
davvero degli angeli, così pazienti e
così puntuali… non vi dimenticate mai di me… ed io vi sarò riconoscente per
sempre! Un bacio con immenso
affetto a tutti, e buona lettura.
Milady
Ali di Fata
Racconto
a puntate
di
Mil@dy.
*** Capitolo XXV ***
*** La stanza delle necessità. ***
Era tardo pomeriggio, pioveva ancora a dirotto ma lo stesso Hermione
aveva pensato bene di fare un salutino ad Hagrid; forse urtata dal comportamento “assente” di
Ron che l’aveva snobbata tutto il
giorno, preferendo parlare di Quidditch
con Harry… piuttosto che studiare Pozioni con lei!
Arrivata nei pressi della nota capanna ai margini
della Foresta Proibita, aveva notato un
insolito bagliore illuminare per un attimo le finestre, quasi vi fosse appena stato perpetrato un
incantesimo lì dentro…
Che cosa stava combinando Hagrid?
Incuriosita ulteriormente si era
avvicinata di soppiatto, aprendo lentamente il grosso uscio e mettendo la
testolina riccioluta dentro l’ampia
stanza che fungeva da cucina e soggiorno.
Fu solo allora - con enorme stupore -
che vide, seduta al consunto tavolone di
legno oltre all’inconfondibile sagoma del guardiacaccia, anche quella minuta ed indifesa di Ginny così intenti a parlare fra
di loro da non accorgersi della
sua presenza.
Sforzandosi di non pensare che stava
facendo qualcosa di poco ortodosso -
tese la testa per origliare.
-
Ginny, piccola, tu ci devi
credere a me! Non è successo niente, davvero! Bevi tranquilla il tuo the e non ci pensare, domani mattina sarà un’altra giornata e tu
non ci ricorderai più nulla!
- Ma io non
mi ricordo nulla già adesso, Hagrid! Ho solo come dei flash… Che strano, eppure di solito la mia memoria funziona
assai bene. Ricordo di aver parlato… di
aver detto qualcosa a… qualcuno quando siamo scesi dalla carrozza, ma… non… non… oh,
ti prego Hagrid, aiutami!
Con aria disperata la giovane si
coprì gli occhi stanchi. Le mani
tremavano appena e le spalle parevano piegate sotto un
invisibile ma immenso peso…
Hagrid, ben attento a non farsi scorgere dalla
ragazzina, alzò gli occhi al cielo
preoccupato, e con aria contrita lanciò una perplessa
occhiata al suo prezioso ombrello rosa a pois
celandolo quindi alla vista di Ginny
dentro il grosso portaombrelli di ottone.
Avrò fatto bene a… fare ciò che ho fatto ?
Pensò
dubbioso, lisciandosi la lunga e
folta barba corvina.
Hermione corrucciò la fronte perplessa: che
cosa diavolo era successo a Ginny? Che parte aveva Hagrid in tutto ciò ? E lui…
Tornò ad focalizzare la vista sul tavolo della stanza, sperando di poter passare ancora per qualche
minuto inosservata e ascoltare altri preziosi dettagli… ma non aveva fatto i
conti con il grosso cane del
guardiacaccia, Thor,
un bestione tanto impressionante quanto innocuo.
Il cane
l’aveva evidentemente “ sentita “ con
il potente fiuto ed alzatosi di soprassalto dal consunto
divano si era catapultato verso la porta abbaiando a tutto spiano.
- Thor… Ehi, pigrone che ti piglia, qui bello…qui!
Hagrid sospirò immaginandosi che il cane volesse fargli qualche dispetto o attirare
per qualche motivo la sua attenzione, ma
quando questi con una gran zampata spalancò la porta svelando la figura
imbottita nel paltò di Hermione, persino
il mezzo-gigante rimase sorpreso.
Hermione, scaltra e perspicace come sempre si
finse sorpresa, e aggrappandosi
lesta alla maniglia mimò il gesto di spingere la porta, per evidenziare la sua intenzione di entrare nella stanza proprio in quel momento.
- Ehi, Thor…mi
hai sentito subito, eh? –
Senza fra trasparire dal suo volto alcuna
perplessità accarezzò il muso imbronciato del grosso
cane, quindi rivolse la sua attenzione
ai due stupiti interlocutori che la osservavano silenziosi.
- Ehilà, Hagrid! Oh, Ginny…eccoti qui. Tutto bene?
-Oh… ehm…, ciao Herm, sì b-bene
grazie. – Sussurrò Ginny.
Ma Hermione notò – senza difficoltà - che il viso dell’amica pareva tutt’altro che
disteso, bensì pallido e sofferente con occhiaie scure che spiccavano sulle
gote esangui.
Hagrid bofonchiò a sua volta un
saluto preoccupato… Quanto di quello che si erano
detti lui e Ginny aveva sentito la furbissima ragazza, ma
soprattutto, quanto aveva visto…?
- Ehmm. Ops… ehm… vieni Hermione dai, piccola! Forza ho
appena fatto un po’ di the. –
Sbottò sorridente e con la solita
goffaggine riempì una ciotola, che per gli standard di Hermione equivaleva ad una
vasca, e la porse alla ragazzina che
aveva preso posto a fianco di Ginny.
Cercando di sorridere e non
dimostrare quanto poco gradiva gli intrugli di Hagrid, Hermione iniziò a chiacchierare
tranquillamente.
- Allora avete visto chi ha vinto
alla fine la partita? Accidenti che ossi duri!
- Ohfum…
perbacco, io ero impegnato con il mio
orto, oggi, e non sono sceso giù
al campo. - Farfugliò a disagio Hagrid,
che sapeva mentire veramente male.
- Uhm? Davvero Hagrid? – Il
sopracciglio di Hermione si arcuò in maniera decisa. – Ma
pioveva a dirotto, che hai potuto combinare
nell’orto? –
L’omone maledisse
mentalmente il solito acume di Hermione,
e cercò di trovare una valida scusa alla sua menzogna.
- Beh… le verze magiche si devono
concimare proprio sotto la pioggia, piccola ehmh..ff… e oggi sì che ne viene
d’acqua.
- Già, puoi ben dirlo, Hagrid! Non ha
smesso un secondo. E
tu Ginny, eri alla partita?
Sentendosi chiamare in causa, la
rossa alzò gli occhi mesti dalla tazza che reggeva tremolante fra le mani
arrossate.
Hermione ebbe la netta sensazione che
non avesse seguito una sola parole di quanto avevano
detto.
- Come… come hai detto, scusa? -
Sbiascicò difatti Ginny,
confermando quanto la giovane aveva supposto.
- Hai visto la partita?
- No. Non ho potuto, Herm.
La ragazza aggrottò la fronte
perplessa. – E perché?
Io ti pensavo addirittura in panchina, pronta ad entrare…
- No, non posso
adesso perdere tempo con il Quidditch… Ero in biblioteca, impegnata a
studiare.
Solo a quel punto Hermione posò la
grossa tazza sul tavolo ed afferrando per il braccio Ginny, la costrinse a seguirla. – Va bene, Weasley…
Io e te dobbiamo parlare e subito!
-
Hey..hey… Herm.- Intervenne Hagrid lesto - Dove andate, non finite di bere? Ginny, piccola, torna quando voi! Parlerò volentieri con te!
Ma Hermione aveva in tutta fretta già
raggiunto la porta e una volta fuori dalla capanna, aveva
attivato velocemente un incantesimo respingi-acqua afferrando l’amica sottobraccio; quindi aveva
attaccato a parlarle fittamente.
- Senti, Weasley, non raccontare
balle a me! Tuo fratello da fuori di matto se non ti vede immediatamente, e io
– credimi – fatico a pensarti tutto il pomeriggio in biblioteca! Dove sei
stata, con me puoi confidarti, ti prego…
- Ehm… Herm mi meraviglio che tu non
mi creda! Sai bene quali e quante pozioni debbo
preparare per quel maledetto di Piton !
- Lo so bene, Gin… ma
è possibile che ti sia ridotta a studiare anche nei giorni di festa, e
quando ci sono le partite??
- Sì, è possibile! Quello schifoso di
Malfoy vuole assolutamente prendere il massimo dei voti nel compito, ed io devo
studiare! Ho lasciato la squadra di
Quidditch, e Angelina è d’accordo!
Hermione arcuò il sopracciglio con fare perplesso – Uhm… ma
davvero? Peccato… mi piaceva come
giocavi. Dì, ma c’era anche il serpeverde con te in biblioteca?
- Certo che no! Anche se –prima o poi – dovrò lavoraci insieme per completare la
pozione.
Hermione sbuffò sdegnata, mentre
entravano nel sontuoso corridoio del Castello
e con le scarpe inzuppate bagnavano il lucido pavimento di marmo.
- Che
disdetta… ma dimmi un po’ dove pensi di andare a mescolare e perfezionare la
pozione, nello sgabuzzino di Piton?
Ginny finalmente fece un timido
sorriso, mentre si accingeva a salire le scale al fianco di Hermione.
- Sarebbe…orribile! No, pensavo proprio nell’aula di Pozioni. Ovviamente andremo in orari dove non è
prevista lezione ed intanto che la
pozione dovrà decantare, chiederemo a Piton di conservarcela lontana da altri
studenti o curiosi…
Incrociando le dita, nascoste dalla tasta dello spolverino, Ginny sperò di aver depistato l’amica, e
avere così esaudito tutte le sue perplessità.
Ma Hermione era difficile da arginare e continuava imperterrita a domandargli di
questo o quello, dell’ingrediente più
particolare o della difficoltà che pensava di incontrare, pertanto quando
oltrepassarono il buco nel quadro della Signora Grassa
e si addentrarono nella Sala Comune , Ginny era veramente sfinita.
E… non pensava certo che di li
a poco sarebbe finita … dalla padella alla brace!
L’improvviso silenzio di Hermione la
fece insospettire.
Alzando gli occhi colse distrattamente la strana situazione che
si stava delineando:
dall’altra parte dell’ingresso Jill, la
sua compagna di stanza stava confabulando con Ron … e lui aveva stampata sulla
faccia l’aria contrita di chi sa di aver combinato qualche pasticcio.
Hermione finalmente decise di
abbandonare la presa sul suo braccio e
con lunghe falcate raggiunse i due cominciando a parlare in modo
concitato proprio con Ron.
Ginny se la filò alla
chetichella, ma proprio passando accanto
al divano rosso posto di fronte al camino una mano l’afferrò per il polso, bloccandola.
- Ehi, Ginny tutto bene?
Quella
voce… quella mano delicata.
Per un secondo pensò di sognare,
mentre un rossore diffuso le avvampava sul viso.
Ma era stato proprio lui a parlarle…
Proprio lui a fermarla…
Harry…
Ginny alzò lo sguardo incontrando i
suoi occhi di smeraldo e all’improvviso la sua mente rievocò confusa le strane
e concitate emozioni che aveva provato solo poche ore
prima a Notturn Alley, quando un misterioso
ed alquanto prodigo soccorritore era venuto in suo aiuto… Ma ricordava bene o
ricordava male? La sua memoria pareva
essere passata sotto un rullo compressore, e le immagini, distorte ed evanescenti, riaffioravano quasi si trovasse
in un sogno.
Ma che le stava succedendo???
Sembrava essere passata una vita da
quando aveva preso la carrozza quella mattina in compagnia di Hagrid e
dell’odioso serpeverde, l’ultimo ricordo chiaro che conservava, poi le ultime ore erano un’accozzaglia confusa
di ricordi e sensazioni, di occhi che la fissavano adoranti e di parole di fuoco che
non riusciva a collocare giustamente.
Perché ora, nei suoi sogni più reconditi,
cercava di entrare prepotentemente Harry?
Non poteva di certo essere stato lui
a soccorrerla…
- Ginny…? Ehy Ginny ti senti
bene?
La voce dolcemente ansiosa del ragazzo la strappò con forza ai suoi
pensieri.
La mano di lui
era scivolata dall’avambraccio lievemente come una carezza ed ora Ginny si ritrovava, inconsapevole, a stringerla con forza quasi volesse
aggrapparsi a qualcosa di tangibile e reale
Sensazioni di cui sentiva un
immediato ed improvviso bisogno.
- No! Ehm… cioè sì, volevo dire sì. Sì, sto bene Harry. Sono solo un po’ stanca…
Harry l’attirò delicatamente a sedere
sul vecchio divano e lei si sentì sprofondare nei cuscini consunti e logori
manco fosse caduta in una sabbia mobile… sempre più
confusa e in difficoltà.
Il respiro non era più regolare, sentiva il rossore arroventarle il volto e
temeva di fare qualche assurda gaffe per via della sua perenne e inguaribile
timidezza… quando a parlarle era Harry…
- Ho sentito la novità di Angelina… Ma perché ti ha estromessa dalla squadra ?
- Ehm…ecco io… - Tentennò confusa Ginny;
con Harry non poteva mentire come aveva fatto con Herm! In un impeto disperato sperò semplicemente che i due non fossero in
seguito tornati sull’argomento,
smascherandola. - Beh,
sai com’è fatta Angelina, ho
sbagliato qualche schema in allenamento, poi l’altro giorno sono arrivata
in ritardo e lei…
- Già- Sbuffò Harry -
A volte è proprio un despota! Ma spero sia una cosa temporanea, Ginny. Tu vai davvero forte nel Quiddicht… io credo…
che…
Probabilmente il cuore di Ginny stava saltando qualche battito mentre
osservava il volto serio di Harry fissare le fiamme che languivano nel grosso
camino…
Lui le stava
parlando… parlando con naturalezza e con la stessa palese disinvoltura le stava
facendo persino dei complimenti!
Ginny
non poteva crederci, forse stava
davvero sognando… poi qualcosa la fece bruscamente tornare con i piedi per
terra :
Quella piattola di suo fratello!
Piombò fra di
loro con la grazia di un elefante mentre
Hermione lo inseguiva come una furia.
- Eccoti qui, piccola impertinente, ma dico dove diavolo sei
stata tutto il giorno!?
Ginny
ebbe l’impressione che - per l’ennesima volta in quella strana giornata
- il mondo le cadesse clamorosamente addosso.
- Ehi, ma …che ti
prende!? - Cercò d’istinto di mettersi sulla difensiva.
Hermione, che nel frattempo li aveva raggiunti, stava sbraitando all’indirizzo di Ron con
frasi e parole incomprensibili alle
orecchie di Ginny.
Pareva che fosse
adirata, o ingelosita da un comportamento,
ovviamente tenuto dall’irruente fratellino.
La situazione
s’infiammò all’improvviso lasciando tutti i partecipanti di quella discussione
basiti e disorientati.
Nella mente di Ginny
covava la sola implacabile voglia di prendere a schiaffoni il suo veemente familiare.
E lui,
approfittando del suo silenzio
impacciato, pensò bene di rincarare la
dose incalzandola ulteriormente.
- E’ tutto il giorno che ti cerco, e poi il coach ti ha
escluso dalla squadra di Quidditch!
Potrei sapere il motivo,
sorellina??
-Ma che dici, Ron – Sbottò
Hermione alzando la voce più di lui. - E’ stata Ginny a chiedere di essere esclusa, giungi sempre a conclusioni sbagliate!
- Non t’immischiare, Hermy. E’ una
discussione di famiglia…
- Basta così,
Ron! Non mi pare modo di
rivolgersi a Ginny. Di certo c’è una spiegazione a
tutto questo, devi solo
chiederglielo con le dovute maniere!
La voce secca e decisa
di Harry – intromettendosi - colse tutti
alla sprovvista.
Persino Hermione si
bloccò stupita, arginando tutta la serie
di epiteti che usciva dalla sua bocca come un fiume in
piena.
Ginny sentì salirle le lacrime agli occhi e ormai preda di
una terribile confusione mentale e di uno strano e serpeggiante senso di vergogna, si alzò, affrontando il fratello con una decisione mai
provata prima.
Il suo viso arrossato quasi
sfiorava quello altrettanto alterato di Ron, e le parole che usò avevano
l’intonazione più dura che avesse mai adottato.
- Ti risponderei
Ronald, se tu avessi più rispetto per me o se mi chiedessi le cose con
maniere più consone ad una sorella. E ora scusami, ma
sono stanca e vorrei andare a dormire, con il tuo permesso, ovviamente!
Ron deglutì non riuscendo a replicare in nessuna
maniera. Con sguardo colpevole fissò
alcuni istanti Harry quindi Hermione al suo fianco, poi lasciò spazio a Ginny che con passo
deciso si diresse verso il dormitorio femminile.
Nessuno parlò anche
dopo diversi minuti “dall’uscita di scena” di Ginny, poi accomodandosi
stancamente sul divano al fianco di Harry,
Ron decise infine di rompere l’opprimente silenzio.
-Beh… che avete da
guardare? E’ mia sorella ed ero sinceramente preoccupato per lei! – Cercò di
difendersi, ma Hermione non abboccò.
- Hai il tatto di un
elefante Ron e le maniere di un
buzzurro! Credo che andrò di sopra pure
io. Ci vediamo…
Ron rimase basito e immobile. Sprofondato sul divano con Harry al fianco
che fissava ostinatamente le fiamme languire nel grosso camino senza dire una parola.
Cercando di stemperare la
tensione che gravava ancora nell’aria
come una nube oscura, Ron diede di
gomito all’amico, cercando di trovare in
lui un sospirato sostegno.
-
Hey,
Harry… dai non mi sono comportato
poi così male. In fin dei conti sono io
che devo badare a Gin… qui a scuola.
Harry si assestò
gli occhiali sul naso poi con uno scatto improvviso si alzò dal divano.
- Vado giù a mangiare un boccone Ron;
farò in fretta, anche perché non
voglio fare tardi stasera.
Ron lo squadrò grattandosi goffamente
la punta del naso. – Beh, vengo anch’io
dai. Mangiare
qualcosa non mi farà pensare a queste stronzate.
Ma Harry pareva di tutt’altro
avviso. - Non ti disturbare Ron. Preferisco andare da solo, tanto non mi fermo neppure al tavolo, prendo solo due cose da portar via.
- Bhe…mah…
va bene, ma andiamo insieme, no?
-
Fammi un favore Ron – Sbottò irritato Harry
- Sta un
po’ solo anche tu e pensa a come
tratti le persone attorno a te. Ginny soprattutto… Lei credimi sa badare benissimo a se stessa, non gli serve la tua supervisione !
Detto questo il brunetto si diresse con decisione verso il buco nel
ritratto che conduceva fuori dalla stanza comune, scomparendoci.
Ron rimase stranulato e basito, sprofondato nei cuscini del divano con lo sguardo fisso nelle fiamme del camino… Caspita… era una congiura! Tutti parevano usciti di senno…
Hermione, Harry e soprattutto
Ginny, che era assolutamente cambiata da
quando quel mostro di Piton gli aveva affibbiato quell’assurdo compito da
portare a termine con Malfoy…
Già,
proprio così! Era inutile che
tutti gli ripetessero che Ginny era cresciuta,
che sapeva badare a se stessa. Che
quell’incarico non l’aveva plagiata.
Tutte baggianate!
Lui era suo fratello maggiore,
l’unico presente ad Hogwarts e ne era responsabile.
Doveva curarla…
Alla fine tutti
gli avrebbero dato ragione!
Caricato dai suoi nuovi
pensieri, s’accinse ad andare in sala
Grande per mangiare qualcosa. E chissà perché, ma alla fine
tutto quel trambusto gli aveva fatto venire fame!
* * * *
Mangiare ??
Non ci pensavo per niente!
Non avevo neppure avuto la forza di
andare da Piton… malgrado fosse una
priorità a cui non potevo sottrarmi…
Sprofondato nel comodo divano della
Sala Comune fissavo stralunato Goyle che attendeva visibilmente stupito una
mia risposta… o anche solo un banale gesto della mia mano.
Io
in realtà non lo vedevo, con lo
sguardo lo trapassavo, manco fosse stato d’aria ed
inseguivo un assurdo pensiero con la mente annebbiata dalla stanchezza…
Il volto della Weasley, il suo corpo cedevole e formoso che avevo accarezzato,
stretto… e che si era plasmato sul mio, così morbido ed arrendevole, invitante… quasi fosse stato
creato appositamente per me…
E lei… la sua essenza, la sua
paura, la sua forza mi avevano
sfiorato, aderendo al mio essere in profondità.
Toccandomi l’anima.
Una sensazione così coinvolgente da darmi l’impressione di
percepire ancora addosso
la sua fragranza fiorita, di rose
e di vaniglia… di fragilità e di forza…
Ma che andavo pensando? Erano tutte assurdità senza senso, partorite dalla mia mente stanca e deviata. Tutte
stronzate assurde…
- Capo ehi…capo, allora andiamo ? Mi è venuta
una fame… Tiger ci sta aspettando. Gli ho detto di tenerci i soliti posti, quelli migliori…
Sbuffai contrariato, senza aver afferrato una sola parola blaterata
da quel gran pezzo di imbecille.
Ero sul punto di
mandarlo a quel paese, quando fra
meandri confusi della mia mente, un
pensiero si fece
strada.
Come una luce improvvisa nella notte più nera.
-
Dov’è
Zabini?
-
Chi…? Ma
ti senti bene, capo ? - Goyle sbiancò sinceramente preoccupato per la mia salute
mentale.
Chissà che cosa pensava con il suo ottuso cervello limitato…
Mi aveva visto entrare nella sala bagnato
fradicio, con il bel pastrano nuovo di pacca impregnato come uno straccio vecchio.
Poi inseguito fino al mio solito posto sul divano di fianco
al camino ed infine tentato e ritentato di farmi parlare, inutilmente.
Ed ora me ne uscivo con una richiesta
così inusuale;
mai infatti avevo chiesto apertamente di parlare con qualcuno che non
fosse della nostra ristretta cerchia di amici.
Con la faccia dall’aria inebetita
ebbe il coraggio di sbiascicare ancora poche parole. - Ma chi, capo… Blaise Zabini?
- Già perché tu ne conosci
forse un altro ? – Replicai seccato.
-
No… ehm… beh… credo di averlo
visto uscire dalla sala, all’incirca una
mezz’ora fa, capo. Ma non so proprio dove potesse
essere diretto. Voi che chiedo a qualcuno, capo? Uhm… vuoi che chieda ?...
Cielo, quella sua aria da lecchino
cominciava a darmi sui nervi. Ma forse tutto, in quell’assurdo momento pareva
irritarmi, più del dovuto.
- No,
lascia perdere, me la caverò da
solo.
Con un gesto secco che tradiva grande nervosismo mi alzai dal divano.
Forse sapevo dove poter rintracciare
quello stravagante ragazzo. Forse con un
po’… di fortuna.
-
Malfoy, ehi, Malfoy,
aspetta…
Lasciai che Goyle, mi rincorresse ancora per un po’ per tutta la sala comune, senza fregarmene più di tanto.
Quando mi ritrovai fuori nel cupo corridoio
dei sotterranei, lo seminai con poche e
veloci manovre.
Non volevo un tale rompiscatole fra i
piedi.
Non ora, non adesso…
Adesso avevo solo bisogno di parlare
con qualcuno di altrettanto spostato e nevrotico…
Qualcuno che mi avesse capito al volo, anche fra i meandri dei miei tanti contorti
e strani pensieri.
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